SAVE A PRAYER
“Don't say a prayer for
me now... save
it till the morning after.”
Non dire per me una preghiera adesso... tienila in serbo per domattina.
(da Save a prayer, dei Duran Duran).
Non dire per me una preghiera adesso... tienila in serbo per domattina.
(da Save a prayer, dei Duran Duran).
C’è un tempo per piangere e
un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare, un tempo per
gettare sassi e un tempo per raccoglierli…
È questo il tempo della semina. Ultimamente mi sono riavvicinato alla teologia: questo blog,
come sapete, è un eserciziario (onda
anomala) di scrittura, pensieri sparsi – una tela con un télos – con denotazione e connotazione
prevalentemente psico-spirituali, anche se nasce come blog d’architettura (e
come tale ha avuto nel passato una segnalazione ragguardevole).
Ma ora è tempo di seminare qualcosa di ‘teologico’. Troppa logica umana e illogicità dis-umana (anche se fa parte
dell’essere umano oscillare tra i due poli) connotano questi tempi: nondimeno, c’è voglia di fare e, soprattutto, di
essere.
Domani è giorno di ‘riposo’
(la festa/sosta del lavoro): bene, per questo giorno sabbatico – almeno nelle
intenzioni – niente di meglio di un momento di sosta ‘essenziale’.
Fermati e ascolta il tuo
Dio.
La preghiera.
Abbiamo visto come gli esercizi di attenzione sono strategie di
indebolimento dei processi automatici del pensiero. L’attenzione, sia essa
‘concentrativa’ o ‘contemplativa’, alimenta infatti i processi di pensiero e di
atteggiamento connessi con l’essenza, cioè il tuo vero Io, e indebolisce, dissolve, disinstalla, ogni automatismo alimentato dagli stati di distrazione
della mente, ridando fiato alla consapevolezza e liberandoti dal tuo falso-Io.
La preghiera è collegata con l’attenzione, la contemplazione e
la meditazione. Non parlo della preghiera sdolcinata, automatizzata,
ripetitiva, ritualistica o pappagallesca (quella dell’uomo n. 1, direbbe Gurdjieff), cui spesso hai attinto (se sei un
‘credente’, sia pure flebile…), ma della preghiera ‘vera’, quella connessa
con la tua ‘precarietà’ (‘pregare’ e
‘precario’ hanno la stessa origine), ossia della “preghiera di desiderio”, quella che ‘ricorda’ (riporta al cuore: cor in latino) la tua essenza, mette in moto la tua intenzione e indirizza
l’attenzione verso lo “stato desiderato”. Come qualcuno ha detto: quando preghi capitano ‘avvenimenti’…
La preghiera, infatti, può incidere (mi limito a dire può) sul presente, sul futuro e, strano
a dirsi, sul passato… Questo in quanto la preghiera è indipendente dallo spazio
e dal tempo. Ed è anche indipendente dalla sonorità della parola (la cui
efficacia, se “parola divina” – o con risonanza
divina, tipo il Sia la luce! di
Genesi o le “parole guaritrici” di
Gesù –, è riconosciuta da ogni cultura). Questo perché la preghiera può essere
efficace sia se ‘detta’ (anche ‘urlata’) sia se ‘muta’ (come, d’altronde, il mito: storia archetipica ‘muta’, ossia
non raccontata da cronache storiche – ma spesso il mito è ben più efficace e
‘vero’ di tante storie attestate e certificate).
Nondimeno, più che di preghiera in sé – che, in ogni caso va ben
oltre il chiedere a Dio, in quanto è
piuttosto uno ‘scendere’ nelle
profondità della nostra anima per aprire la porta dello spirito – preferisco
parlare di stato di preghiera, ossia
di un’atmosfera spirituale che
avvolge l’uomo come un’aura che
attira e diffonde energia positiva (e di successo).
In ogni caso, sia essa un’atmosfera (una stimmung) sia essa una ‘petizione’ (rivolta prima alla tua vera
essenza, cioè al tuo spirito, poi allo Spirito), la preghiera è un’attenzione contemplativa, una “preghiera
di centratura”, un focalizzare l’attenzione e acquietare la mente, un assorbimento estatico dello spirito
nel mare magnum del mondo invisibile. Fatto è che la vera realtà – quella che
tu vedi con gli occhi dell’essenza – fuoriesce da dietro al tuo “schermo
mentale” solo quando abbandoni la (falsa) consapevolezza abituale dello stato
di veglia e ‘sali’ allo stato di coscienza superiore, ossia di ‘supercoscienza’ o di “coscienza transpersonale” (a tal
proposito Aurobindo, filosofo ‘mistico’ indiano, ha introdotto il termine Supermind – sopramente o metamente, ossia coscienza ‘altra’).
