sabato 9 marzo 2013

PERLE DI SAGGEZZA



PERLE DI SAGGEZZA


Tra Pearl Harbour e Pearl Jam




“Tiri una leva. Schiacci un bottone. Non ci capisci niente e a un certo punto muori e basta.”



“Io giro intorno a Dio, intorno all’antica torre – e giro per millenni – e ancora non so se sono un falco, una tempesta o un lungo canto.” 

Girare intorno a Dio, girare per millenni, e non curarsi di nient’altro. Giocare con le stelle… Sto cominciando a farlo con assiduità. Prima per aspera ad astra, ora astra ad libitum.

Freie liebe! E Frei? Lui aveva partorito la stella danzante: «...di tutte le conoscenze che ho fatto, una delle più preziose e feconde è quella con Lou. Soltanto dopo averla frequentata sono stato maturo per il mio Zarathustra.»

E anch’io sono maturo per il Progetto. È una sorpresa (almeno per me, ma anche gli altri erano ancora ai preliminari). Diana lo spacchetta, lo srotola, lo dipana, ce lo spalma addosso: “Quando Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È stato al fight club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.”      

Niente è statico. Tutto va a pezzi. Evitiamo di cospargerci il capo di cenere: siamo troppo ebbri. E non voglio nemmeno dormire. “Per anni ho desiderato addormentarmi. Quella parte dell’addormentarsi che è spegnersi, rinuncia, disfacimento. Ora dormire è l’ultima cosa che voglio.”

Sono in pieno  caos. Meglio… vuol dire che il parto (della stella) è ormai vicino. E io che credevo di essere sterile… Posso partire (anche senza bagagli – l’attrezzatura ce l’ho addosso). Passion flower.


“Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione (…) Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita.”

Un giovane andò da un maestro e gli chiese: «Quanto tempo impiegherò per raggiungere l’illuminazione?»

«Dieci anni» rispose il maestro.

Il giovane rimase di stucco: «Così tanto?» fece, incredulo.

«No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni» corresse il tiro il maestro.

Il giovanotto, sempre più stupito: «Ma perché hai raddoppiato la cifra? Già dieci anni sono troppi!»

Il maestro, senza battere ciglio: «Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno almeno trenta…»



«Il cammino verso l’illuminazione è facile o difficile?»

«Né l’uno né l’altro.»

«Cioè?»

«Il cammino verso l’illuminazione non esiste.»

«E perché? Alora, come si viaggia verso l’obiettivo?»

«Non si viaggia. È un viaggio senza distanza. Smetti di viaggiare e sei arrivato.»



«Esiste qualcosa come un minuto di saggezza?»

«Certamente – rispose il maestro – ma un minuto è di certo troppo corto… e cinquantanove secondi troppo lungo»

Ai discepoli sconcertati il maestro disse poi:

«Quanto tempo ci vuole per scorgere la luna? …E allora perché tutti questi anni di sforzi spirituali? Per aprire gli occhi ci può volere tutta la vita. Vedere accade in un lampo»


A Mullah Nasruddin – il leggendario maestro delle parabole sufi, scaltro ma di tanto in tanto fuori fase – era giunta voce che la moglie lo tradisse. E gli avevano anche indicato il luogo (sotto la grande palma appena fuori città) e l’ora degli incontri clandestini (a mezzanotte in punto). Non sapeva però chi fosse il rivale.

Il pensiero del tradimento e la gelosia lo divoravano giorno dopo giorno. Ormai la sua era diventata una fissazione, una mania…

E dal giorno della triste rivelazione aveva cominciato a soffrire di fobie e attacchi di panico; per non parlare degli stati d’ansia, della vergogna (erano ormai molti mesi che non frequentava più nessuno per paura dei commenti) e della depressione che lo buttava sempre più giù. Era ridotto a uno straccio…

Un giorno prese il coraggio a due mani e disse fra sé e sé: «Devo far fuori il mio rivale!»

