martedì 21 agosto 2018

METAMORFOSI


METAMORFOSI
RIGENERAZIONE

C’è la sostanza, c’è la forma e c’è l’azione. E c’è la trasformazione, l’azione che dà vita alla sostanza e alla forma: quest’ultima è rigenerazione, metamorfosi…
A questo proposito, (ri)propongo la mia prefazione al libro “Io ti ho riscattato”, autobiografia “redentiva” di Alessio Sibilla (una prefazione “tipo” per ogni “riscattato”, “nato di nuovo”, “rigenerato”).

“Un libro che non abbia Dio, o l’assenza di Dio, come protagonista clandestino, è privo d’interesse.”
Mi piace iniziare questa prefazione con le parole di Nicolás Gómez Dávila, scrittore colombiano noto per i suoi aforismi acuti e spesso “fuori dal coro”. Così come fuori dal coro del buonismo e qualunquismo dilagante è questa vivace autobiografia, in cui Dio è protagonista, prima “clandestino”, poi pienamente “integrato” nella vita di Alessio, prototipo questi, in almeno una delle sue sfaccettature, di ciascuno di noi.
Un Dio “nascosto” ma sempre presente: espansivo e sfuggente, scompare nell’abisso (della nostra indifferenza) per poi ricomparire. Tirato in ballo, non si sottrae alle Sue responsabilità, ma si rivela nei fatti (si vada a leggere il Libro di Giobbe).
Dio: Realtà vicina – di cui abbiamo esperienza quotidiana, chiamato o non chiamato, creduto o non creduto – ma, soprattutto, Realtà Ultima, quella che decide il “destino” della nostra vita, attuale e futura. In ogni caso, come affermò il grande psicologo Carl Gustav Jung (a suo modo, credente), Dio c’è: «chiamato o non chiamato, Dio sarà presente.»
Ma chi è questo Dio, e di quale storia è protagonista, prima clandestino, poi cittadino a pieno titolo? Facciamo esperienza del Divino in modi innumerevoli: dal timor panico, estatico, nel silenzio di una notte stellata, al canto di un uccello mattutino; dal Dio di gloria che tuona sul mare in tempesta al sottile suono di silenzio…
Dio è presente in cielo e sulla terra. Tutta la Bibbia, nelle sue molte voci, è impregnata di questa Essenza, che non è rimasta solo ”profumo”, ma si è fatta sostanza tantissime volte  – e Alessio ne è dimostrazione quanto mai evidente: in lui, avviato, malgrado tutte le buone intenzioni, sulla strada che conduce all’Inferno, Dio si è manifestato sempre, anche quando, ad Alessio, non gliene importava un “fico secco”. Ma il fico, in questo caso ha portato frutto…  
Quella di Dio è una Presenza, prima implicita, poi esplicita («Isaia osa affermare: Io, il Signore, sono stato trovato anche da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato anche  a  quelli che non mi invocavano.» Romani 10:20). È sempre e comunque una Realtà, avvertita o inavvertita: «Ecco: egli mi passa vicino e io non lo vedo; mi scivola accanto e non me ne accorgo.» (Giobbe 9:11). E Dio, chissà quante volte, è passato vicino ad Alessio (e a ciascuno di noi…) senza che se ne accorgesse!
“Gesù era su quella croce che si faceva la sua vita ed io la mia...” confessa Alessio. Egli vuole provare tutto dalla vita – succhiare il midollo della vita – farsi un nome, “acquistare fama” (come dicevano, insensatamente, i costruttori della torre di Babele – v. Genesi 11:4). Vuole avere la sua parte di beni” (come il “figliol prodigo” – v. Luca 15:11-32) e vivere la “dolce vita”. Tuttavia, non solo assiste alla delusione (e illusione) del suo vuoto modo di vivere, ma passa realmente i peggiori guai, psico-fisici e giudiziari.
Davvero Alessio sta “sperperando” la sua esistenza; nondimeno, insiste e resiste alla “chiamata” (di Dio): quella vera, della coscienza, del Dio-dentro, del Cristo interiore, non delle vane “processioni” o del ritualismo senza arte né parte (statue, genuflessioni, tradizioni traditrici…).
Quando è ormai sull’orlo dell’abisso, ecco l’incontro con una ragazza. Incontro apparentemente fortuito, frutto del “caso”: ma il caso, spesso (come in questo caso…), è il modo con cui Dio si presenta all’uomo quando non vuole farsi riconoscere. Tuttavia, poi Dio si fa conoscere, eccome! Anzi, è Alessio che, finalmente, Lo conosce…
E non solo abbandona la strada verso l’abisso, imboccata in gioventù seguendo il flauto magico dell’incantatore di turno (il boss, l’amico”alla moda”, la droga), ma comincia a manifestare un sentimento di malcontento nei confronti di tutto ciò che prima lo attirava, poiché ormai lo considera “privo di interesse”. Dio, ora, non solo non è più privo d’interesse, ma lo interessa; anche se Dio si è sempre interessato a lui… Solo che ora ne è consapevole.
Alessio “si sveglia”, “torna in sé” (come il “figliol prodigo”) e fa l’esperienza di Giacobbe (v. Genesi 28,16: Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il SIGNORE è in questo luogo e io non lo sapevo!»). Ora Alessio lo “realizza” e per questo si realizza, come uomo e, soprattutto, come figlio di Dio.
Un libro semplice, ma profondo, quello di Alessio: un libro sincero, senza peli sulla lingua, informale, informativo e trasformativo. Un libro che a momenti passa col rosso… Ma che poi segue il “codice della strada” (di Dio). E non per mera obbedienza dovuta alla paura, ma per “timore e tremore”, per dirla col grande filosofo cristiano Sören Kierkegaard. Timore e tremore nel senso di rispetto, riverenza, consapevolezza della sacralità, della grandezza e della potenza di Dio. “Infatti, solo lo stupore conosce.” (Gregorio di Nissa).
E così accade che tutti i sensi, fisici e spirituali, di Alessio si “aprono“ completamente. Ora Alessio “vede”: «Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora l’occhio mio ti ha visto.» (Giobbe 42:5).
A partire dal momento della “nuova nascita”, Alessio comprende il suo passato, vive un presente diverso e immagina un nuovo futuro. È un cammino ancora lungo, in cui non mancheranno difficoltà, ma ora l’attitudine è del tutto diversa. E poi… c’è l’assistenza e la “cura” continua dello Spirito Santo.
Ora Alessio ha conoscenza, ha una visione e sa di avere una missione: perché nessun uomo è un isola… D’altronde, la Bibbia ci ricorda che un popolo senza visione muore. E ancor prima, muore per mancanza di conoscenza.
Gregorio Nazianzeno, uno dei “padri della Chiesa”, ammoniva: “Scruta seriamente te stesso, il tuo essere, il tuo destino; donde vieni e dove dovrai posarti; cerca di conoscere se è vita quella che vivi o se c’è qualcosa di più.”
Ora Alessio, come questo libro e la sua vita dimostrano, sa da dove viene e dove sta andando e sa che, in questa vita e dopo, c’è qualcosa di più…

