TOP GUN
Vue de Droite
(parte seconda)
Molti
si cimentano sui social a parlare di politica – non c’è più la Destra, non c’è più la Sinistra… – ma non hanno la
più pallida idea di cosa siano (o fossero) veramente
la Destra e la Sinistra (meglio, le Destre e le
Sinistre). O perché troppo giovani (dovrebbero essere nati, preferibilmente,
negli anni ’40 e ’50 – è il ’68 il turning
point di tutto), o perché, pur avendo letto Evola o Lukács, non ne hanno
assorbito la Stimmung
(atmosfera) e la Einfühlung
(si sono immedesimati in loro), e non ne
hanno vissuto lo Zeitgeist (spirito del tempo).
Io, invece, che il ’68 (da noi, più che altro, il ’69 e il ’70) l’ho vissuto pienamente, lacrimogeni compresi, posso
parlarne a pieno titolo. E poi, lì, c’è stato l’incontro con un “uomo straordinario” (alla Gurdjieff), che – da una “terza posizione” – mi ha fatto “baciare” l’Oriente con il vero Occidente, e che, in una notte
intera – avulsa dagli studi universitari –, mi ha spiegato tutto “Così parlò
Zarathustra”…
Ciò premesso, tratto dal mio
“Gocce di
pioggia a Jericoacoara” (il romanzo da
“derviscio rotante”), ecco la seconda delle cinque puntate su Vue de Droite.
Lupus in fabula. Lupus eritematoso, coma assistito, noia
mortale, nausea. “E uccidemmo la noia annoiando la morte e vincemmo
soltanto cantando più forte. Ora siamo lontani siamo tutti vicini e lanciamo
nel cielo i nostri canti assassini.” ’Divina mania’, furore elitario,
guerra eraclitea, dionisismo pacificato dalla grazia apollinea del grande
stile. Che fico! E che sfascio…
Ma poi, Lorenzo – arriviamo al dunque – era veramente ‘fascio’ o
‘nazi’? C’era nel suo animo, l’aura, la Stimmung, lo spleen da ultimo
tango ariano alla Massimo Morsello, il cantore nero? (Lorenzo, a onor del
vero, preferiva Francesco De Gregori, Guccini e Claudio Lolli – e poi, negli
anni dell’immaginazione al potere, Massimo era poco più che un bambino).
E fin dove era ariano? “Sei
nazifascista?” “Quel che basta” rispondeva Drieu La
Rochelle. E Lorenzo? Quel che serviva per
dare sapore alla minestra…
Sì, è vero, lui voleva
opporsi alla ‘deriva plebea’, far terra bruciata tutt’intorno al milieu petit-bourgeois (e ai suoi
‘fuochi fatui’), ma la nicciana ‘razza dei signori’ di cui tanto parlava era solo
questione di ‘qualità’, non di ‘catalogo’: a Lorenzo non interessavano colore
della pelle, moneta, titoli… Se ne fregava! A lui bastava l’onore. In lui
urgeva l’Übermensch nicciano (e stavano nascendo il ‘terzo uomo’ di
Giorgio Locchi e il transumanista dei
suoi epigoni), colui che sa che ‘Dio è morto’ (ma Cristo stava per bussare alla
porta) e de-cide, di conseguenza, di forgiarsi da sé il proprio destino. Social-aristocratico, per così dire (un
po’ sorcio, un po’ aristogatto, per essere più precisi). E poi, quanto a
ortodossia, non era nemmeno un ‘Testimone di Evola’ doc! Con tutti quei suoi
sconfinamenti rock e beat… Ed è pur vero che Julius aveva avuto i suoi
trascorsi dadà.
Dudù
e cocò a passi di tango. Ma lui amava il rock (e gli scrittori e poeti
beat). Lorenzo on the road: tra Jack Kerouac e Jack
Frusciante. Doveva
andare e non fermarsi finché non era arrivato: Andare dove? Non lo sapeva, ma
doveva andare… Eppure
era realista, voleva l’impossibile. Ed era ben ‘collocato’: convitato di pietra
tra Allen Ginsberg ed Ezra Pound, americani contro, intento come loro a
fumare pensieri alternativi e marijuana d’ordinanza al suono dei Fab Four di
Liverpool. E a sfiorare (solo sfiorare…) il ben più deflorante LSD, alla
Timothy Leary e alla Ernst Jünger (lasciamo nell’armadietto l’etere dell’Evola
pischello). Ma lui era più per Jack Kerouac, specie (l’avrebbe capito dopo)
quello di: “Io non avrei scritto nulla di Gesù? …tutto ciò su cui scrivo è
Gesù.”
