martedì 14 marzo 2017

BEAUTY FORM – La Grande Bellezza (undercover)


BEAUTY FORM
La Grande Bellezza (undercover)

“Gli dèi hanno abbandonato l’uomo ed il mondo ha perduto il suo incanto.”
Ma Roma non perde il suo incanto: Raggi o non Raggi, è sempre irradiata d’intramontabile bellezza – ma anche di montante rabbia.
In tempi di disincanto – lo cunto de li cunti – dobbiamo arrabattarci con i barattoli dello sbaraccamento quotidiano (sempre meno vestiti di marca, sempre più cibi in via di scadenza, sempre più bollette scadute) e dello stravaccamento dei media. Se Barack è il passato e Trump è il presente (glissando sui meriti o demeriti), qui da noi le baracche – in senso reale e simbolico – crescono, ma anche le “trombe”, i trombettieri e i trombati che vogliono tornare a suonare (non solo Renzi).
Sempre più vacche magre: siamo ormai nella «notte in cui tutte le vacche sono nere» – le riflessioni dei media su ciò che accade intorno a noi si rivela una speculazione incapace di cogliere la contraddittorietà e complessità del reale, senza peraltro riuscire a cogliere i bagliori del futuro (e nemmeno del presente). Non parliamo dell’”oltre”...
Eppure, inoltrandoci negli Holzwege, i ‘sentieri del bosco’ di cui parla Heidegger, i sentieri interrotti che, pure, portano alla Lichtung (la luminosità improvvisa), prima o poi raggiungeremo la ‘radura’ dell’esistenza autentica.
Nondimeno, più è buio, più rifulge la bellezza. E questo vale, soprattutto, ora – anche se non è l’età dell’oro, semmai del ferro (ormai arrugginito: vedi l’ILVA di Taranto, già capitale “aurea” della Magna Grecia) o del silicio (Silicon Valley e siliconate varie e avariate). D’altronde, “I Vangeli e il Manifesto del partito comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia” (Nicolás Gómez Dávila).
Eppure, “è sufficiente che la bellezza sfiori appena il nostro tedio, perché il cuore ci si laceri come seta tra le mani della vita.” (sempre Dávila).

Vi blocco… Non vi voglio parlare della “Grande Bellezza” di Sorrentino, ma di bellezza tout court. Il mondo, scriveva ne «L’idiota» Dostoevskij, sarà salvato dalla bellezza. Una profezia che sembra ormai essersi rovesciata, stando a tanta bruttezza, non solo fisica, che ci circonda. Perché il culto della bellezza – sfruttata dal mercato, amplificata dai media, ostentata dal potere – produce un mondo che non è mai stato tanto brutto – direbbero in molti. Ma io non sono d’accordo: c’è ancora tanta bellezza e tanta se ne produce ancora.
Secondo il filosofo Sergio Givone il rapporto che la nostra società ha con la bellezza è: «Ossessivo e compulsivo, direi. A tal punto da ritenere che solo ciò che è bello abbia valore, sia degno di essere apprezzato, comprato, votato. Siamo tutti vittime di questo abbaglio. Perché si tratta di un’idea di bellezza vuota che si concretizza nel trionfo del brutto. In questo senso, più che salvare il mondo, la bellezza sembra averlo condannato».
Ma come si è imposta una simile ideologia?
«La bellezza muore quando perde il legame con ciò che è buono e con ciò che è vero. E se non è più capace di fare cenno ai valori etici e morali diventa un guscio vuoto, appunto, qualcosa che inseguiamo solo per affermare noi stessi».
Ma cos’è la bellezza, qual è il suo significato più autentico?
«È la cosa più inutile che esista, ma di cui non possiamo fare a meno. Senza bellezza perdiamo la nostra umanità, siamo ridotti allo stato di natura. E come insegna il mito biblico della caduta, lo stato di natura non è affatto il luogo da cui proveniamo, bensì quello in cui siamo stati cacciati. E dal quale perciò dobbiamo uscire. Ecco, la bellezza è lo scarto che c’è tra lo stato di natura e quel “di più” a cui siamo chiamati per essere davvero uomini. La bellezza è l’ideale che ci ricorda che non siamo fatti per vivere come bruti. È per questo che gli antichi la legavano al Bene e al Vero. Noi l’abbiamo dissociata».
E l’arte contemporanea come vive questo tradimento?
«Rifiutando la bellezza e tutto ciò che a che fare con l'armonia, la composizione luminosa, l’immagine. Penso a Beuys, che raccoglie delle pietre e le scarica sul pavimento: non perché scelte in base a qualche criterio estetico, ma in quanto pietre e basta. Oppure a Rothko, con il suo imprigionare frammenti di luce dentro a una tela nera che li inghiotte».
Non abbiamo dunque scampo dal pensiero unico di una bellezza autoreferenziale?
«Non tutto è perduto, anche perché la bellezza si dà in molti modi. Non esiste infatti solo la visione occidentale di proporzione formale, la bellezza può essere anche ad esempio pensata come bellezza del gesto: nei giardini giapponesi l’idea è quella di intervenire senza che l’intervento si veda, lasciando che la natura faccia ciò che deve. Altre forme di bellezza non ossessiva si affacciano nella nostra esperienza quotidiana, penso al piacere che proviamo nel servire una cena come si deve, nel disporre i fiori nel vaso in un certo modo. Il bello ci seduce e ci guida sempre, anche se noi lo tradiamo di continuo».
(dall’intervista di Fabio Cutri a Sergio Givone – Corriere della Sera del 3 maggio 2008).

