UN SOTTILE SUONO DI SILENZIO
Apri il tuo cuore. Scopri la tua
voce…
(citazione
dal film Una canzone per Marion, con
Vanessa Redgrave e Terence Stamp).
Voce, parola, logos… Specie sulle spiagge affollate di agosto (comunque, più
vociare e parole al vento che logos). Eppure certi silenzi risuonano più di
cento tuoni: echeggia più una voce di silenzio sottile che il rombo di un quadrimotore.
Silenzi che parlano: non silenzio freddo, triste,
atono, ma un silenzio in cui tutte le
parole si compendiano e compenetrano.
Il silenzio è un territorio, tanto
interiore quanto esterno a noi. Mi piace il silenzio, ma quando scrivo ascolto
musica (anche ora che batto le note della tastiera). Detesto l’inquinamento
sonoro, ma è una lotta vana (come quella di Giacobbe contro l’Angelo – ma il suono non è sempre celestiale): il
suono è diventato un sottofondo imprescindibile, ma lo sopporto, anzi neppure
lo sento da quando, studiando tantissimi anni fa da universitario in una stanza
in cui vigeva il rumore (canti, chitarre, politicolalia… era il ’68, anzi il ’69-70
in quel di Pisa), imparai, novello yogi (e fachiro), ad astrarmi dal ‘mondo’ (per aspera ad astra).
Silenzio, silenzi.
In ebraico ci sono almeni quattro parole per definire il
silenzio: sheqet, dom, demama, lishtok.
Sheqet
è
il silenzio della quiete, della serenità, della pace. È silenzio e basta:
assenza di suoni, silenzio sommesso, pacato, silenzioso.
Lishtok è un infinito
verbale. Indica il silenzio imperativo, drastico, brusco: è quello che si
impone ai bambini in classe. È un silenzio ingiuntivo, quasi rabbioso, che fa
seguito a un rumore molesto.
Dom, invece, è un
silenzio abissale. Fa paura, come
l’ignoto: è lo stato primordiale, del “caos oscuro”, prima che Dio infrangesse
il silenzio parlando: nella Bibbia la creazione si fa parlando, tutto
procede dalla parola (eccetto l’uomo, che è ricavato dalla “polvere del suolo”,
ultimo “prodotto” divino prima che cali il sabato
del riposo).
Dom è onomatopeico:
è il rintocco sordo della campana, un’eco profonda ma silenziosa. Forse era il
silenzio, fase finale di dom, qualche
“attimo” prima che il mondo fosse creato con la voce divina (Sia la luce!).
Da questo silenzio cosmico, abissale, ne
sorge un altro: Demamah, più soft, dolce,
sottile eppur corposo, più alla
portata di noi umani. È un silenzio “femminile”, più grazioso, conciliante... Indica
il silenzio all'interno del quale il profeta Elia trova Dio (e anche noi troviamo Dio nel silenzio, nel deserto...): … Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo,
da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non
era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel
terremoto. Dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il
fuoco, una voce sottile di silenzio. Come l’udì Elia si coprì il volto con il
mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una
voce che gli diceva: che cosa fai qui Elia? (1Re 19,11-13).
Elia cerca Dio ma, diversamente dagli
altri profeti, a lui il Signore quasi non rivolge la parola, né tanto meno si
manifesta in modo plateale; anzi, al contrario, con un soffio di vento, una
brezza leggera: una voce sottile di
silenzio. Un silenzio che è rivelazione, stupore, certezza, pace...
Sì,
pace, tranquillità, relax. Relax and do
it!
Chiudo con un sottile suono di silenzio (tratto dal mio Prendi la PNL con Spirito! – Armando ed.).
Fa’ in questo modo: mentre
c’è il silenzio intorno a te e ti stai rilassando, soffermati sulle sensazioni che stai provando,
‘esasperandole’: senti il contatto dei vestiti, della poltrona, delle palme
delle mani sulle ginocchia…Chiudi gli
occhi: è tutto nero. No, non tutto… ecco
un puntino bianco formarsi al centro del buio…
Si
allarga… è come un sole, sì, è il sole:
e poi, il nero non è più tanto nero, anzi
è blu, azzurro chiaro, con riflessi verdi nella parte inferiore.
Il buio
è sparito: quello che tu vedi è l’azzurro del cielo, il mare blu dalle
sfumature verdi. Lievissimo il suo sciabordio sulla battigia… dolce il suono
nelle tue orecchie, leggera la brezza che ti sfiora il corpo, che accarezza la
tua pelle: un sottile suono di silenzio…
Tu sei
sulla riva, qualcosa emerge dall’acqua: la
figura angelica sempre più emerge dalla vicina risacca… La sua visione ti
‘risucchia’. Il suo sguardo è il tuo sguardo…
Sì, è lei, la tua amata (o il tuo amato), ma
bella come un angelo!
È un
angelo, ma fisico, palpabile… Esce dall’acqua, ti si avvicina: tu sei
ancora seduto, addolcito fino a sdilinquirti per l’emozione, la dolcezza, il
‘satori’, l’estasi, il nirvana… non sai come definirlo.
Lei, lui, si inginocchia, ti prende la mano,
ti guarda negli occhi… Non t’importa più di
nulla…