ROUGE et NOIR
SESSANTOTTO
RIVE GAUCHE e RIVE DROITE
Fresca fresca. Ho avuto modo, feisbucando, di
(ri)tirare in ballo il Sessantotto. Ed ecco, dancing in the dark, uno stralcio sul pezzo dal mio pazzo (anche pozzo
– di san Patrizio) Gocce di pioggia a Jericoacoara.
”Meglio
essere un delinquente che un borghese”
aveva dichiarato lapidariamente il giovane Ernst Jünger. Prima pietra. La
seconda: “…e mentre io guardo la tua
pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro
mi rugge.” Conclusione (foscoliana. Ai limiti del fosco, e del
bosco): si svegliò guerriero. E
Lorenzo, leopardato e jeopardized, iniziò
a tirare le pietre (e non era brutto…).
Fu lì e allora – nella Firenze post-alluvione (ma in pieno
diluvio da turning-point esistenzial-planetario) – che, smessi gli inamidati
abiti da borghese piccolo piccolo, acceso dai sinistri fuochi di Lotta
Continua, destreggiandosi a piedi nudi sui carboni ardenti di Lotta di
Popolo, Lorenzo-mix sessantottino, fascio
e martello, fiamma e celtica, Sturm und Drang, scacciò,
drag-king, il pulviscolo terra-terra. Dopo di che, (re)suscitato
l’anarco-esistenzialista jüngeriano (e dintorni), da sempre accovacciato alla
porta del suo animo – rebel, free lance, nemico della società del caos
organizzato –, gettò via la maschera pirandelliana e indossò quella, tragica,
di Mishima. Lui voleva avere
‘stomaco’, voleva essere saldo e
valoroso. Soprattutto, vigoroso. Lorenzo voleva volare…
Alea iacta
est. Spada (e arco) in
mano e lancia (e clava) in resta (con in testa il martello degli dèi – lo
zeppeliano The hammer of the gods ), il ‘baldo’, da imbolsito e
zeppoloso che era, si scremò e, screaming,
iniziò a confessare baldanzosamente a destra e a manca i suoi
peccatucci borghesi. Quindi, lasciata la strada maestra (ma presa quella magistra), sospinto da questo fresco
‘mistral’ – che aveva spazzato via scirocco e smog –, raggiunse senza battere
ciglio il burrone. I tempi per il salto (e il saluto) ‘fascista’ (sia pure
sessantottino) erano maturi. Nuovi profumi, nuovi finimenti. E non c’era solo
Marte (o Odino), ma anche Hermes. Nuovi
profumi.
Lorenzo si buttò.
“Col compiersi
del mio sviluppo, si acutizzarono in me l’insofferenza per la vita normale alla
quale ero tornato, il senso dell’inconsistenza e della vanità degli scopi che
normalmente impegnano le attività umane. In modo confuso ma intenso, si
manifestava il congenito impulso alla trascendenza.” Frattali e frattaglie. Mentre a
Berkeley, a Parigi, nelle stesse Firenze e Pisa, quando non infuriava la
battaglia c’era per lo meno l’odore acre delle scaramucce (e di molotov e
lacrimogeni), Lorenzo, chiuso – blindato – nella sua stanza (la pensione per
studenti – i suoi si sarebbero trasferiti a Firenze da lì a poco), s’incartava
cercando invano (indArno) di scacciare le mosche che gli si
appiccicavano addosso.
Aveva scartato l’inessenziale, ma
l’essenza latitava (troppi i ‘buchi’ dell’anima da riempire). Tanto più la sua
vocazione. Solo presunta. Continuava a sbattere come un lattante la testa
contro la finestra chiusa (fosse stato donna, contro il soffitto di
cristallo, se non di marmo), nella speranza di raggiungere una
realtà che non riusciva ad afferrare. Per dirla con Baudrillard, era come
una mosca di fronte ad un vetro.
“C’è un tempo per costruire e un tempo per
vivere e generare. E un tempo perché il vento rompa il vetro sconnesso…” Finché ci riuscì (a infrangere la
vetrata, senza spiaccicarvisi sopra). Uscito dall’impasse con l’aiuto (il vento) di Julius Evola e del suo congenito
impulso alla trascendenza (e di Thomas Eliot e i suoi Quattro Quartetti).
