giovedì 31 maggio 2018

IL "SET COACHING"


IL "SET COACHING"

COACHING: WHY?
(tratto dall’inizio di un mio scritto in progress)

Dal Che al coaching: shock in my town…
Scioccati? Penso proprio di no. Più sciolti? Forse…
Lo scioglilingua, apparentemente senza senso, è un modo per sciogliere il ghiaccio spiazzando (per Gurdjieff si tratterebbe di un primo “shock addizionale”; Bandler parlerebbe di “interruzione di schema”, anche se stiamo solo all’inizio).
E proseguendo con i giochi di prestigio verbali: il mio passaggio dalla passione sessantottina per Che Guevara a quella, da Terzo Millennio, per il coaching è stata un’evoluzione o uno scivolone? Frutto del caso, disimpegno politico, un voler épater le bourgeois – scioccare a buon mercato – o tanto per fare il guru (de’ noantri)?
Frutto della passione: da Che Guevara a Gocce di Pioggia a Jericoacoara (il mio romanzo ‘coach’) – chic e choc.
Stop. Per non infilarmi in vicoli senza uscita o labirintici meandri, taglio la testa al toro e chioso (con Mishima, l’alter ego, a destra, di Che Guevara): «chi è sicuro del valore della propria causa non sente il bisogno della sua vittoria: il valore della causa ne segna già il trionfo.»

Bene, partiamo dai valori e dalla causa, ma senza trionfalismi: non so se l’avete notato, ma in questo “shock in my town” alla Battiato sono disseminati gli elementi essenziali di questo mio contributo al SET Coaching (Spiritual-Existential-Transpersonal) – tra poco sarò più esplicito.
Tuttavia, non possiamo passare ad argomento più ‘tosti’ senza prima chiederci: coaching why? Perché a qualcuno dovrebbe saltare in mente di praticare un’americanata come il coaching? Che importanza può rivestire in un contesto come il nostro, nel quale i problemi superano di gran lunga le soluzioni e non si può più perder tempo dietro a chimere e specchietti per le allodole?
E qui sta il punto! È proprio questo il tempo. Non vorrei ripetermi, ma ritengo essenziale quanto scritto nell’incipit del mio PRENDI LA PNL CON SPIRITO! Tecniche e strategie della Programmazione Neuro Linguistica. 
(Armando ed.):

«Vere e proprie malattie sono diventate ormai modi di vita: l’esaurimento, la depressione, l’agitazione, i complessi d’inferiorità, l’impazienza, l’aggressività … la paura, l’angoscia (…) È penoso constatare quanti uomini siano ridotti a niente, rispetto a quello che potrebbero essere (…) La Folla e la Massa sostituiscono l’individuo cosciente.»
Così Pierre Daco. Ancor prima Ronald D. Laing, con il suo sempre attuale: «Nessuno oggi, uomo o donna, può mettersi a pensare, sentire od agire se non partendo dalla propria alienazione (….) L’umanità è estraniata dalle sue possibilità autentiche.»
Non solo: «… se la psiche è l’anima, e l’anima è il mondo dell’esperienza, come sostiene Aristotele, essa ci fa paura. Non ne vogliamo troppa o troppe varietà. La vogliamo ridotta a percezione e a immaginazione terrene, niente sogni a colori…»
Fatto è che, per condirla alla Cioran: «… la turba … è incapace di comprendere il rapporto esistente fra idea di vuoto e sensazione di libertà (…) sempre confonderà apparenza e sostanza.»
Ed è quel che capita spesso a ciascuno di noi: ci sentiamo vuoti, inconcludenti, confondiamo le priorità… E senza andare così nel ‘profondo’, basta masticare anche il semplice “pane quotidiano”: «Non riesco ad incominciare … Non riesco a concentrarmi come dovrei … Divento confuso e nervoso, mi sento oppresso … So che dovrei fare le cose diversamente, ma mi sembra di non essere capace di cambiare…» (J. Minninger – E. Dugan).
Per non parlare poi di mancanza di obiettivi, di carente messa a fuoco degli stessi, di desiderio e, insieme, incapacità di passare dallo stato attuale (KO) allo stato desiderato (OK). Insomma, la necessità di cambiare, il più velocemente possibile…

