domenica 5 agosto 2018

LOGOS


LOGOS

Il messaggio della fede cristiana è una forza purificatrice per la ragione stessa: l’aiuta a essere se stessa. Se la filosofia si degrada a mero positivismo, se diventa sorda al grande messaggio il grande meriggio – che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità. Sì, verità, esperienza, fede. Ma anche… evidenza.
È in questo tralucere, trasparire, espirare esperienza, che si manifesta Dio. Lo Spirito non è subordinato al Logos, così come Cristo non lo è a Dio, ma sono tre realtà che si rispecchiano, separano, riunificano: una si fa più grande dell’altra secondo il bisogno (un po’ alla Origene). Sono realtà elastiche: una continua pasqua, un eterno divenire, uno sfuggire quando lo si è afferrato, un de-idolizzare, una statua che cambia sempre forma, un’icona aniconica.
Ma le nostre sbarre, o Signore, non riescono ancora a nasconderci il cielo…

Il male, per radicale che sia, non è così profondo come la bontà. Sì, penso che dobbiamo ricominciare a parlare di bontà, e della bellezza. Come ci ricorda Ricoeur, riferendosi a quella meravigliosa oasi di interflora cristiana che è Taizé: “…se la religione, le religioni, hanno un senso, è proprio quello di liberare il fondo di bontà degli esseri umani, di andare a cercarlo là dove si è completamente nascosto. Ora, qui a Taizé, vedo, in qualche modo, delle irruzioni di bontà, nella fraternità tra i fratelli, nella loro ospitalità tranquilla, discreta e nella preghiera. Vedo migliaia di giovani che non esprimono un’articolazione concettuale del bene e del male, di Dio, della grazia, di Gesù Cristo, ma che hanno un tropismo fondamentale verso la bontà […] la bontà non è soltanto la risposta al male, ma è anche la risposta al non-senso. Nella protesta c’è la parola «testimone»: si pro-testa prima di poter at-testare. A Taizé si fa il cammino dalla protesta all’attestazione e questo cammino passa attraverso la legge della preghiera, la legge della fede. La protesta è ancora nel negativo: si dice no al no, e qui bisogna dire sì al sì. C’è quindi un movimento di pendolo dalla protesta all’attestazione, e credo che si faccia attraverso la preghiera. Sono stato toccato, questa mattina, dai canti, queste preghiere in forma di vocativo: «O Christe». Cioè non siamo né nel descrittivo, né nel prescrittivo, ma nell’esortativo e nell’acclamazione! E penso che acclamare la bontà, ebbene, sia l’inno fondamentale.»

Per dirla con Pascal: “Tra noi e l’inferno o il cielo c’è di mezzo soltanto la vita, che è la cosa più fragile del mondo.” D’altronde,c’è una trascendenza nell’aldiquà (Bonhoeffer). Nondimeno, gli dèi sono diventati malattie, come sostiene Jung. 
Il diavolo, originariamente contenuto nella ‘capacità’ di Dio (che, essendo infinito, contiene, ovviamente tutte le ‘possibilità’, anche quelle negative), ha subito un processo di progressiva espulsione. (“Il diavolo non è altro che la forma distorta dell’estasi”). L’’effetto Lucifero’, di cui parla Philip Zimbardo, trasforma la luce primigenia in tenebre, e per questo la religione, fonte del bene, è spesso divenuta fomite del male. In ogni caso, dalla rottura di quest’originaria unità degli opposti è derivata la coscienza, come consapevolezza di sé, del mondo e di Dio, ma anche l’esperienza della libertà, come scelta bipolare. 
Come Dio è alfa e omega – e quindi ogni ‘lettera’ interclusa (beta, delta, theta, ecc.) – così è per l’uomo. Non è però così per il Diavolo, che batte sempre un solo tasto, peraltro fuori tono. Cambierà la stonatura, o anche la sonorità (bassa, alta, grave, acuta), ma il tasto è sempre quello… Non c’è musica…
(Tratto, con qualche modifica, dal mio Gocce di pioggia a Jericoacoara).

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