Si preparò psicologicamente a puntino, si rimise in sesto, disse in anticipo le preghiere riparatorie, si armò di tutto punto e andò di soppiatto sul luogo deputato. Era quasi mezzanotte: luna piena, nessuno intorno, solo una leggera brezza e il sommesso vocio degli animali notturni. Salì sulla palma e, fucile in mano, iniziò ad aspettare. Mezzanotte: niente; mezzanotte e mezza: ancora niente, nulla di nulla. Ma lui imperterrito era sempre più carico di rabbia e di indomito coraggio. L’una, le due, le tre, l’alba… All’improvviso, il flash: «Ma io non ho moglie!»


“Ciò che è consueto intesse intorno a noi una ragnatela sempre più solida, e presto ci accorgiamo che i fili sono diventati funi (…) Per questo lo spirito libero odia tutte le abitudini e le regole, tutto ciò che è duraturo e definitivo…" (Nietzsche).

Due scuole zen avevano ciascuna un bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi due bambini, mentre si recava al mercato per acquistare della verdura, incontrava l’altro lungo la strada. Un giorno uno dei due si fermò e domandò all’altro: «Dove vai?»

«Vado dove mi portano i miei piedi» fu la risposta.

Il primo bambino, interdetto, non sapendo cosa pensare, andò a chiedere consiglio al suo maestro.

«Quando domattina incontrerai quel bambino – gli suggerì l’insegnante – fa’ la stessa domanda di ieri. Se lui ti darà la stessa risposta, allora tu domandagli: fa’ conto di non avere i piedi… in questo caso, dove andrai? Questo lo spiazzerà e così non ti prenderà più in giro».

La mattina dopo i bambini s’incontrarono di nuovo per strada. «Dove stai andando?» domandò di nuovo il primo bambino. «Vado dove soffia il vento» rispose l’altro. 
Di nuovo il piccolo rimase senza parole e. sempre più sconcertato, ritornò dal maestro raccontandogli come, ancora una volta, avesse perso al partita. 
«E allora chiedigli dove va se non c'è vento...» gli suggerì il maestro.
L'indomani i due bambini si incontrarono ancora una volta.
«Dove vai?» fece il primo
«Vado al mercato a comprare la verdura» fece l'altro.

Ci incontriamo agli angoli delle strade. Poi saliamo nelle stanze e chiudiamo le finestre. Spegniamo le luci e accendiamo le nostre passioni. Col forcipe dello spirito recidiamo le sbarre dell’anima e liberiamo i nostri corpi. Stiamo in silenzio. Nessuno sforzo. Notti di marzo…

Ci incontriamo negli autogrill. Poi ripartiamo e torniamo nelle nostre alcove. Scendiamo solo per accendere l’aurora. Circonfusi dei suoi raggi, ci incontriamo al buio di case ignote alla città – centrali, periferiche, ma sempre lontane dal cicaleccio urbano. Gridiamo. Con strazio. Albe di marzo…

I luoghi che attraversiamo, che ingoiamo, sono sempre più reali, nella loro cupa irrealtà quotidiana. Luoghi dell’anima in città senz’anima. Spazi muti tra suoni vuoti, angoli dello spirito in cucine del ventre. Lì pasteggiamo a pane e champagne. Bisbigliamo. Nessuno sfarzo. Mezzogiorni di marzo…

Apriamo le finestre alla luna, le chiudiamo al sole, ma cerchiamo la luce. A volte piangiamo, a volte ridiamo, a volte danziamo, ma la sapienza è sempre la nostra compagna. E da camerata spavalda ci dà gran pacche sulle spalle e buffetti sulle guance. 
Combattiamo. Senza ambasce. Sciamiamo. Senza angoscia. Filiamo la tela. Facciamo follie. Andiamo a folle. Giorno e Notte.


“… talvolta, negli uomini e nelle donne, c’è qualcosa che salta subito agli occhi, che appaga il nostro senso estetico e spirituale. Qualcosa che, al di là della bellezza esteriore, è come una luce che viene da dentro e illumina tutto. È quella serenità, quell’equilibrio, quel senso di appagamento che riesce a coniugare impegni ed aspirazioni, pubblico e privato, in cui ognuno sente di poter regalare qualcosa di se stesso perché ha imparato finalmente a volersi bene.” (Roger Peyrefitte)


A proposito di volemose bene. Grillo ha sparigliato le carte. Ha mandato tutto a carte quarantotto. Morto che parla. Dead man walking.