Quindi, il coaching, non solo è possibile, ma è, addirittura, augurabile. Ancor più auspicabile se questo programma strategico di crescita, cambiamento e autorealizzazione, specificatamente dedicato alla persona come “essere speciale” (di cui il coach avrà cura), assume anche tonalità transpersonali e spirituali: in questo caso, il ruolo da protagonista l’avrà, non l’Io del coachee (il cliente), ma il suo Sé, la sua essenza, il nucleo vitale a cui la persona ha abdicato da troppo tempo.
Occorre tornare bambini, fare sogni a colori, coltivare lo stato di curiosità, il senso di libertà e la voglia di crescita: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli!

mercoledì 23 maggio 2018

IL FUTURO NON È PIÙ QUELLO DI UNA VOLTA


IL FUTURO NON È PIÙ QUELLO DI UNA VOLTA…

Siamo scesi in coppie dal salon, e non siamo Testimoni di Geova. È il momento della prima prova: una dozzina di coppie sguinzagliate nella Pisa by night per testare lo ‘sguardo’ e il ‘tocco’ (l’uno fa ridondanza all’altro, come le corde di un sitar). Diana ci ha permesso di sciamare per un primo assaggio della nostra missione. Cominciamo dagli stuzzichini (Tamara è quello giusto), finiremo con la grande bouffe.
«Ci divertiremo» fa Tamara con cadenza slava.
Scivolo nel gorgo della delusione ‘absolute’ (la vodka del salon attutisce l’impatto). Tutto secondo le aspettative (umane), niente secondo il mio programma (‘superumano’). Volevo ‘inaugurare’ la fase operativa del Frei Club e ho fallito: questa la mia prima, sconfortante, impressione. Eppure, l’ho guardata intensamente.
Provo con la mano, con il ‘tocco’. La luna si frange sulla Torre: anche lei ci ‘prova’. Sento un rumore di fondo: da pendente che era, ora mi sembra a piombo… No, meglio com’era prima: l’inclinazione riprende il comando della situazione. Anch’io. Mi curvo. Rifletto (la luna mi si frange contro: sento rumore di risacca): il buio è l’essenza, è tenebra luminosa. “Ci sarà pure un equinozio spirituale. La prima ora nuova di cui ti sto parlando sarà il punto solstiziale. In essa la luce giunge a controbilanciare la tenebra.”
Una mano verde prende la mia mano (tantra della ‘mano sinistra’?), poi mi sfiora la guancia destra, scorre sulla fronte, fa altrettanto con Chloe. È fuoriuscita dal buio, come dal cappello di un prestigiatore (la Torre?). Tamara prende la mia mano destra, poi quella di Chloe (la sinistra: la mia compagna di ‘missione’ è mancina). D’abrut c’investe, come una folata di fohn, la sua voce (e dire che la belle de nuit viene dal ‘freddo’):
«Tutto nella donna è un enigma, e tutto nella donna ha una soluzione… Non ti dico quella di Nietzsche, io ne ho un’altra, di soluzione – mi fa Tamara – E poi io vengo dalle lande di Lou Salomè. Sono un’isola, un continente e sono nera…  E fu Freud a dire che la donna è un enigma,un continente nero”.»
Ho i brividi (mi si ‘arrizzica’ la carne – avrebbe detto mia nonna, con la sua voce ‘antica’, di un’altra fiata). Al pari di Zarathustra, sento che lo Spirito è la vita che taglia nella mia carne. Fiat voluntas sua. Sento il sangue fluire en plein air, l’aquila che volteggia con il serpente che tiene unite le sue zampe, la scimmia che scende dalla mia spalla portando con sé tutti i dis-valori…

