sabato 26 febbraio 2022

VOLEVA SUCCHIARE IL MIDOLLO DELLA VITA

VOLEVA SUCCHIARE IL MIDOLLO DELLA VITA

“Di coloro che cercarono la mia culla a Betlemme, ascoltando una voce e seguendo una stella, quanti ascesero con me al Calvario? Troppo lunga era la via…” Lorenzo ritornò a galla dopo l’immersione nella ‘ierostoria’ dei ricordi dei suoi (pochi) trascorsi con Massimo. Certo che ritrovarselo a fianco in questo momento così cruciale… Lui era asceso sul monte (dopo tanto ‘calvario’), dopo aver percorso la ‘via’ (ancor più lunga di quella dei versi di Alice Bailey). Dall’Olimpo al Sinai (passando per l’Everest).

     «Dio è Amore, Sapienza e Azione. L’amore è inefficace senza la sapienza, e viceversa. L’azione è il frutto dell’incontro. Dio ama sin dall’inizio (e vide che era cosa buona, anzi …bella: non solo autogratificazione, ma complimenti e, soprattutto, amore). Sì, noi siamo i recipienti dell’Amore, le anfore riempite dall’Essere. In noi si sversa Dio. Quando Gesù nacque, quando il Cristo venne sulla terra, i recipienti si rotolarono… Se tutti noi sblocchiamo il nostro ego e vi facciamo fluire lo spirito, ci apriremo a Dio, a noi e agli altri. Sì, Dio ha bisogno dell’uomo. È volere di Dio che ci fosse, non solo Lui, ma anche l’uomo, e soprattutto la donna…»   

     “… e riprenderemo il mistero delle cose come se fossimo spie di Dio.” Mezzogiorno scespiriano di un giorno d’inizio estate. Ultimi tramonti e nuove albe. Massimo e Lavinia erano un vero e proprio dono (inaspettato). Due spie, come quelle mandate a ‘saggiare’ la Terra Promessa. Lo pensava anche Arianna, mentre andava per negozi con Lavinia (più che altro passeggiava, bighellonava – come il Gesù del bosco di Pugnochiuso – in cerca di perle: i saldi). Massimo e Lavinia, il regalo più sorprendente. Una trasformazione sconvolgente. Entrambi passati dal qualunquismo da bere al ciceone oriental-sciamanico, fino all’elisir cristiano-medievale. Un cocktail, che per essere ‘al dente’ (alla lingua, per palati fini), doveva combinarsi col pentecostalismo (per così dire) tantrico di Lorenzo e Arianna: quello che, dopo le flebo iniziali, aveva avuto una vera e propria innaffiata da Gaia e Julim.

     Ed era così diventato, ultima ‘redazione’, il Pentecostalismo del Libero Spirito, in cui confluivano tutti le piogge, i fiumi e i rivoli, aerei, di superficie e del sottosuolo (l’arca era pronta, e l’arcobaleno dietro l’angolo). Cristianesimo esoterico ed exoterico finalmente congiunti (dopo secoli – secula seculorum – di fidanzamenti, palpeggiamenti, allontanamenti, riavvicinamenti). Tutte le donne della sua vita… Senza più fughe indietro. Tiremm innanz… Di stampo e fragranza occidentali – non solo ‘essenza’ orientale –, il che gratificava sia il Lorenzo orecchiante di nuovo a Nietzsche sia l’Arianna sempre più occhieggiante al Medioevo.

     Ari-Lo: due anime ‘annientate’, in continua ossimorica osmosi tra finito e infinito, tra l’Assoluto e il Nulla. Due anfore che, come aveva detto Massimo, iniziavano a rotolare…

     Uomo e donna ‘operati’ (non oberati) da Dio. Dio accade. Contingenza divina. La vita come un viaggio personale, ciascuno col suo ‘mezzo’ (anche di fortuna), verso Dio. Un invito a godere anticipatamente su questa terra di ogni gioia, spirituale e materiale (ormai era ‘statutario’). Ma senza pavoneggiarsi. Gaudemus igitur. Ebbrezza ora, per la felicità poi. Ora et labora. Ma l’ebbrezza, la gioia ineffabile, non può mancare: è insieme l’aperitivo e lo spumante della felicità.