Chi? I vecchi leader? O chi, della vecchia guardia, ha fatto carte quarantotto per sedersi sullo scranno?

Questo mondo ha bisogno di leader…

Che usino la loro influenza al momento giusto per le ragioni giuste;
che guidino se stessi con successo prima di tentare di guidare gli altri;
che continuino a cercare la risposta migliore, non quella consueta;
che aggiungano valore alle persone e all’organizzazione che guidano;
che gestiscano se stessi con la testa e gli altri con il cuore;
che conoscano la via, la percorrano e la mostrino;
che ispirino, motivino invece di intimorire e manipolare;
che si imbattano in ostacoli e li trasformino in rimonte.

(John C. Maxwell)



Dove vai? Chi ti porta? Sei un leader o un follower? Dove vanno i tuoi piedi, la tua mente, il tuo cuore, il tuo fegato…


N. B. Le altre citazioni: da Nietzsche, Céline, Rilke, Fight Club e dai miei “Gocce di pioggia a Jericoacoara”, “Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo?” (ined.), “Prendi la PNL con Spirito!” e “La PNL per tutti i giorni”.




 

sabato 2 marzo 2013

IL GRILLO PARLANTE




IL GRILLO PARLANTE

Il sapere è una farfalla notturna



La perplessità è l'inizio della conoscenza. 
Gibran

Nove minuti. II Parker-Morris Building andrà giù, tutti i suoi centonovantuno piani, adagio come un albero che cade nella foresta. Legna. Puoi buttar giù quello che vuoi. Fa effetto pensare che il posto dove stiamo sarà solo un punto nel cielo. Ma prima del punto tante virgole. La serie fotografica di cinque immagini intervallate. Ecco qui il palazzo in piedi. Seconda foto, il palazzo ha un angolo di ottanta gradi. Poi settanta gradi. Il palazzo ha un angolo di quarantacinque gradi nella quarta foto dove lo scheletro comincia a mollare e la torre s’inarca leggermente. Nell’ultima foto la torre, con tutti i suoi centonovantuno piani, piomberà sul museo nazionale che è il vero bersaglio di Tyler.

Grillo: crollo delle torri.
C’è il tempo per la chiacchiera e quello per il silenzio. 
Anche il Papa tace (dentro), pur tra mille parole (fuori). Si è forse convertito a Cristo? Così ho letto su un blog.
Che dire... Ai posteri l’ardua sentenza.
A proposito di ex ante ed ex post, di previsioni sbagliate e anticipazioni del futuro politico:
L’idea è di prendere un tizio che non ha mai partecipato a una scazzottata e reclutarlo. Lasciargli provare il sapore della vittoria per la prima volta in vita sua. Dargli l’occasione di esplodere. Dargli il permesso di spaccarvi la faccia.
Effetto Grillo? Sì, effetto Fight Club. Un po’ Kubrick.

Shine. Dalla cubista al cubo di Rubik, dal grullo al Grillo (sempre parlante), dal grande “frullatore” (il Berluska sempre kaimano) all’arringatore delle folle. Eyes wide shut.
Sì, per molti versi i due si avvicinano, per altri sono lontani anni luce. Certo è che Grillo, oltre che a indubbie capacità e lungimiranza, ha dietro di sé (o forse al suo fianco) due maîtres à penser notevoli, per quanto forse un po’ sottovalutati (meglio, poco conosciuti dalle “masse”, e non solo): Gianroberto Casaleggio e Massimo Fini, ossia, nella loro reinterpretazione, Gurdjieff, Evola, Nietzsche, sino ad Alain de Benoist.  
Quindi, senza voler esagerare, una sorta di Nuova Destra con coloriture gauche alla Latouche.