lunedì 13 agosto 2018

L’ANGELO NECESSARIO


L’ANGELO NECESSARIO
“In un pomeriggio d’ottobre pedalavo di lena (...) Canticchiavo e mi guardavo intorno, intenta alla rituale ricognizione del paesaggio (...) quando d’improvviso sentii la Voce che mi intimava: “Fermati e scendi.” Anche questa volta non c’era suono alcuno, ma solo lettere dorate rapidamente stampate nella mia mente. Esterrefatta, ma senza indugiare un secondo, saltai giù dalla bici e arrancai sul pendio erboso ai lati della strada. Dal tornante dietro a me spuntò un camion, che si mise a caracollare a gran velocità giù per la discesa. Sul lato opposto della strada, in direzione inversa, un altro camion prese a salire di fretta, sbandando vistosamente verso il centro della strada. Per evitarlo, il primo camion sterzò repentinamente a destra, invadendo la proda ghiaiosa dove mi sarei trovata io se avessi continuato a pedalare. Rimasi senza fiato (...)
Questa breve testimonianza di Grazia Francescato – la ben nota ambientalista, già portavoce dei Verdi – tratta dal suo In viaggio con l’Arcangelo, riassume e riaggomitola, nel pathos del racconto (e nel suo ethos), quell’impercettibile filo di miriadi d’incontri del terzo tipo che ciascuno di noi, prima o poi, ha avuto (o avrà) nella sua esistenza terrena. 

