venerdì 28 gennaio 2011

RUBY OR NOT RUBY

 RUBY OR NOT RUBY

Ruby, Iris
RIS – CSI 
El Condor Pasa


“Tu sapessi che cosa è Roma! Tutta vizio e sole, croste e luce: un popolo invasato dalla gioia di vivere, dall’esibizionismo e dalla sensualità contagiosi, che riempie le periferie... Sono perduto qui in mezzo.” Parole (corsare) di Pasolini, incartate e spedite – si era nel 1952 all’amico Giacinto Spagnoletti. E Milano? Tutta vizio e nebbia… No, c’è anche virtù solare e vizio polare: “Siate caldi oppure freddi: ma i tiepidi li vomiterò nella Geenna.” (dall’Apocalisse di Giovanni). L’importante è parlare o tacere. 
Silenzio ‘certosino’ o loquela alla san Martino… (e la chiamano estate!). A quando la primavera? Tutto tace (il nemico ascolta): «La prima regola del fight club è che non si parla del fight club.» «La seconda regola del fight club» grida Tyler, «è che non si parla del fight club.»
E di Arcore? Eyes wide shut. E di Palazzo Grazioli? Deo gratias. Non poi tanto gratis, visti i bonifici (boni, bone…). Eppure, gratia nisi gratis gratia non est.

Revelation! Era giunto in quella fase dell’esistenza, variabile per ciascuno, in cui l’essere umano si abbandona al suo dèmone o al suo genio, segue una legge misteriosa che gli ingiunge di distruggere o superare se stesso. Potremmo parlare sempre con la Yourcenar delle "Memorie di Adrianodi Mishima o La visione del vuoto”, per quanto sta accadendo in questo harakiri quotidiano (pura cacca, senza bagliori di eroismo e sciccheria iki o da merde d'artiste salvo quel po’, o popò, di erotismo da attimo fuggente, e sfuggente, di Ruby e Iris); ma solo perché questi temi hanno toccato, per dirla alla san Paolo, le altitudines satanae. Peggio, le bassezze di una platitude senza pari. Non solo petite mort (quella dell'extase à deux), ma morte tout court (alla Lele Mora). O tempora o mores...

Eppure, circola tanta bellezza. E tanta spregiudicatezza. Degna però di miglior causa. Anche dietro l’apparente parresia (sfrontatezza) e lo ‘stomaco’ (oltre che il petto – e non vado avanti...) della vispa Nicole, spunta il sole malato di un’incombente infelicità ("...sta roba è una roba che ti rovina la vita, ti rovina i rapporti, ti logora... devi avere un pelo sullo stomaco come una casa...). Ciò giustifica il Mishima di: "Sia la tua bellezza perfetta quanto la tua infelicità".
Nondimeno, mi vien voglia di gridare, con lo Joe Strummer dei mitici Clash: “Rivolta bianca… voglio ribellarmi. Rivolta bianca… una rivolta che sia mia. Tutto il potere nelle mani di gente abbastanza ricca per comprarselo, mentre noi camminiamo per strada, troppo polli anche solo per provarci. Prendi il controllo o prendi ordini? Vai indietro o vai avanti?”
Bianca, nera, rossa… purché ci sia una svolta ‘ideale’.

Il giornale dice che la polizia non ha indizi validi. Bande giovanili o alieni provenienti dallo spazio, chiunque sia stato avrebbe potuto lasciarci le penne aggrappato ai davanzali con sacchi di bombolette di vernice nera. Tanti Fight Club per quanti “Turning Point Club” si possano creare, specie tra i giovani. Sì, tanti punti di svolta per evitare che si arrivi al “Punto di Non-Ritorno”.
TPC vs PNR. Non è questo il nostro Destino! Quando scegliamo il nostro dio, scegliamo un modo di vedere l’universo. Ci sono tante divinità. Scegliamo la nostra. Il dio che adoriamo è il dio che ci meritiamo. E anche l’amore che ci meritiamo. Per dirla col mitico (nel vero senso del termine) Joseph Campbell: Se ciò che chiamate Amore è solo lussuria, quello è soltanto uno stato, che può estinguersi. L’Amore, invece, non muore. 
O amores o mores…

“Io giro attorno a Dio, alla Torre antichissima giro da mille secoli, e ignoro tuttavia se sono un falco, un turbine, oppure un grande canto.” (Rainer Maria Rilke).
Canto del cigno. Il Superuomo, nonostante i bunga-bunga, le boogie nights e i riti tantrici da tantum verde o da OTO di kubrikiana (o danbrowniana) memoria, è ancora là da venire.
Adda passà ‘a nuttata!
Per dirla con le parole-stralcio di un mio libro inedito (e in corso di scrittura):
«L’Übermensch deve essere qualcosa di realmente (e non solo idealmente) nuovo rispetto alla vecchia concezione di uomo, anche il più perfettibile. È una rottura indispensabile, un salto di livello necessario da quando la ‘morte di Dio’ (eppure ora sta rinascendo urbi et orbi – ma è ancora in fasce) ha determinato una situazione del tutto nuova nel cursus historiae dell’umanità: per la prima volta (almeno in senso così generalizzato) l’uomo sente esclusivamente sulle sue spalle la responsabilità assoluta, definitiva, del proprio destino futuro, con la possibilità di autodeterminarsi consapevolmente. Per il Superuomo tale peso sarà leggero: potrà conciliare fisica e metafisica, autodeterminazione e tensione (e trazione) verso (e da) l’Alto. Insomma, si uscirà dalla notte in cui tutte le vacche sono nere, ma non per entrare nel giorno in cui tutte le gabbie sono aperte… Per dirla tutta, l’umanità non sta evolvendo verso qualcosa di migliore o di più elevato. Oscilla tra la fatica di Sisifo e il supplizio di Tantalo: scivola giù e pensa di volare…
Ma volare non vuol dire con-correre con il progresso (al limite si può ‘cavalcare la tigre’ – che poi tigre non è, semmai un gatto con gli stivali, ma senza l’happy end di Perrault). Occorre, invece, ‘re-gredire’, ma per fare questo dobbiamo ‘trans-gredire’: così avremo il vero ‘pro-gredire’. Il ‘progresso’, per come è ‘modernamente’ inteso, ha i suoi ben noti limiti (c’è, anzi, chi ne nega il valore tout court – nondimeno, in molti settori la valenza del ‘moderno’ c’è, eccome: ma non è ‘circolare’, per cui dopo un po’ si ferma, si atrofizza, comincia a puzzare….). Non siamo, nell’essenza, migliori dell’uomo rinascimentale (ma non sempre vale il detto: ai miei tempi…). Un po’ ha prevalso la forza, un po’ lo spirito. D’ora in poi saremo spirito e carne insieme. Si dice: i deboli hanno più spirito… E noi dobbiamo essere forti, ma non bruti. Siamo uomini, non animali! Dobbiamo essere leoni nello spirito, anche se ci manca la loro forza (ma crescerà: cercate prima il bosco e poi, in una buca, troverete il tesoro…).
Dobbiamo far convivere ribellismo e gerarchia, l’anarca e il miles. La virilità spirituale (ma lo Spirito, la Ruah, è femmina…) e la vocazione eroica, una volta ‘risuscitate’ – per farci uomini e donne ‘nuovi’ – saranno recuperate e interiorizzate fino a generare i nostri propri riflessi quotidiani. Allora lo specchio offuscato sarà infranto, il robot curerà solo le nostre azioni rutinarie, quelle ‘basse’ o indispensabili, e il nostro pensiero tornerà a essere l’Idea delle Alte Sfere… Ricordiamoci: non è tanto il nostro DNA che determina ciò che siamo (semmai, il ‘sangue’…), quanto ciò in cui crediamo e, in particolare, ciò che crediamo di noi.  E soprattutto, ciò che l’Alto vede in noi!»

Così in alto così in basso. Chioso con uno stralcio dal mio Prendi la PNL con Spirito!

Le esperienze delle vette.
Hai iniziato un percorso strategico verso il Peak State attraverso la ‘via’ della PNL (e non solo), che stai qui percorrendo (e che ti servirà come traccia per ulteriori sentieri che batterai partendo da questa mia ‘mappa’ – oltre che ‘surfeggiando’ sulle onde del Web: a proposito …‘cavalca’ anche il mio blog Dal caos la stella danzante). E leggi nunc et semper. Ma ricorda: “un libro che non abbia Dio, o l’assenza di Dio, come protagonista clandestino, è privo d’interesse.” (Nicolás Gomez Dávila)
E sei a buon punto. Ma stai andando anche oltre: Ti stai ‘aprendo’ al transpersonale e allo spirituale: avrai così delle prime, temporanee, esperienze di vetta (o delle vette). Successivamente, con un ‘lavoro’ su di te (ma sempre senza ‘fatica’: diciamo uno sforzo delicato…), questa esperienza saltuaria potrà diventare una tua acquisizione permanente. Potrai cioè ‘entrare’ e ‘uscire’ a tuo piacimento dall’esperienza di vetta, per rientrare nello stato ‘normale’ (“esperienza di pianura”, per così dire). In pratica, allo stesso modo con cui puoi gestire i tuoi stati emozionali con il click della mano destra e della mano sinistra. Addirittura, ‘creandoti’ dei tuoi personali ‘click’ in occasione delle tue esperienze delle vette (quando sei al culmine dell’esperienza fa’ un particolare gesto per te inusuale), potrai ‘entrare’ in quello “stato alterato di coscienza” semplicemente facendo ‘click’…
Non sto qui ad approfondire l’argomento, ma a parte il metodo del ‘click’ (che se fai un buon ‘allenamento’ dovrebbe portarti – ma ci vuole costanza, fede e conoscenza – a gestire, non solo gli “stati emozionali”, ma quelli “transpersonali”), in diverse ‘scuole’ (parlo di quelle valide) s’insegna agli ‘allievi’ a come passare dagli stati ‘grossolani’ di veglia a quelli ‘sottili’, fino a quelli ‘causali’ (come il nirvana).
È interessante notare che, per una sorta di “effetto cascata”, ‘risonanza’ o “campo morfico”, quanto maggiore è il numero dei praticanti che si applicano al raggiungimento dell’esperienza delle vette, tanto più questi ‘stati’ (o ‘stadi’) si stabilizzano – cioè diventano comuni – tra gli stessi praticanti. E cosa più interessante, queste esperienze ‘trascendentali’ diventano facilmente raggiungibili, anche inconsapevolmente, dal resto della persone. È come se si fosse tracciato uno specifico “sentiero morfogenetico” su cui, come attratti da una forza misteriosa (un flauto magico?), si avviano sempre più ‘cercatori’: in questo modo queste esperienze transpersonali, da ‘particolari’ tendono poi a generalizzarsi. È un po’ quello che è avvenuto riguardo al computer: è vero che l’utilizzo ora è più facilitato e che ormai il pc è un must, anzi necessario come il pane (che invece si mangia sempre meno…), ma, dato l’utilizzo sempre più diffuso, è come se si fosse creato una sorta di rete ‘specchio’ e di “atmosfera facilitante diffusa”, per cui imparare a usare il computer è diventato, anche per i bambini, ‘naturale’ e scontato come respirare…

Esercizio (l’infinito e il nulla)
Entra in ‘situazione’, ossia nella solita posizione ‘preparatoria’ (ti basterà fare il ‘click’ destro)… chiudi gli occhi, fa’ qualche respiro profondo che ti aiuti a lasciar ‘evaporare’ i pensieri… e a dirigere la tua attenzione all’interno di te.
Torna con la mente a quando eri un bambino… Sentiti coccolato, circondato di affetto…
Sentiti sempre più quel bambino! Soffermati su ogni particolare ed entra in quella creatura… entra nelle sensazioni, nelle vibrazioni, nel contatto fisico, a fior di pelle, underskin… sentiti avvolto, avviluppato, compenetrato d’amore e di gioia…. cullato, trastullato, titillato, ‘spalmato’ d’amore!
Sentiti amato, vezzeggiato, desiderato… Lasciati pervadere da quest’amore materno…
Torna ora con la mente a quando eri un giovanotto pieno di speranze, appassionato, ardente…
Sentiti coccolato, circondato di affetto, amore, passione, brama… Sentiti sempre più quel giovanotto focoso! Soffermati su ogni particolare ed entra in quella creatura…
entra nelle sensazioni, nelle vibrazioni, nel contatto fisico, a fior di pelle, underskin… sentiti avvolto, avviluppato, compenetrato d’amore, di gioia, di ebbrezza…. cullato, trastullato, titillato, ‘inebriato’ d’amore!
Sentiti amato, desiderato, bramato… Lasciati pervadere da quest’amore erotico…
Immagina ora di essere nel mezzo della Natura, al centro di un gruppo di persone di ogni età, razza, condizione sociale…
Tra di loro riconosci tanti volti noti: persone che ti amano di amore fraterno, materno, filiale… altre ti bramano con passione ardente…
Sono tutti lì per te, solo per te: ti sorridono, ti abbracciano, ti trasmettono cura, attenzione, amore, passione, energia... Sei in un cerchio d’amore...
Il cerchio si allarga: piante, animali, pietre… Tutta la natura effonde e t’infonde amore, passione, energia, forza, conoscenza, sapienza…
Il cerchio si allarga a tutta la terra, a tutto il cosmo, a tutto il creato.
Si allarga all’infinito e poi si stringe all’improvviso attorno a te inondandoti di energia…
Tu sei il cosmo, tu sei un puntino… Sei un punto pieno di energia infinita!

mercoledì 19 gennaio 2011

BUNGA JUMPING


BUNGA JUMPING
Tra gang bang, bingo e gong 

“Sarà il Progetto Caos a salvare il mondo. Un’era glaciale culturale. Un secolo buio prematuramente indotto. Il Progetto Caos obbligherà l’umanità a entrare in catalessi o in fase di remissione il tempo necessario alla Terra per riprendersi.”  
Parole da Fight Club. Sì, è arrivato il tempo di preparare, di corsa, un anti-progetto contro l’era glaciale contemporanea (tale è nonostante gli apparenti bollori – ma sono solo flatulenze e miasmi premortem… altro che i fremiti della petite mort. Sentiamo solo starnazzamenti da ‘bolliti’ con la sindrome di Dorian Gray. Ma il ritratto vero sta uscendo fuori. Dopo di che il pediluvio. O la fossa). Ecco quel che ci vuole, necesse est: un anti-progetto contro il progetto ‘cosmetico’ che pretende (e finge: la Grande Parodia) di restaurare la fuggitiva giovinezza con punture di bunga-bunga, di giocate al bingo e di binge-eating di sesso mordi e fuggi, da nani e ballerine, tra bang-bang e gang-bang di news per mentecatti mentali. E non si venga a parlare, per dar dignità all’Olgiatella (giusto! L’orgiatella era nella malmaison vicina, quella con l’alta sorveglianza all’ingresso e papi e pupi al palo delle pupe da peep-show), non si venga a parlare, sottolineo, dei Kennedy e magari – ma manca la cultura di base…  – di Malaparte e della sua Capri (e degli sfizi omo dei Krupp). O di d’Annunzio. Un po’ d’igiene mentale (oltre che dentale), perbacco! D’altronde, ci sarà pure un’igienista mentale – o dentale – in giro… Non c’è solo Arcore e le sue dentiere.
“Quanta povertà, quanta avarizia è nelle vostre anime, voi uomini! Fango è nel fondo della loro anima… Certo, costoro sono astinenti: ma la cagna sensualità guarda con invidia da tutto quanto essi fanno. Lussuria mascherata da compassione.” Non per questo bisogna abbandonare o trascurare l’eros e la bellezza. Jamais! C’è il tempo per l’eros e quello per l’ethos (ma possono coincidere), c’è il tempo per l’erotismo e per la castità. Omnia munda mundis. Si vada a leggere Margherita Porete, la mistica par excellence, e capirete.
“Forse che vi consiglio di uccidere i vostri sensi? Io vi consiglio l’innocenza dei sensi...”
Ed è pur vero che nella modernità – l’epoca dell’analisi dell’urina – tutto è in funzione del denaro, la mammona dalle mammelle sempre gonfie (per i dritti – per gli ‘sfigati’, secondo la vulgata dell’Olgiatella’, le mammelle sono rinsecchite – questione di silicone, di protesi? O di mani lunghe e bave fuoriuscenti come lava da dentiere fumanti?). Sì, questa è l'epoca dell'urina e della merde il denaro, lo sterco di satana, il simbolo, per Simmel (e non solo – si veda l’Ezra Pound antiusura), della riduzione dei valori quantitativi in qualitativi.
“Tutto quello che hai amato ti respinge o muore. Tutto quello che hai creato sarà gettato via. Tutto quello di cui sei orgoglioso finirà in immondizia.”
Ermeneutica della finitudine o macrobiotica dell’abisso? D’altronde, «“I Vangeli e il Manifesto del partito comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia.”» Tutto questo come premessa… Il ‘corpo’? Un commento ruby (nel senso di ruba-mente) e post-bungabunga di Chris Hedges che mette al palo (quello della cuccagna) tutta una serie di considerazione in-attuali (l’ho scippato a ComeDonChisciotte). Questo sì che è un bungee-jumping.