     Il tempo continuava a scorrere ma lei non se ne curava. Andamento lento. Per Bernard Sichère – rifletté Arianna mentre si specchiava nelle vetrine vestite di bikini e mini prêt à porter – la principale attrattiva del cristianesimo è nella sua particolare concezione del tempo (“essere cristiani significa avere una certa esperienza del tempo”). Con quel suo dare profondità e senso al presente: un presente in viaggio… Tutto l’opposto della cultura secolarizzata, che ci fa vivere (‘sopravvivere’, chiosò mentalmente Arianna) in “un presente fisso su di sé.” Per Sichère l’unico passato è la ‘storia sacra’. Per il ‘cristiano’ “accanto al tempo orizzontale che passa e che fugge, esiste un tempo che non passa, un tempo che resta.”

     Time passes by. Arianna fermò il tempo e i suoi occhi si soffermarono su Lavinia (tutta intera, ne valeva la pena) con uno sguardo nuovo – anche la girl (non più back-up) si specchiava nelle vetrine-display – ed ebbe la conferma che si aspettava. Vide in lei, ultima ‘rinata’, la sintesi di fede e conoscenza, la tangenza, poi l’intersezione, tra scansione quotidiana ed eternità. Insomma, la bellezza.

     Ora et labora. Gaudemus igitur… È in questo fluttuare tra stasi ed estasi, tra identità e cambiamento “il respiro del tempo cristiano”… Che non fugge tuttavia! – pensarono in sincronica sintonia Lavinia e Arianna – di doman c’è certezza. Quest’è, perbacco, Lorenzo e Arianna, Lavinia e Massimo, belli, e l’un dell’altro ardenti: perché ‘l tempo fugge e inganna… Chi vuol esser lieto, sia: di doman c’è certezza…

      Sì, il respiro. Loro erano esperti nell’arte del respiro (anche dei sospiri). Ispirati anche Massimo e Lavinia, ultime foglie sospinte dal vento. Il Papa aveva dato il pass pure a loro. Erano tutti uomini e donne di esperienza, non ghost-preachers (il Papa, in primis). Predicatori, cercatori, anche trovatori, ad ampio spettro.

      “Muoversi tutto il giorno a melodie di brezza, tenere in grembo il sole ed inchinarsi a tutto.” I tempi stringevano e i documenti, scritti, visivi, alla Cattelan e alla Toscani, sparsi da melodie di brezza, dovevano invadere il pianeta (dopo aver lavato la pianeta del Papa – anche lui inondato dalla rugiada della Dickinson ). Dovevano tingerlo di rosso… I desideri dovevano essere soddisfatti. La fontana doveva far sgorgare nuove acque: “…dal desiderio della ricchezza alla ricchezza del desiderio, dalle relazioni di potere al potere delle relazioni, dall’amore del bene al bene dell’amore.”  

       Soffia il Vento del Sud, da dune e scogliere, dal Mare.
Con voce tremante, e porta fin qui del gabbiano il gridare. Che nuove dal Sud per me, o vento che spiri fremendo?
Il maxi ellecidì non riusciva a contenere l’interno della grotta e la spiaggia. Ancor più i primi piani di Arianna e Lavinia. I sottotitoli – ‘la ricchezza del desiderio’ di Luisa Muraro, la femminista, e il ‘Vento del Sud’ del ‘Signore degli anelli’ striavano il maxi display. L’atmosfera alla Monty Python (ogni volta che Lorenzo e Massimo stavano assieme era un continuo beccheggio) lasciò subito il posto a stimmung più rarefatte. D’altronde erano lì per ‘fare’. 

     “Ma allora Mosè, mosso da potenza divina, compì l’opera più di tutte incredibile. Fattosi avanti sulla spiaggia, percosse il mare con la verga, e quello, al colpo, si aprì e, come succede di solito con il cristallo, quando la fenditura parte da un estremo e raggiunge direttamente l’estremo opposto, così il mare si aprì fino all’altra riva… Sottotitolo: Gregorio di Nissa. Il filmato continuava a scorrere, onda su onda. 