È qualcosa che sempre accade a tutti noi, che ce ne accorgiamo o no, sia che in queste (apparenti) casualità tu riesca a scorgere un principio d’ordine superiore sia che, più prosaicamente, li declassi a banale frutto del caso, cioè a quel gioco di circostanze che guiderebbe la danza della vita d’ogni giorno. Eppure, forse a noi spesso sfugge (o la nostra voce laica interiore, figlia della razionalità novecentesca, soffoca le nostre intuizioni), quante di quelle volte, in occasioni, non dico di pericolo ma anche solo imbarazzanti, abbiamo assistito a un capovolgimento insperato della situazione, al suo svanire come bolla di sapone che improvvisamente scoppia senza lasciare più tracce di sé! Casualità, coincidenze, oppure (sia pure una volta su mille!) una Presenza Superiore?
“Molti erano abituati a credere che gli angeli muovessero le stelle. Ora è chiaro che non lo fanno: come risultato di questa e di consimili rivelazioni, adesso molta gente non crede negli angeli. Molti erano abituati a credere che la ‘sede’ dell’anima fosse in qualche posto nel cervello. Da che si cominciò ad aprire i cervelli con una certa frequenza nessuno ha mai visto l’’anima’: come risultato di questa e di consimili rivelazioni, adesso molta gente non crede nell’anima. Come si può ritenere che gli angeli muovano le stelle, o essere così superstiziosi da ritenere che l’anima non esiste solo perché non la si può vedere dall’altra parte del microscopio?”
Sono parole di Ronald Laing, psichiatra ‘radicale’ del '68, non certo sospetto di ‘bigottismo’, il quale aveva ben messo in luce il perverso meccanismo, ammantato di razionalità e modernità scientifica e ‘progressiva’, che ha ottuso la mente dell’homo modernus. Eppure... “Invocati o no, gli dèi sono presenti”.
Jung aveva scritto questa massima, in latino, all’ingresso della sua casa: infatti, il famoso psicologo, uno ‘speleologo’ delle ‘caverne’ dell’interiorità umana, aveva ben compreso che non tutto era riconducibile a coincidenze o a fantasmi dell’inconscio. Già il suo concetto di sincronicità, ossia di correlazione (coincidenza) tra fatti interiori ed esteriori che sfuggono a una spiegazione causale e razionale, introduce una nota d’’irrazionalità’ in un universo scientifico fin troppo razionale. 

La sincronicità mette in sintonia il tempo ‘umano’ con quello ‘oltreumano’ (sia esso inconscio, superconscio, angelico...): in pratica, come nel racconto autobiografico della Francescato, una coincidenza tra uno stato psichico interiore (la voce che la intimava di fermarsi) e un evento esterno contemporaneo (il camion, che se non avesse dato retta alla sua voce interiore – o esterna? – l’avrebbe investita).
Certo, Jung non si spinge a ipotizzare esplicitamente interventi soprannaturali, ma ben sappiamo come le sue riflessioni siano al limite del teologico (a chi gli chiedeva se fosse credente: “Se credo? Ma io so!”, questa fu la sua risposta). Fu infatti proprio Jung a riaprire la porta verso il soprannaturale, coniugando scienza e spiritualità, dopo decenni di razionalismo ‘duro’. Ormai il tempo era maturo per comprendere appieno quanto il pittore preraffaelita (e liberty) Burne-Jones aveva confessato a Oscar Wilde: “Più la scienza diventa materialistica, più io dipingo gli angeli: le loro ali sono la mia protesta in favore dell’immortalità dell’anima”. E infatti, se è vero che, almeno nella sua essenza, si è avverata la ‘profezia’ dello scrittore francese André Malraux (“Il XXI secolo, o sarà spirituale o non sarà affatto”) – basti pensare che i soli cristiani pentecostali e carismatici, pressoché inesistenti a inizio ‘900, ammontano ora a circa settecento milioni (per questo e altro – anche sulla non-religione e Nietzsche, oltre che a un antecedente di Ratzinger e papa Francesco – va’ sul mio romanzo tuttifrutti Gocce di pioggia a Jericoacoara).

Battistrada di questa nuova (o antica?) spiritualità sono, per molti versi, proprio gli angeli, grandemente rivalutati non solo dai predetti movimenti cristiani ma anche dalla magmatica, o piuttosto ‘fluida’ (d'altronde, stiamo in una società 'liquida'), corrente New Age, e dalle sue propaggini Next Age e da alcune intersezioni tra Fisica quantistica e Spiritualità alla Secret o alla What the bleep do we know? (“Che c. – bip – sappiamo?” – film cult all’estero ma, al di là di ogni giudizio di merito, totalmente sconosciuto in una nazione come la nostra, che si dice spirituale ma a stento riesce a distinguere, dalla copertina, il corano dalla Bibbia, e che, nonostante tutte le madonne – senz’offesa per quella originaria – e tutti i santi, santini e processioni, e processi, confonde l’anima con lo spirito e gli spiriti…).