Sì, anche Lorenzo era on
the road, come quei due bei tomi dreamers che fanno l’autostop fino in California alla ricerca di un
qualcosa che non riescono a trovare veramente. Per poi perdersi on the road e tornare ingloriosamente
indietro – back home – con la
speranza di trovare qualcos’altro…
“Eccolo qui tutto adunato insieme, questo secolo del reale e del
conoscere, in cui lo spirito ha creato la statistica e l’analisi dell’orina, in
cui la tabella trionfava e la creazione sprofondava…” Lorenzo era, in definitiva, un enfant
du siècle (malgré Gottfried
Benn). Nondimeno, avvertiva nel profondo la crisi dell'uomo moderno (come G. B.).
Di qui il suo vagabondaggio intellettuale, la sua recherche. Anche USA e
UK. Woodstock e Isola di White. Bianco e Nero. USA e jet (più che altro,
autostop). Sunset boulevard e route six six six (poi sarebbe passato a Sunset @ Cafe Del
Mar). Ragazzo selvaggio alla Burroughs, chitarra e bandiera in mano, warrior, Lorenzo (dalle bande nere)
voleva diventare artefice e padrone del suo destino. Alla ricerca del ‘paradiso
possibile’.
“Paradise
now”. “L’immaginazione al potere”, “siamo realisti, vogliamo l’impossibile”,
“dimenticate ciò che avete imparato, cominciate a sognare!” Affascinato dalla gioventù ribelle,
immaginifico futurista alla Marinetti, trans-idealista e trans-esistenzialista
alla Evola, situazionista alla Debord, in attesa di diventare transumanista…
Questo il succo del Wikipedia-tour giro-girotondo intorno a Lorenzo, sempre in
fase d’implementazione. D’altronde, il nostro voleva degustare tutto, ingoiare
cucchiaio e città… Swallow: la controcultura giovanile, la beat
generation, i concerti rock. Wow: le
droghe allucinogene (ma solo in sogno) per “aprire
le porte della percezione.” Sogno e realtà. Doors. Apri quella porta… Fantasia e ragione. A magical mystery tour.
“Vedo
la realtà e mi chiedo: perché? Sogno l’impossibile e mi chiedo: perché no?” Come Bob
Kennedy, anche Lorenzo sognava. Un po’ Martin Luther King, un po’ King Crimson.
Sognatore alla corte del ‘re cremisi’. The ‘dreamer’ (anche un po’ alla Bertolucci, ma lui
era per Ultimo tango a Parigi – quello
sì che era Marlon Brando…), alla ricerca spasmodica del graal della purezza
ancestrale, della lancia di Longino da brandire, delle sempre fresche fonti
della sacralità e del vitalismo. Giovinezza, giovinezza. Da blandire (e vecchiaia da
bandire). Come Drieu La Rochelle, “il suo
spirito era abituato a confrontare la vecchiezza di oggi, che si dibatte con
scosse secche e nervose, alla giovinezza creatrice con le sue armonie calme e
piene.”
In disagio sì, ma sempre impiedi, a galla. Non affondato nel
mare giallo del terrorismo black-block, o cullato dalle stagnanti acque – mar
morto – del nichilismo senza speranza. Lui era per la vita, anche salata, per
il vivere pericolosamente (almeno in
teoria. Quanto ai fatti, è un’altra
storia). Ma con stile. Per dirla alla Anna K. Valerio – una young angry woman dei giorni nostri – “i
fascismi spalancarono praticamente, e
non solo per sistemi filosofici, le possibilità di un mondo, di una vita, di un
universo di là dal bene e dal male. Un universo extramorale, tutto sangue e
stile. Mirarono a opporre il sangue e lo stile – il sangue che, nella razza, è
già stile; lo stile che, nell’eugenetica, o nel contegno delle SS, tende alla
vita, perché vuol fare più bella la vita – al bene e al male. Mirarono a
opporre la voluttà di egemonia, di eccellenza, il mantice del mito, al
condizionamento cristiano dell’innocenza, al feticcio della esistenza
individuale: i tripudi dell’orda alle emozioni del singolo, la grandiosità alla
meschinità, nell’impassibilità della grande passione.”
E così, tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria
– pensò il nostro in un ‘ascesso’ alla Camus – la creazione è la vera libertà,
il più umile e il più fiero sforzo umano. E lui era un creativo. Alternativo.
Pieno di humus (e humour). Ma non di tritolo. Ed era riuscito a non farsi
adescare dal richiamo delle sirene del velinismo sanbabilino o pariolino tutto
ray-ban e stivaletto a punta (con un’eccezione per i jeans Fiorucci), né dal
razzismo più bieco, dall’antisemitismo logoro e liso o dall’anticomunismo
viscerale. Lorenzo cercava un’autentica Scienza dello Spirito (non le SS – ma
lo Spirito Santo, quello sì. In ogni caso, lo aspettava, più prosaicamente,
Scienza delle Costruzioni). Voleva andare oltre l’iconostasi che vela lo spazio
sacro. Veleggiava verso mete più lontane. E più alte. Un’odissea apparentemente
senza fine.