     «Certo che la fuitina a Pugnochiuso ci ha riverginati… Come dice Eckhart, ci ha rifatto vergini per accogliere la Parola e ci ha fatto donne vissute, prolifiche, per donarLa agli altri. Ho qui le registrazioni  di quella mattina sulla spiaggetta della grotta. Sì. Parolibere e registrazione dei suoni, e l’akasha che faceva da YouTube. Con tutto questo bel popò di roba (Massimo era fatto? No, era ormai fuori… in estasi) e un po’ d’intermezzi, tramezzini ed escursioni, ho creato l’action-movie. Grazie anche a una birra fresca al punto giusto.»

      Lorenzo, cotto al sangue, strizzò l’occhio a Massimo – il capostipite padano della ‘società dei poeti estinti’ – e d’istinto si fece prendere dal filmato. Dalla sua stimmung, dal suo stripping, dalla scomposta risacca (con molto streaming). Capitano, mio capitano… Lui si faceva facilmente risucchiare (ma tornava sempre in superficie carico di perle). Voleva succhiare il midollo della vita.

     “L’anima che sia attaccata a qualcosa, per quanto bene possa essere in essa, non arriverà alla libertà dell’unione divina.” Sottotilo: Giovanni della Croce. E poi “Nella preghiera … non si fermava alle frontiere della sua conoscenza e del suo ragionamento. Egli adorava Dio e i Suoi misteri quali sono in se stessi e non come egli capiva.” Era il turno di Denys Amelote. Chi viene voi adesso? Taulero: “Questa luce si diffonde completamente verso l’interno e non verso l’esterno; ricerca sempre quel fondo interiore da cui è scaturita e si sforza di tornarvi.” Il prossimo? Kabir, un bel tocco d’esotismo: “Non conosco segreti spirituali, né so leggere i Veda ma ho dimestichezza col Signore!” La ciliegina? Joseph Conrad e il suo Cuore di tenebra: “E quella immobilità di vita non somigliava minimamente alla pace. Era l’immobilità d’una forza implacabile che covava imperscrutabili propositi.”

     Immagini, suoni, voci. Imperscrutabili propositi. E un continuo sovrapporsi di ‘pensieri’. Ultima chicca: “Gli dèi degli dèi, dalla loro saggezza, fecero apparire i cristi dei cristi. I cristi dei cristi fecero apparire pensieri di cristo. I cristi poi fecero apparire, dalla loro forza, arcangeli. Gli arcangeli, dalle loro parole, fecero apparire gli angeli. E da questi vidi apparire l’immagine, l’aspetto, la forma, e il nome per tutti gli eòni e per i loro mondi.” La ‘Sofia di Gesù Cristo’, rintocco gnostico, dette l’’estrema unzione’ al film. Ma le campane continuarono a suonare. A new day has come.

 Tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara


 

martedì 22 febbraio 2022

ELOGIO DELLA PARESSE

ELOGIO DELLA PARESSE

Coach, coachee, counselor, trainer, terapeuta, mentore, cliente, paziente… Nomen est numen.

Esistono tanti tipi di coach, di coachee e tanti tipi di coaching. Tante le strategie possibili… ma l’alveo (la PNL e ‘associati’), sia pur grande è unico. A ognuno il suo personal Jesus…

Nondimeno, un programma ‘terapeutico’ o comunque ‘strategico’, per quanto personalizzato, ha dei punti fissi, che sto disseminando nel blog e che possono essere articolati in tanti ‘passi’ (come p. es. nel programma terapeutico dei diciotto passi di Cloé Madanes).

Solo per indicare una traccia, accenno a un possibile percorso (do solo alcuni passi):

·        il primo passo consiste nell’ascolto empatico del problema

·        il secondo passo, nella riformulazione del problema in vista del cambiamento 

·        il terzo passo, nel riconoscimento dei propri errori

·     successivamente: miglioramento del proprio equilibrio, delle relazioni interpersonali, individuazione delle attese, formulazione degli obiettivi, “sentiero dell’eroe”… (ricerca di nuove mete, ricerca di senso).