La massa è impulsiva, mutevole e irritabile. È governata quasi per intero dall’inconscio. A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa obbedisce possono essere generosi o crudeli, eroici o pusillanimi; sono però imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche quello dell’autoconservazione.

[...] La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è acritica, per essa non esiste l’inverosimile. Pensa per immagini, che si richiamano vicendevolmente per associazione come, nel singolo, si adeguano le une alle altre negli stati di libera fantasticheria. [...] Chi desidera agire su essa, non ha bisogno di coerenza logica fra i propri argomenti; deve dipingere nei colori più violenti, esagerare e ripetere sempre la stessa cosa.

Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell'io.

Certe anime sono come spugne. Non si riesce a spremerne nulla se non quello che hanno assorbito dagli altri.  
Gibran
In effetti, il populismo guidato da un’elite illuminata (non necessariamente in senso massonico – senz’altro i nomi prima citati sono tutt’altro che compasso e martello forse messianico), oppure un pensiero elitario reso comprensibile alle Masse (meglio, il Popolo), sembrano il target e il focus del Nuovo Pensiero Antimondialista, che si oppone alla melassa mondialista finora dilagante e al monolitico (da frantumare) Pensiero Unico dilagante. 
Senza derive ultranazionaliste o razziste, questo è importante.

Quindi, onore al merito a Grillo. Ma con juicio.
In ogni caso, sempre all’erta, ma con calma… Il sapere è una farfalla notturna, e può diventare civetta o gufo (simbolo degli Illuminati e della Bohemian Grove).  
L'uomo può nascere, ma per nascere deve prima morire, e per morire deve prima svegliarsi. (Gurdjieff)
L'uomo è due uomini; l'uno è sveglio nel buio, l'altro è addormentato nella luce. (Gibran)
L’importante, quindi, è rimanere “svegli”.

Ed essere “persuasi”.  
Nel senso di Michelstaedter, il filosofo cult morto troppo giovane (e c’è chi vive ancora…). Ossia, vivo, autocosciente, assertivo, e non “retorico”. Comunque, c’è persuasione e persuasione... 
Di seguito, un post assai illuminante, tratto da http://www.santaruina.it/la-scienza-della-persuasione del 22 novembre 2009.  


La scienza della persuasione

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Immagine by Shephard Fairey

Il condizionamento nel Mondo Nuovo e l’esperimento di Pavlov.
Nel romanzo Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley, ambientato in un ipotetico futuro, viene descritta una società distopica perfettamente pianificata, una società in cui la stabilità è raggiunta per mezzo dell’ingegneria genetica, del precoce condizionamento attuato sugli individui sin dalla più tenera età e mediante l’annullamento delle libertà personali.
In tale società, rigidamente divisa in caste, vi è quindi necessità di una forza lavoro che svolga mansioni con differenti gradi di specializzazione; di conseguenza, per fare in modo che nessuno sia scontento della propria posizione, ad ogni individuo viene riservata sin dalla più tenera età una diversa formazione.
Nei casi delle caste inferiori, i gamma e i delta, questa formazione sarà anche finalizzata nel mantenere basso il quoziente intellettivo dei soggetti, dal momento che coloro che sono preposti allo svolgimento dei lavori più umili è bene che non si rendano conto della loro situazione, e non sviluppino alcun sentimento di invidia nei confronti delle classi privilegiate.
Nel romanzo, tra le altre cose, vengono descritti alcuni dei metodi con cui i bambini delta vengono condizionati affinché sviluppino determinate inclinazioni e delle particolari predilezioni.
Ad esempio, nei primi mesi di età, vengono posti di fronte a dei libri e a dei fiori, ed ogni volta che li toccano vengono investi da una scossa elettrica.
Il regime infatti ritiene  sconveniente che i bambini sviluppino interesse per la lettura, dal momento che l’ignoranza è essenziale per mantenere la popolazione sotto controllo; allo stesso modo viene osteggiato un eccessivo amore verso la natura, poiché i cittadini che amano trascorrere il loro tempo all’aria aperta non spendono e non stimolano l’economia.
Huxley, nell’immaginare il condizionamento violento per mezzo delle scosse elettriche, si rifà evidentemente ai celebri studi del dottor Ivan Pavlov.

