HEROES
Il viaggio dell’eroe
Il ritorno
Terminiamo il nostro viaggio dell’eroe, dopo i tre “passi”
precedenti.
L’INCONTRO CON LA DEA
L’Eroe, rinato, pienamente
consapevole di sé, incontra la perfetta amata. In molti racconti
classici, ciò è simboleggiato dal Matrimonio
Sacro (“ierogamia”), che in molte fiabe è un tema simbolico ricorrente (sia
pur spesso “derubricato” a matrimonio “profano”), nonché il culmine del
racconto stesso.
Anche nella vicenda della Madonna,
nella cristianità di stampo “cattolico”, il concepimento senza peccato può
essere pensato, simbolicamente, come unione
perfetta del femminile e del maschile Divino: come dice Campbell
“rappresenta la donna che riceve l’ispirazione di creare nuova vita, attraverso
una presenza divina”.
LA REDENZIONE CON IL PADRE
Tema importante e frequentissimo, vero e proprio rito maschile di passaggio. L’Eroe, separato dal proprio Padre, ha vissuto un’esistenza
inadeguata alla propria eredità, quindi alla propria eternità, al simbolo
stesso della sua vita.
Ad esempio, Achille visse a lungo come una fanciulla, Parsifal come un
contadino; Mosè si trova tra “la gente sbagliata”, in Egitto, e deve
conquistarsi la strada per rincontrare il Padre.
La figura femminile
può essere la guida, oppure è l’ostacolo che blocca.
Nella cristianità, con la Crocifissione, il Figlio va direttamente al Padre, e la Madre, ai piedi della
croce, ne simboleggia la guida, l’amore materno o la sottomissione.
Nella saga di Guerre Stellari, Luke Skywalker, il figlio, rischia la vita
per redimere il padre…
Scrive Campbell ne “L’Eroe dai Mille Volti”:
“Ogni incapacità a fronteggiare una situazione nella vita va considerata,
in fondo, una limitazione di conoscenza. Guerre e Rabbia sono prodotti
dell’ignoranza; i Rimpianti sono rivelazioni giunte tardi. Il vero significato
del mito dell’eroe universale è la regola generale che dà a uomini e donne, su
qualunque gradino della scala essi si trovino. [...] L’individuo deve
semplicemente scoprire la propria posizione rispetto a questa regola umana
generale e lasciare che essa lo aiuti a scavalcare le mura che lo circondano.
Chi e dove sono gli orchi? Sono le proiezioni degli insoluti enigmi della
propria umanità. Cosa sono i suoi ideali? Sono i sintomi della sua comprensione
della vita. [...] La difficoltà maggiore sta nel fatto che il nostro concetto
di ciò che dovrebbe essere la vita raramente corrisponde a ciò che la vita è
realmente. [...] Preferiamo profumare, imbiancare, e reinterpretare,
illudendoci che la mosca nella pomata, il capello nella minestra, siano colpe
di qualcun altro.”
L’APOTEOSI
L’Eroe ha superato le Avversità. Dilaniato, è morto e rinato. Ha reincontrato il padre, si è riconciliato con
lui; ha incontrato la Dea, il proprio ideale, e riconcilia così il proprio lato maschile con quello femminile.
Infine – l’Apoteosi! La trasformazione è completa, egli è
pienamente se stesso e consapevole.
Lo dimostra l’ultima prova che deve affrontare, superata con assoluta
facilità: colui che ha raggiunto l’Apoteosi (“deificazione”, glorificazione) non
incontra alcun ostacolo, non commette errori.
La prova finale del Buddha, quando raggiunge l’Illuminazione, è una
metafora straordinariamente potente: Kama, Il Signore della Lussuria, lo sfida
con tre tentazioni, mandando tre stupende fanciulle: Desiderio, Realizzazione e
Rimpianto. Il Buddha, però, rimane immobile; non si identifica più con il
proprio ego, ma con il Sé Universale, la Coscienza..
Kama, folle di rabbia, si trasforma nel Signore della Paura, lanciandogli
contro l’arsenale di una spaventosa armata. Il Buddha, però, non è più una
“persona”, non si spaventa: si identifica con tutto ciò che succede; e quindi, nemmeno
le lance e spade possono distoglierlo.
