PERLE DI SAGGEZZA
Tra Pearl Harbour e Pearl Jam
“Tiri
una leva. Schiacci un bottone. Non ci capisci niente e a un certo punto muori e
basta.”
“Io giro intorno a Dio, intorno
all’antica torre – e giro per millenni – e ancora non so se sono un falco, una
tempesta o un lungo canto.”
Girare
intorno a Dio, girare per millenni, e non curarsi di nient’altro. Giocare con
le stelle… Sto cominciando a farlo con assiduità. Prima per aspera ad astra, ora astra
ad libitum.
Freie liebe! E Frei?
Lui aveva partorito la stella danzante: «...di tutte le conoscenze che ho fatto,
una delle più preziose e feconde è quella con Lou. Soltanto dopo averla
frequentata sono stato maturo per il mio Zarathustra.»
E
anch’io sono maturo per il Progetto. È una sorpresa (almeno per me, ma anche
gli altri erano ancora ai preliminari). Diana lo spacchetta, lo srotola, lo
dipana, ce lo spalma addosso: “Quando
Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del
Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non
importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere
coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare
la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È
stato al fight club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.”
Niente
è statico. Tutto va a pezzi. Evitiamo di cospargerci il capo di cenere: siamo
troppo ebbri. E non voglio nemmeno dormire. “Per
anni ho desiderato addormentarmi. Quella parte dell’addormentarsi che è
spegnersi, rinuncia, disfacimento. Ora dormire è l’ultima cosa che voglio.”
Sono in
pieno caos. Meglio… vuol dire che il
parto (della stella) è ormai vicino. E io che credevo di essere sterile… Posso
partire (anche senza bagagli – l’attrezzatura ce l’ho addosso). Passion flower.
“Viaggiare, è proprio utile, fa
lavorare l’immaginazione (…) Il viaggio che ci è dato è interamente
immaginario. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere
gli occhi. È dall’altra parte della vita.”
Un
giovane andò da un maestro e gli chiese: «Quanto
tempo impiegherò per raggiungere l’illuminazione?»
«Dieci anni»
rispose il maestro.
Il
giovane rimase di stucco: «Così tanto?»
fece, incredulo.
«No, mi sono sbagliato, ci vorranno
venti anni» corresse il tiro il maestro.
Il
giovanotto, sempre più stupito: «Ma
perché hai raddoppiato la cifra? Già dieci anni sono troppi!»
Il
maestro, senza battere ciglio: «Adesso
che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno almeno trenta…»
«Il cammino verso l’illuminazione
è facile o difficile?»
«Né l’uno né l’altro.»
«Cioè?»
«Il cammino verso l’illuminazione
non esiste.»
«E perché? Alora,
come si viaggia verso l’obiettivo?»
«Non si viaggia. È un
viaggio senza distanza. Smetti di viaggiare e sei arrivato.»
«Esiste
qualcosa come un minuto di saggezza?»
«Certamente
– rispose il maestro – ma un minuto è di certo troppo corto… e cinquantanove secondi
troppo lungo»
Ai
discepoli sconcertati il maestro disse poi:
«Quanto
tempo ci vuole per scorgere la luna? …E allora perché tutti questi anni di sforzi
spirituali? Per aprire gli occhi ci può
volere tutta la vita. Vedere accade in un lampo»
A Mullah
Nasruddin – il leggendario maestro delle parabole sufi, scaltro ma di tanto in
tanto fuori fase – era giunta voce che la moglie lo tradisse. E
gli avevano anche indicato il luogo (sotto la grande palma appena fuori città)
e l’ora degli incontri clandestini (a mezzanotte in punto). Non sapeva però chi fosse il rivale.
Il
pensiero del tradimento e la gelosia lo divoravano giorno dopo giorno. Ormai la sua era diventata una fissazione,
una mania…
E
dal giorno della triste rivelazione aveva cominciato a soffrire di fobie e
attacchi di panico; per non parlare degli stati d’ansia, della vergogna (erano
ormai molti mesi che non frequentava più nessuno per paura dei commenti) e
della depressione che lo buttava sempre più giù. Era ridotto a uno straccio…
Un
giorno prese il coraggio a due mani e disse fra sé e sé: «Devo far fuori il mio rivale!»
Si
preparò psicologicamente a puntino, si rimise in sesto, disse in anticipo le
preghiere riparatorie, si armò di tutto punto e andò di soppiatto sul luogo
deputato. Era quasi mezzanotte: luna piena, nessuno intorno, solo una leggera
brezza e il sommesso vocio degli animali notturni. Salì sulla palma e, fucile
in mano, iniziò ad aspettare. Mezzanotte: niente; mezzanotte e mezza: ancora niente,
nulla di nulla. Ma lui imperterrito era sempre più carico di rabbia e di indomito
coraggio. L’una, le due, le tre, l’alba… All’improvviso, il flash: «Ma
io non ho moglie!»
“Ciò che è consueto intesse intorno a
noi una ragnatela sempre più solida, e presto ci accorgiamo che i fili sono
diventati funi (…) Per questo lo spirito libero odia tutte le abitudini e le
regole, tutto ciò che è duraturo e definitivo…" (Nietzsche).
Due
scuole zen avevano ciascuna un bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni
mattina uno di questi due bambini, mentre si recava al mercato per acquistare
della verdura, incontrava l’altro lungo la strada. Un giorno uno dei due si
fermò e domandò all’altro: «Dove vai?»