Ma  chi sono questi angeli, queste eteree figure che hanno affollato l’immaginario di tutte le culture, e che s’infilano nelle crepe del ‘velo’ divisorio tra spazio-tempo umano (chronos) e spazio-tempo oltre-umano (aion) per dispensarci grazie insperate, difenderci dai pericoli o dirigere i nostri passi verso traguardi voluti o inattesi? Chi è questo daimon (nel senso greco, rivalutato dallo psicologo cult James Hillman, di spirito che ci fa da compagno invisibile) che ci guida verso il compimento del nostro cammino terreno?
Daimon interiore o Angelo esterno (tra i due ci può essere non solo armonia – né l’uno esclude l’altro – ma addirittura coincidenza) che, come ricorda Hillman, era accettato e rispettato dagli antichi, mentre noi, impregnati di scetticismo laico e moderno, preferiamo immaginarci ‘gettati nel mondo’ (per dirla con Sartre e Heidegger), senza protezione, vigilanza, né collegamento alcuno con la ‘rete’ che collega e interseca il mondo visibile e quello invisibile.
Il Cristianesimo, e prima ancora l’Ebraismo, ha sempre creduto all’esistenza degli angeli. Innumerevoli sono gli episodi in cui si manifesta questa speciale manifestazione di Dio, sin dai tempi del Paradiso terrestre (i cherubini che sbarrano l’accesso all’albero della vita dopo il peccato di Adamo ed Eva, oppure i tre angeli - molto 'umani', uno di essi molto 'divino'... - che Abramo invita nella sua tenda), per arrivare alla Rivelazione finale del piano divino, quando (nell’Apocalisse di Giovanni) la ‘storia del mondo’, iniziata dopo la caduta dei nostri progenitori, nella sua evoluzione conclusiva sarà sorretta e guidata proprio dagli angeli (ovviamente, per chi ha una visione cristiana 'fondamentale', più che 'fondamentalista' – altrimenti lo si legga in chiave simbolica o 'strutturalista').

In definitiva, gli angeli (e, per altri versi, la loro controparte negativa, i demòni – per non parlare, ma qui stiamo alla 'ghianda' hillmaniana, dei démoni socratici), questi illustri sconosciuti, hanno (ebbero e avranno), malgré le ragione dei ‘benpensanti’, un ruolo fondamentale nell’esistenza umana, singola e collettiva. Angeli e demoni: la dynamis contro l'angst (detto alla buona: una 'dinamite' contro la depressione).
Diceva Rilke: “Non voglio che siano eliminati i dèmoni, perché si porterebbero via anche i miei angeli”. Anche se l’Uomo e la Donna hanno un ruolo decisivo nello svolgere la ‘matassa’ della propria vita, queste presenze spirituali ‘recitano’ una ‘parte’ importante nella ‘commedia’ esistenziale: “Noi preferiamo interpretarlo come un Teatro dello Spirito, di cui Dio è regista, gli Angeli e i Demoni comprimari e l’Uomo o spettatore o attore, dipende dalla sua libera volontà. Un attore la cui parte assume significato man mano che Dio gliela svela, sempre se l’Uomo dà il suo consenso... La parte viene scritta insieme, non è imposta dall’alto”. Così un personaggio del libro della Francescato. Importante è notare che in quest’azione scenica l’Angelo non può forzare l’Uomo, anzi gli è sottomesso. E per questo in molte scuole esoteriche o magiche s’insegna a contattare l’angelo (tipiche le famose ‘invocazioni enochiane’) per renderlo famulus (servitore) dell’adepto. Pratica però ben poco consigliabile, perché si potrebbero scambiare lucciole per lanterne...

