CAOS CALMO
Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur. Mi sono sempre sforzato di essere un Selbstdenker,
un freelance, non sono il portavoce
di nessuno. E poi sono uno che s’interessa più ai contenuti che alle etichette
(ma la forma, anche il design, mi piace – l’architettura dà stile alla mia
filosofia). La tela è la mia vita, lo spray il mondo delle idee (in
bomboletta). Prima ve(n)devo fumo, poi marchette (anche Markette, quando scalo le marce).
Insomma,
ero marcio, schiavo del mercato e del marcatempo. Ero un muro screpolato… (“Fiore
in un muro screpolato, ti strappo dalle fessure, ti tengo qui, radici e tutto,
nella mano, piccolo fiore – ma se potessi capire che cosa sei, radici e tutto,
e tutto in tutto, saprei che cosa è Dio e cosa è l’uomo”), ora sono una roccia (ma sono sempre disponibile per i
graffiti).
«La prima regola del
fight club è che non si parla del fight club» dice il meccanico. «E l’ultima
regola del Progetto Caos è che non si fanno domande.» Dunque cosa può dire a
me?«Quello che devi capire è che tuo padre è stato il tuo modello di Dio» dice
lui. Ecco perché ero
ateo! (non è vero: è perché sorseggio la fata verde). Mi s’allunga il collo, la
rêverie riprende lo sciaraballe. Le
parole di Diana mi sballano di nuovo. D’altronde, per dirla sulla scia di Nicolás Gómez Dávila,
una vita che non abbia
Dio, o l’assenza di Dio, come protagonista clandestino, è priva
d’interesse…
Ecce Homo, Il caso Wagner,
L’Anticristo, Nietzsche contra Wagner. Ricomincia il gran
ballo. Rivedo la sua Torino, trasfigurata alla Lorrain. Città diritta e lui,
Friedrich, che comincia a storcersi (e contorcersi). Imbizzarrito dietro a
Bizet, svanito dietro a Wagner (fuori gioco – mi vien quasi voglia d’invasione di campo). Dimmi che brand usi e ti dirò chi sei.
Chi sei, Federico? (l’assenzio, anche se allungato, mi fa questi effetti). Sei
anche tu no-global, no-logo,
antibrandista? Se ci sei (e non ci fai: è sempre la fata verde a farmi
parlare così), brandisci la spada e brucia il marchio… Diventa ciò che sei!
Continua la rêverie
(i ‘sogni lucidi’,
reali peraltro, sia ex ante sia ex post, sono anelli indispensabili
della catena del Progetto Kreis – o Progetto Chaos?). Vedo Nietzsche spostarsi da un
albergo all'altro, tra Italia, Francia, Svizzera (e io sto nel ‘salon’ e, pur
immerso nei miei pensieri – anche quelli provenienti da una dimensione ‘autre’
–, riesco contemporaneamente a seguire attentamente gli ‘insegnamenti’ di
Diana): soffro con lui dei suoi persistenti attacchi di emicrania (ma me ne
libero subito: ho le mie tecniche ‘pneumatiche’), mi tormento con lui nella sua
scrittura nervosa – ma poi mi addolcisco: sono tutto impregnato del suo ‘stile’
–, cavalco la sua follia (e scoppio in un fou
rire; soprattutto… nitrisco. Sono alla nitroglicerina. Tra poco esploderò).
Le
oscene riflessioni cerebrali, le farfuglie fanfullesche, e fanciullesche, le
contaminazioni demoniche (e demoniache), continuarono a girare, turbinosamente,
all’incontrario, e giunsero alla radice. E finalmente, realizzai: il
principio del peccato non risiede, prioritariamente, negli impulsi di natura
biologica o psicologica della natura umana decaduta; il Peccato (con la pi
maiuscola, e non per rispetto) è, soprattutto, una dinamica spirituale, una forza
aliena e distinta dalla natura umana, ma immanente a essa. Un principio
endemico nell’uomo, una potenza contagiosa e distruttiva, derivante,
originatasi, da una doppia ‘caduta’: quella degli angeli – con ripercussioni
cosmiche – e quella dell’uomo – di portata microcosmica. La prima ‘potenza’
‘preme’ dall’’esterno’, la seconda dall’’interno’… Contro la prima puoi opporre
la ‘corazza’ dello spirito. Ma contro la seconda?
C’è un diavolo dentro e un diavolo fuori… In & Out.
Sopra e sotto, mai al centro: peccare è ‘fallire la mira’. Prima il
dolce, poi la mirra. Non un difetto, ma una defezione… (così lo definiva
uno dei tanti teologi di cui facevo incetta). Ma anche un’occasione perduta, il
peccato: un autobus, un pullman, un treno, che non si è saputo prendere al volo
(magari ha fatto una sosta a bella posta per te, anche fuori dalla ‘fermata’…).
In definitiva, un conflitto cosmico e ‘privato’, una battaglia tra reame
demonico e redenti, tra redenti e irredenti, tra figli della luce e figli
delle tenebre.
«Sto sciogliendo i
miei legami con il potere fisico e gli oggetti terreni» ha bisbigliato Tyler, «perché
solo distruggendo me stesso posso scoprire il più elevato potere del mio
spirito.» Volo dietro a Frei e Lou (lei guida il carro). Nietzsche, un filosofo troppo in
anticipo rispetto ai suoi tempi, troppo fuori dalla norma (soprattutto adesso).
Un pensatore grave (mai greve), soprattutto ‘gravido’ (ora sono altri – bipedi
implumi non-pensanti – a essere sempre ‘incinti’…). “E siccome piangeva facilmente, e
siccome gli è capitato di parlare del proprio pensiero come una donna incinta
del proprio bambino, mi piace spesso immaginarlo mentre versa lacrime sul suo
ventre.” Troppo
Derrida? Se non altro, Nietzsche non aveva le maniglie dell’amore…
Sneackers
o tacchi a spillo?
Nietzsche: il filosofo con gli stivali (altro che i ‘filosofi’ dei miei
stivali: lui ha i tacchi come martello, la pelle come ombrello – contro gli
strali degli Dei…). Friedrich: un uomo, un mito, un fulmine a ciel sereno. Noi
saremo la sua pioggia… Un acquazzone, ma sottile. Levità
francese contra gravame teutonico
(finché era alemanno andava bene). Ormai l’aristo-radical (anche no-global e
radical-choc) era pronto a cavalcare il caos (siamo a fine ‘800). E io con lui
(sto all’aurora del terzo Millennio). Non per niente sto per lanciarmi nel Progetto Chaos…
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