Ed ecco qualche mia considerazione.
La bellezza dev’essere mostrata, ostentata (nel senso di ‘ostensione’  e ‘di ‘osculum’ – bacio), della bellezza se ne devono fare dei poster immaginari da avere sempre davanti agli occhi.
“Devi creare delle belle sensazioni e renderle intense e creare delle sensazioni motivanti e renderle intense. Devi farti immagini grandi, grandissime, non delle stupide immaginette minuscole e indistinte. Quelle non sono buone basi di una vita motivata, e con delle buone basi puoi vivere una vita davvero forte.” (Richard Bandler).

Prima di andare avanti, una sosta, sempre nell’ambito della ‘bellezza’ (la scrittura, se tale – non come semplice movimento della mano – è essa stessa bellezza). È fuori tracciato, ma, heideggerianamente, porta, su “sentieri interrotti”, alla lichtung (la ‘radura’ dell’esistenza). Consideratelo un beau geste letterario – non certo l’unico.

Ci incontriamo agli angoli delle strade. Poi saliamo nelle stanze e chiudiamo le finestre. Spegniamo le luci e accendiamo le nostre passioni. Col forcipe dello spirito recidiamo le sbarre dell’anima e liberiamo i nostri corpi. Stiamo in silenzio. Nessuno sforzo. Notti di marzo…
Ci incontriamo negli autogrill. Poi ripartiamo e torniamo nelle nostre alcove. Scendiamo solo per accendere l’aurora. Circonfusi dei suoi raggi, ci incontriamo al buio di case ignote alla città – centrali, periferiche, ma sempre lontane dal cicaleccio urbano. Gridiamo. Con strazio. Albe di marzo…
I luoghi che attraversiamo, che ingoiamo, sono sempre più reali, nella loro cupa irrealtà quotidiana. Luoghi dell’anima in città senz’anima. Spazi muti tra suoni vuoti, angoli dello spirito in cucine del ventre. Lì pasteggiamo a pane e champagne. Bisbigliamo. Nessuno sfarzo. Mezzogiorni di marzo…
Apriamo le finestre alla luna, le chiudiamo al sole, ma cerchiamo la luce. A volte piangiamo, a volte ridiamo, a volte danziamo, ma la sapienza è sempre la nostra compagna. E da camerata spavalda ci dà gran pacche sulle spalle e buffetti sulle guance. Combattiamo. Senza ambasce. Sciamiamo. Senza angoscia. Filiamo la tela. Facciamo follie. Andiamo a folle. Giorno e Notte.
(dal mio Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo? – inedito)