Ivan Pavlov, come è noto, mentre svolgeva degli esperimenti con l’aiuto di un cane aveva osservato come la salivazione dell’animale aumentasse alla vista del cibo, come normalmente ci si poteva aspettare.
Il cibo in questo caso venne chiamato stimolo incondizionato, e la salivazione del cane riflesso incondizionato.
Nel proseguire con l’esperimento, Pavlov iniziò a suonare un campanellino ogni volta che portava del cibo al suo cane, finché l’animale associò la presenza del cibo con il suono.
In seguito, Pavlov scoprì che il suono del campanellino, da solo, era sufficiente per innestare la salivazione del cane, anche senza la presenza del cibo.
Il suono del campanello divenne lo stimolo condizionato, mentre la salivazione indotta da questo suono, e non dal cibo, venne detta riflesso condizionato.


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E’ utile qui notare che la salivazione non è una operazione controllata dalla parte razionale della mente, ma si tratta invece di un processo inconscio che si verifica a prescindere dalla volontà dell’individuo, negli animali così come nell’uomo.
L’esperimento di Pavlov, di conseguenza, registrò in maniera “scientifica” una delle caratteristiche principali del mondo animale, uomo incluso, ovvero la capacità della componente inconscia di elaborare i dati del mondo esterno per “associazione”.

Il meccanismo dell’associazioneTutti gli esseri umani sperimentano inconsciamente il meccanismo dell’associazione nella loro vita quotidiana.
Quando ad esempio associamo un profumo particolare ad una persona a noi cara, ed in seguito il solo odorare quel profumo ci provoca sentimenti positivi.
Oppure nell’istintiva repulsione che proviamo nei confronti della sveglia che interrompe il nostro sonno ogni mattino, anche quando è silenziosa, così come nella gioia provata nell’osservare un particolare oggetto, insignificante per gli altri, che abbiamo associato con un momento carico di sensazioni.
E’ importante sottolineare che il processo dell’associazione avviene in maniera del tutto inconscia, ed agisce ad un livello molto più profondo dell’attenzione razionale.
Occorre ricordare anche che l’apparenza, ovvero il modo in cui la realtà si mostra, gioca un ruolo molto più importante di quanto siamo portati a credere per quanto riguarda la nostra capacità di analizzare il mondo circostante,
Quando ad esempio incontriamo una persona, prima di parlarle e conoscerla la nostra parte inconscia ha già elaborato una sua precisa opinione, sempre attraverso il meccanismo della associazione, e la nostra parte razionale ed analitica interviene solamente in un secondo momento; se la prima impressione è negativa, dovrà passare molto tempo prima che il “parere” espresso dalla parte razionale possa mutarla, mentre se il primo giudizio è positivo, per lungo tempo i segnali negativi verranno accantonati e sminuiti dalla parte razionale.
Questa sorte di giudizio non ha nulla a che fare con l’intelligenza di una persona o la sua “apertura mentale”, tipica di chi è convinto di non giudicare mai dall’apparenza, proprio perché riguarda la nostra parte inconscia ed istintiva.

Un esempio aiuterà a comprendere meglio questi meccanismi: una conoscente, persona istruita ed amabile, trovava insopportabile la vista di un certo telecronista sportivo, giudicandolo persona estremamente antipatica ed irritante, senza che il comportamento del giornalista avesse mai dato adito a questo giudizio.
Un giorno, rivedendo le immagini di una tragedia successa molti anni addietro in una partita di calcio, la conoscente riconobbe la voce del telecronista, e si rese conto che la sua avversione nei suoi confronti era provocata dal fatto che aveva associato la sua voce alle tragiche immagini che da bambina aveva osservato alla televisione.Rifacendoci alla terminologia utilizzata da Ivan Pavlov, possiamo affermare che in questo caso la tragedia è lo stimolo incondizionato (quello che per il cane era la visione del cibo), la voce del telecronista è lo stimolo condizionato (il suono del campanellino), e il sentimento di repulsione all’udire il giornalista è il riflesso condizionato.
Ovviamente, questo processo psicologico non rappresenta una scoperta di Pavlov, ma a lui va il merito di averlo dimostrato “scientificamente”, ovvero secondo i parametri della ricerca moderna.

