domenica 11 ottobre 2009

NOTGONNACHANGE

NOTGONNACHANGE

“Il re Salomone si è fatto una lettiga di legni del Libano. Ne ha fatto le colonne d’argento, la spalliera d’oro, il sedile di porpora; in mezzo è un ricamo, lavoro d’amore…”

Fantasie scultoree, cromie immaginifiche, portatrici di una Weltanschauungdi una visione del mondo – che abbraccia lo Zeit-Geist, lo spirito del tempo, senza tradire il Genius Loci (e l’anima mundi).

Tradizione e Modernità, Local & Global. Un ‘glocalismo’ nuovo tra Design e Arts and Crafts. Questo e altro ancora sei tu, come prototipo dell’uomo e della donna ‘nuovi’, mito e utopia dell’Übermensch che vuole esternare… Arte applicata.

Un fil rouge che si snoda tra legno, marmo, pietra, ferro, cristallo… (questa la tua ‘carne’), materie reinventate per creare una nuova tensione e nuovi equilibri. Una proposta di uomini e donne che non siano solo il disegno di stilemi già pensati, ma forme libere alla Arp. Corpi sinuosi e spontanei, espressione dell’amore per le cose semplici ma secondo un gusto colto e raffinato. Ricerca delle radici, studio dei materiali e del loro accostamento, polifonico o dissonante, tecnologia e manualità congiunte per dare significato, forma e ‘carica’ visuale all’oggetto, alla sua rispondenza d’uso, alla sua adattabilità all’ambiente, alla sua ‘unicità’…

Un superamento dell’”estetica della funzionalità” e un’apertura alla sperimentazione morfologica e all’inventiva borderline.

Tu sei un emergente, significativo, punto di selezione, promozione, invenzione, raccolta e smistamento del good design cosmico. Uno snodo tra tecnica ed estetica, magari formally uncorrect, ma non quanto all’etica… Amante del dialogo teorico e dello sprone alla ricerca, ma mai dimentico del fatto che “il design è l’arte di creare i singoli oggetti che fanno parte della realtà quotidiana, conferendo ad essi, anche ai più umili, una dignità estetica che ne esalti le funzioni precipue.” (Sergio Pininfarina)

Un’ermeneutica del vivere – dell’abitare in Gaia, la terra ‘vivente’, di cui tu ti fai carico, nell’incrocio virtuoso tra progettazione e marketing e nell’incontro, non solo virtuale, tra esplorazione continua di nuove soluzioni e devota dedizione all’idea. Una nuova alleanza tra artigianato e design, per un prodotto d’uso in cui la carica simbolica affianchi le esigenze pratiche e l’espressività estetica. Glamour e humour per dare una Stimmung, una particolare atmosfera, agli ambienti del vivere quotidiano, del lavoro e dell’incontro sociale.

Smart Design. Eleganza, gentilezza, razionalità e avanguardia. Il segno dell’abitare.

Tu, la realtà di un sogno.


Sì, un sogno… Ho scherzato ma non tanto. Ho ripreso la mia presentazione-web di un’impresa milanese specializzata in architettura d’interni (risale a un paio d’anni fa) e l’ho adattata (pochissime e minime le variazioni) a te, lettore di questo mio writing in progress (ma tu fanne un reading).

Ho ri-preso, ri-cordato, senza cambiare se non il superfluo. Anche tu: non cambiare (pur cambiando…). Vai su Youtube e sintonizzati su Notgonnachange degli (o della) Swing Out Sisters (ultraglamour la frontwoman Corinne Drewery, mia passion anni ’80 – che anni!: Brian Ferry, Everything but the girl, Bronski Beat, Sade, Smiths…), avendo sottocchi le sue lyrics:

I’ve reached a decision: it’s time to rearrange my life. We’re speaking the same words although their meaning has changed (…) In this world, nothing lasts forever… Was it you who changed or me! (…) Believe me when I say I’m not gonna change, I’m not gonna change now if you walk away. There’s no turning back now.

Sì, tu hai ormai preso una decisione (de-cidere: tagliare col passato. Tu vivi il qui e adesso!), come anch’io ho preso una decisione (ciascuno con il suo viaggio… ma ci vuole focus, strategia, goal!). È tempo di ristrutturare la tua vita! Stiamo ora parlando la stessa lingua (il mondo è Babele noi siamo babel: la "porta del cielo"… così in accadico – la lingua dell’antica Mesopotamia: la terra tra i “due fiumi”… e noi siamo tra cielo e terra): usiamo le stesse parole di ieri ma il significato è cambiato, perché sono cambiate le nostre mappe mentali: siamo ‘lande’ diverse (delle oasi nel deserto che cresce), ma con un’unica Weltanschauung (siamo sulla stessa landrover...).

E anche se tu andrai via da me io non cambierò (I’m not gonna change). Così anche tu non cambierai (nelle “linee guida”) se io ti abbandonerò.

Quando l’allievo è pronto, arriva il maestro… ma quando poi incontrerai di nuovo il maestro …uccidilo!