Il filosofo maledetto (Julius) – il nichilista aristo-creativo, il ‘barone
nero’, il no-global ante-litteram che non dispiace a Max Cacciari il
filo-lagunare – lo aveva aiutato, col suo bastone, a uscire dal gregge belante
per entrare nel branco ululante. Fuori dal recinto maleodorante per introdursi,
nottetempo, nella selva oscura, il bosco prêt à porter da sradicare e
portarsi appresso, come un giovane Jünger ribelle (quello che piace pure a
Roberto Saviano, l’anti-camorra/gomorra).
Quinto:
uccidi il padre e la madre. Lorenzo: il giovane novizio da iniziare alla vera vita, allontanato dalla madre (non
solo quella biologica, ma anche quella ‘social-borghese’) per essere condotto
nella ‘foresta’, per ivi morire e rinascere (simbolicamente e nei fatti). Eden
pagano scippato agli dèi. Pagato a caro prezzo. E senza usura, alla Ezra Pound
(e con Jerry Rubin, e gli altri beat e radical west coast, a dettare i nuovi ‘comandamenti’). Hashish e mirra contro ogni camarilla. Cameratescamente. Giardino
inaccessibile, intorno a cui ruggiva il leone e in cui strisciava, sbuffando,
il leviatano, un po’ biscione, un po’ caimano (Berluska era ancora di là da
venire).
“Non verso Nord o verso Sud, né Est né Ovest, ma verso l’Alto...” Tra due pesi (e misure), ma
imponderabile. I tre fili – quello bianco, la pulsione ascendente; il rosso, la
tendenza espansiva; quello nero, la pulsione discendente – fittamente
intrecciati. Pronti a slacciarsi. E a diventare uno. Fili lunghi, ma resistenti. Dacci un taglio! Lorenzo,
il filosofo da srotolare… Senza misura: un po’ global un po’ no; figlio
naturale degli hippies e, hip-hop, della droite barricadera. In the cut.
Lui era per l’et-et più che per l’aut-aut. Ma non per questo si era fermato. Con il suo vel vel era andato oltre il velo (anzi,
l’aveva stracciato). Al seguito di Péguy e Sorel era andato oltre. Al di là
della serra riscaldata del conservatorismo spicciolo e del perbenismo borghese.
Ma non era un ultrà. Evaso dalle
gabbie della vita non vissuta, mercificata, aveva percorso, sulle tracce
dell’ombroso Heidegger (non solo Jünger), gli Holzwege, i ‘sentieri del
bosco’, i sentieri interrotti, che, pure, portano alla Lichtung, la
‘radura’ dell’esistenza autentica. Un sentiero luminoso per
Lorenzo, in cerca di lumi.
Parto cesareo del ’68, il Lorenzo-matricola. Levatrici: Sartre, Reich,
Burroughs, ma anche Evola, Spengler, Jünger. Due tris in attesa del poker (poi
sarebbe venuta la scala reale). Svezzato,
a giochi (laurea) fatti, col pensiero antiglobale di Toni Negri e, manco a
dirlo, con le dritte di Alain De Benoist. E la sua rottura
epistemologica con la destra cadente. Lui cercava nuovi astri, oltre lo
star-system. Figlio del Sole, non meno che delle stelle. Solare, stellare,
lunatico. Anarca e Miles (gloriosus), Davide e Golia (di Jonathan manco a
parlarne). Oltre le antinomie ‘destra-sinistra’, ‘conservazione-rivoluzione’,
‘hippy-yuppy’, alla ricerca di una sintesi originale. Che tardava a nascere…
Epos ai confini dell’eros, questo il suo antidoto contro la banalità del
quotidiano. Kulturkampf esistenziale.
Progettualità viva piuttosto che memoria morta (e corta). Voleva andare avanti
voltandosi, di tanto in tanto, indietro. Tantum verde e tantra nero. Tramonto
dell’Occidente, alba dell’Oriente (non quello massonico, ma il messianico). Con
Guénon, Aurobindo e Coomaraswamy a offrirgli mammelle sempre gonfie di latte. E
Mishima pronto a dargli il suo mantello (e il pugnale).
Lorenzo: cuore nero, mente rossa, spirito viola. Grillo parlante.
Ma anche cicala. E farfalla. Un po’ grullo (grillino ex ante? Ai posteri
l’ardua sentenza…). Ingenuo, alla latina (in-gens:
gentilizio, ma alla buona). Nobile di umili origini, povero di spirito.