Qualche altra citazione o selfie (auto-citazione):
Questi amanti incorporei s’incontrarono, un cielo nello sguardo, cielo dei cieli a ognuno il privilegio di contemplare gli occhi dell’altro. (Emily Dickinson)

«Sì, il primo attributo che Dio ha duplicato di sé nell’uomo è la bellezza. Essa riassume tutto: essere, divenire, libertà. La bellezza è apollinea – ossia, statica (se così si può dire) – ma anche dionisiaca, in movimento. E ci sono civiltà dionisiache e altre apollinee, come sosteneva Ruth Benedict, l’antropologa. E anche individui dionisiaci e apollinei. Ma anche né l’uno né l’altro. E così, non solo varia la concezione e l’applicazione del Bello, ma c’è chi ne è completamente all’oscuro. Al buio. Ma la Bellezza è luce! È mistica ed ebbrezza, suono e silenzio: la bellezza è lo specchio del divino. È la vera, inconfutabile, dimostrazione dell’esistenza di Dio! E qui ti cito, non solo Urs von Balthasar, ma pure il ‘tuo’ Jonathan Edwards. Detto papale papale – e qui il teutonico si sciolse in una risata mediterranea – la bellezza vivifica, la bruttezza deprime. La bellezza copre una moltitudine di peccati…»
Arianna, fino ad allora stupita al punto da rimanere inabissata nel silenzio più tombale, riemerse dall’avello, ruppe la guaina e, svelta, impugnata l’elsa, sfoderò il miglior doppio taglio (anche una bellezza sfolgorante).
«I primi cristiani mostravano la buona novella coi fatti. La bellezza doveva prendere il posto della bruttezza. Il buono era, di necessità virtù, bello. I cristiani apostolici e post ripristinavano, a parole e coi fatti, la bellezza, l’armonia, anche quando all’apparenza sembrava dissonante, dodecafonica. Guarivano le malattie e scacciavano gli spiriti. Tutti sintomi, lo si ammetta o no, della bruttezza. Combattevano gli ‘orchi’ con l’esorcismo (in seguito subentrarono le favole, oggi gli psichiatri e la tivvù). Lo psichiatra Scott Peck, bontà sua (o per bellezza), ha riscoperto il diavolo e l’esorcismo (non che fossero mai andati in pensione, specie il primo). Entrambi brutti, il primo a ‘vedersi’, il secondo a farsi. Ma quest’ultimo è un male necessario. Anche se da scacciare (il Male. Sì, inseguiamolo – visualizzazione creativa – fino a stancarlo e poi ammazziamolo. Oppure, finiamolo al primo colpo. Siamo o non siamo figli di Dio? Ma qualche volta occorre camminare al suo fianco, oppure osservarlo tranquillamente dalla propria ‘finestra’, come si guardano i passanti: prima o poi volterà l’angolo…).»
Arianna continuò per la sua strada. Voltò solo pagina.
«Il Brutto è dentro e fuori di noi. “Rimarrai tu sola. Bellezza è Verità. Verità è Bellezza…”»
 (Dal mio “Gocce di pioggia a Jericoacoara”

Sì, per dirla con John Keats, verità è bellezza. 
Chiudo con un passo di Céline citato nel film (Sorrentino me l’ha scippato – scherzo… – dal mio “Prendi la PNL con Spirito!”):
«Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. […] è dall’altra parte della vita»
Insomma, dalle beauty farm alla Beauty Form...