L’apporto della psicanalisi, da Freud a Le Bon
Pochi anni prima di Pavlov, un’altra disciplina propriamente moderna, ovvero la psicanalisi, sulla cui qualità scientifica è lecito dubitare, tentò di studiare le modalità attraverso le quali funzionava la psiche degli esseri umani, ponendo l’attenzione su quella sua componente che da allora venne chiamata “inconscio”.
L’idea di fondo di tale disciplina sosteneva che la maggior parte dei problemi psicologici delle persone era originata da traumi irrisolti, vissuti dall’individuo e rimossi dalla componente cosciente della psiche, ma ancora presenti a livello inconscio.
Si pensava che aiutando il paziente nel ricordare e “far riemergere” il trauma si potesse dargli la possibilità di affrontarlo e risolverlo definitivamente.
L’opera di Sigmund Freud e del suo allievo dissidente Jung ebbe un enorme diffusione nel XX secolo, ed influenzò in maniera decisiva il pensiero e l’immaginario collettivo.

La psicanalisi gode tuttora di enorme popolarità, e gode anche dello status di “disciplina scientifica”, nonostante molti si dichiarino scettici riguardo la sua reale efficacia.
Ma se l’aspetto curativo di questa scienza suscitò sin dalla sua nascita enormi perplessità, ad una parte dell’apparato teorico della psicanalisi venne invece riservata una grande attenzione da persone che occupavano posizioni di grandi responsabilità, persone che avevano interesse nel comprendere come effettivamente la psiche e la mente umana funzionano.
Fu questo il caso di Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, uno dei pensatori che maggiormente contribuì a plasmare la mentalità dell’uomo contemporaneo.


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Bernays, rifacendosi all’opera di Freud e di Gustave Le Bon, un altro studioso che diede un enorme apporto alla comprensione di questi meccanismi, operò affinché tali studi potessero trovare una applicazione pratica su vasta scala.
Occorre quindi, prima di procedere con l’analisi dell’opera di Bernays, ricordare la grande importanza, ancora troppo poco nota, che ebbero le ricerche dello psicologo Gustave le Bon, che nel 1895 diede alle stampe il fondamentale Psicologia delle folle.
In tale scritto, Le Bon analizzava il comportamento sviluppato dalle persone nel momento in cui formano dei gruppi più o meno numerosi, arrivando a sostenere che all’interno di una folla emerge e prende il soppravvento una sorta di “coscienza collettiva” indipendente da quella dei singoli che la compongono, una coscienza che risponde a dettami “inconsci”, sentimenti che possono essere abilmente guidati da personalità carismatiche che sono in grado di comunicare direttamente con questa enorme “coscienza”.
L’opera di Le Bon venne attentamente studiata dai maggiori dittatori del XX secolo: Mussolini riteneva “psicologia delle folle” un testo imprescindibile per un leader di governo, così come Hitler e Stalin.
Edward Bernays, quindi, dopo aver a studiato i testi di Freud e di Le Bon, sul finire dell’ottocento si trasferì in America e si dedicò al perfezionamento della scienza della persuasione nota come propaganda.

Edward Bernays, dal razionale all’inconscio
Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che controlla. Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona in modo tranquillo. In quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone …Coloro che hanno in mano questo meccanismo, costituiscono il vero potere esecutivo del paese.”
Edward Bernays, Propaganda, 1929
Bernays lavorò per il governo americano e per l’apparato industriale, e nel campo della propaganda e della pubblicità ottenne i suoi più grandi successi, perfezionando quel particolare meccanismo tuttora usato dai creatori d’opinione.
Prima di Bernays, la pubblicità si concentrava nell’elencare le qualità e i benefici dei prodotti reclamizzati: di una bibita si diceva che fosse dissetante, di un abito che era resistente, di un particolare attrezzo si elencavano i modi d’uso, e così via.
Ci si rivolgeva, in altre parole, alla parte razionale, cosciente, della mente del consumatore.
Edward Bernays rivoluzionò questo meccanismo, e comprese che un prodotto avrebbe potuto essere maggiormente venduto se si rendeva appetibile al consumatore rivolgendosi alla sua parte “inconscia”.

