mercoledì 3 giugno 2020

IL PLATEAU – Alla ricerca dell’esperienza delle vette


IL PLATEAU

Alla ricerca dell’esperienza delle vette
Don’t give up

Esattamente cinque anni fa, su invito dello spiritual coach Maurizio Fiammetta, ho tenuto un webinar sulla PNL spirituale e generativa (successivamente ne tenni un altro simile, su invito del coach Luis Fusaro, luomo che vive con la pallottola nel cervello): il seminario web prendeva spunto dal mio libro “Prendi la PNL con Spirito!”, in cui affrontavo il tema della “trasformazione profonda”intrapersonale e interpersonale – in maniera a dir poco originale (infatti, oltre ai ‘soliti’ – per i cultori della Programmazione Neuro-Linguistica – Bandler, Grinder e Dilts, puoi trovare voci storiche o borderline, come Jung, Assagioli, Laing, Hillman, Maslow, Gurdjieff, Almaas, Scott Peck ecc).
D’altronde, mi ritengo essenzialmente un romanziere (romanzo-rapsodia, fervido di vita e voci, di ritmi e canti e risa, dal profumo di ingenue aurore … vorticoso nel suo ritmo da derviscio tournant, vibrante di tensione e trepidazione, ossimorico nei suoi dolci contrasti, dalla scrittura vivace, geniale, estetizzante, ma tutt'altro che décadent, capace di affratellare Policleto e i Beatles. Un ‘panta rei’ entusiastico ed entusiasmante, un fluire di sapienze ed eresie, dall'oscillare inarrestabile, ebbro … una scrittura da giocoliere della parola e da funambolo della nuance.” Così definì il mio romanzo una saggista e critica molto “estrema”…).
Nel webinar parlai di essenza (il Sè, lo Spirito, il centro di gravità permanente) e personalità (persona = maschera), di entusiasmo (en theos = Dio-dentro o dentro-Dio) e immaginazione (in me magus agit = in me agisce il ‘magh’, ossia il sapiente, e ‘potente’: colui che fa accadere le cose), di come toccare le vette (peak state, stato di grazia ed esperienza delle vette) e di come ridiscendere a valle come uno Zarathustra post-nicciano.
Un concetto che avrei voluto approfondire – ma si trattava di una “conversazione con l’autore” di poco più di un’ora (conoscendomi, avrei parlato – alla Pannella o alla Fini – per almeno 24 ore di fila…) – è stato quello di PLATEAU.
Bene, ve l’accenno – è un buon prologo per la prossima settimana, e un incentivo a scalare il Dhaulagiri (per non dire il solito Everest…).
Il ‘plateau’ è la parte intermedia – la più difficile – delle tre fasi in cui si articola ogni vero apprendimento.
La prima fase è quella in cui non sappiamo fare niente: tuttavia, essendo eccitati (entusiasti) per la novità che abbiamo appena scoperto e che stiamo cominciando a maneggiare – e anche perché stiamo partendo da zero –, qualsiasi progresso ci appare straordinario, tanto da procurarci, sin dai primi momenti, grandi soddisfazioni, tali da motivarci ulteriormente (il così detto ego-drive). Ci si trova nello stato (state of mind) della cosiddetta “mente del principiante”.
Ma ecco che arriva la seconda fase, quella in cui le nuove capacità acquisite si devono consolidare – è questo il momento che mette maggiormente in crisi (ma, come al solito, ogni crisi è un’opportunità…): t’impegni, ce la metti tutta, sudi a catinelle, provi e riprovi per fare sempre meglio, ma i miglioramenti sembrano arrivare con il contagocce.
Questo è il vero e proprio momento di PLATEAU, cioè di “fase pianeggiante”, di stallo, di stanca, di blocco (anche “dello scrittore”): tutto sembra fermo, stazionario, stagnante, malgrado ogni sforzo e impegno.
La maggior parte delle persone, in questa fase, si arrabbia, si avvita su sé stessa, s’incarta e, il più delle volte, demorde. Anche i discepoli di Gesù affrontarono questo “demone”… (inteso non nel senso di Socrate e Hillman).
E siccome, quando una casa è vuota, altri ‘demoni’ prendono la palla al balzo per occuparla (ovviamente come inquilini abusivi…), ecco che t’imbatti e scontri con ostacoli e imprevisti di ogni sorta. Eppure è una sosta produttiva, una epochè: Fermati e ascolta il tuo Dio...
Anthony Robbins, uno che la sa lunga, a questo proposito ricorda spesso che, quando arriva un “plateau”, un esperto di PNL e di “sviluppo personale” (soprattutto ‘spirituale’) lo riconosce subito e, sorridendo, dice: “Toh, un plateau! Sapevo che ne sarebbe arrivato uno! Io continuo a fare il mio allenamento, perché so che arriverà la fase successiva!” (ho tratto la frase da un articolo del coach Federico D’Onghia).
Infatti, chi è passato dalla fase crash (contratto, reattivo, analysis-paralysis, separato, ostico/ostile) alla fase coach (centrato, aperto, consapevole, connesso, capace di tenere tutto in mano…), è nelle condizioni ottimali per superare le proprie paure, sbrogliare i conflitti interiori e sbrigliare le abilità acquisite e nuove abitudini: queste, da occasionali o ‘principianti’, diventano automatiche (non robotiche, ma generative), per cui si è in grado di padroneggiarle e inserirle nel contesto degli altri comportamenti.
Inoltre, ha trovato il suo “centro di gravità permanente” (una particolare posizione e attitude psico-fisica – una ‘centratura’ – oltre che una “sorgente interiore” di acqua viva) che gli permette di agire sempre in posizione di balance e forza: questa è la terza fase. Magari avrà bisogna di uno “shock addizionale” – sempre per utilizzare la terminologia di Gurdjieff –, ma, in ogni caso, ce la farà.
Quindi, ogni volta che si vuole acquisire una nuova capacità, dopo le prime salite (o discese – insomma, il progresso) c’è sempre la fase di ‘plateau’: per questo è così importante saper mantenere il focus su degli obiettivi e mantenere acceso il ‘fuoco’ dentro, ossia l’entusiasmo e la motivazione costante (momentum) che ci spingono fino all’obiettivo: start & go, fino al goal. Ma occorre alternare il focus (concentrazione) col defocus, lasciando andare... (atteggiamento win-win e wu wei).
Insomma, se hai un ‘perché’ abbastanza forte, troverai tutti i ‘come’ che ti servono a raggiungere il ‘cosa’…

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