domenica 12 marzo 2017

UNA DIANA PER ELUANA – DISCO-MIX PER D.J. FABIO


 UNA DIANA PER ELUANA

DISCO-MIX PER D.J. FABIO

Dj Fabo. E poi lo scontro Salvini-De Magistris (ma a Napoli ben altri scontri). Questi alcuni degli ultimi argomenti di scontro, per non parlare degli “incontri”, più che altro liturgie della politica – e che dire del Berlusconi passero solitario l’8 marzo in McDonald’s?
Nello scontro tra i due demagoghi (nel bene e nel male) – il “lumbard” e “Napule è” – c’è forse la teofania e l’eutanasia della politica. Comunque c’è sangue: meglio di tanta pseudo-realpolitik utile solo a mascherare i problemi (come la demagogia di abbattere o costruire muri…). E i giovani, muri o non muri, scappano…
In ogni caso, bomba o non bomba, torno a bomba con un mio vecchio post, remixato. Che ben calza per farvi scalzare preconcetti e precotti: c’è bisogno di cibo fresco e aria nuova!
A proposito di bomba o non bomba (Venditti “cantat”): partirono in due – Salvini-De Magistris – ed erano abbastanza: un pianoforte e una chitarra e molta fantasia. E fu a Bologna che scoppiò la prima bomba, fra una festa e una piadina di periferia. E bomba o non bomba, noi arriveremo a Roma, malgrado voi...
Di marce su Roma ne sono state fatte; di uova marce ne sono state lanciate. E ora: avanti, march!

“Non tutti quelli che muoiono nascono anche…”
E neppure tutti quelli che nascono muoiono! Sì, in questi giorni, per parafrasare il titolo dell’opera di Nietzsche da cui ho tratto l’aforisma, molte sono state le ‘ombre’, pochi i ‘viandanti’ (naturalmente, sto parlando del caso ‘Eluana Englaro’).
Sì, molto ‘animo’, molta ‘animazione’, ma poca ‘anima’.
In ogni caso, meglio che niente, in questa ‘civilization’ dis-animata. Ma non voglio generalizzare, né fare il vittimista. Anzi, sono un inguaribile ottimista (ma non di quelli da ‘happy end’). E poi sono tutt’altro che un ‘moralista’ o un ‘castigatore di costumi’. Dio me ne guardi!
Sì, è innegabile, ci sono stati anche molti sprazzi di ‘kultur’, bagliori di civiltà. Sia dall’una sia dall’altra parte. E qualcuno ha suonato la campana (forse stonata).
Una diana per Eluana: così ho ‘titolato’ questo post. La diana, la sveglia... (ma ‘diana’ etimologicamente, è anche ‘dì’, giorno, luce, sole, ma anche luna…). Ed Eluana? Idem (el è radice ‘divina’ e – mi aggrappo a una liana... – lei era solare). 
Quindi, per Eluana, notte (la luna), ma anche giorno…

Ho detto della querelle. Luci e ombre…
E la mia posizione? Sul filo del rasoio, il rasoio di Ockham. “A parità di fattori la spiegazione più semplice tende ad essere quella esatta”. Ed è qui il problema: qual è la spiegazione più semplice? Da un lato: “sarebbe stata quella di far continuare a vivere Eluana: in questo modo, nessun grave problema morale, nessuna grossa discussione (se non fosse stata per la caparbietà di papà Beppino, pochi avrebbero sollevato il problema), nessun protocollo o ‘codice deontologico’….”
D’altro canto: c’è pure una dignità dell’essere umano… è vita quella che, sia pur con un minimo di funzioni vitali, è ridotta al lumicino e sembra solo un voler prolungare ciò cui la natura (o Dio) vorrebbe porre fine?”
I primi ‘grilli’ (o ‘cicale’) sarebbero gli ‘spirituali’, i secondi (sempre grilli e cicale, qualche ‘gatto’, qualche ‘volpe’, qualche ‘sciacallo’ – ma non mancano in nessuno dei due ‘schieramenti’) sarebbero i ‘materialisti’ naturalmente, entrambi con tutte le sfumature possibili: dai ‘radicali’ ai ‘possibilisti’.