«Dio è qui, non solo nel deserto (Tamara si fa sempre più enigmatica). È nel silenzio e nel vuoto il germe del cosmo. Ma a noi basta che aleggi lo Spirito: basta che ci sfiori e il bocciolo interiore si farà gemma. Il bosco verrà dopo, e noi saremo i suoi lupi azzurri. Anche fiori di nazuna….» L’uovo si rompe. E mi chiamavano drago. Anche lei, Tamara, farà parte del cerchio: il Frei Club si sta allargando.
La luna piena glissò su tutta questa fauna appena cementata, che copriva a tappeto tutta la rena (mai accaduto in una notte di fine estate, neanche ai tempi di Lamberto e cortigiani), e, complice, si soffermò sulla ‘flora’ verdeggiante: lo stravagante trio alchemico – nigredo-moretta (Galatea), albedo-bionda (Gaia), rubedo-rubizzo (Lorenzo) – in piena esaltazione estatico-erotica. L’estate, eretica, aveva raggiunto la sua acme. E l’estetica pure (e senza tracce di acne).

Missione compiuta. Abbandoniamo la piazza, il ‘miracolo’ è avvenuto:  il nostro sguardo e il nostro tocco hanno ‘rigenerato’, di colpo, la nostra prima cavia (che il nostro fosse metodo ‘socratico’, da levatrici, o miracolo ‘cristico’, non importa. Che sia ‘criptico’ su questo non ci piove). Dopo le prime ‘esternazioni’, Tamara, fessurata la corteccia che impediva al suo ‘vero’ Sé di esprimersi, era diventata un vero e proprio diluvio. Qui c’è in ballo una sorta di triangolo. Io voglio Tyler. Tyler vuole Marla. Marla vuole me.
S.O.S.: sognare, osare, scoprire. S.E.S.S.O.: scrivere, esplorare, scolpire, scalfire, ordire. E come al solito, soprattutto, S.O.F.I.A. La triade lorenziana, con cui il dreamer (già sessantottino) traduceva, finalmente e fatalmente (non più solo teoricamente), le sue intuizioni. Con duttilità e sapienza (dava sapore alla minestra). Sottile, olografico, flamboyant, intuitivo, arbitrario. Sofia: il pallone; Lorenzo: arbitro, calciatore e pubblico.

Nove minuti. II Parker-Morris Building andrà giù, tutti i suoi centonovantuno piani, adagio come un albero che cade nella foresta. Legna. Puoi buttar giù quello che vuoi. Fa effetto pensare che il posto dove stiamo sarà solo un punto nel cielo. Ma prima del punto tante virgole. La serie fotografica di cinque immagini intervallate. Ecco qui il palazzo in piedi. Seconda foto, il palazzo ha un angolo di ottanta gradi. Poi settanta gradi. Il palazzo ha un angolo di quarantacinque gradi nella quarta foto dove lo scheletro comincia a mollare e la torre s’inarca leggermente. Nell’ultima foto la torre, con tutti i suoi centonovantuno piani, piomberà sul museo nazionale che è il vero bersaglio di Tyler.
Il building è il mondo ‘immondo’ che mi circonda, i piani (piano più piano meno) sono i suoi stati (di grazia? No, solo nazioni: pochi i ‘popoli’, molti i ‘disgraziati’). Spero solo che la Torre rimanga in piedi. Del resto, è piazza dei miracoli…

«La legge del mondo interiore è la medesima del mondo esteriore, ma più su di un’ottava … La chiave del potere sulla natura interiore s’è arrugginita sin dal Diluvio. Essa equivale a stare svegli. Lo stare svegli è tutto…» Mentre io cincischio coi miei pensieri (un po’ vischiosi – mi fischiano le orecchie) Tamara apre con la sua chiave inossidabile lo YouTube akashiko e tira fuori tutto il Meyrink che mi ero ‘fatto’ ultimamente (e pensare che il Viso verde lo avevo inserito solo all’ultimo momento, pure neghittosamente, nell’ordine e-mail). Poi chiude con una sua chicca, anch’essa verde (ma poi, da bad girl, mischia i colori):
«Se il tuo viso non si fa verde e la tua coda non resta azzurra, non potrai attaccarti al filo rosso dell’eterno divenire e percorrere così il miglio verde dell’attimo fuggente: cogli il kairos, il ‘fiore del tempo’, il battito ‘fuori tempo’ (e fuori dal coro) del chronos, l’intervallo tra il fulmine e il tuono. Kyrie eleison».
Che dire, il futuro non è più quello di una volta…

lunedì 14 maggio 2018

HEROES – Il viaggio dell’eroe – Il ritorno


HEROES
Il viaggio dell’eroe
Il ritorno

Terminiamo il nostro viaggio dell’eroe, dopo i tre “passi” precedenti.