Il prodotto quindi non doveva essere presentato per le sue intrinseche qualità, ma doveva essere proposto in associazione con un sentimento positivo, con una promessa di felicità, con uno stile di vita agognato.
Nel pubblicizzare un biscotto non bisognava soffermarsi sulla sua bontà o sulle sue qualità nutritive, ma occorreva mostrare una famiglia felice in una bella casa che con quel biscotto prendeva la sua prima colazione.
Di una automobile non si doveva fare una lista delle sue prestazioni, ma ritrarla in un paesaggio aperto e solare che suggerisse un senso di libertà.
Bernays, in altre parole, non fece altro che unire gli studi di Freud e di Le Bon con le scoperte del professor Ivan Pavlov a proposito dei riflessi condizionati.

Così come il cane del professore sbavava all’udire il suono del campanellino, associato inconsciamente al cibo, il nuovo consumatore venne abituato ad associare ai prodotti reclamizzati un determinato sentimento.
Nella pubblicità del biscotto, ad esempio, viene mostrata una famiglia felice, in una bella casa.
Per il consumatore tale condizione, la felicità, è l’equivalente di quello che per il cane di Pavlov era il cibo, lo stimolo incondizionato, ovvero il suo bisogno primario.
Il biscotto, associato all’immagine della felicità, è lo stimolo condizionato, quello che per il cane era il suono del campanellino.
Quando poi il consumatore al momento di fare la spesa si troverà di fronte a quel particolare biscotto, entrerà in funzione il meccanismo di associazione, inconsciamente, e sarà portato a scegliere quel prodotto – riflesso condizionato – nello stesso modo in cui la salivazione del cane aumentava al suono del campanellino.
E’ essenziale notare ancora una volta come su tale processo non influiscono le qualità intellettive del consumatore, dal momento che il tutto avviene a livello inconscio.
L’associazione biscotto-felicità è ormai acquisita.

Associazione e ripetizione: la creazione del bisogno
Il successo, indiscutibile, di tale meccanismo, è testimoniato dal fatto che ancora oggi le strategie promozionali ricalcano esattamente le modalità teorizzate da Edward Bernays: le pubblicità attualmente puntano inevitabilmente su concetti semplici che richiamano i bisogni primari di ogni persona: il successo, il senso di libertà, il sesso.
Per reclamizzare una pasta sigillante si mostra una ragazza nuda, un assorbente è associato ad una giovane donna che si lancia col paracadute, le macchine percorrono paesaggi suggestivi oppure si muovono eteree in paesaggi urbani “addomesticati”, mentre gli spaghetti sono sempre accompagnati da famiglie impeccabili e sorridenti che si amano, famiglie perfette.


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Quando poi il consumatore si reca nel supermercato e si trova davanti a quel sigillante, ecco che dentro di sé prova una strana sensazione piacevole, senza rendersi conto che la sua psiche nello stesso momento sta immaginando una bella donna nuda immersa in una vasca trasparente.
Tutto questo, però, non sarebbe possibile senza la presenza di un altro fattore, egualmente importante e necessario: la ripetizione.
Nella pubblicità, come nella propaganda, il messaggio va ripetuto più e più volte, perché, ed anche questo è ormai provato, la mente umana tende a considerare veritiere le informazioni ricevute più volte in diverse condizioni.
All’ennesima ripetizione di un concetto, quest’ultimo sarà considerato vero in maniera automatica, e ciò è valido sia sul piano cosciente che a livello inconscio.
Associazione, appello ai bisogni primari, ripetizione: questi, in sintesi, i fondamenti della manipolazione del pensiero.