martedì 7 aprile 2009

Fly me to the moon

Stop and go… Mi sono fermato per tre settimane (il tempo minimo necessario per accogliere e far propria una nuova ‘vision’ – così dicono gli specialisti della mente, un po’ ‘strizzacervelli’, un po’ ‘struzzi’ e ‘strozzapreti’). E non per un riposo ‘sabbatico’, ma per un improvviso e imprevisto (in)carico professionale pubblico che mi ha ‘preso’ pure i sabati e le domeniche.

E non ne farei cenno se non fosse che, per quanto ‘fecondato’ quasi per caso (ma il Caso, come si sa, è il vestito che Dio indossa quando, in incognito, si mescola tra gli umani…), è poi nato “con la camicia” – e non è abortito – perché nei rapporti con le ‘alte sfere’ – quelle che avrebbero poi deciso che io fossi l’erede al trono – ho applicato ‘efficacemente’ i dettami della PNL spirituale (un buon ‘rapport’, una ‘mappa mentale’ nella giusta scala e con tutte le indicazioni necessarie, l’agire ‘come se’, l’uso efficace della parola – ossia del ‘rhema’, come ben sa chi pratica la ‘tecnologia spirituale’, ecc.).

L’incarico è a tempo: e il tempo è una “tigre che divora”. Ma io so cavalcare la tigre… E poi, più che chronos (il tempo ordinario), so che questo è il mio kairòs (l’occasione da prendere al volo). Non sarà forse un volo d’aquila, ma se non altro mi aiuta ad aguzzare la vista. (quanto al ‘terzo occhio’: si sta acuendo sempre più. Almeno gli ‘occhiali’ spirituali li ho tolti: mi restano le night and day …ma già non le uso più di notte!).

Non mi resta che spiccare il volo: Fly me to the moon.

P. S. Ho poco tempo per ulteriori riflessioni. Vi lascio con qualcosa di mio (sempre da Gocce di pioggia a Jericoacora). Alla fine, se riuscirete a unire le varie tessere del mosaico (non so quante decine), potrete ‘agglomerare’ tutto il romanzo (niente di nuovo: molta della letteratura gnostica è stata ricostruita in base alle citazioni degli apologeti cristiani...).


Dopo essersi fermata a comprare un paio di sandali di Manolo Blahnik (alla faccia del prezzo: una pazzia alla Samantha Sex and City valeva ben una miss; e lei, in un certo senso, lo era ridiventata), Arianna si avvicinò, con lo stile che solo lei sapeva evocare, al grattacielo deputato. Depurato degli ammennicoli, cinquanta piani di studi, atelier e champagnerie varie. Di classe, degno del luogo (e della locusta, lei).

Usò la sua digitalina sempre pronta al flash per fotografare lo skycraper. Corposo. Flesh and bones. Anche lui palestrato (e senza tracce di botox: a parte qualche stonatura, o ‘crollo’ in età anche non avanzata, gli edifici di Manhattan le apparivano tutti ‘tonici’, alla Pilates). Entrò spedita nella hall e si avviò sicura verso il primo ascensore a portata di dito, saltando un portiere ispanico, più intimidito dal suo fascino ultra che preso dalla lettura delle fresche news.

«Ehi, Janey, che ci fai a quest’ora. Ti hanno buttato giù dal letto, o hai dormito per strada? Dai, scherzo… il tuo look è il solito, haute couture ma supertrendy, da party a tutte le ore. Ok… ho capito, ti ha accompagnata qui il tuo maggiordomo. Ho visto la Lamborghini (Diablo?) andare via a tutta birra.»

Arianna, solare ma speziata da quel tocco di lunaticità che la rendeva unica (senza ulteriori satelliti), rispose tranchant (un po’ alla Gaia quando duettava col bagnino – ma lei, ovviamente, non la conosceva: e poi qui il macho aveva parlato yankee).

«L’universo è al limite dell’infinito, eppure l’uomo, e ancor più la donna, col suo sguardo lo restringe o lo allarga a suo piacimento. Io allargo, tu lo restringi…»

Il moretto (come il bagnino di Gaia!) sorrise a labbra strette, poi esplose in un luminoso big bang e si tuffò nell’ascensore. Senza aspettarla. Lei stazionò un attimo, come presa da un attacco di meditazione trascendentale, e aspettò che scendesse un altro elevator. In quei pochi momenti fece la sua ormai consueta ricarica di ispirazione ed energia, con un sorso (virtuale) di Pilates (anche a questo si era da poco ‘battezzata’), per elevarsi e sentirsi ancor più pronta all’ingresso nelle alte sfere (il ventesimo piano). Fly me to the moon.