lunedì 28 dicembre 2020

MILLION DOLLAR BABY (REMIX)

MILLION DOLLAR BABY

(REMIX)

Siamo ormai agli sgoccioli. Tra poco entreremo, a pugni, nel 2021…

Continuer le combat.

Questo è l’ultimo post di questo anno fatale e, per modellarlo, mi rifaccio a uno dei miei primi post in assoluto (siamo al 16 dicembre 2008 e tutto andava bene…).

La filosofia mi tira, la teologia mi attira, la psicologia mi attrae, la spiritualità mi atterra… (mi atterrisce, ma di terrore sacro.) Ma la fede mi porta in alto: Il Terribile è accaduto!

Pistis SophiaFede e Sapienza: la Tradizione che non tradisce…

Ho rivisto Million Dollar Baby e ho compreso, una volta ancora, che la vita bisogna afferrarla, per poi lasciarla andare sulle onde dello Spirito. Anche se tutto questo può portare, in taluni casi (il film ne è un modello), a una momentanea fine, per indomita volontà di rassegnazione: un tranciare il filo dell’esistenza, dopo aver cavalcato la tigre, così da passare dall’existenz minimum alla massima vita.

E se ciò – il forzare il passaggio oltre il velo, squarciandolo – può non essere moralmente plausibile, so pure che la Sua benignità dura in eterno…

La ragazza da un milione di dollari (Hilary Swank/Maggie) mostrava una sua fede, sia pure apparentemente aliena dallo Spirito; così pure, per velati cenni e per la Stimmung generale della trama del film, i due suoi coach (Clint Eastwood/Frankie e Morgan Freeman/Scrap). Una ‘trinità’ che ben rappresenta ogni tri-unità ‘corpo-anima-spirito’, nei loro complessi intrecci e intersezioni.

E poi, il quarto (Jung era per la ‘quaternità’): lo spettatore, che ben comprende che la profondità della Realtà è ben oltre può anche essere contro la nostra morale, per quanto buona e 'morale' possa apparire... Se noi addentiamo il frutto proibito (la ‘mela’, il ‘pomo della discordia’) male ci coglie… ma è una felix culpa: non ci sarebbe redenzione, libertà, felicità – non ci sarebbe stato Gesù Cristo… – se non riuscissimo a liberarci dalle catene per correre verso le vette. Ma Dio è Colui che ha creato anche la mela e Lui può usarla a suo piacimento! Anche se la mela non era poi una mela…

Qui mi fermo, lascio che io mi riposi e altri vadano oltre. In mia vece, lascio che alcune gocce di pioggia a Jericoacoara (il mio ‘book’ non tanto ‘instant’) vi bagnino. Purché non vi raffreddiate...

Un lampo, un flash-back nello spin del tempo: fu proprio alla svolta dell’ultima pagina del fatidico 1991 che – complice un ‘supporto’ umano (e un altro paio a far da ‘volano’) – Lorenzo si ‘risvegliò’, rientrando in sé come il figliol prodigo (pur non avendo vissuto, salvo qualche intemperanza – so’ ragazzi… –, alla maniera dissoluta di questi). Ma, passato il momento di lucidità, non sempre era riuscito a sfuggire al cappio dell’immancabile (sia pur sempre meno frequente) ricaduta, ripetutamente risucchiato dall’esistenza ordinaria.

Come un sonnambulo o, peggio, un robot, aspirato dai suoi pensieri, dai suoi ricordi, dai suoi desideri, dalle sue sensazioni, dalla bistecca che mangiava, dalla sigaretta che fumava, dall’amore che faceva, dal bel tempo, dalla pioggia, dall’albero vicino, dalla vettura che passava... Pur non rientrando appieno nella tipologia (comune, diciamo pure maggioritaria) dell’uomo sonnambulico, o eterodiretto, non sarebbe di certo sfuggito all’occhio levantino di monsieur Gurdjieff (anche se Lorenzo non fumava).

Fasi up e fasi down. Up nella sua volontà, down nelle viscere del suo subconscio. Qualche volta il ribaltone. Guai se il down esteriore fosse stato, abitualmente, in fase col down interiore… Che risonanza! Anzi, che dissonanza. Stonata: depressione, vuoto, oppressione, letargo. Ma ora i due up si erano riallineati e Lorenzo, sospinto fuori dalla caverna delle ombre vaganti, si era ri-risvegliato (se così si poteva dire) quel che bastava per continuare quel cammino sul ponte, così pieno d’intralci e intoppi (e scivoloni), che pure – così almeno gli era stato profetizzato anni prima – lo avrebbe portato verso una meta luminosa.

Un faro al termine della notte: da tempo premonizioni, intuizioni e segni vari (bagliori) gli avevano fatto intravedere squarci di un mondo ‘autre’, di un’altra dimensione della realtà. E una chiamata a una vita diversa...

“Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione ... Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario ... Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita.” Il viaggio alla Céline (anche se Lorenzo oscillava più tra Céline Dion e Dion Fortune, tra la cantante e l’esoterista) lo stava portando dal fondo della notte verso un’alba dorata. Lui che, come Salgari, suo compagno di fanciullezza, viaggiava soprattutto a cavallo della fantasia. Anche in questo cavalcava la tigre.

L’immaginazione al potere. E Lorenzo, immaginifico com’era, sarebbe certamente diventato re… Circostanze e coincidenze gli avevano dato delle indicazioni ben precise e lo stavano accompagnando, mano nella mano, talvolta con strattoni, verso la corona – Keter –, la ‘sfera’ più in alto sull’’albero della vita’. Oppure, anche senza scettro, nella giusta direzione. Giusta ma non ancora a portata di mano, o di vista (se non del terzo occhio: l’oculus fidei).

Se fino ad allora tutto era andato a rilento, ora ebbe, dentro di sé, la sensazione certa che tutto avrebbe cospirato a farlo andare, e quanto prima, verso la meta. Non solo quella eterna: già un primo traguardo – e che traguardo! (ma lui non lo sapeva ancora) – in questa vita. Saltando, zompando, cabalisticamente, dal tempo circolare – l’eterno ritorno – dei primordi al tempo cubico – lineare – del futuro: scagliato come un dardo verso il traguardo.

Morte, dov’è il tuo pungiglione? Dalla vita ‘muta’ alla vida loca. Dal Mito alla Storia… Ma sarebbe stato pur sempre un futuro ‘mitico’. Luminoso, gioioso, focoso. Vitale, vitalistico, pieno di slancio. Olistico. Senza più affanno e viso abbattuto. Non più come Caino. Al contrario, sarebbe corso verso la meta ridendo, danzando, con una mano verso il cielo e l’altra puntata verso la terra.

Dionisiaco e apollineo. Filosofo e poeta, avrebbe inghiottito il tempo in una folle risata. Non più l’Adamo scacciato dal giardino (si era forse scocciato?), Lorenzo, ma lo Zarathustra disceso dal monte (e come rimase scioccato!). Per lui, che nicciano era fino al midollo, diciamo pure fino all’ossimoro (e non nicchiava più), era giunto il momento (divino, malgré Nietzsche) di trangugiare tutto d’un fiato il ben poco sciropposo Gilles Deleuze e la sua salata citazione internettiana, scippata a un sito di ‘cultura non conforme’: “Coloro che leggono Nietzsche senza ridere, e senza ridere molto, senza ridere spesso, colti talvolta da un fou rire, è come se non leggessero Nietzsche.”

E Lorenzo aveva deciso di ridere.

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