EROS ETHOS EPOS
«Galatea, l’eros non è trasgressione, ma ‘ingressione’. Ingresso, ingrediente della vita. È il cardine stesso dell’esistenza, un suo punto cardinale: l’est. Ben oltre Freud. È l’eros la ‘piris’, il fuoco sacro dello spirito, la vera vita… Oltre Jung. Spettacolo pirotecnico che accende il ‘cielo’ ‘coperto’ della nostra vita sin troppo terrestre. “Pìù sono carnale, più mi sento spirituale”: questo il refrain di un mio amico, un poeta dilettante che, pur con la terza media, sapeva coniugare, non solo i congiuntivi (ed è già assai), ma anche D’Annunzio, Borges e Neruda. Eros oltre l’Ethos. Eppur sacro. L’eros è mistica, congiungimento con Dio, estasi-climax, orgasmo al femminile – Santa Teresa – e al maschile, come per i mistici chassidici (l’unione con la Shekhinah, il ‘corpo’ femminile di Dio). Il sesso, non è solo attività profana, ma anche sacra. Il risveglio dello spirito è spesso accompagnato dal risveglio dei sensi, e non solo di quelli ‘sottili’, spirituali. Il libero manifestarsi dell’esprit erotico, checché se ne pensi, va di pari passo con l’aumentare del flusso della vita, e dello spirito, al proprio interno. Eros e Dynamis. Il sesso è dinamica di vita, di una esistenza piena e realizzata. È pur vero che duemila anni di cristianesimo lo hanno costretto, a malapena (perché l’eros scalpita) e con grandi restrizioni, solo nel recinto del matrimonio, finalizzato, poi, più che altro alla procreazione. Ma l’eros resta sempre in vita, realizzato o impalpabile. Guizza come un’anguilla. Sgusciante. Frizzante. D’altronde, la carne è il luogo della salvezza: Caro salutis cardo…»
Mimando uno stappo di champagne, stoppò la schiuma di parole, ma qualche goccia bagnò ancora Galatea.
«Secondo la Qabbalah, l’impurità è inevitabilmente attratta dalla santità. L’impuro perde le sue scorie e si fa bello. La bellezza è sempre pura. Così il vero Eros… Pensa, c’era un santo che, quando vedeva una bella donna, dava gloria a Dio. Alleluia!»
Lorenzo levò le mani al cielo e scoppiò a ridere. Risata gioiosa, erotica.
«Comunque hai ragione, Galy (un improvviso diminutivo: ubi maior minor cessat?), spesso il cristianesimo ha dimenticato lo spirito dionisiaco, lo ha trascurato, negato. E Dioniso era ed è una specie di alter ego del Cristo (ma senza il suo sangue…) e, giustamente, reclama i diritti della vita contro una società che esalta la morte sociale, culturale ed estetica. Sono, piuttosto, Ahrimane e Lucifero a impersonare la corruzione delle principali forze e pulsioni materiali e spirituali: Ahrimane adombra e insieme corrompe l’attitudine naturale ad amare la vita terrena; Lucifero abbacina e devia lo slancio dell’uomo teso a svincolarsi dalla materia e a proiettarsi nel mondo dello Spirito. Nel senso che conduce verso uno ‘spirito’ malato. Nondimeno, le dinamiche che essi rappresentano non debbono essere represse, bensì redente e poste sotto una nuova luce. Devono diventare dinamiche di gioia e speranza. Gaudium et Spes. “Fra i cristiani vi sono sempre più facce imbronciare e acide. Ma tu non hai motivo di essere fra queste e non è bene per te esserlo. Tu sei un’opera di Dio.” Parole di Karl Barth, teologo acido (e basico). Gioia: ecco ciò che ci vuole. E Gesù, al di là della sofferenza (solo un ‘rito di passaggio’), l’ha portata. La gioia. Insieme alla speranza. Gaudium, Spes ed Eros… Cristo è risuscitato affinché anche noi, morti con lui, nascessimo di nuovo. Che ne dici.? La morte è vita… Permettimi un po’ di trasgressione tra le frontiere (linguistiche). D’altronde, e lo dice Nietzsche, che un po’ trasgressivo lo era, nessuno ha fatto di più per l’eros del catto-cristianesimo (ma non dimentichiamo le derive evangeliche, sempre più montanti).»
Lorenzo all’improvviso parve intristirsi (come après l’amour). L’altra faccia della luna. La petite mort.
«L’erotismo è solare, ma anche nell’eros la tristezza sembra prevalere sulla gioia. E non lo pensa solo Leopardi, ce lo ricorda pure un saggista contemporaneo di grido come George Steiner: “La famosa tristezza post-coitum, la sigaretta tanto attesa dopo l’orgasmo, misurano con precisione il vuoto tra l’anticipazione e la sostanza, tra l’immagine fantasticata e l’evento empirico. L’eros umano è parente stretto di una tristezza mortale.” La pruderie moralistica, che spesso ha solo valenze di potere – più si dominano gli istinti delle masse, o dei piccoli gruppi, più le si soggiogano –, non ha fatto altro che aumentare il piacere (ma spesso il dolore) della trasgressione. Infatti, siccome è pressoché impossibile rispettare, totalmente, tale norma vincolante, castrante, frigidaire, ecco che il senso di ‘peccato’ ha dato la stura alle forze ctonie, nondimeno solari (l’ossimoro!), dell’eros. È quasi un effetto pavloviano: per molti è impossibile provare piacere se non è associato al senso del peccato. È, comunque, un amplificatore della voluttà. E poi, il bigottismo alimenta lo scandalo e viceversa. Ma, biblicamente parlando, sempre riguardo al sesso, e al piacere in generale, non è esattamente così: non c’è sempre ‘castrazione’, c’è pure ‘liberazione’. Gerusalemme liberata. Galatea, nelle Scritture non c’è solo repressione, ma anche esaltazione… Exultet. La Bibbia canta (decanta, incanta) – nella Lettera di Paolo a Tito – “Omnia munda mundis. Tutto è puro per quelli che sono puri.” Dio ha creato il corpo, ed era ‘buono’, ‘bello’. Tutto della creazione divina è buono, anzi, nell’uomo e nella donna, ‘molto buono’, ottimo. Anche la donna, alla faccia di Tertulliano. Molto buona. Il corpo è stato creato per il piacere, non solo per il dovere. San Paolo aggiunge: “Tutto è lecito (ma non tutto fa bene…).” Se poi Origene si è fatto eunuco, pazienza, abbiamo avuto un filosofo in più (con gran pace di Lorenzo, il filosofomane). Ma Abelardo ne ha sofferto. Eloisa valeva bene una messa… E non era Messalina (ma quella è un’altra storia. Da ‘cronaca vera’…). La legge è intervenuta perché il peccato abbondasse. Dio ci ha dato la legge perché la trasgredissimo. L’ombra c’è quando c’è il sole. Ma diminuisce man mano che ci si avvicina al grande Meriggio… Sì, è proprio il momento di passare a qualcosa di più forte, di hard.»
Galatea, già presa, al sentire il termine ‘hard’ si avvinghiò ancor più a Lorenzo, il quale, avviluppato da un mix di sensazioni ossimoriche, incluso l’abbraccio della mora, dolce-amara, dolce-nera, femme noire, si sciolse in uno scivoloso ma quanto mai fruttuoso ditirambo.
«Nel Cantico dei Cantici c’è scritto: “Qual è un melo tra gli alberi del bosco, tal è l’amico mio fra i giovani. Io desidero sedermi alla sua ombra, il suo frutto è dolce al mio palato…” Esplicito, no? XXX…»
Galatea finse una ritrosia verginale e stette a bocca chiusa (ma le labbra vibravano sottilmente – per quanto turgide). Lorenzo ne approfittò per dare, impudica lingua tagliente, blow… la stoccata finale.
«Ripeto, la Bibbia non è ‘bacchettona’. È un libro polisemico, per tutti e per nessuno, come lo Zarathustra di Nietzsche. Ed esprime filosofia joyness, una visione ottimistica dell’esistenza: leggi tra le pieghe. Il piacere, in tutte le sue variazioni, è per Dio ‘cosa buona’, non una piaga. D’altronde, per dirla con Heine, cos’è il piacere, se non un dolore straordinariamente dolce… Altro è l’eccesso, l’intemperanza, l’assoluta mancanza di ‘salvaguardie’. Ma lo stesso è per il mangiare, il fare sport, guidare la macchina. La distrazione può essere fatale. Così per il troppo alcol e la relativa perdita di controllo. Non sempre l’ebbrezza fa bene (ma un po’ ci vuole: rallegra il cuore). Sursum corda. Certo, nel sesso sono coinvolte più dinamiche… E senti quest’altra, sempre nel Cantico di Salomone – prima era il capitolo due, ora saltiamo al quattro (si tratta di un vero e proprio ‘can can’): “Sorgi, vento del nord, e vieni, vento del sud! Soffiate sul mio giardino, perché se ne spandano gli aromi! Venga l’amico mio nel giardino e ne mangi i frutti deliziosi!” Eros allo stato puro. E non convenzionale (non solo la posizione ‘missionaria’…). E nota bene, è la donna, la sulamita, a prendere l’iniziativa. Prima ‘attiva’ poi ‘passiva’, ma sempre passionale. Passion flower. Altro che antifemminismo della Bibbia! “Sub umbra eius quem desideraveram sedi.” L’ombra, alla Giordano Bruno, come limite ma anche come luogo di un’esperienza ‘eccezionale’. Ma anche come ‘frutto della passione’… L’uomo, come sempre indolente, esce allo scoperto più tardi – viene fuori dall’’ombra’ –, al capitolo successivo del Cantico, lì dove si parla di mirra, di aromi, vino, latte, di ebbrezza d’amore. E lei insiste (queste donne…). Non smette di sedurlo. Tutti frutti. E non solo all’aperto, nel giardino, col suo hortus conclusus che si apre al giardiniere, ma al chiuso, in casa. Eccola togliersi la gonna, ‘vestirsi’ della voce dell’amato e... “L’amico mio ha passato la mano per la finestra, il mio amore si è agitato per lui. Mi sono alzata per aprire al mio amico, e le mie mani hanno stillato mirra, le mie dita mirra liquida, sulle maniglie della serratura.” È la Bibbia, non è Emmanuelle o Alina Reyes.»
Tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara.