lunedì 30 aprile 2018

CITTÀ COME STATI D’ANIMO


CITTÀ COME STATI D’ANIMO

Cos’è la città, se non un coacervo di esperienze, un cumulo di mattoni di vita.
Sedimenti di passato, bollicine di presente, fumi di futuro... D’altronde, per dirla con Saul Bellow, «le città sono stati d’animo, stati emotivi, umori, per la maggior parte distorsioni collettive…»
Nella città, nella metropoli in particolare (quando non si avviano a diventare ‘necropoli’…), si avverte la disseminazione della cultura, costantemente contrattata e in divenire. Naturalmente, non lì dove vi sono i ‘ghetti’: lì c’è la massima, forzata, omogeneità in spazi anche grandi (ma il fuoco, talora, soffia sotto le ceneri: parlo, per esempio, della vivacità sotterranea di cultura e subcultura urbana in alcune realtà islamiche – v. in Iran – che cercano di ravvivare l’antica dinamicità dell’Islam medievale e delle radici arie e zoroastriane contaminandole di occidentalismo freelance).
Oggi, più che metropoli versus città rurale, il dibattito è tra provincialismo, mondialismo omogeneizzante o mondialismo liberatorio e libertario che non disdegna la diversità, la specifica kultur (più che zivilisation), ossia tiene conto sia dei rami che si protendono verso altre realtà (lo stesso mondialismo) sia delle radici identitarie.
Insomma, un cosmopolitismo localistico glocal.

Due realtà fisiche e due gestalt – forme, strutture – che incidono diversamente sul modus viventi dei loro abitanti. E sull’immaginario urbano.
Imago mundi. L’architettura che ‘co-stringe’, fisicamente, psichicamente e ‘pneumaticamente’, i suoi sudditi.
Architettura da de-costruire, reset psico-territoriale, bouleversement creativo.
Ritmo veloce, giungla di stimoli, sensazioni e immagini, versus ambiente rurale (o provincialismo urbano), dal ritmo lento (anche quando corre…), più abitudinario e uniforme (e conforme).
«Più la folla è densa, più ci sentiamo soli», così Zygmunt Bauman ‘liquida’ la ‘città del troppo’ (altro che villaggio globale… Troppo annacquato: perciò i localismi stanno tornando a galla). Ma anche del troppo poco, del troppo uguale, dell’indistinto, dell’outlet, del ‘passaggio veloce’, del nulla – anche se iper… (e quella di Marc Augè non è un’iperbole: passiamo la maggior parte della nostra esistenza in ‘non-luoghi’, dove si consuma il presente e si abortisce l’avvenire).
«Nella grandezza smarrente delle metropoli americane ove il singolo – ‘nomade dell’asfalto’ – realizza la sua infinita nullità dinanzi alla quantità immensa, ai gruppi, ai trusts e agli standards onnipotenti, alle selve tentacolari di grattacieli e di fabbriche… In tutto ciò, il collettivo si manifesta ancor di più senza volto che non nella tirannide asiatica del regime sovietico». Così Julius Evola, no-global antelitteram, liquida New York (e di conseguenza ogni omogeneizzazione, pur nella pluri-etnia: in quanto auto-emarginantesi, etero-emarginata, assente, indifferente…).

La metropoli del denaro e di Mammona versus la campagna del baratto (e della mamma, quella con le tette gonfie di latte). Ma anche lo sfilacciamento del tessuto comunitario – altro che manna – a vantaggio della scolorita ‘stoffa’ periurbana (le periferie anonime e suicido-file, ipermercati inclusi, per quanto architettonicamente ben disegnati). Luoghi, non-luoghi? Vita, non-vita? Il bello non ha prezzo.
Vita tra i confini. Identità versus alterità. Ma ancor di più: alterità nell’identità. Equilibrio in bilico. Città plurale, campagna singolare. Spaesamento. Urbanizzazione selvaggia. Portici, shopping malls, clochardization. Marginalità inclusiva, gentrification elitaria. Minimal o segno ipergrafico. Fast-food versus slow-food.
Boutique versus ipermercato? Un po’ l’uno, un po’ l’altro. Ma con juicio.
Vivere tra i margini (e, spesso, sconfinare…). Questo l’universo quotidiano. Ma anche l’intellettualità sofisticata, la riservatezza fino alla ritrosia, il formalismo blasé e il distacco anodino, il tempo che tutto scandisce e cronometra: questa la metropoli e i suoi ‘numeri’.
Ma dietro il numero c’è Dio…

SUPERSIZE YOUR DREAMS


SUPERSIZE YOUR DREAMS
Pensa alla grande e agisci in piccolo

Oggi, vigilia del Primo Maggio, non mi va di lavorare. Ed è per questo che “riciclo”, opportunamente rivisitato, un mio vecchio post (visto che non butto via niente...).

When God brings a dream to pass that He’s placed in your heart, it’s going to be greater than you ever imagined. It’s going to be bigger, better and more rewarding. You could say: God’s going to supersize your dream!
È tratto da un post di Joel e Gloria Osteen, due predicatori del “Vangelo Positivo”. Il senso? Quando Dio realizza un tuo sogno lo fa ancor più grande di quel che tu avevi in cuore.
Se tu vuoi solo camminare, Egli ti farà correre. Se sogni di avere i soldi per pagare tutte le tue bollette, Egli te ne darà in misura tale da soddisfare, non solo i tuoi bisogni e desideri, ma anche per essere di benedizione per il tuo prossimo.
D’altronde, nei Vangeli c’è scritto: “Cerca prima il Regno di Dio, dopo di che ogni cosa ti sarà data”… E ricorda, il Regno (cioè dove ogni cosa è possibile) è dentro di te e affianco a te, qui e ora!

Troppo spirituale? Non sei un credente, non hai fede nel soprannaturale? OK, allora scendiamo con i piedi per terra. Io credo, anzi “so” (“se credo… io so!” rispose Jung a chi gli chiedeva se credesse in Dio), ma se tu non credi agisci come se credessi: amplierai comunque il range di possibilità. Nei Vangeli è scritto: tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete … bussa e ti sarà aperto.
Devi per questo diventare un bizzoco, un bacchettone, un chierichetto? No, significa solo che, se visualizzi con estrema fiducia un obiettivo, immaginandolo già ottenuto, lo avrai.
È chiaro che io ti consiglio la via spirituale – di uno spiritualismo “pratico”, non “fumoso” – ma anche metodologie laiche possono esserti d’aiuto. Per esempio, nella PNL, o in metodologie simili (Psicosintesi, Silva Mind Control, Terapie Brevi Strategiche), per passare dallo “stato attuale” (spesso non ottimale, per non dire “loffio”: low state) a quello “desiderato” (peak state), devi, innanzitutto, “bussare”, cioè “entrare nella situazione”, proiettando sul tuo schermo mentale un film la cui sceneggiatura rappresenti il tuo desiderio o sogno, e del quale tu sei il protagonista (sì, proprio come vorresti essere: fisicamente, psichicamente, spiritualmente, economicamente… Ma non solo tu, anche la situazione, il luogo e gli altri personaggi devono essere proprio come tu vorresti che fossero).
Poi, una volta bussato, entrerai…
E mi raccomando, quando “bussi” (cioè, proietti il tuo film mentale), fallo con forza e insistenza: cura le inquadrature, i colori e i suoni (cerca di amplificarli). E poi… mentre ti stai facendo il tuo film mentale (ben diverso da quelle paranoie che ogni tanto ti spari nella testa), immagina, prima, di entrare in te stesso, di astrarti dalla situazione intorno a te, e poi… di balzare dentro al film.

