BERLUSKONI’S KARMA
KISS KISS GOOD-BYE
Non ce l’ho fatta. Mi ero ripromesso di postare il prossimo articolo tra
una settimana, ma la foto di Berlusconi
solo soletto da McDonald’s il giorno della Festa della Donna mi ha troppo
intrigato. (http://www.larena.it/home/italia/una-spremuta-da-mc-donald-s-per-berlusconi-1.5547521)
Intrigo del potere (ex)? Post-verità? House of Cards? Berlusconi alla
frutta (o all’asta)? Namastè alè.
Ed eccovi, olè, freska freska, una rilettura, adattata ai tempi (ma siamo
lì), di un mio vecchio post sul Berluska: vecchio (il post, e anche Silvio), ma
sempre attuale.
P.S. A proposito del leopardato gattopardesco karmico caimano: Silvio, rimembri ancora quel tempo
della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e
fuggitivi, e tu, lieto e pensoso, il limitare di gioventù salivi?
E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non
allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti
nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in
vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori…
Fra nove minuti il Parker-Morris Building non ci sarà più.
Se hai abbastanza gelatina esplosiva e la spalmi ben bene sui pilastri delle
fondamenta di una costruzione, puoi tirar giù qualsiasi palazzo al mondo.
Prima la piccola
apocalisse (col botto) di Matteo 24,
poi il gel di Fight Club. Ma noi continuiamo
a pettinare le bambole...
Fermati attimo, sei bello! Cambiamo disco e con
Tricarico cantiamo: Venite bambini, venite
bambine e ditele che il mondo può essere diverso, tutto può cambiare, la vita
può cambiare e può diventare come la vorrai inventare. Ditele che il sole
nascerà anche d’inverno…
Ma intanto il Potere continua a drogarsi e drogarci: “Ti versi una bella riga sul dorso della mano. Ti porti la
mano al naso e la boccetta ti sfugge e va a cadere con nauseabonda precisione
nella tazza. Rimbalza una volta contro la porcellana, poi affonda con un tonfo insolente
che sembra il rumore prodotto da una grossissima trota per sputare una
minuscola esca finta accuratamente preparata.”
Da Berluska e Sky, passando per il Jay MacInerney di Le mille luci di New York e il 'trota' (ve lo ricordate il Bossi pischello neo-laureato
albanese?) di Le notti a Milano, per arrivare – ultima fermata? – a Noam Chomsky: e qui un
attimo di sospirata paresse, un
ritorno doce doce a quell’attenzione per il linguaggio che, ossessiva e radicale
per Heidegger, è scivolata alla sciattezza di oggi, da “posseduti” del
cellulare o da fantini di SUV ingrifati (“… dove ci sono le Range Rover non può esserci una
gran sete di conoscenza” – così albeggia, in attesa del ‘grande meriggio’, la
Grazia Verasani ‘noir’ di ‘Quo vadis, baby?’).
E poi c’è l’uomo ‘normale’: “aspirato dai suoi pensieri, dai
suoi ricordi, dai suoi desideri, dalle sue sensazioni, dalla bistecca che
mangia, dalla sigaretta che fuma, dall’amore che fa, dal bel tempo, dalla
pioggia, dall’albero vicino, dalla vettura che passa...” Questo è l’uomo
‘robot’ (ne parla Gurdjieff, ma un po’ tutti ne aspiriamo qualcosa…). E che
dire dei tanti pseudo-manager fuma-fuma (anche solo mamme o babbi che portano
il pargoletto a scuola) che impazzano per le strade sgommando come folli su SUV
ingrifati, quasi dovessero correre a chissà quale appuntamento ‘capitale’. Alla
fin fine tutti stressati (e non sto parlando dello stress positivo – l’eustress
– quello del primo bacio o della discesa su una pista di sci, e sei uno
sciatore provetto, ma del distress: quello che ti logora la vita, ti avvelena
l’anima e ti può condurre sul baratro).
Insomma, da una parte l’uomo robotico (moscio o agitato),
dall’altra l’uomo comatoso. Sì, lo so, certe cose ci sono sempre state (è nella
natura dell’uomo: un po’ in cielo un po’ a terra…), ma il tam tam dei
mass-media – puoi avere tutto subito (dal fast food al prestito su misura, fino
al fast love) e devi essere ‘così’ (tacco dodici o rasoterra, tutta-tette o
filiforme, grasso è bello…) – ha creato l’era dell’ansia: un continuo
mordi e fuggi alla ricerca di una soddisfazione effimera e un susseguirsi di
copia-e-incolla di modelli mass-mediatici belli ma impossibili. Dall’eccesso
d’informazione all’eccesso di attenzione: si è passati dall’epoca delle ‘grandi
narrazioni’ a quella del gossip. Basta cliccare e hai tutto in un attimo: qui
le ultime news dalla Kamchatka, lì un contatto face to face con il tuo compagno
di banco affacciato su Facebook. Ottimo, pure indispensabile, ma con questo
volere tutto, poco, maledetto e subito, abbiamo disimparato, non solo a fare i
calcoli a mente, ma a sbrogliarcela con le minime difficoltà quotidiane. Un
piccolo intoppo e… il mondo ci crolla addosso. Vediamo subito la montagna nella
sua immensità: abbiamo perso la capacità di riflettere, fermarci un attimo e
scomporre il problema nelle sue componenti più piccole, ognuna facilmente
risolvibile, oppure aggirarlo con uno stratagemma. Allora, perché non seguire
l’esempio dei cinesi? Se noi vediamo una lunga distanza nella sua interezza (il
che ci spaventa), loro, da sempre, sanno che mille miglia cominciano con un
solo passo.
