lunedì 10 gennaio 2011

HEREAFTER


HEREAFTER

Qui nell’eternità

Hereafter: il futuro è già qui (ma coinvolge il passato). Alla debolezza del presente si contrappone la fermezza di un passato fatto di frammenti incollati dal Mito e dalla (Grande) Storia e di un futuro evanescente solidificato dalla speranza del Successo.
Succedaneo del vero successo – cioè della realizzazione (comprensione consapevole e compimento funzionale) – il vivere “qui e ora”, per come viene spacciato nella Grande Parodia della massificante e debordante (anche alla Guy Debord) società dello spettacolo (società da calendario o da analisi dell’urina…), è solo un melenso e sciapo surrogato  di quello che è il vero “qui e adesso”, ossia l’eternizzazione già su questa terra del nostro esser-ci nei nostri ambiti quotidiani e nel nostro libro delle ore. Ad horas...
“Questo e nient’altro è la vita: la vita è piacere. Alla malora le angosce. È breve il tempo per vivere. Presto, il vino, le danze, le corone di fiori, le donne. Voglio star bene oggi, giacché è oscuro il domani.” Le parole di Pallada, poeta alessandrino, una delle ultime voci pagane – non solo Ipazia – non ancora soffocate dal rumore dei passi dell’avanzante medioevo (quello buio), evoca le voci di dentro, sfocate, spolpate, ma ancora non soffocate dal vociare della metropoli. Voce – quella della vita è piacere. Alla malora le angosce. È breve il tempo per vivere. Presto, il vino le donne. Voglio star bene oggi… apparentemente consonante con l’evanescenza del vanitas vanitatum dell’odierna platitude oppiata e dopata di tronisti e veline al prozac (ma non voglio fare di tutta l’erba un fascio – c’è anche vita sul palcoscenico, talvolta più che nelle cucine, nei salotti e nelle sagrestie).
«E senza dubbio il nostro tempo ... preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere ... Ciò che per esso è sacro non è che l’illusione, ma ciò che è profano è la verità. Anzi, ai suoi occhi il sacro aumenta man mano che decresce la verità e che cresce l’illusione, tanto che per esso il colmo dell’illusione è anche il colmo del sacro (Feuerbach)
Il mistero, il mistico, il mix di sacro e profano, come nel film del sempre più rouge-noir (o noir-rouge) Clint Eastwood (padre di Kyle – mentre scrivo le mie oreilles sorseggiano il suo Iwo Jima dopo essersi impregnate, volo pindarico ma non troppo, del Trouble Man di Marvin Gaye) realizzano la trascendenza dell’uomo e l’immanenza del divino, ovvero quella sinergia polifonica e multiplex che conduce alla scoperta, al dis-velamento, dell’altro, dell’Altro e dell’Alto. Così in alto così in basso. De profundis te clamo.
Hereafter: già qui è il dopo. Il Deus absconditus (l’En Soph della Kabbalah – Madonna permettendo – ma Lady Gaga spinge…) è la radice e il motore di ogni nostra libertà e di ogni nostra scoperta (inventio, dispositio, expositio). Sì, il Deus sive Natura (nel senso che impregna e ‘sostiene’ ogni ‘pieno’ e ogni ‘vuoto’), un Dio transpersonale che si rende immanente, ‘personale’ (e intrapersonale, oltre che, ovviamente, interpersonale), sia che si creda nella sua esistenza e/o presenza sia che si agisca ‘come se’ (esistesse: come nella ‘scommessa’ di Pascal), è ciò che fa sì che il nostro agire possa travalicare i limiti dell’ordinarietà, della consuetudine e della mediocrità. Naturalmente parlo di un approccio ‘personale’, vis à vis, come quello tra amici e, più intimo, tra amanti. Un dia-logo tra un Io (anche con la maiuscola) e Dio (anche con la minuscola). E non parlo di una relazione (re-ligio) fatta di obblighi, costrizioni, legalismi, lacci e laccioli, ma di ‘liberazione’, ‘intuizione’, ‘captazione’ e ‘impregnazione’ di una Presenza (super – una Supermind per un Übermensch…) per far sì che il nostro deserta non cresca.
Sì, Dio è morto. Ma è morto il Dio della nostra idea tradizionale di Dio: Dio muore come Padre per ritrovarsi dialetticamente come Figlio (ossia, passa dalla ‘lontananza’ del Dio ‘after’ alla ‘prossimità’ del Dio ‘here). “Veniamo a Gesù perché il Dio che abbiamo trovato al di fuori di lui è una specie di nemico assente che non ci rende possibile pensare o vivere come vorremmo, cioè come cristiani.” W. Hamilton – uno dei teologi teorici della Morte di Dio“). È, quindi, sempre un Dio super-essenziale (Kether, la 'corona eccelsa' della Kabbalah), ma la sua Shekinah, la sua presenza (e sub-essenza: la sua sub-stantia, sostanza; la sua parousia, che attualizza l'ousia), è qui tra noi, pronta a essere colta, anzi ‘rapinata’ (il Regno è di chi se lo prende con forza…  –  così è scritto nei Vangeli). E soprattutto, è dentro di noi: attende solo che ‘scaviamo’ (ma è sufficiente un attimo… –  stop con scavi analitici, e psico-analitici) e scopriamo la perla. Tutto questo, nella consapevolezza (sempre con Hamilton) che “la vita cristiana non è un’aspirazione, un’attesa, ma un andare verso il mondo”. D’altronde, “solo il cristiano può pronunciare la parola liberatrice della morte di Dio, perché solo il cristiano è morto in Cristo al regno trascendente del sacro…" (T. Altizer – altro teologo della Morte di Dio).