Due grandi rappresentazioni di un futuro scenario distopico furono “1984” di George Orwell e “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley. Il dibattito, tra coloro che supponevano si stesse andando incontro al totalitarismo corporativo, si incentrava su chi dei due avesse ragione. Saremmo stati, come scriveva Orwell, dominati da repressivi apparati di stato per la sorveglianza e la sicurezza che ricorrevano a forme di controllo dure e violente? Oppure, come immaginava Huxley, ipnotizzati da divertimenti e spettacoli, ammaliati dalla tecnologia e sedotti da consumi sregolati per raggiungere la nostra stessa oppressione? Alla fine sia Orwell, sia Huxley avevano ragione. Huxley aveva previsto il primo stadio della nostra riduzione in schiavitù, Orwell il secondo.
Siamo stati gradualmente espropriati dei nostri diritti da uno stato corporativo che, come previsto da Huxley, ci ha sedotti e manipolati attraverso gratificazione dei sensi, prodotti di massa a buon prezzo, credito sconfinato, teatro della politica e divertimento. Mentre ci distraevamo con intrattenimenti, le regole che prima tenevano sotto controllo il potere predatorio delle corporazioni sono state annientate, le leggi che prima ci tutelavano sono state riscritte e ci siamo ritrovati impoveriti.
Ora che il credito si sta prosciugando, i buoni posti di lavoro per la classe operaia sono finiti per sempre e non ci possiamo più permettere i prodotti di massa, ci ritroviamo trasportati da “Il nuovo mondo” a “1984”. Lo stato, menomato da forti deficit, da una guerra senza fine e dagli atti illeciti delle corporazioni, sta scivolando verso la bancarotta. È tempo che il Grande Fratello sorpassi l’universo di Huxley. Stiamo passando da una società in cui veniamo astutamente manipolati da legami ed illusioni ad una in cui siamo apertamente controllati.
Orwell ci metteva in guardia rispetto ad un mondo in cui i libri vengono banditi, mentre Huxley uno in cui nessuno legge libri. Orwell descriveva uno stato di guerra e paura permanenti, Huxley una cultura deviata dal piacere insulso. Orwell dipingeva uno stato in cui conversazioni e pensieri vengono monitorati e il dissenso viene brutalmente punito; Huxley uno stato in cui la popolazione concentrata su banalità e gossip, non si preoccupa più di informarsi e di conoscere la verità. Orwell ci vedeva terrorizzati fino alla sottomissione, Huxley sedotti fino alla sottomissione. Ma la visione di Huxley, stiamo scoprendo, non era che il preludio a quella di Orwell. Huxley aveva capito il processo attraverso il quale noi stessi saremmo stati complici della nostra riduzione in schiavitù. Orwell aveva compreso la schiavitù. Ora che il colpo delle corporazioni è fatto, restiamo nudi ed indifesi. Stiamo iniziando a capire, come aveva intuito Karl Marx, che il capitalismo selvaggio e senza regole è una forza brutale e rivoluzionaria che sfrutta gli esseri umani e le risorse naturali fino all’esaurimento o al collasso.
“Il partito ha solo sete di potere,” scriveva Orwell in “1984.” “Non siamo interessati al bene degli altri; siamo interessati esclusivamente al potere. Non ricchezza, lusso, lunga vita o felicità: solo il puro potere. Cosa significa puro potere, lo comprenderete ora. Siamo diversi rispetto a tutte le oligarchie del passato, perché sappiamo quello che stiamo facendo. Tutti gli altri, persino quelli che ci assomigliavano, erano ipocriti e codardi. I nazisti tedeschi e i comunisti russi si avvicinavano molto a noi nei metodi, ma non ebbero mai il coraggio di riconoscere i veri motivi che li spingevano ad agire. Essi pretendevano, forse persino credevano, di essersi impadroniti del potere di mala voglia e per un tempo limitato, e che appena dietro l’angolo ci fosse un paradiso in cui gli esseri umani sarebbero stati liberi ed uguali. Noi non siamo così. Noi sappiamo che nessuno ottiene il potere con l’intenzione di abbandonarlo. Il potere non è un mezzo; è il fine. Nessuno instaura una dittatura per salvaguardare una rivoluzione; si fa la rivoluzione per stabilire la dittatura. L’oggetto della persecuzione è la persecuzione. L’oggetto della torta è la tortura. L’oggetto del potere è il potere.”
Nel totalitarismo invertito, le sofisticate tecnologie del controllo corporativo, l’intimidazione e la manipolazione di massa, che superano di gran lunga quelli impiegati dai precedenti totalitarismi, sono effettivamente mascherati dallo scintillio, il rumore e l’abbondanza della società consumistica. La partecipazione politica e le libertà civili decadono gradualmente. Lo stato corporativo, nascondendosi dietro la cortina fumogena dell’industria delle public relation, dell’intrattenimento e dell’appariscente materialismo di una società consumistica, ci divora dall’interno. Non deve fedeltà né a noi, né alla nazione. Banchetta con la nostra carcassa.
Lo stato corporativo non trova la propria espressione in un demagogo o in un leader carismatico. Si definisce per l’anonimato delle sue corporazioni senza volto. Corporazioni, che assoldano rappresentanti attraenti come Barack Obama, controllano la scienza, la tecnologia, l’educazione e la comunicazione di massa. Controllano i messaggi nei film e nella televisione e, così come in “Il mondo nuovo”, usano strumenti di comunicazione per sostenere la tirannia. I nostri sistemi di comunicazione di massa, come scrive Wolin, “bloccano, eliminano tutto ciò che può introdurre qualificazione, ambiguità o dialogo, tutto ciò che rischia di indebolire o mettere in crisi la forza olistica della loro creazione nella sua espressione totale”
Il risultato è un sistema di informazione monocromatico. Celebrità allineate, mascherandosi da giornalisti, esperti e specialisti, identificano i nostri problemi e illustrano pazientemente i parametri. Tutti quelli che esprimono opinioni diverse rispetto ai parametri imposti vengono messi da parte in quanto irrilevanti spostati, estremisti o esponenti della sinistra radicale. Sociologi prescienti, come Ralph Nader e Noam Chomsky, vengono messi a tacere. Le opinioni accettabili vanno da A a B. La cultura, sotto il controllo di questi personaggi allineati, diventa, come Huxley aveva evidenziato, un mondo di allegro conformismo e di sconfinato, e infine fatale, ottimismo.
Ci impegniamo ad acquistare prodotti che promettono di trasformare le nostre vite, renderci più attraenti, sicuri di noi stessi o capaci di collezionare successi, mentre invece veniamo continuamente privati dei nostri diritti, del nostro denaro e della nostra influenza. Tutti i messaggi che ci arrivano, sia dalle news della notte o dai talk show come quello di Oprah Winfrey, promettono un futuro felice e meraviglioso. E questo, come sottolinea Wolin, è “la stessa ideologia che induce i funzionari delle corporazioni a esagerare i profitti e celare le perdite, ma sempre con un’espressione solare.” Siamo stati ipnotizzati, come scrive Wolin “da continui progressi tecnologici” che “ci incoraggiano ad elaborare fantasie di valore individuale, eterna giovinezza, bellezza ottenuta tramite chirurgia, azioni misurate in nanosecondi: una cultura illusoria del controllo e delle sempre crescenti possibilità, i cui esponenti lavorano di fantasia, poiché la vasta maggioranza ha una fervida immaginazione, ma ben scarse conoscenze scientifiche”.
La nostra base produttiva è stata distrutta. Speculatori e imbroglioni hanno saccheggiato le finanze statunitensi e rubato miliardi ai piccoli risparmiatori che avevano accantonato denaro per la pensione o il college. Le libertà civili, compreso l’habeas corpus (norma giudiziaria del diritto inglese e nord-americano, per la quale l'arrestato deve immediatamente comparire davanti al giudice perché questi decida sulla validità dell'arresto e sulla possibilità della sua scarcerazione dietro cauzione) e la protezione dalle intercettazioni telefoniche non autorizzate, sono spariti. I servizi basilari, compresa l’educazione pubblica e la sanità, sono stati trasferiti alle corporazioni affinché ne traggano profitto. I pochi che dissentono, che rifiutano di lasciarsi coinvolgere nell’allegro discorso corporativo, vengono additati dall’establishment corporativo come stravaganti.
Opinioni e caratteri sono stati astutamente costruiti dallo stato corporativo, come per gli influenzabili personaggi di Huxley in “Il nuovo mondo”. Il protagonista del libro, Bernard Marx, si rivolge frustrato alla fidanzata Lenina, chiedendole: “Non vorresti essere libera, Lenina?” “Non capisco cosa intendi. Sono libera, libera di spassarmela. Tutti sono felici al giorno d’oggi.” Rise, “Si, ‘Tutti sono felici al giorno d’oggi’ Questo lasciamo ai figli. Ma non vorresti essere libera di essere felice in qualche altro modo, Lenina? Alla tua maniera, per esempio; non come tutti gli altri.” “Non capisco cosa intendi,” ripeté.
La facciata si sta sgretolando. Sempre più persone si rendono conto di essere state usate e derubate, stiamo scivolando da “Il mondo nuovo” di Huxley al “1984” di Orwell. L’opinione pubblica, ad un certo punto, si troverà a fronteggiare realtà molto spiacevoli. I lavori ben pagati non torneranno. I grandi deficit nella storia dell’uomo significano che siamo intrappolati in un sistema di lavoro forzato a risarcimento di un debito che lo stato corporativo utilizzerà per sradicare le vestigia della tutela sociale per i cittadini, compresa l’assistenza sociale. Lo stato è passato dalla democrazia capitalistica al neofeudalesimo. E quando queste verità diventeranno palesi, la rabbia sostituirà l’allegro conformismo imposto dallo stato corporativo. La desolazione dei nostri portafogli postindustriali, con 40 milioni di americani che vivono in povertà e altri 10 milioni in uno stato di “semipovertà”, abbinata all’assenza di credito per salvare le famiglie dalle ipoteche, dal reimpossessamento delle banche e dalla bancarotta dovuta ai costi del sistema sanitario, significano che il totalitarismo invertito non potrà funzionare per molto.
Viviamo sempre più nell’Oceania di Orwell piuttosto che nello Stato Mondiale di Huxley. Osama Bin Laden ricopre il ruolo di Emmanuel Goldstein in “1984”. Goldstein, nel romanzo, è la faccia pubblica del terrore. Le sue macchinazioni diaboliche e le azioni clandestine di violenza dominano i tg della sera. L’immagine di Goldstein appare quotidianamente sugli schermi televisivi di Oceania in quanto parte del quotidiano rituale nazionale “due minuti di odio”. E senza l’intervento dello stato, Goldstein, così come Bin Laden, vi ucciderà. Tutti gli eccessi sono giustificati nella lotta titanica contro il male personificato.
“Non sarai mai più in grado di provare sentimenti umani,” dice il suo aguzzino a Winston Smith in “1984”. “È tutto morto dentro di te. Non sarai più capace di amare, di provare amicizia, gioia di vivere, allegria, curiosità, coraggio o integrità morale. Sarai svuotato. Potremmo strizzarti e riempirti di noi stessi”
Il nodo scorsoio si sta stringendo. L’era del divertimento sta per essere sostituita da quella della repressione. Decine di milioni di cittadini hanno avuto mail e telefoni controllati dal governo. Siamo i cittadini più monitorati e spiati della storia. Molti di noi vengono ripresi nella loro routine quotidiana da dozzine di telecamere di sicurezza. Le nostre inclinazioni e abitudini vengono registrate su Internet. I nostri profili vengono generati in modalità elettronica. I nostri corpi vengono perquisiti in aeroporto e filmati da scanner. Annunci nei locali pubblici, carte di circolazione, cartelli alle fermate dei mezzi pubblici ci invitano continuamente a denunciare attività sospette. Il nemico è ovunque.
Chi non si conforma con i dettami della guerra al terrore, una guerra che, come notava Orwell, è infinita, viene brutalmente messo a tacere. Le misure di sicurezza draconiane impiegate per sedare le proteste durante il G20 a Pittsburgh e Toronto erano completamente sproporzionate rispetto al livello delle attività in strada. Ma hanno lanciato un messaggio chiaro – NON PROVATECI. Le azioni dell’FBI mirate nei confronti di attivisti palestinesi contrari alla guerra, nelle cui case di Minneapolis e Chicago hanno fatto irruzione gli agenti a fine settembre, sono un presagio di ciò che accadrà a chiunque oserà sfidare la Neolingua ufficiale dello stato. Gli agenti – la nostra Psicopolizia – hanno sequestrato telefoni, computer e altri effetti personali. Sono stati emessi mandati di comparizione per 26 persone che dovranno presentarsi davanti al Grand Jury. Questi mandati di comparizione si rifanno a una legge federale che vieta di “fornire materiale o risorse di supporto a quelle definite come organizzazioni terroristiche straniere”. Il terrore, anche per coloro che non ne sono minimamente coinvolti, diventa il corpo contundente con cui il Grande Fratello ci protegge da noi stessi. “Inizi a vedere, ora, quale mondo stiamo realizzando?” scriveva Orwell. “È esattamente l’opposto della stupida edonistica Utopia che immaginavano i vecchi riformatori. Un mondo di paura, slealtà e tortura, in cui si calpesta e si viene calpestati, un mondo che, nel ridefinirsi, non diminuisce, bensì accresce la propria spietatezza.”
Oggi il mondo è pieno di miserabili e la loro angoscia non ha più nessun senso. La nostra epoca d’altronde è un’epoca di misera senz’arte; una cosa penosa. L’uomo è nudo, spogliato di tutto, anche della fede in se stesso” – infuria Céline. «Questo è il nostro mondo, adesso, il nostro mondo» dice Tyler, «e quella gente antica è morta.» E vai con il Fight Club…
Timidi brillii del Satya Yuga, metallici ultimi rintocchi del Kaly Yuga. Crepuscolo degli Dei…