L’importante è che tu riesca a entrare nel film pienamente, vivendo al massimo – supersize – tutte le situazioni positive. Se ti sei fissato in modo preciso l’obiettivo da raggiungere, ci hai costruito intorno una buona sceneggiatura, ti sei girato e rigirato il film più volte nella mente, vivendolo ed emozionandoti in prima persona, vedrai che, dopo un po’ di repliche, qualcosa si metterà in movimento…
Questo perché a sogni colorati, vividi, stinti, sfocati, s’incolleranno le corrispondenti realtà (stelle, stalle, stelline, stille – di pianto – o stami, pistilli, orchidee, orchi…): noi siamo, infatti, “vortici” nel “campo quantico” pronti a risucchiare tutto quello che è della stessa natura dei nostri pensieri e desideri.
In Gioele, nell’Antico Testamento, e negli Atti degli Apostoli si dice: “io spargerò il mio Spirito sopra ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni”. Sogni? No, realtà: noi attiriamo tutto quello che è “simile” al nostro modo di pensare e di fare – in un certo senso, siamo capaci di “confezionare” il nostro futuro. Siamo delle “calamite” (anche di calamità) e degli “attrattori” (di iatture, iettature, “fatture”, fratture… ma anche di Ferrari, champagne, charme e vacanze a Sharm El Sheik). 

Chic e choc. Sei tu, nella stragrande maggioranza dei casi, a decidere. Altre volte sarà il caso o il caos. Comunque, ben venga il caos, perché l’ordine ha fallito (Karl Kraus).
Ma spesso (direi quasi sempre) oltre il caso e il caos c’è il cosmos. Non quello cosmetico, artificiale, di facciata, ma quello cosmico, universale, anche un po’ comico. D’altronde, il caso non è che uno dei modi in cui Dio opera quando non vuole farsi riconoscere dagli uomini…

mercoledì 18 aprile 2018

COACH & SCOTCH – Le cinque menti




COACH & SCOTCH
Le cinque menti

Pasqua is over (è passata: d’altronde, in inglese, con un richiamo al termine originario ebraico pesach, è chiamata passover: passare oltre, tralasciare, sorvolare – allo scopo di “liberare”, e di librarsi sopra le difficoltà, i problemi e il tran-tran quotidiano).
Il concetto di liberazione – compreso quello di libera-azione – è ancor oggi attuale, ma non ce ne rendiamo granché conto: la liberazione che cerchiamo di ottenere altro non è che il sollievo dopo una grattatina sulla spalla, un mordi e fuggi, una fugace leccatina, un lecca lecca… un po’ di lacca su un vaso di creta crepato.  Al massimo, un po’ di Crêpes Suzette.
Ma la liberazione è ben oltre…
Il “fattore Q”, l’indice di qualità della nostra vita, è, soprattutto, una questione di “mente”. Cero, c’è il “cuore”, ci sono le emozioni, ci sono anche altri fattori non sempre controllabili, ma qui voglio soffermarmi sulla “mente”.
                                                                                                                               
Che la mente menta è pacifico, come pure il fatto che la “mente è il campo di battaglia”. Dentro di noi, come ricorda la Bibbia (e poi Gurdjieff) c’è una “legione” fatta di tanti “mini-Io”, spesso contrapposti, ma, che, se concordi, sono pronti ad affogare tutti insieme… Infatti, come notava Ronald Laing, il fatto che i nostri pensieri confluiscano verso un obbiettivo, non significa che la destinazione sia quella giusta. Ed è quello che accade quando ci incaponiamo e andiamo a sbattere la testa contro il muro: la decisione c’è, i pensieri e gli sforzi sono ben allineati, ma il burrone è lì sotto, pronto a riceverci… (e infatti il più delle volte agiamo “incantati” dal pifferaio di turno).
Il discorso sui diversi “mini-Io” (le “subpersonalità” della Psicosintesi, le “parti” della PNL e (studiate da Assagioli e la ‘sua’ Psicosintesi), ci ricorda la teoria delle nostre numerosi “menti”.
Innanzitutto, le “cinque menti per il futuro”, di Howard Gardner, secondo cui, per sopravvivere, occorre essere rigorosi e creativi allo stesso tempo. E per questo, occorrerebbe avere una mente disciplinata (che riceve i vari input, indirizzandoli poi in un campo ben specifico, che sarà quello in cui eccelle), sintetica (raccoglie ogni genere di informazioni, selezionandole e sintetizzandole in maniera originale), creativa (coltiva nuove idee, si pone domande inusuali, giungendo a esiti nuovi, anche del tutto inaspettati), rispettosa (accetta le differenze: è tollerante e collaborativa) ed etica (s’interessa dei bisogni e dei desiderata della società: è “ecologica” e va oltre i propri interessi, per abbracciare quelli degli altri e dell’ambiente).

