venerdì 8 marzo 2019

FLY… FEMME FATALE

              FLY… FEMME FATALE

Vola donna vola… via il velo: il fato è con te! 
Via il velo, ripeto. Con tutto il rispetto per l’Islam che, almeno quello di Rabia e Rumi, del velo sa e può farne tranquillamente a meno, senza per questo tradire il pensiero originario di Muhammad (ma io sono per l’originale: Gesù).
Donna: l’infinito svelato. E che l’otto sia segno d’infinito è senz’altro emblematico.
Fire! Fire! Fire! Bessie la russa, Peppina e Concetta le italiane, Fannie l’ucraina. Sono solo alcune delle centoventinove ragazze morte nel rogo della camiceria Triangle Shirtwaist a New York.
Era il 25 marzo 1911 (certo che il 9 e l’11 si ripetono un po’ troppo spesso nella Grande Mela – sarà il verme?). Sì, centoventinove donne fatali: queste sì femmes fatales.
E pensare che, se maschio significherebbe ‘maiuscolo’, ‘foemina’ varrebbe ‘minuscola’; più precisamente: fede minima (fides minus). Semmai, fidei munus (dono della fede)…
E poi le donne non hanno fede, hanno certezze!

Che dolce trasformazione venir mutata in ciò ch'io amo più di me. Sono a tal punto trasformata da aver perduto il nome mio per amare, io che so amare tanto poco; è in Amore che sono trasformata, perché io altro non amo che l’amore…
E a proposito di donne, non posso che passare il flabello (quello di Margherita Porete, la mistica. Ma il suo, come in ogni donna “trasformata in Amore”, è un flagello – nel senso di frusta, per flagellare, non tanto il pensiero debole, quanto i deboli di pensiero. “Siate caldi oppure freddi: ma i tiepidi li vomiterò nella Geenna.”) a un mio breve pensiero ‘femmineo’ – nel senso di passionale, galvanizzante, velvetizzante…

UBI FOEMINA-MAIOR MINUS-MACHO CESSAT

Pesanti gocce d’ardore e afrore sfiorarono le ardue tempie, rotolando, doce doce, sulle guance. Le dita, guadando sui rivi affioranti su ogni lembo di pelle, guadagnavano posizioni sulla terraferma (e sui corpi in movimento), tracciando segnature e marcando territori. Mischiati, uniti, complici: la spada di lui affilata, di nuovo nella guaina dopo volteggi solo aerei; lei, la foemina, lancia in resta.
Sorrisi, gocce, origami. I rivi si fecero torrenti, poi fiumi, infine laghi, ma sempre tempestosi. Alla Ezra Pound. Cime tempestose, valli fiorite. Eros gentile.  
Fior da fiore, le sinapsi del circuito dell’Eros (esisteranno pure?) si moltiplicavano indefinitamente, creando nuovi circuiti primari e secondari, by-pass e collegamenti volanti. Senza rispettare regole e norme: a rischio di black-out.
Pensiero stupendo. Nasce un poco strisciando. Si potrebbe trattare di bisogno d’amore. Meglio non dire…
La stanza s’illuminò di botto: tante lucciole (vere o virtuali) avevano invaso l’ambiente, sia pur chiuso, moltiplicando i lux. In un fiat. Una voce sottile, quasi di silenzio, lambiva le pareti. Come paracadutata dal cielo. 
Le carezzava, vellicava, titillava, permeandole e spremendo bolle e bollicine, togliendo i punti neri e disincagliando pori occlusi da troppo tempo, per poi affacciarsi timidamente nella camera e fondersi, ossimoricamente, coi fiati di lui e di lei.
Questi amanti incorporei s’incontrarono, un cielo nello sguardo, cielo dei cieli a ognuno il privilegio di contemplare gli occhi dell’altro (…) Vi furono mai nozze come queste? Un paradiso li ospitava e cherubini e serafini furono i rispettosi invitati.” (Emily Dickinson).
“Es un sentimiento nuevo che mi tiene alta la vita, la passione nella gola, l’eros che si fa parola” (
Battiato).
La costa era vicina. Il suono delle sirene del porto (delle nebbie) li invitava ad approdare.
Le vele ammainate, i remi in barca, i sensi nella stiva. Ma il canto di altre sirene, flautato, dolce, invitante, ludico, innocentemente lubrico, iniziò a pervadere la stanza.
E tu ancora. E noi ancora. E le donne: sempre.




Nessun commento: