martedì 9 marzo 2021

ELOGIO DELLA PARESSE Prima parte

 

ELOGIO DELLA PARESSE

Prima parte

Reach out and touch faith
Your own personal Jesus
Someone to hear your prayers
Someone who cares
Your own personal Jesus
Someone to hear your prayers
Someone who's there

Coach, coachee, counselor, counselee, traine.

Terapeuta, mentore, cliente, paziente… Nomen est numen.

Esistono tanti tipi di coach, di coachee e tanti tipi di coaching. Così per il counseling. Sguardo in avanti, sguardo inietro. Tante le strategie possibili… ma l’alveo (la PNL e ‘associati’), sia pur grande è unico. A ognuno il suo personal Jesus…

Nondimeno, un programma terapeutico, o comunque ‘strategico’, per quanto personalizzato, ha dei punti fissi, che vado da oltre un decennio disseminando nel blog – e nei miei libri – e che possono essere articolati in tanti ‘passi’ (come p. es. nel programma terapeutico dei ‘diciotto passi’ di Cloé Madanes).

Solo per indicare una traccia, accenno a un possibile percorso (do solo alcuni ‘passi’):

·      il primo passo consiste nell’ascolto empatico del problema

·      il secondo passo, nella riformulazione del problema in vista del cambiamento possibile

·      il terzo passo, nel riconoscimento dei propri errori

·      successivamente: miglioramento del proprio equilibrio, delle relazioni interpersonali, individuazione delle attese, formulazione degli obiettivi, “sentiero dell’eroe”… (ricerca di nuove mete, ricerca di senso).

Potrei andare avanti – c’è per esempio la versione ‘cristiana’ del counseling (counseling biblico, counseling nouthetico, discipleship counseling) –, ma un attacco di paresse mi adagia su uno st(r)ato alfa.

Uno, due, tre… Sempre più su: beta, theta, delta… Torno alle mie Gocce di pioggia a Jericoacoara e mi faccio bagnare dalla pioggia dannunziana (a voi solo qualche ‘goccia’, ma l’effetto sarà dilavante).

Lorenzo aprì la bocca, ma uno sbadiglio virato male soffocò la prevista debordante risposta (positiva) e lo sciabordio delle onde settembrine fecero il resto (nel frattempo si ributtò come un falco sull’’ariana’ – non Arianna – Anna K. Valerio, con cui avrebbe volentieri fatto ‘pasto comune’, anche se aveva affermato, la ri-balda neopagana, che i cristiani non fanno sul serio, la loro è proprio la religione dell’elusione e della menzogna.” Per poi riscattarsi, sempre sullo stesso ‘mirabile’ blog, con: “Il Cantico, come certe sublimi effusioni delle mistiche cristiane … è un inno al Divino, più che al Dio cui Paolo di Tarso assegnò lineamenti ‘nosocomiali’. E resta con ciò, del giudeo-cristianesimo, una ‘eresia’  taciuta.”).

«A cuccia, coachee!»

Galatea si alzò un attimo e puntò il dito contro Lorenzo (con l’altra mano continuava a giocherellare con la rosa-croce – un più intersecato, barrato, da una x – appesa sfrontatamente al collo piacevolmente modì).

«Che?» (non quello del ‘diario della motocicletta’: Guevara, questo sì che era un must per Lorenzo – calmo sì, ma sempre rivoluzionario. “Une passion pour El Che ”, di Jean Cau, lo aveva fatto entrare nei suoi ranghi.)

«Sì, coachee, cliente del coach. Io sono una coach, una life coach. Meglio, una peak performance coach. Un po’ caucciù un po’ babà. Dolce e duttile, ma anche dura se necessario. Sì, mio caro Alì Babà… Dolce, ma mai da gabbare. Un gabbiano…» 

Galatea spiccò il volo (col pesciolino in bocca – quello appeso al collo di Lorenzo: anche questo, ma svogliatamente, modì).

«Coach, termine di moda, fico, modaiolo, trendy, ma operativo, efficace, ficcante. Eccome... Dai, Lorenzo, so che con te si può parlare alto e profondo. Tu sì che puoi mangiare la mela e non metterti poi la foglia di fico. Seguimi, che t’insegno qualcosa. Da cliente ti farò mio partner…» 

Passò al dunque. Cominciò a snocciolare ‘arachidi’ e ‘ciliegine’. Vari assaggini per saggiare il ‘grande saggio’ (così lo chiamava, per sfotterlo).

«Mettiti bello comodo. Meglio riesci a rilassarti, meglio sei capace di operare. Dopo di che registra tutto quello che ti dirò. Apri i cassetti della memoria e poi, a giochi fatti, non chiuderli a chiave.» 

Lorenzo obbedì e Galatea, la romanina (romanaccia d’origine – trasteverina doc –, poi toscanaccia d’adozione, ora ‘ubiqua’), dopo averlo addolcito con un bacio alla nocciola, aprì la sua cassaforte e tirò fuori le prime ‘perle’ (coltivate). 

«Se vuoi star bene e partire ogni giorno col piede giusto, per prima cosa copia e incolla i tuoi pensieri positivi, duplicali e ripetili più volte che puoi: in questo modo potrai maneggiare la mente, cioè la base operativa di ogni tua azione. Questo come premessa. Poi fa’ qualcosa di bizzarro: rompe la routine e t’induce a pensare che la realtà è quella che tu decidi, non quella che ti viene imposta dall’esterno. E sii sciolto, libero, sfacciato… Se ti trovi a disagio, in imbarazzo, emozionato, mentre sei ‘coinvolto’ con chi ti è di fronte, respira dentro di te la sua presenza; inspirala con piacere, con voluttà, e rilassati poi nell’espirarla; e ripeti, insisti, finché non ti senti a tuo agio con lui (meglio, con una ‘lei’: con questo sistema andrai forte all’attacco della ‘preda’…). È un modo pratico per incominciare a imparare a gestire i tuoi stati d'animo E non ho finito. Vedo che con me sei a tuo agio, per cui ti clicco un’altra chicca (parlava un po’ come Gaia!). Questa è davvero chic: Trasforma il ‘voglio’ in ‘dare’, ossia fa’ finta di dar via la cosa che vuoi, fingi di non farci caso, che non t’interessa. Dalla indietro, non accettarla, restituiscila. Ma solo virtualmente. Accadrà invece che, non solo sarà tua, ma l’avrai oltre ogni misura. Comprendi il senso, viziosetto caro? Il ‘voglio’ indica una mancanza, il dare significa abbondanza (al che Lorenzo si ricordò del detto evangelico: “Cerca prima il Regno e avrai ogni altra cosa…“).»  

P.S. Tra un paio di giorni, la seconda parte.

 


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