lunedì 10 gennaio 2011

HEREAFTER


HEREAFTER

Qui nell’eternità

Hereafter: il futuro è già qui (ma coinvolge il passato). Alla debolezza del presente si contrappone la fermezza di un passato fatto di frammenti incollati dal Mito e dalla (Grande) Storia e di un futuro evanescente solidificato dalla speranza del Successo.
Succedaneo del vero successo – cioè della realizzazione (comprensione consapevole e compimento funzionale) – il vivere “qui e ora”, per come viene spacciato nella Grande Parodia della massificante e debordante (anche alla Guy Debord) società dello spettacolo (società da calendario o da analisi dell’urina…), è solo un melenso e sciapo surrogato  di quello che è il vero “qui e adesso”, ossia l’eternizzazione già su questa terra del nostro esser-ci nei nostri ambiti quotidiani e nel nostro libro delle ore. Ad horas...
“Questo e nient’altro è la vita: la vita è piacere. Alla malora le angosce. È breve il tempo per vivere. Presto, il vino, le danze, le corone di fiori, le donne. Voglio star bene oggi, giacché è oscuro il domani.” Le parole di Pallada, poeta alessandrino, una delle ultime voci pagane – non solo Ipazia – non ancora soffocate dal rumore dei passi dell’avanzante medioevo (quello buio), evoca le voci di dentro, sfocate, spolpate, ma ancora non soffocate dal vociare della metropoli. Voce – quella della vita è piacere. Alla malora le angosce. È breve il tempo per vivere. Presto, il vino le donne. Voglio star bene oggi… apparentemente consonante con l’evanescenza del vanitas vanitatum dell’odierna platitude oppiata e dopata di tronisti e veline al prozac (ma non voglio fare di tutta l’erba un fascio – c’è anche vita sul palcoscenico, talvolta più che nelle cucine, nei salotti e nelle sagrestie).
«E senza dubbio il nostro tempo ... preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere ... Ciò che per esso è sacro non è che l’illusione, ma ciò che è profano è la verità. Anzi, ai suoi occhi il sacro aumenta man mano che decresce la verità e che cresce l’illusione, tanto che per esso il colmo dell’illusione è anche il colmo del sacro (Feuerbach)
Il mistero, il mistico, il mix di sacro e profano, come nel film del sempre più rouge-noir (o noir-rouge) Clint Eastwood (padre di Kyle – mentre scrivo le mie oreilles sorseggiano il suo Iwo Jima dopo essersi impregnate, volo pindarico ma non troppo, del Trouble Man di Marvin Gaye) realizzano la trascendenza dell’uomo e l’immanenza del divino, ovvero quella sinergia polifonica e multiplex che conduce alla scoperta, al dis-velamento, dell’altro, dell’Altro e dell’Alto. Così in alto così in basso. De profundis te clamo.
Hereafter: già qui è il dopo. Il Deus absconditus (l’En Soph della Kabbalah – Madonna permettendo – ma Lady Gaga spinge…) è la radice e il motore di ogni nostra libertà e di ogni nostra scoperta (inventio, dispositio, expositio). Sì, il Deus sive Natura (nel senso che impregna e ‘sostiene’ ogni ‘pieno’ e ogni ‘vuoto’), un Dio transpersonale che si rende immanente, ‘personale’ (e intrapersonale, oltre che, ovviamente, interpersonale), sia che si creda nella sua esistenza e/o presenza sia che si agisca ‘come se’ (esistesse: come nella ‘scommessa’ di Pascal), è ciò che fa sì che il nostro agire possa travalicare i limiti dell’ordinarietà, della consuetudine e della mediocrità. Naturalmente parlo di un approccio ‘personale’, vis à vis, come quello tra amici e, più intimo, tra amanti. Un dia-logo tra un Io (anche con la maiuscola) e Dio (anche con la minuscola). E non parlo di una relazione (re-ligio) fatta di obblighi, costrizioni, legalismi, lacci e laccioli, ma di ‘liberazione’, ‘intuizione’, ‘captazione’ e ‘impregnazione’ di una Presenza (super – una Supermind per un Übermensch…) per far sì che il nostro deserta non cresca.
Sì, Dio è morto. Ma è morto il Dio della nostra idea tradizionale di Dio: Dio muore come Padre per ritrovarsi dialetticamente come Figlio (ossia, passa dalla ‘lontananza’ del Dio ‘after’ alla ‘prossimità’ del Dio ‘here). “Veniamo a Gesù perché il Dio che abbiamo trovato al di fuori di lui è una specie di nemico assente che non ci rende possibile pensare o vivere come vorremmo, cioè come cristiani.” W. Hamilton – uno dei teologi teorici della Morte di Dio“). È, quindi, sempre un Dio super-essenziale (Kether, la 'corona eccelsa' della Kabbalah), ma la sua Shekinah, la sua presenza (e sub-essenza: la sua sub-stantia, sostanza; la sua parousia, che attualizza l'ousia), è qui tra noi, pronta a essere colta, anzi ‘rapinata’ (il Regno è di chi se lo prende con forza…  –  così è scritto nei Vangeli). E soprattutto, è dentro di noi: attende solo che ‘scaviamo’ (ma è sufficiente un attimo… –  stop con scavi analitici, e psico-analitici) e scopriamo la perla. Tutto questo, nella consapevolezza (sempre con Hamilton) che “la vita cristiana non è un’aspirazione, un’attesa, ma un andare verso il mondo”. D’altronde, “solo il cristiano può pronunciare la parola liberatrice della morte di Dio, perché solo il cristiano è morto in Cristo al regno trascendente del sacro…" (T. Altizer – altro teologo della Morte di Dio).
