venerdì 30 dicembre 2016

ALL-IN-ONE – Dal “coaching a una dimensione” al coaching olistico e transpersonale



ALL-IN-ONE

Dal “coaching a una dimensione” al coaching olistico e transpersonale

Stop & Go. Step by step. Sì, quello dell’altro ieri doveva essere (o avrebbe dovuto essere, scegliete voi) l’ultimo post dell’anno, l’ultimo step, ma ecco che su iRbuk – il portale della formazione olistica – esce il mio ultimo articolo e… non posso fare a meno di postarvelo. Steppenwolf…

Lampi di eternità

«L’uomo è due uomini contemporaneamente: solo che uno è sveglio nelle tenebre e l’altro dorme nella luce.» (Kahlil Gibran).

«Viviamo in un mondo in cui presunte verità, pseudo-valori, eventi senza senso e false mete ci indirizzano in vicoli ciechi senza via d’uscita. Siamo continuamente bombardati da luci, suoni, parole parole parole… Stimoli di ogni genere ci disorientano, spaventano e bloccano; rimuginazioni continue, idee fisse, pensieri inutili e improduttivi intasano il mio e il tuo cervello.
Tutta questa pressione finisce per deprimerci: troppo grande è il divario tra i nostri desideri, le nostre aspettative e la vita reale.» (dal mio PNL transpersonale)
Nondimeno, «”Vi sono improvvisi imprevedibili lampi di eternità o dell’infinito che giungono a noi quando meno ce li aspettiamo” (Anthony de Mello) … Eppure, spesso la nostra condizione abituale è quella di persone “addormentate.” (…) Il principe azzurro di cui hai bisogno è un coach, un mentore o, come in questo caso, un corso di risveglio.» (dal mio PNL olistica).

Con i piedi per terra

Allora, vai col coaching… diresti tu che ti affacci a questo sito dedicato al miglioramento personale.
Sì, il coaching va benissimo per “risvegliare” persone “addormentate”, “risolvere problemi” e “fare goal”, ma senti questa (è recentissima, risale al giorno della fiducia al governo Gentiloni):
Mario Monti inizia ringraziando Matteo Renzi. «Non ho alcun motivo sul piano personale, ma sul piano politico lo ringrazio perché ha avuto coraggio ed è stato un buon coach, infondendo un senso di orgoglio e di speranza. Grande tecnico della comunicazione e della motivazione, ha finito con la sua inadeguatezza politica per recare danno al paese».
Prima adeguato, poi inadeguato…
«Qual è la verità, allora? Il coaching fa bene o fa male? È vero che, dopo essere diventati grandi tecnici della comunicazione e della motivazione, rischiamo di ritornare alla nostra inadeguatezza? Nei Vangeli c’è un’espressione molto forte, ma efficace: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango. E poi, c’è sempre il rischio di gettare le perle ai porci…
Naturalmente, non sto parlando (bene o male) di Renzi, né di nessun altro, e nemmeno voglio ergermi a guru o maestro di verità («La verità… ah se fosse vera!» direbbe Jorge Luis Borges), ma voglio solo scuotervi un po’ ed emozionarvi (v. il mio primo articolo: Chiamale se vuoi emozioni…).

Dall’uomo a una dimensione a quello tridimensionale

Prima scossa: Herbert Marcuse, il famoso maître à penser, sosteneva che l’”uomo a una dimensione” è tale in quanto, con il suo vivere “ammansito” dalla società consumistica e drogato dai mass-media, si muove a senso unico, non riuscendo così a manifestare la molteplicità del proprio essere interiore.
Il coaching può però scuoterlo e fargli fare un salto di livello: da allora in poi l’uomo a una dimensione (diventato “a due dimensioni”) comunicherà in modo migliore e sarà motivato; inoltre, da “Io diviso” (come lo definiva Ronald Laing) passa a “Io unificato”.
Ma non è sufficiente… (sarà stato il caso di Renzi?).
L’”uomo a due dimensioni” rimane, infatti, all’interno di uno schema stimolo-risposta, sia pure estremamente evoluto, senza però riuscire ad aprire completamente il ventaglio di tutte le possibilità: non sa (o lo sa in modo approssimativo e non focalizzato) che di fronte a una difficoltà apparentemente insormontabile, oltre alla buona comunicazione e alla forte motivazione, può far appello a risorse transpersonali (la preghiera efficace, la visualizzazione creativa, la “nevillizzazione” degli obiettivi, di cui parlerò in un prossimo post, ecc.).
Con il coaching olistico (che contempla tutt’e tre le “dimensioni” dell’uomo: corpo, anima e spirito) e con quello transpersonale, che agisce ancor più sulla dimensione “spirituale”, si può arrivare all’”uomo a tre dimensioni”, completamente realizzato grazie alla (ri)scoperta della molteplicità dell’essere che caratterizza la dimensione umana.
L’uomo è, infatti, quell’essere che, come ammoniva Pascal, può e deve andare oltre se stesso e “trascendere” la propria natura materiale, con tutti rischi connessi alla “traversata del mare della vita” (per dirla con Platone).

Il coaching olistico e transpersonale

Ma cos’è ‘sto coaching, di cui stai straparlando? Certamente, qualcosa la sai, ma a ogni buon conto ecco qui una sintesi.
È un incontro “one to one”, personalizzato, fatto su misura, pratico, concreto, strategico, finalizzato a: accrescere l’autostima, migliorare le performance, superare blocchi e convinzioni limitanti, implementare la crescita personale o professionale in funzione dei propri obiettivi, acquisire competenze e comportamenti che incrementano empatia, efficacia ed efficienza.
Si tratta di un processo interattivo short term: un programma dinamico focalizzato, più che sulle cause, sulla soluzione. Infatti, non rimane nel vago, ma punta subito al risultato mediante un programma strategico, concreto e misurabile, costruito insieme al cliente (ma il coach ci mette le sue competenze e la sua esperienza).
Un approccio “generativo” più che “riparativo”, in quanto volto al conseguimento del risultato e al raggiungimento dell’obiettivo. Quindi, più che al passato (e ai suoi traumi), il coach è rivolto al futuro, cioè al raggiungimento dell’obiettivo concordato con il cliente: il coach è, infatti, uno “specialista dei risultati”.

«Non credere a nulla che tu non possa verificare in prima persona», raccomandava Gurdjieff.
Il motto è stato fatto proprio dalla Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), eccellente modello educativo di auto-aiuto (self-help), che, nell’ambito del coaching, può essere validamente applicato alla vita quotidiana, con le sue tecniche di miglioramento personale e, soprattutto, grazie all’”atmosfera” e all’approccio mentale (l’”atteggiamento”) che crea.
Ma quello che più della PNL interessa sono i suoi risvolti pratici: semplici tecniche di miglioramento personale che puoi applicare alla vita di tutti i giorni e che, se fatte in modo etico e responsabile, e salendo e scendendo i gradini della “scala di Dilts”, ti aiuteranno a risolvere i tuoi problemi, grandi e piccoli, e a realizzare i tuoi obiettivi.
Tuttavia, e ritorniamo al ragionamento iniziale, se sali solo i primi gradini della scala (i “livelli logici” più bassi) – ambiente, comportamento e capacità – potrai diventare “un grande tecnico della comunicazione e della motivazione” (il complimento che Monti faceva al primo Renzi), ma c’è sempre il rischio di diventare inadeguato “politicamente” (in senso lato – l’accusa di Monti all’ultimo Renzi).
Potrai evitare questo scivolone solo se sali gli ultimi gradini: valori, identità e spiritualità (la tua vision e mission).
(…)
Continua su:
http://irbuk.com/dal-coaching-a-una-dimensione-al-coaching-olistico-e-transpersonale/

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