Potrei andare avanti, ma un attacco di paresse mi adagia su uno stato alfa. Sempre più su: theta, delta… Torno alle mie Gocce di pioggia a Jericoacoara e mi faccio bagnare dalla pioggia dannunziana (a voi solo qualche ‘goccia’, ma l’effetto sarà dilavante).

 

Lorenzo aprì la bocca, ma uno sbadiglio virato male soffocò la prevista debordante risposta (positiva) e lo sciabordio delle onde settembrine fecero il resto (nel frattempo si ributtò come un falco sull’’ariana’ – non Arianna – Anna K. Valerio, con cui avrebbe volentieri fatto ‘pasto comune’, anche se aveva affermato, la ri-balda neopagana, che i cristiani non fanno sul serio, la loro è proprio la religione dell’elusione e della menzogna.” Per poi riscattarsi, sempre sullo stesso ‘mirabile’ blog, con: “Il Cantico, come certe sublimi effusioni delle mistiche cristiane … è un inno al Divino, più che al Dio cui Paolo di Tarso assegnò lineamenti ‘nosocomiali’. E resta con ciò, del giudeo-cristianesimo, una ‘eresia’  taciuta.”).

«A cuccia, coachee!»

Galatea si alzò un attimo e puntò il dito contro Lorenzo (con l’altra mano continuava a giocherellare con la rosa-croce – un più intersecato, barrato, da una x – appesa sfrontatamente al collo piacevolmente modì).

«Che?» (non quello del ‘diario della motocicletta’: Guevara, questo sì che era un must per Lorenzo – calmo sì, ma sempre rivoluzionario. “Une passion pour El Che ”, di Jean Cau, lo aveva fatto entrare nei suoi ranghi.)

«Sì, coachee, cliente del coach. Io sono una coach, una life coach. Meglio, una peak performance coach. Un po’ caucciù un po’ babà. Dolce e duttile, ma anche dura se necessario. Sì, mio caro Alì Babà… Dolce, ma mai da gabbare. Un gabbiano…» 

Galatea spiccò il volo (col pesciolino in bocca – quello appeso al collo di Lorenzo: anche questo, ma svogliatamente, modì).

«Coach, termine di moda, fico, modaiolo, trendy, ma operativo, efficace, ficcante. Eccome... Dai, Lorenzo, so che con te si può parlare alto e profondo. Tu sì che puoi mangiare la mela e non metterti poi la foglia di fico. Seguimi, che t’insegno qualcosa. Da cliente ti farò mio partner…» 

Passò al dunque. Cominciò a snocciolare ‘arachidi’ e ‘ciliegine’. Vari assaggini per saggiare il ‘grande saggio’ (così lo chiamava, per sfotterlo).

«Mettiti bello comodo. Meglio riesci a rilassarti, meglio sei capace di operare. Dopo di che registra tutto quello che ti dirò. Apri i cassetti della memoria e poi, a giochi fatti, non chiuderli a chiave.» 

Lorenzo obbedì e Galatea, la romanina (romanaccia d’origine – trasteverina doc –, poi toscanaccia d’adozione, ora ‘ubiqua’), dopo averlo addolcito con un bacio alla nocciola, aprì la sua cassaforte e tirò fuori le prime ‘perle’ (coltivate). 