E si sa, i poveri di spirito sono il
regno dei cieli. Spirituale, subsonico, individualista anarchico. Nero,
rosso, un po’ verde (bossiano ex ante? Finiano, piuttosto, a latere, sia di Gianfranco sia di Massimo): questo, in sintesi,
Lorenzo l’ambidestro, futuro e libertà, il
pastore-guru risvegliatosi dall’’ipnosi cristallizzata’ dell’uomo comune, il
poeta Pound & Kerouac di una
nuova mistica e di un nuovo mito. Pieno di devozione verso tutto ciò che è
nobile, con la vocazione a guardare lontano e a volare alto. Pronto a far dei
polli delle aquile, delle pecore lupi…
Lupus in fabula. Lupus eritematoso, coma assistito, noia
mortale, nausea. “E uccidemmo la noia annoiando la morte e vincemmo
soltanto cantando più forte. Ora siamo lontani siamo tutti vicini e lanciamo
nel cielo i nostri canti assassini.” ’Divina mania’, furore elitario,
guerra eraclitea, dionisismo pacificato dalla grazia apollinea del grande
stile. Che fico! E che sfascio…
Ma poi, Lorenzo – arriviamo al dunque – era veramente ‘fascio’ o
‘nazi’? C’era nel suo animo, l’aura, la Stimmung, lo spleen da ultimo
tango ariano alla Massimo Morsello, il cantore nero? (Lorenzo, a onor del
vero, preferiva Francesco De Gregori, Guccini e Claudio Lolli – e poi, negli
anni dell’immaginazione al potere, Massimo era poco più che un bambino).
E fin dove era ariano? “Sei
nazifascista?” “Quel che basta” rispondeva Drieu La
Rochelle. E Lorenzo? Quel che serviva per
dare sapore alla minestra…
Sì, è vero, lui
voleva opporsi alla ‘deriva plebea’, far terra bruciata tutt’intorno al milieu petit-bourgeois (e ai suoi
‘fuochi fatui’), ma la nicciana ‘razza dei signori’ di cui tanto parlava era solo
questione di ‘qualità’, non di ‘catalogo’: a Lorenzo non interessavano colore
della pelle, moneta, titoli… Se ne fregava! A lui bastava l’onore. In lui
urgeva l’Übermensch nicciano (e stavano nascendo il ‘terzo uomo’ di
Giorgio Locchi e il transumanista dei
suoi epigoni), colui che sa che ‘Dio è morto’ (ma Cristo stava per bussare alla
porta) e de-cide, di conseguenza, di forgiarsi da sé il proprio destino. Social-aristocratico, per così dire (un
po’ sorcio, un po’ aristogatto, per essere più precisi). E poi, quanto a
ortodossia, non era nemmeno un ‘Testimone di Evola’ doc! Con tutti quei suoi
sconfinamenti rock e beat… Ed è pur vero che Julius aveva avuto i suoi trascorsi
dadà.
Dudù e cocò a passi di tango. Ma lui amava il rock (e gli scrittori
e poeti beat). Lorenzo on the road: tra Jack Kerouac e Jack
Frusciante. Doveva
andare e non fermarsi finché non era arrivato: Andare dove? Non lo sapeva, ma
doveva andare… Eppure
era realista, voleva l’impossibile. Ed era ben ‘collocato’: convitato di pietra
tra Allen Ginsberg ed Ezra Pound, americani contro, intento come loro a
fumare pensieri alternativi e marijuana d’ordinanza al suono dei Fab Four di
Liverpool. E a sfiorare (solo sfiorare…) il ben più deflorante LSD, alla
Timothy Leary e alla Ernst Jünger (lasciamo nell’armadietto l’etere dell’Evola
pischello). Ma lui era più per Jack Kerouac, specie (l’avrebbe capito dopo)
quello di: “Io non avrei scritto nulla di Gesù? …tutto ciò su cui scrivo è
Gesù.”
Sì, anche Lorenzo era on
the road, come quei due bei tomi dreamers che fanno l’autostop fino in California alla ricerca di un
qualcosa che non riescono a trovare veramente. Per poi perdersi on the road e tornare ingloriosamente
indietro – back home – con la
speranza di trovare qualcos’altro…
“Eccolo qui tutto adunato insieme, questo secolo del reale e del
conoscere, in cui lo spirito ha creato la statistica e l’analisi dell’orina, in
cui la tabella trionfava e la creazione sprofondava…” Lorenzo era, in definitiva, un enfant
du siècle (malgré Gottfried
Benn). Nondimeno, avvertiva nel profondo la crisi dell'uomo moderno (come G. B.).