«Vado dove mi portano i miei piedi»
fu la risposta.
Il
primo bambino, interdetto, non sapendo cosa pensare, andò a chiedere consiglio
al suo maestro.
«Quando domattina incontrerai quel
bambino – gli suggerì l’insegnante – fa’ la stessa domanda di ieri. Se lui ti darà la stessa risposta,
allora tu domandagli: fa’ conto di non avere i piedi… in questo caso, dove
andrai? Questo lo spiazzerà e così non ti prenderà più in giro».
La
mattina dopo i bambini s’incontrarono di nuovo per strada. «Dove stai andando?» domandò di nuovo il primo bambino. «Vado dove soffia il vento» rispose
l’altro.
Di nuovo il piccolo rimase senza parole e. sempre più sconcertato, ritornò dal maestro raccontandogli come, ancora una volta, avesse perso al partita.
Di nuovo il piccolo rimase senza parole e. sempre più sconcertato, ritornò dal maestro raccontandogli come, ancora una volta, avesse perso al partita.
«E allora chiedigli dove va se non c'è vento...» gli suggerì il maestro.
L'indomani i due bambini si incontrarono ancora una volta.
«Dove vai?» fece il primo
«Vado al mercato a comprare la verdura» fece l'altro.
L'indomani i due bambini si incontrarono ancora una volta.
«Dove vai?» fece il primo
«Vado al mercato a comprare la verdura» fece l'altro.
Ci incontriamo agli angoli delle
strade. Poi saliamo nelle stanze e chiudiamo le finestre. Spegniamo le luci e
accendiamo le nostre passioni. Col forcipe dello spirito recidiamo le sbarre
dell’anima e liberiamo i nostri corpi. Stiamo in silenzio. Nessuno sforzo.
Notti di marzo…
Ci incontriamo
negli autogrill. Poi ripartiamo e torniamo nelle nostre alcove. Scendiamo solo
per accendere l’aurora. Circonfusi dei suoi raggi, ci incontriamo al buio di
case ignote alla città – centrali, periferiche, ma sempre lontane dal
cicaleccio urbano. Gridiamo. Con strazio. Albe di marzo…
I luoghi che attraversiamo, che
ingoiamo, sono sempre più reali, nella loro cupa irrealtà quotidiana. Luoghi
dell’anima in città senz’anima. Spazi muti tra suoni vuoti, angoli dello
spirito in cucine del ventre. Lì pasteggiamo a pane e champagne. Bisbigliamo.
Nessuno sfarzo. Mezzogiorni di marzo…
Apriamo le finestre alla luna, le
chiudiamo al sole, ma cerchiamo la luce. A volte piangiamo, a volte ridiamo, a
volte danziamo, ma la sapienza è sempre la nostra compagna. E da camerata
spavalda ci dà gran pacche sulle spalle e buffetti sulle guance.
Combattiamo. Senza ambasce. Sciamiamo. Senza angoscia. Filiamo la tela. Facciamo follie. Andiamo a folle. Giorno e Notte.
Combattiamo. Senza ambasce. Sciamiamo. Senza angoscia. Filiamo la tela. Facciamo follie. Andiamo a folle. Giorno e Notte.
“…
talvolta, negli uomini e nelle donne, c’è qualcosa che salta subito agli occhi,
che appaga il nostro senso estetico e spirituale. Qualcosa che, al di là della
bellezza esteriore, è come una luce che viene da dentro e illumina tutto. È
quella serenità, quell’equilibrio, quel senso di appagamento che riesce a
coniugare impegni ed aspirazioni, pubblico e privato, in cui ognuno sente di
poter regalare qualcosa di se stesso perché ha imparato finalmente a volersi
bene.” (Roger Peyrefitte)
A proposito di volemose bene. Grillo ha sparigliato le carte. Ha mandato tutto a
carte quarantotto. Morto che parla. Dead
man walking.
Chi? I vecchi leader? O chi, della vecchia guardia, ha fatto carte
quarantotto per sedersi sullo scranno?
Questo
mondo ha bisogno di leader…
Che
usino la loro influenza al momento giusto per le ragioni giuste;
che guidino se stessi con successo prima di tentare di guidare gli altri;
che continuino a cercare la risposta migliore, non quella consueta;
che aggiungano valore alle persone e all’organizzazione che guidano;
che gestiscano se stessi con la testa e gli altri con il cuore;
che conoscano la via, la percorrano e la mostrino;
che ispirino, motivino invece di intimorire e manipolare;
che si imbattano in ostacoli e li trasformino in rimonte.
(John C. Maxwell)
che guidino se stessi con successo prima di tentare di guidare gli altri;
che continuino a cercare la risposta migliore, non quella consueta;
che aggiungano valore alle persone e all’organizzazione che guidano;
che gestiscano se stessi con la testa e gli altri con il cuore;
che conoscano la via, la percorrano e la mostrino;
che ispirino, motivino invece di intimorire e manipolare;
che si imbattano in ostacoli e li trasformino in rimonte.
(John C. Maxwell)
Dove
vai? Chi ti porta? Sei un leader o un follower? Dove vanno i tuoi piedi, la tua
mente, il tuo cuore, il tuo fegato…
N.
B. Le altre citazioni: da Nietzsche, Céline, Rilke, Fight Club e dai miei “Gocce
di pioggia a Jericoacoara”, “Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo?” (ined.), “Prendi
la PNL con Spirito!” e “La PNL per tutti i giorni”.
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