Naturalmente, in pieno mondo secolarizzato (per quanto ci sia sempre più un Risveglio della Spiritualità, sia pure spesso in forme ibride o confuse) certi termini danno fastidio alla sensibilità laica e, al massimo, si parlerà di Energie Positive o Negative, oppure di Archetipi Universali. Questi termini, più consoni allo Zeit-Geist (Spirito del Tempo), non sono in sé errati: illuminano una ‘faccia’ del mondo ‘invisibile’, ma non ne esauriscono tutte le possibilità. Meglio comunque della teoria ‘riduzionista’ della Psicoanalisi, secondo cui apparizioni, segnali, sogni (e, di conseguenza, gli angeli), fanno parte del Teatro dell’Inconscio: anche questa ‘rappresentazione’ ha un suo valido fondamento, ma ancor meno spiega esaurientemente il complesso dei fenomeni che sfuggono alla comprensione diretta degli esseri umani (per aiutarti a comprendere il fenomeno, oltre ai testi sacri e agli studi su teofanie e angelofanie, possono esseri utili Jung, Assagioli e la sua Psicosintesi, nonché Henry Corbin e il mondo immaginale. Ma anche scienziati come Sheldrake, lo studioso dell’impatto dei campi morfici sul comportamento umano).
Se Dio non è ancora ‘morto’, anzi è ‘risorto’, è tornato dal suo momentaneo buen ritiro (a dir il vero, sono gli uomini a essersene momentaneamente disinteressati...), è naturale come pure gli angeli siano ‘riapparsi’, loro che sono gli agenti segreti di Dio (da un libro di Billy Graham, famoso evangelista americano). Ma oggi, tra luci e ombre (la 'seconda religiosità', quella che Aldous Huxley definisce “autotrascendimento discendente”, opposto all’ ”autotrascendimento ascendente”, e che per Julius Evola rappresenta qualcosa di promiscuo, di sfaldato e di sub-intellettuale. Sono come le fluorescenze che si manifestano nelle decomposizioni cadaveriche...) nasce l’esigenza di riproporre una visione nuova dell’angelo, da affiancare a quella classica (ma sempre più attuale). Ecco quindi che Massimo Cacciari, nel suo L’angelo necessario (del 1986), manifestava la necessità dell’esistenza, e della stessa presenza, dell’angelo, come elemento ‘necessario’ per la realizzazione dell’uomo e per la piena comprensione di sé. L’angelo, secondo Cacciari, aiuta l’uomo a ‘disvelare’ l’invisibile, a rendergli possibile l’accesso alle regioni (e ‘ragioni’) ‘nascoste’ della Realtà. Indipendentemente se sia reale o solo ‘simbolo’, con l’angelo la realtà nascosta dell’Assoluto (Dio) si svela e si lascia intuire...
Ma anche gli angeli di Wim Wenders, queste ali di Dio che nel film cult “Il cielo sopra Berlino”: “... stanchi della loro costante e monotona perfezione, volevano diventare uomini, imperfetti e difettosi comuni mortali. Eppure conoscevano le angosce degli uomini perché li ascoltavano, nascosti nelle biblioteche, nelle strade, nelle vetture della metropolitana. Non importa, gli angeli diventavano uomini e la loro lucente e immacolata corazza diventava poco più che un oggetto da rigattiere; buona al più a far contento un bambino che l’avrebbe avuta in dono per la Befana o per il carnevale.” (Mario Antonio De Cunzo, nella presentazione del catalogo della mostra Dietro le ali di Dio).

Da Sant’Agostino a Massimo Cacciari, c’è necessità dell’Angelo!: “...l’individuo da solo, in perenne competizione con tutti gli altri per risultare vincente, non può andare da nessuna parte: è destinato a perdersi nei meandri del proprio enfiato ego. Neppure la buona volontà laica basta (...) Dunque bisogna chiedere aiuto, lasciare che l’anima ci venga in soccorso con i suoi misteriosi poteri.”
Si creda o no – ecco il perché di questo post, che riesuma uno dei miei primi post – l’angelo è necessario. Specie in tempi come questi in cui c’è uno sbandamento generale tra la maggior parte delle persone. Noi, se vogliamo (I can... I must) e abbiamo fede, già ‘possiamo’ molto. Un intervento esterno (gli angeli, le connessioni con il mondo quantico, quello spirituale, l’Universo, il Pluriverso, Dio) ci facilita il conto (ogni tanto smettiamola con le nostre certezze e con il voler fare sempre tutto da soli! E se lo dico io, che insegno, e pratico, la PNL…).
D’altronde, se c’è il corpo, se c’è l’anima (sia pur dis-animata), prendiamola almeno con spirito.... (v. il mio manuale self-help Prendi la PNL con Spirito!).
Lo Spirito soffia dove e quando vuole. Ma lo Spirito è dentro di te…

P.S. Si tratta della “cover” di un mio vecchio post sul blog (domenica 11 agosto 2013)

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