Ma c’è un’altra suddivisione, sempre in “cinque menti”. In effetti, noi – come sostengono Minninger e Dugan – non possediamo un unico sistema mentale, ma cinque menti principali, che lavorano in équipe, in sintonia, ma più spesso litigano tra loro fino a boicottarsi…
La mente esecutiva (direttiva) sorveglia, coordina, giudica, dà ordini, insomma decide. È di supporto, educativa, talvolta arrogante…
La mente esplorativa esplora, scopre, impara, crea, deduce, intuisce, gioca… È la mente creativa, curiosa, spiritosa, irriverente…
La mente organizzativa analizza, selezione, organizza ed elabora le informazioni. È la mente razionale, un po’ troppo ‘standardizzata’ sulle regole.
La mente reattiva è sensibile alle emozioni: prova imbarazzo, collera, paura, amore, dolore, piacere… È la mente emotiva, solare e lunare insieme, anche molto terrestre…
La mente cognitiva percepisce suoni, odori, gusti, è ‘tattile’ e cinestesica: raccoglie i dati e li trasmette alle altre menti per la successiva elaborazione. È la mente mediatica.
C’è poi una sesta ‘mente’, che è sostanzialmente la parte funzionale, benché ‘silenziosa’ del sistema mentale: è per l’appunto la mente silenziosa. Essa controlla tutte funzioni corporali ed è sensibile alle sensazioni fisiche (dolore, piacere, tensioni…).
Infine c’è la memoria che è una ‘funzione’ delle cinque ‘menti’. È una sorta d’immenso archivio in cui sono registrate tutte le informazioni selezionate dalle cinque menti: un archivio cui si può accedere, ma che, se conserva in buono stato gli ‘originali’ di informazioni e ricordi, ce ne restituisce invece delle copie non sempre conformi all’originale, anzi spesso più o meno falsate o ‘monche’.

Da cosa ti accorgi che le tue cinque menti non sono allineate, in sintonia, sinergizzate? Dall’indecisione e da altri blocchi comportamentali, emotivi e cognitivi.
Per eliminare il “blocco” occorre portare a livello conscio le “conversazioni” tra le varie menti, ossia bisogna farle “dialogare”… Dopo di che si deve far sì che la parte “esecutiva” (“direttiva”) del sistema mentale dia un ordine appropriato al fine di elininare il blocco, “riconfigurando” la situazione e dandole un nuovo significato positivo.
In pratica, occorre immedesimarsi nel modo di pensare di ciascuna delle cinque menti – ossia, mettersi “nei panni” della parte “esplorativa”, “organizzativa”, “reattiva”, “cognitiva” e “silenziosa” – in modo da impostare un “dialogo” (anche un “dibattito”) tra le stesse, delegando poi alla mente “esecutiva” (quella ‘direttiva’) il compito di tirare le somme e indicare – anche in modo impositivo – le direttive che portino alla decisione finale.
By the way, ho parlato di “dialogo tra le ‘menti”. È interessante notare la corrispondenza di queste ultime con le cinque “categorie” della “comunicazione verbale” di Carl Rogers (il fondatore della “terapia non-direttiva”, ossia la terapia centrata sul cliente):
del “giudizio”; questo è giusto, questo è sbagliato (mente esecutiva)
dell’”interpretazione”: stai parlando così perché intendi dire… (mente organizzativa)
del “sostegno”: mi sento in una situazione di… (mente reattiva)
della “prova”: dove è successo? Quando? (mente esplorativa)
della “comprensione”: capisco che… (mente cognitiva).
                
