DALILA ON THE ROAD
Scritto anni fa da un’amica (Dalila).
A volte scrivere non vuol dire soltanto scervellarsi per elaborare una fabula, o rimuginare sui propri pensieri per metterli in versi. Oggi voglio provare a fare quello che ho sempre fatto, da quando ho dodici anni, da quando ho iniziato a comprendere il significato reale delle parole, da quando mi sono addentrata nel mondo dell’introspezione e dei sensi–non-sensi.
Quanto sono cambiata… Su quello che è il palco della mia esistenza avevo sempre interpretato il ruolo della principessa. La seta, i drappeggi e gli smeraldi, adesso, hanno lasciato spazio a lana grezza e calzari sudici e mi ritrovo a vestire i panni di una schiava.
Loro mi guardano, la platea è buia, loro non sanno che anche io posso guardarli. Qualcuno mangia una caramella, qualcun altro accenna uno sbadiglio, ma io posso vedere distintamente i loro volti, le loro espressioni, i loro occhi. Tutti.
E casco per terra, e urlo la mia libertà: le catene mi graffiano i polsi, i capelli odorano di reclusione. E più piango e più mi acclamano. Più soffro la mia prigionia, più sento, vividi, ingordi e sazi, i loro occhi.
Sono schiava del padrone più truce, del Leviatano supremo. Sono schiava di me stessa. E mi crogiolo nel mio dolore, nelle mancate responsabilità, nella voglia inespressa di agire-reagire alla sofferenza, nell’impossibilità o possibilità di cambiare gli eventi.
“Non la voglio più questa vita”, dico a un uomo compassionevole che mi stringe la mano. “Ti aiuterò io a cambiarla, ma devi volerlo tu…” Un aiuto dal cielo quella mano attorno alla mia, la mia mano nella sua. E non la so sfruttare. Non la voglio sfruttare.
La pigrizia gravitazionale, m’inchioda su questo pavimento, in questa polvere, in questo strazio e in questi abiti. Liberatemi! Liberatemi! Non chiedo altro.
E se qualcuno mi desse le chiavi, forse farei in modo di perderle…
Un leone non può essere una gazzella. Un leone è sempre un leone. E se fossi nata gazzella e avessi solo sognato di essere un leone? Se la mia natura non fosse quella che ho sempre creduto che fosse? Non ho ancora capito chi sono? Chi il leone, chi la gazzella. Chi la principessa, chi la schiava…
Ma sì, certo… come ho fatto a non pensarci prima! Ecco perché non riesco a cambiare, ecco spiegato il mio essere, tutt’ad un tratto, inagente: la mia collocazione nel mondo è la spiegazione. Non l’ho trovata, non ho ottenuto quello che volevo, sono rimasta sospesa nel vuoto, col cuore di un equilibrista su una fune sottilissima: in bilico sul filo dell’amore che non posso avere, che strazia e tormenta, che brancica il corpo e la mente e che offre null’altro che questo. Se son schiava, non ho nulla da perdere. Se me ne sto qui, nel mondo del nulla, nel mondo–non-mondo, nel niente del mondo, tutto avrà un senso perché nulla più lo avrà.
Sarò felice perché non potrò essere triste. Tutto sembrerà quello che è, perché niente sarà come non è.