L’INCONTRO CON LA DEA

L’Eroe, rinato, pienamente consapevole di sé, incontra la perfetta amata. In molti racconti classici, ciò è simboleggiato dal Matrimonio Sacro (“ierogamia”), che in molte fiabe è un tema simbolico ricorrente (sia pur spesso “derubricato” a matrimonio “profano”), nonché il culmine del racconto stesso.
Anche nella vicenda della Madonna, nella cristianità di stampo “cattolico”, il concepimento senza peccato può essere pensato, simbolicamente, come unione perfetta del femminile e del maschile Divino: come dice Campbell “rappresenta la donna che riceve l’ispirazione di creare nuova vita, attraverso una presenza divina”.
                                                                                                                         
LA REDENZIONE CON IL PADRE

Tema importante e frequentissimo, vero e proprio rito maschile di passaggio. L’Eroe, separato dal proprio Padre, ha vissuto un’esistenza inadeguata alla propria eredità, quindi alla propria eternità, al simbolo stesso della sua vita.
Ad esempio, Achille visse a lungo come una fanciulla, Parsifal come un contadino; Mosè si trova tra “la gente sbagliata”, in Egitto, e deve conquistarsi la strada per rincontrare il Padre.
La figura femminile può essere la guida, oppure è l’ostacolo che blocca.
Nella cristianità, con la Crocifissione, il Figlio va direttamente al Padre, e la Madre, ai piedi della croce, ne simboleggia la guida, l’amore materno o la sottomissione.
Nella saga di Guerre Stellari, Luke Skywalker, il figlio, rischia la vita per redimere il padre…
Scrive Campbell ne “L’Eroe dai Mille Volti”:
“Ogni incapacità a fronteggiare una situazione nella vita va considerata, in fondo, una limitazione di conoscenza. Guerre e Rabbia sono prodotti dell’ignoranza; i Rimpianti sono rivelazioni giunte tardi. Il vero significato del mito dell’eroe universale è la regola generale che dà a uomini e donne, su qualunque gradino della scala essi si trovino. [...] L’individuo deve semplicemente scoprire la propria posizione rispetto a questa regola umana generale e lasciare che essa lo aiuti a scavalcare le mura che lo circondano.
Chi e dove sono gli orchi? Sono le proiezioni degli insoluti enigmi della propria umanità. Cosa sono i suoi ideali? Sono i sintomi della sua comprensione della vita. [...] La difficoltà maggiore sta nel fatto che il nostro concetto di ciò che dovrebbe essere la vita raramente corrisponde a ciò che la vita è realmente. [...] Preferiamo profumare, imbiancare, e reinterpretare, illudendoci che la mosca nella pomata, il capello nella minestra, siano colpe di qualcun altro.”

L’APOTEOSI

L’Eroe ha superato le Avversità. Dilaniato, è morto e rinato. Ha reincontrato il padre, si è riconciliato con lui; ha incontrato la Dea, il proprio ideale, e riconcilia così il proprio lato maschile con quello femminile.
Infine – l’Apoteosi! La trasformazione è completa, egli è pienamente se stesso e consapevole.
Lo dimostra l’ultima prova che deve affrontare, superata con assoluta facilità: colui che ha raggiunto l’Apoteosi (“deificazione”, glorificazione) non incontra alcun ostacolo, non commette errori.
La prova finale del Buddha, quando raggiunge l’Illuminazione, è una metafora straordinariamente potente: Kama, Il Signore della Lussuria, lo sfida con tre tentazioni, mandando tre stupende fanciulle: Desiderio, Realizzazione e Rimpianto. Il Buddha, però, rimane immobile; non si identifica più con il proprio ego, ma con il Sé Universale, la Coscienza..
Kama, folle di rabbia, si trasforma nel Signore della Paura, lanciandogli contro l’arsenale di una spaventosa armata. Il Buddha, però, non è più una “persona”, non si spaventa: si identifica con tutto ciò che succede; e quindi, nemmeno le lance e spade possono distoglierlo.
Kama, in apparenza battuto, presenta con astuzia la terza tentazione: il Dovere: “Giovane Uomo, stai seduto sotto questo albero, ma tu sei un Principe! Perché non governi il tuo popolo? Perché non sei sul trono al quale appartieni?” (simile a una delle tentazioni “lanciate” a Gesù dal Diavolo nel deserto).
Neppure questo mosse il Buddha. Abbassando il suo dito, tocca la Terra. E ciò basta…
Avendo così l’Eroe raggiunto l’Apoteosi, e la conoscenza che ne deriva, come si metterà in relazione al mondo da cui è partito?
La risposta è nel “ritorno”.
IL RITORNO.