Kama, in apparenza battuto, presenta con astuzia la terza tentazione: il
Dovere: “Giovane Uomo, stai seduto sotto questo albero, ma tu sei un Principe!
Perché non governi il tuo popolo? Perché non sei sul trono al quale
appartieni?” (simile a una delle tentazioni “lanciate” a Gesù dal Diavolo nel
deserto).
Neppure questo mosse il Buddha. Abbassando il suo dito, tocca la
Terra. E ciò basta…
Avendo così l’Eroe raggiunto l’Apoteosi, e la conoscenza che ne deriva,
come si metterà in relazione al mondo da cui è partito?
La risposta è nel “ritorno”.
IL RITORNO.
Spesso si pensa all’Apoteosi come al culmine del Viaggio dell’Eroe… cosa
mai resta dopo il raggiungimento di una tale particolare saggezza, o potere, o
rivelazione? Il Ritorno: una sfida, se possibile, anche più grande…
L’Eroe vive subito una tremenda domanda: come tornare indietro al mondo da cui è partito, ed insegnare ciò che
ha compreso? (al pari dello Zarathustra di Nietzsche). Come fare a tradurre
in parole l’esperienza, la comprensione grandiosa che ha avuto?
È un compito immane: è come descrivere una realtà tridimensionale partendo
da una fotografia… (“la mappa non è il
territorio”).
Come fare a parlare del valore assoluto della sua comprensione alle
persone, che insistono sull’evidenza esclusiva dei propri sensi?
L’Eroe si chiede: Perché mai tornare
in un mondo simile? Perché tentare di rendere plausibile o interessante
l’esperienza che ha avuto a persone che non se ne interessano? L’Eroe può
persino sentirsi fondamentalmente uno sciocco davanti agli altri uomini
indifferenti. La scelta più facile è di mandare all’inferno l’intera comunità
umana e ritirarsi nella caverna, nel luogo che rappresenta il suo sapere, e
richiudere in fretta la porta.
Quindi, ora sa che, se dovesse decidere di tornare là da dove è partito,
dovrà nuovamente superare una difficile soglia, non inferiore a quella da cui è
partito.
L’idea del Ritorno è che l’Eroe riporti nel mondo il suo potenziale, prima inespresso che ha
saputo far emergere. Questo tesoro va preso e integrato nuovamente in una vita
“normale”, “razionale”.
Immaginate che un giovane, desideroso di diventare un famoso artista, lasci
il suo paesino in provincia, si rechi in una grande metropoli, magari
all’estero, ove incontra un grande artista che lo accetta come discepolo e che
il nostro giovane, dopo anni di duro lavoro, apprendimento, delusioni, riesca
finalmente ad emergere con un suo, proprio stile.
Finalmente, eccitato, apre la sua prima personale mostra d’arte, non
vedendo l’ora di mostrare al mondo ciò che ha da offrirgli. E qual è la
reazione del mondo? Il più assoluto
disinteresse verso il tesoro che il nostro giovane amico ha fatto emergere…
Qui, sono possibili
tre reazioni.
La prima è di mandare tutti all’inferno, abbandonare la propria strada e tornarsene al paesello, con la coda
fra le gambe. Questo, è il “rifiuto del ritorno”.
La seconda è chiedersi “che cosa vogliono gli altri?” e iniziare a vendere agli altri ciò che essi vogliono… Se non altro,
ha una vita prestigiosa e riconosciuta. Questo è il “ritorno come inteso dalla
società e dal senso comune”.
La terza reazione consiste nel cercare un modo, un’espressività, un vocabolario, per trovare il modo di fare
breccia negli altri, perché essi accettino il dono nella misura in cui sono in
grado di riceverlo. Questo, richiede un
elevato grado di comprensione degli altri, ed infinita pazienza e creatività.
Joseph Campbell disse: “se riuscite a fare anche un solo piccolo passo
nella società, con il messaggio che avete, riuscirete anche a comunicarlo per
intero. Io, questo lo so!”
E adesso lo sapete
anche voi…
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