(Da Che
cos'è la PNL. Come vincere ansia, fobie e dipendenze – Sovera Edizioni Roma)
Torniamo a Chomsky, il “mago della parola”: per molti anni la
sua fama è stata legata alle sue teorie linguistiche (che si opponevano allo
strutturalismo): la “linguistica trasformazionale” e la “grammatica
generativo-trasformazionale” – alla base anche delle teorie del linguaggio (“struttura
profonda”, “struttura superficiale”, “mappe del mondo”) della Programmazione
NeuroLinguistica (PNL).
Poi Chomsky si è allargato (ha approfondito il senso del
linguaggio, della langue, della parole. Anche a me accade, e
sembra talvolta che mi contraddica. Certo che mi
contraddico! Sono grande, contengo moltitudini... per dirla alla Whitman – scherzo... comunque sono
anch'io uno della setta dei poeti estinti)
e si è dedicato alla stigmatizzazione dell'imperialismo statunitense e alla critica della gestione politica dell'economia
e dell'informazione, diventando una sorta di star del contro-pensiero e
del pensiero antagonista, un nemico giurato del mainstream dominante,
insomma un guru dell’antisistema.
Ecco qui il “‘teorema”’ che Chomsky ha espresso sulla la
manipolazione dell’informazione, nella sue deriva più temibile: la disinformazione
(tra fake news e post-verità,
che, però, spesso, più che dai complottisti provengono da enti governativi – e “amici”
– e, talvolta, dagli stessi siti “antibufale” …).
Ecco qui riassunte le dieci “tavole” ‘osé’ di Noam (Chomsky – in the sky with diamonds. O nel mondo
senza Sky – non che le altre tivvù siano la bocca della verità), ossia le dieci regole della disinformazione, i dieci comandamenti del potere mediatico (un
po’ Orwell un po’ Huxley).
La prima norma è la "strategia
della distrazione". Dice
Chomsky: «Consiste nel deviare l'attenzione del pubblico dai problemi
importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche,
attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di
informazioni insignificanti. È anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi
alle conoscenze essenziali, nell'area della scienza, dell'economia, della
psicologia».
Seconda norma è quella che potremmo definire “falso problema/risposta demagogica”: «Si crea un problema, una ‘situazione’ prevista per
causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo
il mandante delle misure che si desidera far accettare. Ad esempio, si possono
lasciar dilagar la violenza urbana e i disordini sociali, oppure creare una
crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei
diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici».
Terza norma è la gradualizzazione
delle soluzioni politiche, e quindi «Per
far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col
contagocce, per anni consecutivi. È in questo modo che condizioni
socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i
decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà,
flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi
dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero
state applicate in una sola volta».
Quarta norma è quella dello spostamento nel tempo: «Un altro modo per far accettare una decisione impopolare
è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, questo dà più tempo
al pubblico per abituarsi all'idea del cambiamento e di accettarlo
rassegnato quando arriva il momento».
Quinta norma è il comunicare
ai cittadini come fossero bambini. «La
maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi,
argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte
vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o
un deficiente mentale. Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12
anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, questa tenderà, con una
certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso
critico: come quella di una persona di 12 anni o meno».
La sesta norma è quella che definirei "patemica". «Sfruttare l'emozione – afferma Chomsky – è una tecnica classica per provocare
un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico
dell'individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette di aprire la porta
d’accesso all'inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e
timori, compulsioni, o indurre comportamenti».
La settima, è la progettazione
e gestione di un'ignoranza diffusa. «La qualità dell'educazione data alle classi sociali
inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la
distanza creata dall'ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori
sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori».
E quest'ultima norma è legata a doppia mandata con l'ottava.
Quella che prevede che il pubblico mediatico si convinca che «è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti. E che questi
sono valori positivi e condivisibili».
La norma numero nove è quella del "senso di colpa", e quindi: «Far credere all’individuo che è soltanto
lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente
intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi
contro il sistema economico, l’individuo si auto-svaluta e s’incolpa, cosa
che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione
della sua azione. E senza azione non c’è ribaltamento né rivoluzione, non c'è
nessuna possibilità di cambiamento in senso democratico».
L’ultima norma, la numero dieci, è quella che possiamo definire
del
"doppio binario della conoscenza
scientifica". Per Chomsky il vero
potere consiste nel conoscere compiutamente i predicati psicobiologici del
pubblico (mediante gli assoluti progressi della biologia, della neurobiologia e
della psicologia applicata), e «poter confidare sul fatto che i cittadini
(scientificamente analfabeti) non siano in grado di conoscere sé stessi».
Insomma, per dirla con un Nicolás Gómez Dávila quanto mai stile Fight
Club: I Vangeli e il Manifesto del partito
comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla
pornografia.
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