«Se vuoi star bene e partire ogni giorno col piede giusto, per prima cosa copia e incolla i tuoi pensieri positivi, duplicali e ripetili più volte che puoi: in questo modo potrai maneggiare la mente, cioè la base operativa di ogni tua azione. Questo come premessa. Poi fa’ qualcosa di bizzarro: rompe la routine e t’induce a pensare che la realtà è quella che tu decidi, non quella che ti viene imposta dall’esterno. E sii sciolto, libero, sfacciato… Se ti trovi a disagio, in imbarazzo, emozionato, mentre sei ‘coinvolto’ con chi ti è di fronte, respira dentro di te la sua presenza; inspirala con piacere, con voluttà, e rilassati poi nell’espirarla; e ripeti, insisti, finché non ti senti a tuo agio con lui (meglio, con una ‘lei’: con questo sistema andrai forte all’attacco della ‘preda’…). È un modo pratico per incominciare a imparare a gestire i tuoi stati d'animo E non ho finito. Vedo che con me sei a tuo agio, per cui ti clicco un’altra chicca (parlava un po’ come Gaia!). Questa è davvero chic: Trasforma il ‘voglio’ in ‘dare’, ossia fa’ finta di dar via la cosa che vuoi, fingi di non farci caso, che non t’interessa. Dalla indietro, non accettarla, restituiscila. Ma solo virtualmente. Accadrà invece che, non solo sarà tua, ma l’avrai oltre ogni misura. Comprendi il senso, viziosetto caro? Il ‘voglio’ indica una mancanza, il dare significa abbondanza (al che Lorenzo si ricordò del detto evangelico: “Cerca prima il Regno e avrai ogni altra cosa…“).»   

«È vero, se ne sente la mancanza. C’è proprio bisogno di coach in questo mare in tempesta.»

Lorenzo, risvegliato dal ‘flash’ biblico, ancorché accucciato sgusciò in una performance a sorpresa (prima, forse per il vocio tutt’intorno, non aveva afferrato il termine, o aveva fatto finta; ma lo conosceva bene, sia pure da poco tempo. E conosceva bene pure lei…).

«Sì, il coaching è quello che più si adatta ai tempi d’oggi. Specie poi per chi ha fretta (e chi non ne ha?), per quanto oggi si stia tornando ai ritmi lenti. Lenti ma rock. Finalmente… (Lorenzo non aveva mai amato la fretta dei robot gasati o dei bipedi schizzati di cui erano piene le strade e i marciapiedi). Sto leggendo ‘Economia dell’ozio’, del sociologo Domenico De Masi (ma quanti libri leggeva contemporaneamente Lorenzo?!). Un attimo, ti cito un passo interessante...»

Lorenzo prese a prima botta il libro dalla borsa da mare (una matrioska quanto a letteratura) e si tuffò, anche qui a colpo sicuro, nella pagina deputata (fortunatamente in superficie).

«“Al pittore David, che gli chiedeva come preferisse essere ritratto, si dice che Napoleone abbia risposto: “Sereno su un cavallo imbizzarrito” (…) Imbizzarriti su cavalli sereni ci appaiono, invece, molti intellettuali di professione, molti studenti assillati dalla fretta di apprendere, molti moderni capitani d’industria con le coorti di manager che – punk in doppiopetto – praticano oggi le virtù marziali e contagiose della competizione globale.” E aggiungo io, tanta gente che riempie la giornata con tante corse inutili dietro al nulla. Non il Nulla, quello con la maiuscola, il Nulla mistico in cui il ‘Dio nascosto’, l’En Soph, frantuma il diaframma che lo cela alla vista degli uomini; non la ‘corona eccelsa’, il cratere magmatico in cui tuffarsi per riemergere bagnati di vera vita, ma il nulla minuscolo, quello che sarebbe mille volte meglio riempire con un ozio produttivo (c’era ancora il sapore salato delle gocce delle ‘nuotate’ teologiche di Gaia sulla sua pelle…). Tempi di pausa o attese sgradite, sfibranti (alla posta, all’aeroporto, tra un impegno e l’altro), da riempire, piuttosto, con qualcosa di ‘significativo’, di vibrante, dissonante (e qualche giorno prima Lorenzo aveva fermato il tempo con alcune sfrenate riflessioni di Marcello Veneziani, altro suo conterraneo della rive droite). Innanzitutto, letture: non diceva forse Isidoro di Siviglia che la crescita dello spirito deriva dalla lettura? E il cardinale Martini: “in una mano la Bibbia, nell’altra un giornale.” Per non parlare di Bonhoeffer: “la Bibbia sul pulpito, al lavoro, sull’inginocchiatoio…” Ma torniamo alla lentezza (la lentezza della poesia ci salverà dalla frenesia del mondo…), al pathos della distanza, contro il bieco e cieco pathos dell’attivismo. Le pause non sono inutili, sono i momenti più produttivi della giornata e della vita! La pausa è azione. Recuperiamo, diluito ogni giorno, lo shabbat, il riposo, l’otium, il sabato divino. Che non è ancora terminato. Ed è anche lui buono. Shalom! Approfittiamone per meditare, fare abbozzi di programmi per cambiare la nostra esistenza (ed essenza). Diamoci anima e corpo alla cultura, agli altri, allo sport, alla danza. Galatea, divertiti, gioisci, godi…» 