Ti sto infatti dicendo che ci sono diversi livelli di coscienza.
Lo stadio di coscienza ‘preparatoria’ è quella posto a livello
fisico-emozionale (sensazione corporee, percezioni sensoriali, emozioni, fino
alle cognizioni elementari sotto forma di immagini, archetipi e simboli, sia
pur senza averne consapevolezza chiara). Questo stadio corrisponde alla
coscienza del tuo Io. Se trascendi questo stato, ti poni a livello della coscienza transpersonale, che include,
non solo una chiara visione della
realtà, in tutte le sue sfaccettature e sfumature, ma soprattutto ‘illuminazioni’, intuizioni, visioni,
profezie e… miracoli.
C’è poi l’esperienza
mistica: esperienza del vuoto, della ‘Divinità’ in sé (nuda e semplice,
senza ‘predicati’). Qui fai esperienza del “puro essere”, dello Spirito,
dell’Origine. È lo stadio del “fiat lux”, in
cui tutto si può creare…
Non si tratta, in ogni caso, come ti ho già detto, di eliminare
l’Io o di combatterlo. Devi solo farlo tornare nel suo cantuccio (finora ha
occupato il ‘salone’…) e ridargli il peso (minimo) e l’importanza che gli
spetta. L’Io è solo il centro organizzativo
della tua struttura personale, ma il ‘dirigente’ dev’essere l’essenza, che
può e deve ristrutturare la tua persona al momento opportuno. L’esperienza
mistica, e con modalità più semplici la preghiera, ti disidentifica dall’Io e
ti riunisce con l’essenza.
Essenza, presenza… Lo
psichiatra americano Morgan Scott Peck, nel suo libro The road less traveled
(La strada meno frequentata),
ribadisce alcuni concetti di Jung: in particolare, che la scienza non è
in grado di spiegare quelle misteriose coincidenze ‘significative’ (le ‘sincronicità’, da Scott Peck chiamate ‘serendipicità’) che costellano la vita di ogni uomo e che
favoriscono – ossia aiutano,
sostengono e proteggono – la vita umana e la crescita spirituale. Questi fenomeni,
conferma Scott Peck, sono ricorrenti e comuni a tutta l’umanità, ma, per quanto possano essere influenzati
dalla coscienza umana, la loro origine non deriva dalla volontà o da processi
decisionali consci. Questi “stati di grazia” originano da un’altra realtà…
"Qual è l’origine della grazia? L’amore infatti appartiene
alla coscienza, ma la grazia no. Da dove viene questa forza che si origina
oltre i confini della coscienza e favorisce la crescita spirituale degli esseri
umani? (…) Per spiegare i miracoli della grazia e dell'evoluzione noi
supponiamo l’esistenza di un Dio che, amandoci, desidera la nostra crescita. A
molti quest’ipotesi appare troppo semplicistica, addirittura ingenua e
infantile. Ma non abbiamo molte alternative. Nessuno del resto è riuscito a
formularne una migliore o anche semplicemente diversa. Siamo perciò costretti a
scegliere fra l'ipotesi forse puerile di un Dio che ci ama e il vuoto teoretico
(…) Se postuliamo che la nostra capacità d’amare, l’impulso a crescere ed
evolverci è un afflato divino, non possiamo fare a meno di chiederci perché Dio
voglia la nostra crescita. Qual è il fine di questa crescita? Qual è
l’obiettivo dell’evoluzione? Cosa può volere Dio da noi? (…) Tutti coloro che
postulano l’esistenza di un Dio benevolo non possono che giungere a un’unica,
terribile conclusione: Dio vuole che diventiamo Lui. La nostra crescita ha come
fine ultimo la divinità. Dio è il fine ultimo dell’evoluzione. Dio è la fonte
della forza che ci spinge a crescere e ne è al tempo stesso la meta. È infatti
questo che diciamo quanto intendiamo che Dio è Alfa e Omega, il principio e la
fine."
Parole ‘forti’, quelle di Scott Peck:
tu sei a un passo da Dio… (tradotto
in piennellese: sei sulla strada del peak state – o per dirla alla
buddista-induista: Tat tvam asi, tu sei
Quello). In ogni caso, è l’apertura a un’opportunità ulteriore: non solo fonte di fiducia nei momenti più difficili
della vita, specie quando non c’è più nessun’altra risorsa umana, ma,
soprattutto, una riserva di ‘energia’ per affrontare ogni situazione partendo
da una condizione di ‘forza’.
Ama e fa’ quel che vuoi!
(tratto dal mio Prendi la PNL con
Spirito! Armando ed.)