Ormai sei pronto per proseguire da solo il tuo viaggio. E non girarti indietro (ricordati della moglie di Lot…). Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione (…) Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita. (Céline)

E sii flessibile: In this world, nothing lasts forever… Ricorda: Cedi e sarai intero. Piegati e vincerai. Vuotati e sarai colmo. Il duro e l’inflessibile vengono infranti dal mutamento; il flessibile e il cedevole si piegano e prevalgono. (Ray Grigg, Il Tao delle relazioni tra uomo e donna)

Per chiudere questa bloody Sunday, mi riallaccio al mio commento all’ultimo post delle Stanze di Gaia (uno dei miei blog preferiti, pur nella sua con-cisione, al limite della circoncisione…) e lo allargo (sono ampio, contengo moltitudini…), pescando dal mio ultimo liber in itinere (più che in progress: d’altronde, più che pro-gredire preferisco trans-gredire…).


Ci incontriamo a casa di Gaia, la sua amica. Me la faccio a piedi. Me la sbatto di SUV e gipponi (ma indulgo con le cabrio: la cabrio, rigorosamente nera, avendo Galatea bandito lo stuffoso SUV, fosse pure black – il libro parla chiaro). Del resto, è noto che “… dove ci sono le Range Rover non può esserci una gran sete di conoscenza” (ancor prima di me, la Grazia Verasani ‘noir’ di ‘Quo vadis, baby?’).

“Se il fischiare del vento non potrai sentirlo tu, tu puoi cantare vittoria, puoi raccontare una storia… non scritta da noi.” Dimentico gli insegnamenti zen (e noir) e, eroe solitario, allungo il passo (sono al bivio – mi guardo a destra. Ci sarà pure qualcuno…). È la mia prima volta e non posso tardare. Tradirla? Jamais. (il gallo è lento a cantare).

Atmosfera da romanzo giallo. Tinta di noir. V’intingo la mia plume mentale (ogni occasione è buona per prendere appunti – il mio block-notes non è mai bianco). Il portico mi inghiotte pietoso, la luna si piega, s’incurva maliziosamente – alla Totò –, cerca d’infilarsi nel passaggio coperto, vi sbatte la testa (è luna piena): tenta d’illuminarmi, malgré tout.

Stanotte allenerò le mie labbra a sorridere e dovrò quindi pensare a lavarmi fino alla morte i denti.” Un pensiero (a) folle alla Piero Ciampi mi assale, un po’ gorgeous un po’ gargoyle. Gorgheggio in silenzio, ingaggio una breve lotta con le mie fumisterie cerebrali, inciampo ma tiro dritto.

Dove stai andando? Rimetto la mia mente a cuccia e proseguo. Niente facce, niente piedi, solo ombre. Notte d’ambra: una cocotte mi sussurra qualcosa, un transex traballa su tacchi follemente siliconati, ma io glisso su entrambi.

Scivolo a folle sull’impalpabile velo del pavé, spio tutt’intorno: sono di nuovo solo, tutto il resto è noia (la naia non c’è più: rimane la paranoia, ma non mi fa più paura – ho l’ombrello). Pioviggina, sono disarmato: un altro portico mi accoglie prodigo nel suo seno, ma io lo titillo solamente. Sarà per la prossima volta.

La città si colora di buio e di fari arancio (ne sento la fragranza). Nient’altro, solo l’aria della notte e l’odore del fumo e le stelle. Spremo il paraplouie (sotto i portici di Borgo Stretto non serve), tiro su il bavero – l’immancabile giubbotto para… di pelle nera alla Lou Reed (Lou? Il nome comincia a ‘bollire’), gasato SanBabila-style (tanto per colorare di nero il rosso ’68 – …un po’ fiumano lo era. E io? Un lattante), e sfilo via accanto a visi senza faccia (e dalle orecchie piccole). Ma sento anche vibrazioni affini: ci sono ancora tracce di vita su questo pianeta! E il sangue dei martiri germinerà nuovi eroi (chissà…).

Asfalto bagnato. Fischia il vento (e mi gorgoglia il ventre: sono a digiuno). La città mi scivola accanto, sopra, sotto… Ma sento qualcosa d’incombente, c’è something new in the air… una sorta di fighting stimmung. Devo aderire al mio fatum, accoglierlo (sia pure in posizione fetale – il kamasutra è per il momento in stand-by). Sarò un macho fatal, ma ogni tanto bussa la femme.

La vie en rouge (vue de droite). Lascio il club dei sogni, allungo ancora il passo scavalcando il tempo (è giunto il mio kairòs), dondolo ondeggio sbando scivolo (è una cover: mi piace assaggiare le ciliegine); poi lei, la tigre che divora, mi raggiunge e procediamo affiancati: la casa ‘deputata’ è vicina, inutile sprecare energie.

Suoni sincopati e barriti alla Miles Davis mi inseguono, sbucati da chissà dove: mi sento come un ‘miles gloriosus’ nella giungla urbana. Me ne faccio una ragione: nel patchwork di stoffe e colori, nella jam-session di suoni, parole, flatus vocis, qualche gemma pure ci sarà.

Tutto il mondo dorme. Respiro a plesso solare aperto, mi ricarico guardando la luna piena e mi disintossico inspirando la polvere delle stelle. “Mugola in lontananza un aspirapolvere.”



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