Di qui il suo vagabondaggio intellettuale, la sua recherche. Anche USA e
UK. Woodstock e Isola di White. Bianco e Nero. USA e jet (più che altro,
autostop). Sunset boulevard e route six six six (poi sarebbe passato a Sunset @ Cafe Del
Mar). Ragazzo selvaggio alla Burroughs, chitarra e bandiera in mano, warrior, Lorenzo (dalle bande nere)
voleva diventare artefice e padrone del suo destino. Alla ricerca del ‘paradiso
possibile’.
“Paradise now”. “L’immaginazione al potere”, “siamo
realisti, vogliamo l’impossibile”, “dimenticate ciò che avete imparato,
cominciate a sognare!” Affascinato
dalla gioventù ribelle, immaginifico futurista alla Marinetti, trans-idealista
e trans-esistenzialista alla Evola, situazionista alla Debord, in attesa di
diventare transumanista… Questo il succo del Wikipedia-tour giro-girotondo
intorno a Lorenzo, sempre in fase d’implementazione. D’altronde, il nostro
voleva degustare tutto, ingoiare cucchiaio e città… Swallow: la
controcultura giovanile, la beat generation, i concerti rock. Wow: le droghe allucinogene (ma solo in
sogno) per “aprire le porte della percezione.”
Sogno e realtà. Doors. Apri
quella porta… Fantasia e ragione. A
magical mystery tour.
“Vedo la realtà e mi chiedo: perché? Sogno l’impossibile e mi chiedo:
perché no?” Come Bob Kennedy, anche Lorenzo sognava. Un po’ Martin Luther King, un
po’ King Crimson. Sognatore alla corte del ‘re cremisi’. The
‘dreamer’ (anche un po’
alla Bertolucci, ma lui era per Ultimo
tango a Parigi – quello sì che era Marlon Brando…), alla ricerca spasmodica
del graal della purezza ancestrale, della lancia di Longino da brandire, delle
sempre fresche fonti della sacralità e del vitalismo. Giovinezza, giovinezza. Da blandire (e
vecchiaia da bandire). Come Drieu La Rochelle, “il suo spirito era abituato a confrontare la vecchiezza di oggi, che
si dibatte con scosse secche e nervose, alla giovinezza creatrice con le sue
armonie calme e piene.”
In disagio sì, ma sempre impiedi, a galla. Non affondato nel
mare giallo del terrorismo black-block, o cullato dalle stagnanti acque – mar
morto – del nichilismo senza speranza. Lui era per la vita, anche salata, per
il vivere pericolosamente (almeno in
teoria. Quanto ai fatti, è un’altra
storia). Ma con stile. Per dirla alla Anna K. Valerio – una young angry woman dei giorni nostri – “i
fascismi spalancarono praticamente, e
non solo per sistemi filosofici, le possibilità di un mondo, di una vita, di un
universo di là dal bene e dal male. Un universo extramorale, tutto sangue e
stile. Mirarono a opporre il sangue e lo stile – il sangue che, nella razza, è
già stile; lo stile che, nell’eugenetica, o nel contegno delle SS, tende alla
vita, perché vuol fare più bella la vita – al bene e al male. Mirarono a
opporre la voluttà di egemonia, di eccellenza, il mantice del mito, al
condizionamento cristiano dell’innocenza, al feticcio della esistenza
individuale: i tripudi dell’orda alle emozioni del singolo, la grandiosità alla
meschinità, nell’impassibilità della grande passione.”
E così, tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria
– pensò il nostro in un ‘ascesso’ alla Camus – la creazione è la vera libertà,
il più umile e il più fiero sforzo umano. E lui era un creativo. Alternativo.
Pieno di humus (e humour). Ma non di tritolo. Ed era riuscito a non farsi
adescare dal richiamo delle sirene del velinismo sanbabilino o pariolino tutto
ray-ban e stivaletto a punta (con un’eccezione per i jeans Fiorucci), né dal
razzismo più bieco, dall’antisemitismo logoro e liso o dall’anticomunismo
viscerale. Lorenzo cercava un’autentica Scienza dello Spirito (non le SS – ma
lo Spirito Santo, quello sì. In ogni caso, lo aspettava, più prosaicamente,
Scienza delle Costruzioni). Voleva andare oltre l’iconostasi che vela lo spazio
sacro. Veleggiava verso mete più lontane. E più alte. Un’odissea apparentemente
senza fine.