domenica 19 maggio 2013

LUPUS IN FABULA


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LUPUS IN FABULA


“Tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco…”
Lupus in fabula o lupus eritematoso? Tra mali reali e immaginari, eritemi solari e ‘sole’ politiche, c’è il pericolo – forse più immaginario che reale – che il gregge di pecore si trasformi in un branco di lupi affamati.  
Ma io sono dell’opinione che, prima o poi, il lupo giacerà con l’agnello

Ricorda: sii candido come una colomba ma astuto come un serpente! «Meriterà il nome di uomo e potrà contare su ciò che è stato preparato per lui dall'Alto, solo colui che avrà saputo acquisire i dati necessari per conservare indenni sia il lupo sia l'agnello che gli sono stati affidati.» (Gurdjieff)

The beat goes on.
Devo andare e non fermarmi finché non sono arrivato. Andare dove? Non lo so, ma devo  andare...

Di eone in eone, il cammello si è fatto leone… Così canticchia il mio fanciullino subliminale (“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi … ma lagrime ancora e tripudi suoi”). E mai invecchia il pargolo, si rigenera di aion in aion (negli abissi della mia interiorità il tempo, nelle sue varie coniugazioni, e congiunzioni, scorre molto più velocemente che all’esterno – il mondo immaginale ha i suoi ritmi, le sue pause, le sue frenesie).

E poi, comincia a intravedersi l’eterno ritorno (non basta Grillo a risvegliare i grulli; a meno che non s’ingrullisca anche lui).
Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai.


“Si tratta di arrivare all’ignoto mediante la sregolatezza di tutti i sensi.” Amo gli eccessi (a parole, quando mi spingo giù sino ai ‘poeti maledetti’) ed eccedo negli amori (anche qui, verbis non factis).

“Voglio essere poeta, e lavoro a rendermi Veggente.” Ho sposato la prosa, ma la tradisco con la poesia (sono single, quanto alla prosa. Ma il mio mariage tira. E mai molla). E ci sono altre Muse che spingono per entrare: fuori piove.
E dentro di te, che c’è? Sole? Pioggia? Luna piena? L’importante è che tu sappia. “Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza…”

E poi, ricorda: il sapere è una farfalla notturna.

Splash. Rischiamo, sì, il naufragio (ormai balliamo da soli - diaballein); dobbiamo navigare nelle acque del Logos. Con il simbolo come ciambella di salvataggio. Helzapoppin’.

Onda su onda, tra zapping e spleen, schiuma di saudade e folate di stimmung.
Sting. Singing a new song. Ma anche con un occhio (il terzo) al futuro adveniente. New moon o eclipse? Cerchiamo il sole sorgivo e continuiamo a fantasticare nella twilight zone (lì le acque sembrano più calme) dove attorno a noi non c’è nessuno. Nessun ricordo. Odiamo i ricordi. Odiamo amare. Abbiamo sognato un destino diverso.

Ma attenti a non diventare degli zombi!

Bridge over troubled water. Sono un ponte sospeso sul mondo (e con i piloni fondati sull’abisso – e non faccio ancora parte dello star-system).
Miro (al)le stelle (specie poi da quando sono approdato su certi ‘siti’: dapprima, quello di Miro; poi sempre più in alto, li dove danzano le spade e infierisce il cultro).

L’uomo, ‘pontiggia’ Pennac, “scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché è solo…” E io voglio essere immortale e libero come uno steppenwolf.

Ma cerco compagnia…

Sono un uomo d’oggi, Sono solo. Ma ho ancora gli dèi, al massimo Dio (e forse anche qualche idea…).

Mon Drieu! (La Rochelle – non sono solo rocchettaro). Ma io credo in Dio, e nel Divino (con Eckhart; e nel Cristo e nello Spirito, con il cuore).
Il tempo è ormai maturo (il tempo, questa tigre che divora…): il chronos ha scandito il kairòs (e questo ha battuto sul tempo l’aion). Non ho mangiato la mela acerba e non mi sfagiola certo la frutta andata. Aspetto la frutta di stagione… Time passes by.

E non siamo ancora alla frutta… C’è il dolce!

E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare… E dopo aver scampato a tremendi pericoli (parole, parole, parole…), dopo qualche beccheggio siamo finiti tutti nella rete. Senza rendercene conto. E io sono passato, quanto ai libri (quando buco la rete e torno sulla ‘carta-ferma’ – che giro freneticamente, turn turn turn), dall’insostenibile leggerezza dell’essere all’alito pesante del drago che butta fuoco (quello del contropelo: "guance arrossate, traccia inequivocabile di un contropelo troppo duro").

Una ferita nell’epidermide del mondo; poi… più dentro, sempre più giù, fino al nocciolo. Voglio penetrare. E non solo nel mondo. In corpore vivi.

Mi sento investito da una missione (e sotto il vestito? Niente. Voglio correre nudo alla meta, come Eckhart e la sua verità).


Sì, è giunto il momento.    

I tempi… Mesi, settimane, giorni. Voglio essere considerato un poeta jazz che suona un lungo blues in una jam session d’una domenica pomeriggio. 
Dal fiat lux al punto omega, l’alfa ne ha fatta di strada per arrivare al traguardo (l’epilogo del romanzo delle nostre vite: una favola). Se Jack Kerouac ci aveva messo solo tre settimane (da raccontare) per buttar giù le trecento pagine rollanti sui quaranta metri di carta da telescrivente, il nostro viaggio è stato (un) mosaico.

“Ho ripreso la penna ed ho cercato di rimettermi al lavoro; ne avevo fin sopra i capelli di tutte queste riflessioni sul passato, sul presente, sul mondo. Non domandavo che una cosa: che mi si lasciasse finire in pace il mio libro.”

Sartre, che nausea… E uccidemmo la noia annoiando la morte... Ma alla fine la carovana sta per raggiungere l’oasi (e vicino c’è il mar morto – a quando il bosco?).
Are you ready for miracles?