Spesso si pensa all’Apoteosi come al culmine del Viaggio dell’Eroe… cosa mai resta dopo il raggiungimento di una tale particolare saggezza, o potere, o rivelazione? Il Ritorno: una sfida, se possibile, anche più grande…
L’Eroe vive subito una tremenda domanda: come tornare indietro al mondo da cui è partito, ed insegnare ciò che ha compreso? (al pari dello Zarathustra di Nietzsche). Come fare a tradurre in parole l’esperienza, la comprensione grandiosa che ha avuto?
È un compito immane: è come descrivere una realtà tridimensionale partendo da una fotografia… (“la mappa non è il territorio”).
Come fare a parlare del valore assoluto della sua comprensione alle persone, che insistono sull’evidenza esclusiva dei propri sensi?

L’Eroe si chiede: Perché mai tornare in un mondo simile? Perché tentare di rendere plausibile o interessante l’esperienza che ha avuto a persone che non se ne interessano? L’Eroe può persino sentirsi fondamentalmente uno sciocco davanti agli altri uomini indifferenti. La scelta più facile è di mandare all’inferno l’intera comunità umana e ritirarsi nella caverna, nel luogo che rappresenta il suo sapere, e richiudere in fretta la porta.
Quindi, ora sa che, se dovesse decidere di tornare là da dove è partito, dovrà nuovamente superare una difficile soglia, non inferiore a quella da cui è partito.

L’idea del Ritorno è che l’Eroe riporti nel mondo il suo potenziale, prima inespresso che ha saputo far emergere. Questo tesoro va preso e integrato nuovamente in una vita “normale”, “razionale”.
Immaginate che un giovane, desideroso di diventare un famoso artista, lasci il suo paesino in provincia, si rechi in una grande metropoli, magari all’estero, ove incontra un grande artista che lo accetta come discepolo e che il nostro giovane, dopo anni di duro lavoro, apprendimento, delusioni, riesca finalmente ad emergere con un suo, proprio stile.
Finalmente, eccitato, apre la sua prima personale mostra d’arte, non vedendo l’ora di mostrare al mondo ciò che ha da offrirgli. E qual è la reazione del mondo? Il più assoluto disinteresse verso il tesoro che il nostro giovane amico ha fatto emergere…

Qui, sono possibili tre reazioni.
La prima è di mandare tutti all’inferno, abbandonare la propria strada e tornarsene al paesello, con la coda fra le gambe. Questo, è il “rifiuto del ritorno”.
La seconda è chiedersi “che cosa vogliono gli altri?” e iniziare a vendere agli altri ciò che essi vogliono… Se non altro, ha una vita prestigiosa e riconosciuta. Questo è il “ritorno come inteso dalla società e dal senso comune”.
La terza reazione consiste nel cercare un modo, un’espressività, un vocabolario, per trovare il modo di fare breccia negli altri, perché essi accettino il dono nella misura in cui sono in grado di riceverlo. Questo, richiede un elevato grado di comprensione degli altri, ed infinita pazienza e creatività.
Joseph Campbell disse: “se riuscite a fare anche un solo piccolo passo nella società, con il messaggio che avete, riuscirete anche a comunicarlo per intero. Io, questo lo so!”
E adesso lo sapete anche voi…