ELOGIO DELLA PARESSE (AGAIN)
Ieri si è celebrata la “giornata della lentezza” (ne scrivo solo oggi, ma, si sa, sono un po' ...lento; meglio: slow. Di fast mi piace solo "Fast Love" di George Michael).
Lento pede lenta anima. Sì, l’anima, già allenata a correre di buona lena, ora allentata dalle tensioni, svincolata dalle pressioni del teatro sociale (un teatrino con tanti figuranti, comparse e 'figurine', nessuna primadonna), si predispone a correre nuda verso la meta. Anima nuda – senza le maschere dell'Io – abbracciata all’anima mundi. Sì, c’è necessità che la tua anima individuale s’immerga nell’anima del mondo: se finora la maggior parte delle anime (le ‘animelle’) ha nuotato solo sul pelo d’acqua dello stagno, la tua è andata per altri lidi e ha fatto delle immersioni in mari più profondi, dove ha fatto i primi incontri con la tua essenza. Ma non ha ancora conosciuto gli abissi della conoscenza, i vortici dello Spirito.
Solo quando la tua anima cavalca l’essenza può scendere nelle profondità abissali dell’Essere e può trascendere ogni altezza del Divenire. E può ‘vincolarsi’ perennemente al punto di flesso della "curva di flusso" dell’Esistenza (personale e cosmica), ossia nell’Aion, lì dove il tempo della vita (il Chronos) entra ed esce dall’eternità. E così il tempo, fino a questo momento acerbo, è oggi giunto a maturazione e stilla per te gocce di Kairòs: il tempo propizio ha pensato bene di fermare le lancette del Chronos, del tempo qualunque (e qualunquista). Ed ecco che nel tuo tempo, sospeso, le sensazioni fisiche, epidermiche, tattili, cutanee, s’intrecciano sempre più con le vibrazioni scaturenti dal profondo; non solo dell’anima, del midollo, dello spirito, ma sgorganti dalle profondità pelagiche del tempo, dei tuoi tempi...
Medita, fermati un attimo e ascolta il tuo Dio. Vedrai (e ‘sentirai’) Nietzsche flirtare con Plutarco... Sì, quando ti soffermi, fermi il tempo cronologico e cominci a meditare (per esempio sulle frasi, sulle singole parole, sui suoni del mio blog: è fatto apposto per dialogare con l’anima e farti venire a galla il tuo Diodentro…), passerai dalla vita alienata dalla tua sorgente interiore – monotonamente scandita dal Chronos, vissuta nella cronica cronaca quotidiana, piena di sincronismi spesso non avvertiti, vestita con le variopinte maschere della società, confinata nei suoi vestiboli – a una nuova vita (e buena vida), in cui ‘miracoli’, coincidenze ‘fortunate’ e incontri ‘trasformanti’ (con persone ‘straordinarie’) saranno all’ordine del giorno (anche perché, essendo cambiata la tua concezione del tempo, vivrai nel “tempo del sogno” e nel “mondo immaginale” – quello dei ‘profeti’ – che però per te sarà reale!). E così sentìrai l’akedia – l’accidia, il mal di vivere che spesso ti assaliva come il demone di mezzogiorno – lasciar definitivamente il posto all’otium (il “dolce vivere”) e a una ‘santa’ arroganza: scoprirai così, insieme alla dolcezza della paresse, anche, paradossalmente (ma l’ossimoro è una ‘risorsa’), l’elogio della riuscita.
In questo modo il tuo vivere quotidiano, anche quando è celeri pede, vive l’eulogica lentezza dell’aion. E così riuscirai a fare ogni cosa senz’affanno… Sì, vivi l’otium (d’altronde sono della molle Tarentum…) e torna ai ritmi lenti. Lenti ma rock. Finalmente… Nell’‘Economia dell’ozio’, il sociologo Domenico De Masi ricorda. «“Al pittore David, che gli chiedeva come preferisse essere ritratto, si dice che Napoleone abbia risposto: “Sereno su un cavallo imbizzarrito” (…) Imbizzarriti su cavalli sereni ci appaiono, invece, molti intellettuali di professione, molti studenti assillati dalla fretta di apprendere, molti moderni capitani d’industria con le coorti di manager che – punk in doppiopetto – praticano oggi le virtù marziali e contagiose della competizione globale.”
Se sei ‘marziale’ (il carattere ha le sue ‘incisioni’ in te), inciditi (con la forza del desiderio – e agendo ‘come se’) delle linee dionisiache, poi apollinee, e perché no venusiache (mi verrebbe da dire veneree, ma non voglio osare troppo...). In questo modo avrai tante possibilità di scelta e tanti interessi. Non voglio ripetermi, ma visto che sto vivendo, almeno oggi, un tempo circolare (da domani sarò una freccia – lenta sì, ma mirata a far centro), ripesco nel mio mare interno (del web) e ti ripeto: c’è sin troppa gente che riempie la giornata con tante corse inutili dietro al nulla. Non il Nulla, quello con la maiuscola, il Nulla mistico in cui il ‘Dio nascosto’, l’En Soph, frantuma il diaframma che lo cela alla vista degli uomini; non la ‘corona eccelsa’, il cratere magmatico in cui tuffarsi per riemergere bagnati di vera vita, ma il nulla minuscolo, quello che sarebbe mille volte meglio riempire con un ozio produttivo. Tempi di pausa o attese sgradite, sfibranti (alla posta, all’aeroporto, tra un impegno e l’altro), da riempire, piuttosto, con qualcosa di ‘significativo’, di vibrante, dissonante. Innanzitutto, letture: non diceva forse Isidoro di Siviglia che la crescita dello spirito deriva dalla lettura? E il cardinale Martini: “in una mano la Bibbia, nell’altra un giornale.” Per non parlare di Bonhoeffer: “la Bibbia sul pulpito, al lavoro, sull’inginocchiatoio…”
Ma torniamo alla lentezza (la lentezza della poesia ci salverà dalla frenesia del mondo…), al pathos della distanza contro il bieco e cieco (nonché 'plebeo', figlio della platitude) pathos dell’attivismo. Le pause non sono inutili, sono i momenti più produttivi della giornata e della vita! La pausa è azione. Recuperiamo, diluito ogni giorno, lo shabbat, il riposo, l’otium, il sabato divino. Che non è ancora terminato. Ed è anche lui buono. Shalom! Approfittiamone per meditare, fare abbozzi di programmi per cambiare la nostra esistenza (ed essenza). Diamoci anima e corpo alla cultura, agli altri, allo sport, alla danza. Dai, alunno mio, alunna mia, divertiti, gioisci, godi…
“La fiducia in se stessi è l’essenza dell’eroismo.” Supererai, d’ora in poi, l’antitesi tra spirito e sensi, e, trasfigurato e sublimato da questa speciale ebbrezza, libero dal passato e dal futuro, sentirai di essere destinato al successo. Conquisterai, senza fatica (basta la forza del desiderio – altri la chiamerebbero preghiera… D’altronde, è il tuo spirito, la tua essenza, che prega al posto tuo…), una nuova fiducia in te, scaturita dalle sorgenti dell’essere: una forza pelasgica, un’‘emersoniana’ self-reliance in divenire (e per l’Avvenire), il tramonto di ogni passato, l’emergere di un nuovo Sé, un far sì che i morti seppelliscano i loro morti.
Il terribile è accaduto…