Esercizio (sblocco e reset mentale)
Hai un “blocco mentale” derivante da un conflitto tra le cinque menti? Quando parli in pubblico sei terrorizzato… sudi, balbetti, ti senti mancare…
Visualizza questa situazione disfunzionale, con tutte le submodalità ‘accese’:
senti le gocce di sudore che imperlano la fronte, i battiti del cuore accelerati, lo sguardo sfocato, i tremiti, la confusione mentale… Tutti che ti guardano insofferenti, infastiditi, in cagnesco…
Visualizza a una a una le tue menti: la cognitiva, l’esplorativa, l’organizzativa, l’esecutiva, la reattiva… anche la ‘silenziosa’ (la “sesta mente”, quella “fuori sacco”). Mettiti nei panni di ciascuna di esse, ragiona e parla come loro, esponi le ragioni di ogni ‘mente’, dibatti, prendi la parola, tira delle prime conclusioni…
Immagina il tuo “occhio mentale” che continua a girare sulle menti come su di una roulette… poi punta sulla… “mente silenziosa” (non è la ‘fortuna’ che ti ha indirizzato, ma la tua ‘esperienza’, la tua intuizione, il tuo “sesto senso”: tutte qualità che stai sviluppando in questo ‘cammino’ di “sette giorni”…).
Sì, dopo aver osservato dall’alto della “mente esecutiva” il dibattito, individui nella “mente silenziosa” la colpevole del tuo blocco. Perché? Davanti a una situazione ‘imbarazzante’ – quale in questo il parlare in pubblico – segnalatele dalla “mente reattiva” (il ‘mandante’ del ‘sintomo’), la “mente silenziosa” (ossia quella, apparentemente ‘invisibile’, che controlla le funzioni corporali ed è sensibile alle sensazioni fisiche di dolore, piacere, tensione, stress…) ha stimolato una scarica di adrenalina come reazione alla situazione: la mente reattiva (sensibile alle emozioni – psicofisiche, mentali – derivanti dalle sensazioni – solo fisiche) ha ‘scelto’ di manifestare questa sensazione sotto forma di paura. Quindi, il ‘blocco’ deriva dalla ‘paura’ e questa fa capo in primis alla mente silenziosa (sensibile alle sensazioni fisiche) e, poi, alla mente reattiva (emozioni psicofisiche).

Riepilogando, davanti a una situazione di “disagio” (più o meno grave), la mente silenziosa manda il segnale e la mente reattiva reagisce sotto forma di paura (ho scelto una ‘scansione’ tipica di causa-effetto, ma ci possono essere delle varianti). La situazione è, ovviamente, disfunzionale: devi ristrutturare il processo.
Fa’ rigirare di nuovo il tuo occhio mentale e la pallina si ferma su… mente esecutiva (il ”dirigente”, il boss, dell’azienda mentale).
La mente esecutiva ordina alla mente reattiva (suo subordinato) di far sentire l’emozione (la sensazione trasmessa dalla mente silenziosa), non più come “paura”, ma come entusiasmo ed energia… La mente reattiva obbedisce: la scarica di adrenalina stimolata dalla mente silenziosa verrà ‘letta’ come entusiasmo ed energia. Ora sei pronto a parlare in pubblico: sei il re del public speaking!

Prova a far questo per qualsiasi “blocco”: sei indeciso sul da farsi, non sai come scegliere, hai paura di sbagliare?
Mettiti nella condizione precedente, rifai tutto il percorso sostituendo alla paura di parlare in pubblico qualsiasi altra paura (anche la paura di parlare a te stesso…), individuando quale parte della mente (o quale delle cinque, e più, menti) sia la prima o maggior responsabile del problema e decidendo su quale occorra agire per cambiare la tonalità dell’emozione e, quindi, convertire (ristrutturare, resettare, ri-decidere) la sensazione o l’emozione da “negativa” in “positiva”. Tutto ciò grazie alle direttive della mente direttiva/esecutiva.
Una volta acquisito il metodo – valido  per ogni circostanza disfunzionale da resettare – si tratterà di individuare volta per volta la mente “colpevole” e quella che dovrà risolvere il problema (in genere la mente esecutiva, eventualmente supportata da un’altra mente, per esempio quella cognitiva). In ogni caso rinvio a Fate lavorare la mente di Minninger e Dugan, da cui ho tratto (da me “colorato”) l’esercizio, oltre, ovviamente, a tutte le mie pubblicazioni sulla PNL e la “realizzazione” personale.