domenica 20 febbraio 2022

IL SUO NOME È BELLEZZA

IL SUO NOME È BELLEZZA

Lorenzo, “Il solo che si salvi, in mezzo a tutta questa volgarità.” Qui le parole dell’ineffabile Anna K. Valerio sarebbero calzate a pennello (ed era, d’altronde, lampante che Arianna con-fondeva il reale – Lorenzo – con il virtuale, Julim). “…l’unico che mantenga il potere di turbare, di meravigliare, di illuminare, è lo ‘zòon erotikòn’: l’animale erotico, che va estratto con procedimento quasi alchemico dall’uomo della mercatura. Come una seduzione irresistibile ci viene incontro, unica espressione di gentilità di sapore arcaico, la sola forma umana capace di comunicare un sapore.”

     E Lorenzo, quando era in vena, sapeva comunicare. La sua era una vena filosofica, artistica, poetica. Un’arteria, un’autostrada (pure molto trafficata: ultimamente si era dato anche alla scrittura creativa. E senza il mentoring di Baricco. Aveva trovato qualcosa nell’area ONC radicale. Nessun insegnamento di base: ma lui veniva dal ’68 e negli anni ’70 aveva pasteggiato a pan di Tafuri, Heidegger e Lacan. E questo bastava).

     Lui e lei, entrambi affascinati dalla libertà, cercatori della felicità, dell’eudaimonia (ma non dell’happy end all’americana), al di là della morale degli schiavi (la ‘moralina’, così diceva Lorenzo, filologicamente imbeccato da qualche blogger). Indirizzati – turisti per caso? No, per volontà (ma col casco) – verso l’arte e la bellezza, loro veneratori. E ora, fuori vena.

     Voi, che cercate quanto vi è di più alto e perfetto, nella profondità della sapienza, nel tumulto dell’azione, nel buio del passato, nel labirinto del futuro, nelle tombe e al di sopra delle stelle! Conoscete il suo nome? Il nome di ciò che è uno e tutto? Il suo nome è bellezza.” Sì, la bellezza mai morrà. Dio è bello. Impossibile? Forse, ma solo se decidi di rifiutarlo. Se lo metti nella spazzatura e ti siedi rabbiosamente sul coperchio. Invece, se non Lo cerchi, se addirittura lo neghi (o gli affibbi la ‘minuscola’), o se vai come un pazzo e invasato – dionisiaco o, montanista, come Maximilla e Priscilla, vestali pentecostali ante litteram – alla Sua ricerca, Lui si farà trovare. Lui è Verbo, Spirito e Potere! T’inseguirà, ti verrà incontro (anche alle spalle), forse ti farà lo sgambetto… Comunque, Dio rovescia i coperchi!

 

     “Avremo letti intrisi di sentori tenui, divani oscuri come avelli, sulle mensole nuovi e strani fiori, nati per noi sotto cieli più belli. Consumandosi a gara, i nostri cuori come due grandi torce due ruscelli verseranno di vampe e di fulgori nei nostri spiriti, specchi gemelli. Una sera di rosa e azzurro mistico un lampo solo ci vedrà commisti, lungo singhiozzo carico d’addio. Un angelo, schiudendo indi le porte, a ravvivar verrà, gaudioso e pio, gli specchi opachi e le due fiamme morte.”

      Il contatto dei corpi aveva scaldato le anime. Ambrati gli specchi, moltiplicatisi all’infinito. I fiori appassiti, i polloni sboccianti.

     “Fiore in un muro screpolato, ti strappo dalle fessure, ti tengo qui, radici e tutto, nella mano, piccolo fiore – ma se potessi capire che cosa sei, radici e tutto, e tutto in tutti, saprei che cosa è l’uomo.”

     Le ali dell’angelo non cessavano di toccarla. Noli me tangere? No, tutto OK. Tutto sotto controllo. Peccato veniale? Morte degli amanti? Baudelaire, Tennyson? Iki, haiku? Dead man and woman walking? No, erano ancora vivi, anzi lì lì per rinascere.

     Privo di nido l’uccello abita il mondo… Vivi la vita! Una risorgiva, una nuova vena. Con nuova lena (alla Fight Club – ma lei, sotto sotto, e sottosopra, l’aveva sempre avuta!). Nessuna venia. Veni, Creator Spiritus. Veni, Sancte Spiritus.

     Corpi plasmati dalle mani della Bellezza (di cui Hölderlin aveva celebrato il nome e che Baudelaire aveva battezzato in punto di morte). Menti trasformate, creative, spiriti in ebollizione. I loro cuori come due grandi torce. E il divano pronto a trasformarsi da alcova in lettino da psicanalista. A due piazze (Arianna e…?)

     Notte breve, mattina ‘brava’. Ma anch’essa breve, da breviario. Sensualità, mistica dei sensi: la mistura fatale per tante anime (e corpi), sfiammata in tante scintille evanescenti. Svampata. Gli approcci sotto la doccia (la vamp e il vip – ci sarebbe stato il ribaltone?) e l’inestricabile seguito avvolti – e qui calava immancabilmente il sipario – nella solita nebbia. Twilight. Quella che la seguiva (e inseguiva) dalla camera di Tomás (lei vamp in campana, lui vampiro svampito), impedendole di apprezzare appieno il retrogusto degli amplessi. La pupa e il secchione…

      Brilla brilla la scintilla, brilla in fondo al mare. Venite bambini, venite bambine, non lasciatela annegare.

 

Tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara.


 

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