Dio è morto, ma il suo spirito vive (in noi)…  Prendila con Spirito! A proposito di libri (non solo di PNL, nella mia versione), mi piace iniziare l’anno con uno stralcio ‘spirituale’ dal mio romanzo in prossima (libera) uscita (anche l’editore mi ha lasciato libero – nemmeno un taglio o una glossa. Ma glissiamoci sopra…).  
«Agganciamoci a Margherita Porete, primo anello della catena del Movimento del Libero Spirito… – Massimo attraccò alla sua sponda preferita (l’ultima spiaggia): “L’uomo in questa vita può diventare impeccabile e quindi non può più progredire … A questo grado di perfezione, non ha più bisogno di fare penitenza e di pregare, permettendosi invece di fare tutto…” Un uomo capace di reinventarsi ogni giorno, che trasgredisce le frontiere, agisce comunicando, che fa sempre un ulteriore passo, che ama senza limitazioni, incondizionatamente, ma con un libero spirito, in ogni caso con una sua eticità. Insomma, non più all’insegna dell’agostiniano e sciatto: “ama e fai quel che vuoi”, ma di un: “ama come si deve e farai quel che devi” (l’ultima, si fa per dire, della ‘librettista’ iki-eros-bushido). Ma non solo il ‘cultro’, non voglio infierire, talvolta ci vuole il colpo di flabello: “l’etica è la carità più le leggi del traffico” (ossia, tradotto alla Vattimo, se ami il tuo prossimo e lo rispetti, e lui idem con te, non c’è motivo di porgli limiti o interferire nella sua sfera di libertà, con la scusa di presunte leggi divine o naturali. Basta il buon senso: la legge dell’Amore incisa nei cuori). E ancora, sempre dietro a Margherita, la ‘maestra’ (faustiana? No. Con la frusta? Sì, il flabello, ma flagellante): Non è tenuto ad obbedire ad alcuno, neppure alla Chiesa, perché là dove c’è il Signore, c’è la libertà … Egli gode in questa vita la stessa beatitudine di quella futura … Ogni natura razionale è beata di per se stessa e non ha bisogno del lumen gloriae per elevarsi alla contemplazione di Dio … L’anima perfetta non è tenuta alla pratica delle virtù … Far l’amore senza affetto è peccato, ma con affetto non è peccato.»
«Ok. Ma stiamo attenti alle ultime due… Con juicio! (Lorenzo, in fondo, andava sempre coi piedi di piombo. Anche se poi volava.)»
«Dai, non fare il bigotto, il beghino… Begin the beguine! Quel che vale è l’idea di fondo, quella che dobbiamo ‘spingere’ (compelle intrare) e spargere: che tutti noi siamo scintille del Fuoco divino. Che Dio opera in noi, il Cristo nasce, cresce – e mai muore – in noi. Dio è amore. Ama e fa’ ciò che vuoi. Do what you want. Ubi Spiritus Domini, ibi libertas...»
Amore nobilitato. L’anima, lo spirito, le sensazioni che si fanno corpo. Beau soleil, feu sacré. Esplorazione di territori, alla ricerca dell’arca perduta… Dio lontano-vicino. Dio che vincola la Sua potenza nell’azione alla Sua relazione con la creatura prediletta (quella ‘nata di nuovo’ – ma tutti lo possono… e devono). L’anima annientata che diviene il passaggio da cui ‘filtra’ (e s’infiltra) Dio per entrare, stare e restare in questo mondo…      
«“Sei venuto per mescere il mio vino? Ma il vino con cui mi ubriaco è invisibile”, canta Rumi, anima libera ed ebbra! “Anima dimentica e ubriaca, ma molto ubriaca, ma più che ubriaca… di ciò che non ha bevuto né berrà mai!” E dai… È giunto il momento di vivere la vita piena! – Lorenzo alzò il bicchiere al cielo (il soffitto. E poi, invece del vino invisibile, del prosecco ben in vista. E vide che era cosa buona…). Libiam nei lieti calici, che la bellezza infiora. E la fuggevol ora s’inebri di voluttà. Libiamo nei dolci fremiti che suscita l’amore…»
Siate tutti caldi oppure freddi: i tiepidi li vomiterò nella Geenna… Fuoco e fiamme. Fou rire. Passione, esplosione dei sentimenti, botto dell’anima. Forza interiore e rivolta. Il risvolto? “Quel Nietzsche mi ha distrutto…” (così Heidegger), ma Cristo mi ricostruisce. Sì, se Dio è morto, almeno c’è rimasto Cristo… (così parlò De André, anche lui agnostico).
Christ with us! La stanza si fece cielo. Cominciò a piovere. Poche gocce, poi scrosci. Acqua di sopra, acqua di sotto. Un’inondazione dello Spirito. L’appartamento, tutto invaso. Massimo chiuse la porta (Lorenzo se n’era dimenticato). Ma Cristo la riaprì…
E l’arca scivolò lentamente in acqua.