Dio è morto, ma il suo spirito vive (in noi)…  Prendila con Spirito! A proposito di libri (non solo di PNL, nella mia versione), mi piace iniziare l’anno con uno stralcio ‘spirituale’ dal mio romanzo in prossima (libera) uscita (anche l’editore mi ha lasciato libero – nemmeno un taglio o una glossa. Ma glissiamoci sopra…).  
«Agganciamoci a Margherita Porete, primo anello della catena del Movimento del Libero Spirito… – Massimo attraccò alla sua sponda preferita (l’ultima spiaggia): “L’uomo in questa vita può diventare impeccabile e quindi non può più progredire … A questo grado di perfezione, non ha più bisogno di fare penitenza e di pregare, permettendosi invece di fare tutto…” Un uomo capace di reinventarsi ogni giorno, che trasgredisce le frontiere, agisce comunicando, che fa sempre un ulteriore passo, che ama senza limitazioni, incondizionatamente, ma con un libero spirito, in ogni caso con una sua eticità. Insomma, non più all’insegna dell’agostiniano e sciatto: “ama e fai quel che vuoi”, ma di un: “ama come si deve e farai quel che devi” (l’ultima, si fa per dire, della ‘librettista’ iki-eros-bushido). Ma non solo il ‘cultro’, non voglio infierire, talvolta ci vuole il colpo di flabello: “l’etica è la carità più le leggi del traffico” (ossia, tradotto alla Vattimo, se ami il tuo prossimo e lo rispetti, e lui idem con te, non c’è motivo di porgli limiti o interferire nella sua sfera di libertà, con la scusa di presunte leggi divine o naturali. Basta il buon senso: la legge dell’Amore incisa nei cuori). E ancora, sempre dietro a Margherita, la ‘maestra’ (faustiana? No. Con la frusta? Sì, il flabello, ma flagellante): Non è tenuto ad obbedire ad alcuno, neppure alla Chiesa, perché là dove c’è il Signore, c’è la libertà … Egli gode in questa vita la stessa beatitudine di quella futura … Ogni natura razionale è beata di per se stessa e non ha bisogno del lumen gloriae per elevarsi alla contemplazione di Dio … L’anima perfetta non è tenuta alla pratica delle virtù … Far l’amore senza affetto è peccato, ma con affetto non è peccato.»
«Ok. Ma stiamo attenti alle ultime due… Con juicio! (Lorenzo, in fondo, andava sempre coi piedi di piombo. Anche se poi volava.)»
«Dai, non fare il bigotto, il beghino… Begin the beguine! Quel che vale è l’idea di fondo, quella che dobbiamo ‘spingere’ (compelle intrare) e spargere: che tutti noi siamo scintille del Fuoco divino. Che Dio opera in noi, il Cristo nasce, cresce – e mai muore – in noi. Dio è amore. Ama e fa’ ciò che vuoi. Do what you want. Ubi Spiritus Domini, ibi libertas...»
Amore nobilitato. L’anima, lo spirito, le sensazioni che si fanno corpo. Beau soleil, feu sacré. Esplorazione di territori, alla ricerca dell’arca perduta… Dio lontano-vicino. Dio che vincola la Sua potenza nell’azione alla Sua relazione con la creatura prediletta (quella ‘nata di nuovo’ – ma tutti lo possono… e devono). L’anima annientata che diviene il passaggio da cui ‘filtra’ (e s’infiltra) Dio per entrare, stare e restare in questo mondo…      
«“Sei venuto per mescere il mio vino? Ma il vino con cui mi ubriaco è invisibile”, canta Rumi, anima libera ed ebbra! “Anima dimentica e ubriaca, ma molto ubriaca, ma più che ubriaca… di ciò che non ha bevuto né berrà mai!” E dai… È giunto il momento di vivere la vita piena! – Lorenzo alzò il bicchiere al cielo (il soffitto. E poi, invece del vino invisibile, del prosecco ben in vista. E vide che era cosa buona…). Libiam nei lieti calici, che la bellezza infiora. E la fuggevol ora s’inebri di voluttà. Libiamo nei dolci fremiti che suscita l’amore…»
Siate tutti caldi oppure freddi: i tiepidi li vomiterò nella Geenna… Fuoco e fiamme. Fou rire. Passione, esplosione dei sentimenti, botto dell’anima. Forza interiore e rivolta. Il risvolto? “Quel Nietzsche mi ha distrutto…” (così Heidegger), ma Cristo mi ricostruisce. Sì, se Dio è morto, almeno c’è rimasto Cristo… (così parlò De André, anche lui agnostico).
Christ with us! La stanza si fece cielo. Cominciò a piovere. Poche gocce, poi scrosci. Acqua di sopra, acqua di sotto. Un’inondazione dello Spirito. L’appartamento, tutto invaso. Massimo chiuse la porta (Lorenzo se n’era dimenticato). Ma Cristo la riaprì…
E l’arca scivolò lentamente in acqua.

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