Galatea non se lo fece ripetere due volte e balzò su Lorenzo, per sedurlo seduta stante (in pratica, violentarlo alla fachiro sulla ghiaia chiodosa della morbida baia di Pugnochiuso). La presenza della gente intorno valse a  dissuaderla (di necessità virtù): d’altronde, la vacanza era solo al bocciolo.

Lorenzo, scampato il pericolo, sputato il nocciolo, prese a sua volta la palla al balzo. Non era impreparato sull’argomento: aveva in pugno, non solo l’elogio della pigrizia (bonjour paresse!), ma, per sopraggiunta necessità, la modernità della malinconia (proprio lui che incoraggiava il Pensiero Positivo e il fou rire – ma la malinconia, quella dell’otium, è bella. Bella di giorno. Belle toujors).

Si schiarì in volto e, raggiante, illuminò contorno e ripieno del telo da mare di Galatea, dissolvendo l’incombente ombra dell’ombrellone reboante. Poi diede fiato alle trombe: una jam-session sul coaching (negli ultimi mesi aveva letteralmente saccheggiato i siti internet alla ricerca di ‘reperti’ e tonalità nuove), a mani levate e passo sicuro (sia pure su virtuali tacchi a spillo. Quelli di Galatea erano reali: solo il pietrisco della spiaggia era riuscito a convertirli in più opportune infradito rasoterra, sia pure stilose).

«Il coaching è ‘allenamento’ dell’anima per migliorare le prestazioni del corpo. Corpo olisticamente inteso: la triade paolina corpo, anima, spirito. Un tutt’uno (alla giudea), ma, platonicamente (e cristianamente) separabili. Ognuno col suo viaggio. Lo so anch’io, il coaching è un processo interattivo short term, un programma dinamico focalizzato, più che sulle cause, sulla soluzione. Ti aiuta a crescere, a elaborare le emozioni, a creare equilibrio e produrre i risultati desiderati. Ti aiuta a focalizzarti sul malanno e sui punti di forza interiori per superarlo…»

Un sorriso marpione accompagnò l’ultima stoccata, dopo di che il tacchino ritornò pulcino.

 

 


 

 


 

domenica 20 febbraio 2022

IL SUO NOME È BELLEZZA

IL SUO NOME È BELLEZZA

Lorenzo, “Il solo che si salvi, in mezzo a tutta questa volgarità.” Qui le parole dell’ineffabile Anna K. Valerio sarebbero calzate a pennello (ed era, d’altronde, lampante che Arianna con-fondeva il reale – Lorenzo – con il virtuale, Julim). “…l’unico che mantenga il potere di turbare, di meravigliare, di illuminare, è lo ‘zòon erotikòn’: l’animale erotico, che va estratto con procedimento quasi alchemico dall’uomo della mercatura. Come una seduzione irresistibile ci viene incontro, unica espressione di gentilità di sapore arcaico, la sola forma umana capace di comunicare un sapore.”

     E Lorenzo, quando era in vena, sapeva comunicare. La sua era una vena filosofica, artistica, poetica. Un’arteria, un’autostrada (pure molto trafficata: ultimamente si era dato anche alla scrittura creativa. E senza il mentoring di Baricco. Aveva trovato qualcosa nell’area ONC radicale. Nessun insegnamento di base: ma lui veniva dal ’68 e negli anni ’70 aveva pasteggiato a pan di Tafuri, Heidegger e Lacan. E questo bastava).