Una krisis che ha tagliato trasversalmente (almeno in alcuni settori) schieramenti politici, ideologici e religiosi. Ecco – tanto per sfatare certe immagini di destra ‘codina’– un esempio di ‘destra’ non-conforme (la sinistra, si sa, salvo i teo-con, era più propensa alla soluzione ‘stacca-spina’).
Alessandra Colla, nel suo blog, esprime quest’opinione ‘radicale’ (ho colto solo un ‘tralcio’), ‘forte, da molti non condivisibile, ma portatrice di un suo ‘senso’:
“Chi è più materialista? Chi crede che la Vita sia consapevolezza, speranza, progetto, emozione — tutte cose che non appartengono più al povero grumo di cellule straziate che è ormai Eluana Englaro —, o chi crede che basti un mero insieme di funzioni fisico-chimiche a definire una “persona”? Chi riconosce all’individuo il valore immenso della dignità personale e del pudore di fronte alle miserie corporali; o chi denuda, fruga, invade un corpo come se fosse un lacerto di carne inidentificabile sul banco del macellaio?”
Io sono un po più sfumato: so che i nietzscheani puri abbraccerebbero tout court la tesi del blog de droite, ossia una ‘dolce morte’, in quanto ritenuta più degna, ma io, che colgo molto dal pensiero di Gesù, so pure che il ‘miracolo’ è possibile e che non bisogna lasciare mai nulla d’intentato.
Certo, Gesù in casi come questi – ma anche meno gravi (o addirittura – vedi Lazzaro – impossibili) – interveniva per guarire, ma su richiesta dei congiunti (anche del centurione), della madre, del padre… E poi, il ‘rinato’, era rigenerato in tutti i sensi: tornava, per quanto possibile, a una vita piena.
In questo caso, sinceramente, sono perplesso…

Sì, è vero, è spesso difficile definire il limite che separa ‘assistenza’ da ‘accanimento terapeutico’: è forse qui, prosaicamente, il vero problema – un po’ come il voler stabilire il momento in cui il ‘grumo di cellule’ – lembrione – diventa ‘persona’. Ed è certo questo il caso di Eluana (tralascio qui la questione ancor più ‘spinosa’ dell’eutanasia attiva); tuttavia, c’è anche un problema di vita degna di essere vissuta e di dignità del morire.
E citando proprio dalla Dignità del morire del famoso teologo ‘dissidente’ Hans Küng, non posso che unire il mio ‘filo’ al ‘colorato’ intreccio ‘kung-nicciano’:
“Non si può negare che l’essenza dell’uomo è il desiderio: l’uomo è un essere finito capace di un desiderio infinito, imperfetto, incompiuto mai sazio, che ricerca sempre, interminabilmente, all’infinito; trova e tuttavia torna a ricercare, conosce e tuttavia torna a dubitare, prova piacere e tuttavia resta insoddisfatto. «Ed ogni piacere vuole eternità, vuole profonda, profonda eternità!» (Nietzsche).

Sì, Eluana ha vissuto la sua fugace giovinezza con ‘desiderio’: un desiderio ‘infinito’ (come è tipico di quell’età) speso nelle cose ‘finite’ (ma che ne sappiamo noi della sua, eventuale, sottile brama di eternità, di ‘infinitezza’?). Perciò godi la vita ragazza! Sii felice finché sei ancora giovane. Fa’ tutto quello che ti piace e segui i desideri del tuo cuore, ma... non dimenticare il tuo Dio! (da Qoelet) 
L’aver lasciato che la natura (o Dio? Lui c’è sempre ‘dietro’, o in ogni luogo – anche quando si ‘traveste’ da Caso) facesse, non più ‘frenata’, il suo corso, forse, ha dato a Eluana – al suo ‘spirito’ (quello sì che è sempre vivo, ‘dinamico’, vivace!) – il piacere ‘sfrenato’ dell’eternità, della profonda eternità…
La diana è suonata, Eluana: ora sei sveglia!