     Lui e lei, entrambi affascinati dalla libertà, cercatori della felicità, dell’eudaimonia (ma non dell’happy end all’americana), al di là della morale degli schiavi (la ‘moralina’, così diceva Lorenzo, filologicamente imbeccato da qualche blogger). Indirizzati – turisti per caso? No, per volontà (ma col casco) – verso l’arte e la bellezza, loro veneratori. E ora, fuori vena.

     Voi, che cercate quanto vi è di più alto e perfetto, nella profondità della sapienza, nel tumulto dell’azione, nel buio del passato, nel labirinto del futuro, nelle tombe e al di sopra delle stelle! Conoscete il suo nome? Il nome di ciò che è uno e tutto? Il suo nome è bellezza.” Sì, la bellezza mai morrà. Dio è bello. Impossibile? Forse, ma solo se decidi di rifiutarlo. Se lo metti nella spazzatura e ti siedi rabbiosamente sul coperchio. Invece, se non Lo cerchi, se addirittura lo neghi (o gli affibbi la ‘minuscola’), o se vai come un pazzo e invasato – dionisiaco o, montanista, come Maximilla e Priscilla, vestali pentecostali ante litteram – alla Sua ricerca, Lui si farà trovare. Lui è Verbo, Spirito e Potere! T’inseguirà, ti verrà incontro (anche alle spalle), forse ti farà lo sgambetto… Comunque, Dio rovescia i coperchi!

 

     “Avremo letti intrisi di sentori tenui, divani oscuri come avelli, sulle mensole nuovi e strani fiori, nati per noi sotto cieli più belli. Consumandosi a gara, i nostri cuori come due grandi torce due ruscelli verseranno di vampe e di fulgori nei nostri spiriti, specchi gemelli. Una sera di rosa e azzurro mistico un lampo solo ci vedrà commisti, lungo singhiozzo carico d’addio. Un angelo, schiudendo indi le porte, a ravvivar verrà, gaudioso e pio, gli specchi opachi e le due fiamme morte.”

      Il contatto dei corpi aveva scaldato le anime. Ambrati gli specchi, moltiplicatisi all’infinito. I fiori appassiti, i polloni sboccianti.

     “Fiore in un muro screpolato, ti strappo dalle fessure, ti tengo qui, radici e tutto, nella mano, piccolo fiore – ma se potessi capire che cosa sei, radici e tutto, e tutto in tutti, saprei che cosa è l’uomo.”

     Le ali dell’angelo non cessavano di toccarla. Noli me tangere? No, tutto OK. Tutto sotto controllo. Peccato veniale? Morte degli amanti? Baudelaire, Tennyson? Iki, haiku? Dead man and woman walking? No, erano ancora vivi, anzi lì lì per rinascere.

     Privo di nido l’uccello abita il mondo… Vivi la vita! Una risorgiva, una nuova vena. Con nuova lena (alla Fight Club – ma lei, sotto sotto, e sottosopra, l’aveva sempre avuta!). Nessuna venia. Veni, Creator Spiritus. Veni, Sancte Spiritus.

     Corpi plasmati dalle mani della Bellezza (di cui Hölderlin aveva celebrato il nome e che Baudelaire aveva battezzato in punto di morte). Menti trasformate, creative, spiriti in ebollizione. I loro cuori come due grandi torce. E il divano pronto a trasformarsi da alcova in lettino da psicanalista. A due piazze (Arianna e…?)

     Notte breve, mattina ‘brava’. Ma anch’essa breve, da breviario. Sensualità, mistica dei sensi: la mistura fatale per tante anime (e corpi), sfiammata in tante scintille evanescenti. Svampata. Gli approcci sotto la doccia (la vamp e il vip – ci sarebbe stato il ribaltone?) e l’inestricabile seguito avvolti – e qui calava immancabilmente il sipario – nella solita nebbia. Twilight. Quella che la seguiva (e inseguiva) dalla camera di Tomás (lei vamp in campana, lui vampiro svampito), impedendole di apprezzare appieno il retrogusto degli amplessi. La pupa e il secchione…

      Brilla brilla la scintilla, brilla in fondo al mare. Venite bambini, venite bambine, non lasciatela annegare.

 

Tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara.