giovedì 27 novembre 2008

L'angelo necessario



“In un pomeriggio d’ottobre pedalavo di lena (...) Canticchiavo e mi guardavo intorno, intenta alla rituale ricognizione del paesaggio (...) quando d’improvviso sentii la Voce che mi intimava: “Fermati e scendi.” Anche questa volta non c’era suono alcuno, ma solo lettere dorate rapidamente stampate nella mia mente. Esterrefatta, ma senza indugiare un secondo, saltai giù dalla bici e arrancai sul pendio erboso ai lati della strada. Dal tornante dietro a me spuntò un camion, che si mise a caracollare a gran velocità giù per la discesa. Sul lato opposto della strada, in direzione inversa, un altro camion prese a salire di fretta, sbandando vistosamente verso il centro della strada. Per evitarlo, il primo camion sterzò repentinamente a destra, invadendo la proda ghiaiosa dove mi sarei trovata io se avessi continuato a pedalare. Rimasi senza fiato (...)

Questa breve testimonianza di Grazia Francescato – la ben nota ambientalista, portavoce dei Verdi – tratta dal suo In viaggio con l’Arcangelo, riassume e ‘riaggomitola’, nel pathos del racconto (e nel suo ‘ethos’), quell’impercettibile ‘filo’ di miriadi d’incontri del terzo tipo che ciascuno di noi, prima o poi, ha avuto (o avrà) nella sua esistenza terrena. Sia che in essi intraveda un principio d’ordine superiore sia che, più prosaicamente, li declassi a banale frutto del caso, a quel gioco di circostanze che guiderebbe la danza della vita d’ogni giorno. Eppure, forse a noi spesso sfugge (o la nostra voce laica interiore, ‘figlia’ della razionalità novecentesca, ‘soffoca’ le nostre intuizioni), ma quante di quelle volte, in occasioni, non dico di pericolo ma anche solo imbarazzanti, abbiamo assistito a un capovolgimento insperato della situazione, al suo svanire come bolla di sapone che improvvisamente scoppia senza lasciare più tracce di sé! Casualità, coincidenze, oppure (sia pure una volta su mille!) una Presenza Superiore?

“Molti erano abituati a credere che gli angeli muovessero le stelle. Ora è chiaro che non lo fanno: come risultato di questa e di consimili rivelazioni, adesso molta gente non crede negli angeli. Molti erano abituati a credere che la ‘sede’ dell’anima fosse in qualche posto nel cervello. Da che si cominciò ad aprire i cervelli con una certa frequenza nessuno ha mai visto l’’anima’: come risultato di questa e di consimili rivelazioni, adesso molta gente non crede nell’anima. Come si può ritenere che gli angeli muovano le stelle, o essere così superstiziosi da ritenere che l’anima non esiste solo perché non la si può vedere dall’altra parte del microscopio?”

Ronald Laing, psichiatra ‘radicale’, non certo sospetto di ‘bigottismo’, aveva ben messo in luce il perverso meccanismo, ammantato di razionalità e modernità scientifica e ‘progressiva’, che ha ‘ottuso’ (almeno così io penso, anzi so...) la mente dell’’homo modernus’. Eppure... “Invocati o no, gli dèi sono presenti”: Jung aveva scritto questa massima, in latino, all’ingresso della sua casa. Il famoso psicologo, uno ‘speleologo’ delle ‘caverne’ dell’interiorità umana, aveva ben compreso che non tutto era riconducibile a coincidenze o a fantasmi dell’inconscio. Già il suo concetto di sincronicità, ossia di correlazione (coincidenza) tra fatti interiori ed esteriori che sfuggono a una spiegazione causale e razionale, introduce una nota d’’irrazionalità’ in un universo scientifico fin troppo razionale. La sincronicità mette in ‘sintonia’ il tempo ‘umano’ con quello ‘oltreumano’ (sia esso inconscio, superconscio, angelico...): in pratica, come nel racconto autobiografico della Francescato, una coincidenza tra uno stato psichico interiore (la voce che la intimava di fermarsi) e un evento esterno contemporaneo (il camion, che se non avesse dato retta alla sua voce interiore - o esterna? - l’avrebbe investita). Certo, Jung non si spinge a ipotizzare esplicitamente interventi soprannaturali, ma ben sappiamo come le sue riflessioni siano al limite del teologico (a chi gli chiedeva se fosse credente: “Se credo? Ma io so!”, questa fu la sua risposta). E fu proprio Jung a riaprire la porta verso il soprannaturale, coniugando scienza e spiritualità, dopo decenni di razionalismo ‘duro’. Ormai il tempo era maturo per comprendere appieno quanto il pittore preraffaelita (e liberty) Burne-Jones aveva confessato a Oscar Wilde: “Più la scienza diventa materialistica, più io dipingo gli angeli: le loro ali sono la mia protesta in favore dell’immortalità dell’anima”. E infatti, se è vero che, almeno nella sua essenza, si è avverata la ‘profezia’ dello scrittore francese André Malraux (“Il XXI secolo, o sarà spirituale o non sarà affatto”) - basti pensare che i soli cristiani pentecostali e carismatici, pressoché inesistenti a inizio ‘900, ammontano ora a circa settecento milioni (si vada al 'post' sulla Pentecost-Age) - battistrada di questa nuova (o antica?) spiritualità sono, per molti versi, proprio gli angeli, grandemente rivalutati non solo dai predetti movimenti cristiani ma anche dalla magmatica, o piuttosto ‘fluida’ (d'altronde, stiamo in una società 'liquida'), corrente New Age, dai mille rivoli (quello ecologista, quello mistico, quello magico...).

Ma chi sono questi angeli, queste eteree figure che hanno affollato l’immaginario di tutte le culture, e che s’infilano nelle crepe del ‘velo’ divisorio tra spazio-tempo umano (chronos) e spazio-tempo oltre-umano (aion) per dispensarci grazie insperate, difenderci dai pericoli o dirigere i nostri passi verso traguardi voluti o inattesi? Chi è questo daimon (nel senso greco, rivalutato dallo psicologo 'cult' James Hillman, di spirito che ci fa da compagno invisibile) che ci guida verso il compimento del nostro cammino terreno? Daimon interiore o Angelo esterno (ma tra i due ci può essere non solo armonia - né l’uno esclude l’altro - ma addirittura coincidenza) che, come ricorda Hillman, era accettato e rispettato dagli antichi, mentre noi, impregnati di scetticismo laico e moderno, preferiamo immaginarci ‘gettati nel mondo’, senza protezione, vigilanza, né collegamento alcuno con la ‘rete’ che collega e interseca il mondo visibile e quello invisibile.

Il Cristianesimo, e prima ancora l’Ebraismo, ha sempre creduto all’esistenza degli angeli. Innumerevoli sono gli episodi in cui si manifesta questa speciale manifestazione di Dio, sin dai tempi del Paradiso terrestre (i cherubini che sbarrano l’accesso all’albero della vita dopo il peccato di Adamo ed Eva, oppure i tre angeli - molto 'umani', uno di essi molto 'divino'... - che Abramo invita nella sua tenda), per arrivare alla Rivelazione finale del piano divino, quando (nell’Apocalisse di Giovanni) la ‘storia del mondo’, iniziata dopo la caduta dei nostri progenitori, nella sua evoluzione conclusiva sarà sorretta e guidata proprio dagli angeli (ovviamente, per chi ha una visione cristiana 'fondamentale', più che 'fondamentalista' - altrimenti lo si legga in chiave simbolioca o 'strutturalista').

In definitiva, gli angeli (e, per altri versi, la loro controparte negativa, i demòni - per non parlare, ma qui stiamo alla 'ghianda' hillmaniana, dei démoni socratici), questi illustri sconosciuti, hanno (ebbero e avranno), malgré le ragione dei ‘benpensanti’, un ruolo fondamentale nell’esistenza umana, singola e collettiva.
Angeli e démoni: la dynamis contro l'angst (detto alla buona: una 'dinamite' contro la depressione).

Diceva Rilke: “Non voglio che siano eliminati i dèmoni, perché si porterebbero via anche i miei angeli”. Anche se l’Uomo e la Donna hanno un ruolo decisivo nello svolgere la ‘matassa’ della propria vita, queste presenze spirituali ‘recitano’ una ‘parte’ importante nella ‘commedia’ esistenziale: “Noi preferiamo interpretarlo come un Teatro dello Spirito, di cui Dio è regista, gli Angeli e i Demoni comprimari e l’Uomo o spettatore o attore, dipende dalla sua libera volontà. Un attore la cui parte assume significato man mano che Dio gliela svela, sempre se l’Uomo dà il suo consenso... La parte viene scritta insieme, non è imposta dall’alto”. Così un personaggio del libro della Francescato. Importante è notare che in quest’azione scenica l’Angelo non può forzare l’Uomo, anzi gli è sottomesso. E per questo in molte scuole esoteriche o magiche s’insegna a contattare l’angelo (tipiche le famose ‘invocazioni enochiane’) per renderlo famulus (servitore) dell’adepto. Pratica però ben poco consigliabile, perché si potrebbero scambiare lucciole per lanterne...

Naturalmente, in pieno mondo secolarizzato (per quanto ci sia sempre più un Risveglio della Spiritualità, sia pure spesso in forme ibride o confuse) certi termini danno fastidio alla sensibilità laica e, al massimo, si parlerà di Energie Positive o Negative, oppure di Archetipi Universali. Questi termini, più consoni allo Zeit-Geist (Spirito del Tempo), non sono in sé errati: illuminano una ‘faccia’ del mondo ‘invisibile’, ma non ne esauriscono tutte le possibilità. Meglio comunque della teoria ‘riduzionista’ della Psicoanalisi, secondo cui apparizioni, segnali, sogni (e, di conseguenza, gli angeli), fanno parte del Teatro dell’Inconscio: anche questa ‘rappresentazione’ ha un suo valido fondamento, ma ancor meno spiega esaurientemente il complesso dei fenomeni che sfuggono alla comprensione diretta degli esseri umani (meglio in questo, oltre ovviamente a Jung, Assaggioli e la sua Psicosintesi, nonché Corbin e il mondo immaginale).

Se Dio non è ancora ‘morto’, anzi è ‘risorto’, è tornato dal suo momentaneo ‘buen ritiro’ (a dir il vero, sono gli uomini a essersene momentaneamente ‘disinteressati’...), è naturale come pure gli angeli siano ‘riapparsi’, loro che sono gli agenti segreti di Dio (da un libro di Billy Graham, famoso evangelista americano). Ma oggi, tra luci e ombre (la 'seconda religiosità', quella che Aldous Huxley definisce “autotrascendimento discendente”, opposto all’ ”autotrascendimento ascendente”, e che per Julius Evola rappresenta qualcosa di promiscuo, di sfaldato e di sub-intellettuale. Sono come le fluorescenze che si manifestano nelle decomposizioni cadaveriche...) nasce l’esigenza di riproporre una visione nuova dell’angelo, da affiancare a quella classica (ma sempre più attuale). Ecco quindi che Massimo Cacciari, nel suo L’angelo necessario (del 1986), manifestava la necessità dell’esistenza, e della stessa presenza, dell’angelo, come elemento ‘necessario’ per la realizzazione dell’uomo e per la piena comprensione di sé. L’angelo, secondo Cacciari, aiuta l’uomo a ‘disvelare’ l’invisibile, a rendergli possibile l’accesso alle regioni (e ‘ragioni’) ‘nascoste’ della Realtà. Indipendentemente se sia reale o solo ‘simbolo’, con l’angelo la realtà nascosta dell’Assoluto (Dio) si svela e si lascia intuire...

Ma anche gli angeli di Wim Wenders, queste ali di Dio che nel film cult “Il cielo sopra Berlino”: “... stanchi della loro costante e monotona perfezione, volevano diventare uomini, imperfetti e difettosi comuni mortali. Eppure conoscevano le angosce degli uomini perché li ascoltavano, nascosti nelle biblioteche, nelle strade, nelle vetture della metropolitana. Non importa, gli angeli diventavano uomini e la loro lucente e immacolata corazza diventava poco più che un oggetto da rigattiere; buona al più a far contento un bambino che l’avrebbe avuta in dono per la Befana o per il carnevale” (Mario Antonio De Cunzo, nella presentazione del catalogo della mostra Dietro le ali di Dio).

Da Sant’Agostino a Massimo Cacciari, c’è necessità dell’Angelo!: “...l’individuo da solo - buona ultima è la Francescato a sostenerlo - in perenne competizione con tutti gli altri per risultare vincente, non può andare da nessuna parte: è destinato a perdersi nei meandri del proprio enfiato ego. Neppure la buona volontà laica basta (...) Dunque bisogna chiedere aiuto, lasciare che l’anima ci venga in soccorso con i suoi misteriosi poteri.”

Si creda o no, l’angelo è necessario... Noi, se ‘vogliamo’ (I can... I must) e abbiamo fede, già ‘possiamo’ molto. D'altronde, se c'è il corpo, se c'è l'anima (sia pur dis-animata), prendiamola lameno con spirito.... (a proposito, il prossimo 'post' - dietro l'angelo... - sarà Prendi la PNL con Spirito!

domenica 23 novembre 2008

L'ebbrezza spirituale - Next Age o Pentecost-Age?

Pagine tratte dal mio libro: Gocce di pioggia a Jericoacoara

“Dalla gioia, che appena abbiamo terminato di descrivere, nasce un’ebbrezza spirituale che consiste, per l’uomo, nell’essere ricolmato di maggiore gustosa dolcezza e gioia di quanto il suo cuore ed il suo desiderio possano augurarsi o contenere. L’ebbrezza spirituale produce molti effetti strani. Mentre gli uni cantano e lodano Dio per eccesso di gioia, altri versano lacrime abbondanti per la grande gioia del loro cuore. In quelli si manifesta un’agitazione di tutte le membra che li costringe a correre, a saltare, a danzare; negli altri l’ebbrezza è così grande da far battere le mani ed applaudire. Uno grida ad alta voce e manifesta così la sovrabbondanza di quel che sente dentro; l’altro, al contrario, ammutolisce, sprofondando nelle delizie che prova in tutto il suo essere. Talvolta si è tentati di credere che tutti facciano la stessa esperienza; oppure ci si figura, al contrario, che nessuno abbia mai gustato quel che ciascuno sperimenta in se stesso. Sembra che sia impossibile veder sparire questa gioia e che di fatto non la si perderà giammai; e ci si meraviglia talvolta che tutti gli uomini non diventino spirituali e divini. Talvolta si pensa che Dio sia tutto per noi soli e che non appartenga a nessun altro che a noi stessi; talvolta ci si domanda con ammirazione cosa mai sia tale gioia, donde venga e cosa sia quel che ci accade. È la vita più deliziosa che un uomo possa conoscere sulla terra, in quanto gioia sperimentata. E talvolta le gioie son così grandi che il cuore crede che stia per spezzarsi…”

«Questa è l’ebbrezza spirituale. E qual è la gioia che la produce e che persiste anche dopo l’inebriamento?»

Julim continuò a leggere dal libro:

“La dolcezza, di cui abbiamo ora terminato di parlare, fa nascere nel cuore e nelle potenze sensibili una gioia tale che l’uomo pensa di essere tutto avviluppato interiormente dall’abbraccio divino dell’amore. Ora questa gioia e questa consolazione sorpassano in dolcezza, per l’anima e per il corpo, tutto quello che il mondo intero può dare di tal genere, quand’anche un solo uomo potesse esaurirne in se stesso tutta la pienezza. È così che Dio si diffonde nel cuore, per mezzo dei suoi doni, e vi spande una così grande e gustosa consolazione ed una tale gioia che il cuore interiormente straripa. Allora si comprende bene quanto sono miserabili coloro che restano al di fuori dell’amore. La gioia così provata fa quasi sciogliere il cuore, tanto che l’uomo non può più contenersi sotto l’abbondanza della gioia interiore.”

«”Quando il liuto intona la melodia, il cuore, impazzito, spezza le catene. Questo è Rumi, poeta sufi ma pentecostale ‘absconditus’. Il ‘Cristo interiore’, ineffabile, pervade tante esperienze mistiche e Rumi, il sommo poeta sufi persiano, era sensibile alle vibrazioni ‘cristiche’ e ‘pneumatiche’: era sulla stessa onda. E la passione, folgorante e martellante, di un Odino o di un Thor non la prefiguravano? Gesù non era solo buonista… D’altronde, secolo più, secolo meno, onda su onda, il flusso dello Spirito non si è mai fermato. Né prima, né dopo Cristo. Certo qualche secolo è stato più stagnante, ma dall’Ottocento in poi i marosi sono diventati cavalloni e lo Spirito, scalpitante, ha cominciato a spazzare i lidi di tutto il mondo, penetrando sempre più nell’entroterra. Dunque, Rumi, Ruysbroek, dune e nebbie rischiarate dai raggi del sole divino. Talvolta arse. Ma guai se il deserto cresce… Eppure, lì puoi incontrare Dio (e il Diavolo). Fermati a parlare con entrambi. E poi scegli!»

Arianna fu percorsa da un brivido. Agghiacciante, ma poi il fuoco del suo rovo ardente interiore (un cespuglio a cui non aveva fatto mai caso) la infiammò, senza bruciarla. Io sono quel che sono…

«Gioia interiore ed ebbrezza spirituale. Niente di diverso da una riunione di quasi cento anni fa ad Azusa Street, a Los Angeles – si era nel 1906 – o della Toronto Blessing degli anni ’90! Tappe fondamentali (che si sia pro e contro) dell’ultimo Risveglio. E dell’ultima pioggia. Quella che ci sta bagnando ora è, al confronto, quasi rugiada, ma quanto prima diventerà un acquazzone…»

Julim mimò l’apertura di un ombrello (e Arianna ebbe in contemporanea un flash della nonna salentina di Lorenzo. E della sua casa al mare, quando ad agosto le ‘sirene’ ioniche cominciavano a suonare. E di quando un giorno aprì il parapioggia nell’ingresso, prima di uscire: “Non lo fare, se no ci saranno sventure a terremoto.” Anzi ‘a tremalaterra’, come le piaceva dire, con il suo gentile accento cortese da Firenze del Sud).

«Continuità, quindi, nel modus vivendi pentecostale (e carismatico) dai tempi di Gesù a oggi, sia pure discontinua (l’ossimoro…), benché nelle chiese pentecostali ci si limiti a qualche ‘assaggio’ dal Risveglio dell’Ottocento, preferendo soffocare la memoria storica. Quasi che il revival pentecostale fosse sorto dal nulla (generazione spontanea!). Ma c’è pure qualche studioso serio in ambito pentecostale che, grazie a Dio, della continuità comincia ad accorgersi. Stanley Burgess (l’autore di un Dictionary of Pentecostal and Charismatic Movement) trova ‘tracce’ di ‘pentecostalismo’ persino in Tommaso d’Aquino! Fatto è che “...l’esperienza della Pentecoste e dei doni dello Spirito Santo, lungi dall’essersi fermata alla chiesa del Nuovo Testamento, ha percorso come un fiume sotterraneo tutta la coscienza collettiva del mondo, ora affievolendosi, ora celandosi, talora invece sgorgando impetuosa da polle superficiali, serbando tuttavia sempre viva la fiamma dello Spirito.” Sono parole mie, te le leggo dal mio articolo (una sua copia faceva da segnalibro). Ciò non toglie, comunque, che, quanto accaduto nel ventesimo secolo, è qualcosa di mai avvenuto in maniera così eclatante – e non solo in ambito cristiano – nella Storia umana: un cambio di paradigma ancor più vistoso di quello prospettato dalla New Age (quanto mai diversa dal pentecostalismo, eppure con più d’un punto di contatto…). Potremmo chiamarla Pentecost-Age…»

Julim continuava a ergersi ex cathedra, dimentico delle vacanze estive non ancora terminate (sia pure agli sgoccioli).

«E se parlo di esperienza spirituale decisiva, nel senso che porta a una de-cisione de-finitiva, non posso, quindi, che pensare al pentecostalismo, cavo teso tra Cattolicesimo e Protestantesimo: una fune al di sopra di un abisso... Rimanendo in tema nicciano, ma con ben altro spirito, potrei dire: “Io amo colui che non serba per sé una goccia di spirito, bensì vuol essere in tutto e per tutto lo spirito della sua virtù: in questo modo egli passa, come spirito, al di là del ponte.” Certo, che il pentecostalismo sia il movimento religioso più significativo del ventesimo secolo è ai più sconosciuto, almeno in Italia. Come ti ho detto i pentecostali, e qui includo anche i carismatici all’interno delle confessioni protestanti ed evangeliche di denominazione non pentecostale, sono oggi, all’inizio del Terzo Millennio, circa seicento milioni, a parte gli almeno trenta milioni di carismatici cattolici. Il dato ti può sorprendere, anche perché i mass-media non ne avevano mai, almeno fino a qualche anno fa, trattato diffusamente – e seriamente – sottovalutando il fenomeno, di cui, come sempre accade per quell’oscuro oggetto (del desiderio?) che è la religione. Ne ignoravano le reali dimensioni (non troverai mai tante castronerie sui giornali, ma anche sui libri, come quando si parla di ‘religione’…). E diciamolo pure, anche io, co-stretto nel mio giardino teologico, nel mio hortus conclusus, ignoravo la reale portata del pentecostalismo come fenomeno di massa. E la messa non è finita…»

Julim si fermò un attimo, volse lo sguardo al cielo, come per attingere nuove forze, poi al suono di un (eterico) gong ricominciò a scampanellare.

«Ero ancorato alle mie certezze di protestante liberal doc, ma ormai la mia certezza era tale da sfiorare il dubbio... E sì che i più raffinati tra i teologi (e loro pappagalli) non facevano altro che ripetere che la fede si alimenta dal dubbio. E in parte hanno ragione. All’inizio, in me, che pure ero, e sono, un intellettuale, la fede non faceva altro che vomitare i dubbi. C’era la tentazione bulimica di trans-gredire da un locus a un altro locus. Comunque, all’inizio, al contatto col pentecostalismo, invece che avvicinarmi più a Dio e alla Bibbia, passai per la fase anoressica del nichilismo nicciano…»

Arianna interruppe Julim e chiosò:

«Anch’io ho passato queste fasi: figlia di famiglia altoborghese radical chic, figlia dei fiori, anarco-esistenzialista, femminista, new-ager. Lorenzo, invece, per quel che mi ha detto e ho visto, borghesuccio, beatle, sessantottino, nazi-maoista. E terzaforzista col Mito dell’Europa, della Jeune Europe, passando per Romualdi e Freda (ahiahi!), poi la fase del cattolicesimo tradizionalista (alla monsignor Lefebvre, nel senso plenior: era anche andato a Parigi, per un’immersione full-time, nella chiesa di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, lì dove i suoi seguaci tenevano dei sit-in), quindi il passaggio new wave, sfiorando lo yuppismo, per poi svoltare, momentaneamente e a modo suo, a sinistra: quella femminista e terzomondista, dalle forti venature protestanti. Il tutto con un certo Calvinismo di fondo… E naturalmente, una bella spruzzatina di mistica. Sì, anche lui amava i mistici renani. Mi parlava sempre, citando dal suo amato Evola, dell’interiorità atona e gelidamente ardente di un Ruysbroek e di un Eckhart. Il pentecostalismo, coi suoi ossimori, è stato l’approdo finale, l’ultima spiaggia, ma, al di là, c’è ancora il mare... Lui è andato al largo (ma non troppo). Io sono rimasta sulla riva (ma coi piedi nell’acqua, in ammollo). Ma anche quest’ultima spiaggia, dopo un lungo cammino, non particolarmente faticoso a dire il vero, sembra ora troppo tranquilla; non solo per me, che sono stata solo lambita dalle ‘acque’ (e dalla lambada), ma anche per Lorenzo: sarà stato l’effetto di comunità pentecostali troppo istituzionalizzate, cattolicizzate, pervase da moralismi e legalismi geovizzanti…»

«Dio ci chiederà alla fine della nostra vita ragione delle occasioni di gioia e felicità umane che Lui ci ha offerto e che noi abbiamo disdegnato.» Arianna continuò «In ogni caso, quello che mi dava più noia, non in Lorenzo, ma nei suoi accoliti, era la barbara assenza di cultura, la fuga da ogni dibattito di buon livello, da ogni decisione pubblica su scelte etiche, e non solo. Occasioni, opportunità sprecate, gettate al vento, rifiutate, quasi fossero offerte diaboliche! È pur vero che l’informazione corrente (spesso anche quella più acculturata) dimostra gravi limiti (sovente vera e propria crassa ignoranza, talora malafede) proprio in campo religioso, ma questo non giustifica la docta ignorantia. Anzi, l’ignoranza sic et simpliciter.»

«In questo c’è la complicità, lo ‘zampino’. di gran parte dello stesso pentecostalismo...» Julim concordò, strizzando l’occhio ad Arianna (un po’ fuori luogo) «Comunque, lasciamo stare i ‘guasti’ di certo pentecostalismo, locale (di deriva cattolicheggiante, o simil-geovista, persino nel look) o di derivazione americana (il New Thought commisto a neo-puritanesimo in mezze maniche, cravatta e calzini corti – pure bianchi…). Parliamo di quello che il Pentecostalismo, nella sua essenza, può continuare a dare. Anzi, che deve iniziare a dare. È pur sempre una risorsa, un fiume sotterraneo sempre in vena (a parte i laghi e gli oceani). E poi, acque di sotto e acque di sopra… Non ti voglio qui rifare la cronistoria accurata delle radici e degli sviluppi del movimento, ma c’è, comunque, continuità ab origine (apostolica) del pentecostalismo, di questo fenomeno di massa che, se fino al ‘900 è sopravvissuto diluito nell’oceano cristiano, è poi passato, nell’arco di un solo secolo, dai nominali zero alle svariate centinaia di milioni di adesso. Niente di simile è mai avvenuto, in nessun campo dell’ampio ‘spettro’ umano, in cosi breve lasso di tempo! E questo giustifica il non sempre perfetto funzionamento della ‘macchina’. Il pentecostalismo, però, non nasce dal nulla. C’è un’’increspatura’ iniziale nel ‘brodo primordiale’ della cristianità da cui ha preso origine. E adesso sta bollendo… Per il filosofo Lacan “la religione è inaffondabile. La religione, soprattutto quella vera, ha risorse tali che non possiamo nemmeno immaginare”. E il pentecostalismo galleggia bene…»

«Ma non cammina sulle acque…» Arianna dette la stilettata finale.

Ormai nella stanza pioveva a dirotto. Julim schivò la sciabolata di Arianna e continuò a cavalcare l’onda (pentecostale).

«Ma non basta quello che ti ho detto (per inciso, condivido le tue affermazioni). Che il fenomeno sia ‘fenomenale’ se ne è accorto pure Cox, il teologo d’assalto della ‘nuova frontiera’ kennediana. Sì, Harvey Cox, il maggior rappresentante della Teologia della Secolarizzazione. Forse tu non lo conosci, ma è noto anche in ambito filosofico, specie con il suo “The Secular City. Secularization and Urbanization in Theological Perspective”, del ’65, uno dei testi più originali e brillanti della teologia (con riflessi nella filosofia e sociologia) del ‘900.»

«Ma qual è la sorpresa? – Julim anticipò, di un soffio, Arianna – Enorme: il Cox, nel ’95, ha pubblicato “Fire from Heaven: the Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-first Century”. Ossia, Fuoco dal Cielo: il Sorgere della Spiritualità Pentecostale e il Rimodellarsi della Religione nel XXI Secolo. (Julim non sapeva – o se n’era dimenticato, preso dal fuoco consumante – che Arianna, thanks to mama Courtney, era bilingue – anzi, per motivi tangenti e contingenti, bazzicava un po’ di francese, spagnolo e, manco a dirlo, portoghese in versione carioca.) Un vero e proprio tributo al pentecostalismo, quanto quello degli anni ’60 era stato, in un certo senso, l’esatto opposto. Basti dare la scorsa a un paio di citazioni dalla Città Secolare: “Come dice Bonhoeffer, Dio, in Gesù, vuol insegnare all’uomo a fare a meno di Lui, a diventare adulto, libero da dipendenze infantili, pienamente umano”; o ancora: “... la parola ‘Dio’ dovrà morire, confermando così il giudizio apocalittico di Nietzsche, secondo cui ‘Dio è morto’.’’ Quale (positiva) sorpresa, quindi, scoprire l’ultimo Cox che parla del pentecostalismo come di: “fuoco spirituale che ha infiammato tutto il mondo, toccando centinaia di milioni di persone col suo calore e la sua potenza.” Di più: “un uragano spirituale che ha già toccato quasi mezzo miliardo di persone, una visione alternativa del futuro dell’umanità il cui impatto è, ancora e solo, ai primi stadi.Wow… (ripeto l’esclamazione di giubilo di un commentatore pentecostale americano) – ti cito sempre dal mio articolo – i pentecostali possono esultare: hanno ricevuto il riconoscimento ufficiale, non solo di Dio (il che è, indubbiamente, più importante) ma anche dell’’alta teologia’ (il che non è male...).»

Julim parlava come se Arianna fosse una cristiana ‘rinata’ (ma lei era ancora al sesto mese…).

«Interessanti poi le osservazioni di Cox (che, peraltro, non si definisce pentecostale: è, infatti, battista), quando parla del pentecostalismo come della spiritualità ‘primaria’, originaria, o allorché riconosce nel ‘parlare in lingue’ la “trasformazione, per l’amore di Dio, del linguaggio umano, inadeguato e corrotto, in una lingua di angeli.” Ma non si ferma qui il nostro, parla apertamente dell’esperienza pentecostale come di un “incontro ‘speciale’ con lo Spirito Santo”. I pentecostali, e non solo, non possono che gioire di questo e riconoscere che anche nei cuori ‘duri’ degli uomini di cultura cominciano a manifestarsi crepe sotto i ‘fendenti’ dello Spirito. D’altronde, anche un altro teologo di ‘frontiera’, l’ancor più noto Paul Tillich (nient’affatto pentecostale), non diceva forse che “fuori della fede non ci può essere speranza né salvezza vera”? E che “la Presenza spirituale – lo Spirito Santo – vivifica perennemente la vita”? Quel Tillich che, dulcis in fundo, con profonda cognizione di causa, osservava: “Dio risponde all’uomo in base alla sua domanda e la domanda dell’uomo è condizionata dall’aspettativa della risposta da parte di Dio.” Questo è il noto ‘principio di correlazione’ di Tillich. Come dire: l’uomo, se è fiducioso della risposta di Dio, pone il Signore nelle condizioni (in un certo senso) di rispondere affermativamente. È un principio-guida, forte (e discusso), del pentecostalismo più radicale (in cui la fede è certezza assoluta), ma vicinissimo (ci risiamo) a tanti esiti della mistica medievale (Eckhart, uno per tutti) e post-rinascimentale (Angelo Silesio).»

(Silesio. Angelo sì, ma Tomás le aveva porto il volto luciferino…)

«Un’ultima ‘provocazione’: Cox ribadisce (cosa che molti pentecostali hanno dimenticato...) che: “il Pentecostalismo rappresenta una montagna che guarda dall’alto i confini delle singole denominazioni.” E, aggiungo io, non solo la spiritualità pentecostale trascende questi limiti umani (troppo umani...), ma supera le grette separazioni (sottomissioni, in definitiva) di genere, di razza, di classe sociale, vanamente giustificate da parziali, miopi e strabiche letture bibliche. E infatti, come adempimento della profezia di Gioele e di Atti 2,17-18 (“...spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno...”), nella chiesa ‘primitiva’ di Azusa Street, a Los Angeles (in questo caso, città degli ‘angeli guida’, non più dei lost angels), c’era, sintetizzato, il fior fiore dell’oecumene cristiana. E non solo fedeli provenienti da varie confessioni e denominazioni, ma tra i dodici della ‘dirigenza’ spirituale (e materiale) c’erano sette donne e tre neri (un’assurdità per quei tempi; e oggi?). Una chiesa ecumenica (e democratica) ante litteram!»

Il risvolto black e woman sbloccò definitivamente Arianna. Ruppe le barriere, transgender. E Julim diede l’ultima pennellata alla tela. Alla Basquiat.

«Ma dobbiamo andare oltre, trasgredire le frontiere… E riempire di graffiti i muri bianchi, o grigi, del cristianesimo. La mission? Fare dell’Era Pentecostale l’età dell’oro tanto agognata da ogni dove, e in ogni ora. L’Età dello Spirito Santo, l’auspicio profetico di Gioacchino da Fiore. L’Era Pentecostale, la Pentecostage. Meno Kali Yuga più Orso Yoghi…»

La testa pelosa di Julim (dalla folta chioma riccioluta) rispuntò a fior d’acqua dopo il mal riuscito tuffo a pesce. Dopo il piranha, il pesce-pilota.

«Diamo tutto lo spazio alla libertà dello spirito, ma non trascuriamo la ‘carne’. Carne e sangue non erediteranno il regno dei Cieli, perché è qui, sulla terra, e della terra, che debbono ‘acquisire’ la proprietà! Se Dio ha dato a un uomo ricchezze e tesori, e gli ha dato potere di goderne, di prenderne la sua parte e gioire della sua fatica, è questo un dono di Dio! Se possiamo forse ritrovare motivi di tipo sciamanico nel pentecostalismo, tanto che in alcuni suoi aspetti le ‘manifestazioni’ pentecostali e carismatiche – una sorta di ‘misticismo pratico-estatico-democratico’ – potrebbero essere definite “rivalutazioni di antichi motivi sciamanici, integrati in un sistema di teologia ascetica dove il loro contenuto ha subito una radicale modificazione” (Mircea Eliade sostiene questo riguardo a riti di tipo sciamanico rinvenibili in molte culture e religioni), dobbiamo, in ogni caso, rivalutare e rivendicare l’appartenenza alla terra. Occorre rifondare il cristianesimo: a te, Arianna, tocca un ruolo di primo piano, da primadonna. Non da velina, eppure toglierai i veli… Profana, fuori dal tempio, ma nel tempo. Nel mondo, fuori dalla religione, ma col fuoco rubato al cielo. I violenti s’impadroniscono… Morte di Dio come morte dell’immagine tradizionale di dio e della religione. Eppure, se non siamo fatti da Dio, siamo fatti di Dio… (o siamo solo ‘fatti’, avrebbe pensato Arianna in altri tempi). Ma tu andrai oltre Nietzsche, porterai una speranza nuova, veramente nuova. Terra e Cielo si ameranno senza più nascondersi, alla luce del sole. Dio è morto come Dio statico, ma è vivo come Dio dialettico, dinamico, dionisiaco (ma pur sempre apollineo). Le virtù pagane trasfuse e trasfigurate dalle virtù cristiane… (parlava proprio come Lorenzo quando il suo vecchio Odino s’incontrava col pischello Gesù – ‘pesce pilota’). Ed è stato proprio Gesù Cristo, sceso dal trono per prendere il treno della vita, ad annunziare, con la sua morte (e la sua vita – uso qui la minuscola per rafforzare il concetto), la morte di Dio – riprendo concetti di Altizer e degli altri teologi della morte di Dio. Ma ci ha lasciato, in cambio, lo Spirito, la dinamica della nuova vita. Il futuro prossimo, alla Gioacchino da Fiore (fior da fiore), vedrà il profano confluire nel sacro e il sacro nel profano. Cielo e terra si abbracceranno, non saranno più ostili.»

Julim la guardò intensamente, con uno sguardo lievemente corrucciato, poi scoppiò a ridere.

«Stammi ad ascoltare, buttati sui libri, scegliti i maestri che vuoi, ma stattene a debita distanza…»

Arianna allora comprese. Tomás e Julim si erano congiunti, baciati, abbracciati. Ai due, l’imperfezione (malgré Julim), si era aggiunto Lorenzo, il primo. Il triangolo si era formato, aperto allo spazio. Il messaggio era confermato: lei era predestinata.

Falene e farfalle


Fenomeni come la religione manifestano, in maniera più o meno 'fenomenica' (talvolta 'fenomenale', si veda l'articolo L'ebbrezza spirituale Next-Age o Pentecost-Age?, postato appena appresso), l'epifania del divino, la sua irruzione sulla terra. Mircea Eliade lo sapeva bene (la Romania è terra di mille risorse, non solo di lavavetri e badanti) e il suo entusiasmo di studioso 'delle vette' (spesso contestato da chi arranca nelle 'salite' e scivola nelle 'discese') dovrebbe portarci, non dico a interessarci al 'fenomeno' religioso o a 'testarlo' dal vivo, ma almeno a considerarlo come uno dei marchi che ci differenzia dagli altri esseri viventi. Che poi questo 'entusiasmo' non sia altro che il Dio che scalpita in noi sia pur dissimulato (si vada all'origine del termine) è qualcosa che molti, nel bene e nel male, provano e manifestano sempre più in ogni parte del mondo, in maniera più o meno plateale.
Nel campo cristiano il più noto di questi fenomeni è il pentecostalismo, che, insieme agli altri, minoritari, movimenti di 'entusiasti' religiosi (i carismatici, cattolici e, in diversi casi, anche nelle chiese protestanti e riformate 'storiche') coinvolge, nelle varie sfaccettature di questo 'arcipelago' religioso, circa settecentomilioni di persone (oltre mezzo milione in Italia, dove è un fenomeno ancora marginale, ma in crescita). Per parlarne, visto che su di esso, come in tutto quello che riguarda la religione, specie da noi c'è un'ignoranza e un pressapochismo a dir poco abissali (anche tra i mass-media: 'ciechi' che guidano 'ciechi'...) dedicherò l'intero 'numero' a dare i 'numeri' (ma dietro il numero c'è Dio...), utilizzando un 'tralcio' del mio Gocce di pioggia a Jericoacoara (il di più rispetto al 'saggio' vero e proprio è dovuto al fatto che è un romanzo, con personaggi, una storia, dei sogni...). Si legga in particolare l'inizio, con due 'stralci' tratti dall'Ornamento delle nozze spirituali, il capolavoro di Ruysbroek, un mistico medievale, che prefigura (sono forse il primo ad averlo 'scoperto', già una quindicina di anni fa
ne ho parlato nell'introduzione a un libro sul 'fenomeno pentecostale') una 'riunione' pentecostale dei giorni nostri (di quelle più 'accese'): la fiaccola dello Spirito è passata di mano in mano nel corso dei secoli...
Passando dal
fuoco (lo Spirito Santo) all'acqua (la 'Parola': la Bibbia): buon viaggio nell'oceano 'carismatico-pentecostale' (e non dimenticate il salvagente: ma è dolce naufragare in questo mare...)



giovedì 20 novembre 2008

L'occhio indiscreto

IL PORTO DELLE NEBBIE








Un sito e un blog sono dei porti sicuri nell'oceano-web: consentono l'attracco al navigante (anche al naufrago) e permettono, una volta approdati, di esplorare nuovi territori e fare anche degli 'acquisti'.
Nel caso specifico, anche nuove opportunità di lavoro. Il banner allegato non è per caso: è un esempio di come, se si hanno dei 'talenti' (anche il più piccolo: si veda nella parabola dei talenti, nei Vangeli - l'importante è non sotterrarlo...), è possibile farli fruttare: è difficilissimo far conoscere il proprio pensiero, farsi pubblicare un libro, manifestare le proprie 'abilità': ma la 'rete', quando non irretisce, riesce anche a far produrre, fosse pure a 'rate'. Naturalmente, non tutto è denaro, anzi dobbiamo dare più spazio all'anima in questa società dis-animata (a cominciare dalle famiglie, prese anche giustamente, da problemi innanzitutto 'basici': d'altronde, se non si soddisfano prima le esigenze 'primarie' difficilmente ci si potrà dedicare ad altro...), nondimeno se si riesce a unire le esigenze della propria anima e del proprio spirito (sono 'istanze' differenti, anche se i più le confondono) con quelle 'materiali' la propria autostima - meglio, il senso della propria 'autoefficacia' - crescerà e tutto il sistema 'triadico' personale (corpo, anima, spirito) e 'interpersonale' (comportamento individuale, inferenze personali bio-psicologiche e influenze socio-ambientali) ne risentirà positivamente. Lo shalom (o la salus) è un 'fatto' olistico: è pace interiore, ben-essere, prosperità, felicità...


L’OCCHIO INDISCRETO

“Uno dei caratteri salienti delle società moderne è la strutturazione di nuove forme di potere e di controllo sociale fondate su base razionale… Al di là della razionalità o irrazionalità di tutti i ‘poteri’ che ci attanagliano (e della loro ‘autorità’ – exousia – dovuta ad ‘autorevolezza’ o a semplice forza – dynamis), fatto è che essi sempre più sostituiscono quello che era il ‘classico’ potere di controllo: la religione (che, in ogni caso, sopravvive, anche quando, apparentemente, dovrebbe ‘rendere liberi’). Ma di religione e, meglio (alla Karl Barth), di fede parleremo in seguito; qui torniamo al ‘controllo sociale’ d’impronta ‘laica’: un autore che su di esso si è soffermato con ‘occhio attento’ è certamente Michel Foucault, il geniale ‘profeta’ prefiguratore di fenomeni a noi contemporanei, se non riguardanti addirittura il futuro prossimo venturo.

L’opera in questione è “Sorvegliare e punire”, nella quale Foucalt studia il ‘Panopticon’, struttura carceraria della seconda metà del XVIII secolo, ideata, dal punto di vista architettonico, dall’inglese Jeremy Bentham (che era, peraltro, filosofo, giurista ed economista). Il Panopticon era di struttura circolare, ad anello, con l’alta torre di sorveglianza nell’atrio centrale. Ma la sua vera particolarità erano le celle: prive di sbarre e catene, si affacciavano proprio verso l’interno dell’atrio, convergenti, anche otticamente, verso la torre centrale, dove risiedeva il guardiano. Non dobbiamo però pensare a celle buie, anguste, con i carcerati rinchiusi e incatenati, bensì a ‘moduli’ totalmente illuminati, privi di qualsiasi elemento di costrizione come sbarre o catene (non dimentichiamoci delle simpatie illuministe del Bentham).

A questo punto può sorgere naturale la domanda, se questo sistema carcerario fosse sicuro ed efficace. La risposta è affermativa: il carcerato, in realtà, non ha catene fisiche, bensì psicologiche: essendo totalmente visibile dal guardiano della torre centrale – e per di contro non potendolo vedere – è tenuto lui stesso, in maniera autonoma, ad autodisciplinarsi, nella consapevolezza che, se fa qualcosa di illecito, potrebbe essere visto dal guardiano, in qualsiasi momento. Il sistema ‘panoptico’ (panottico: pan – tutto; optikòs – visivo) viene utilizzato, non solo per i malviventi, ma anche per affetti da turbe psichiche, malati in gravi condizioni fisiche e, addirittura, gli scolari indisciplinati (il maestro unico?). Il Panopticon ha grande effetto nell’ambito dei rapporti sociali: Foucault, nella sua opera, mette in risalto i contrasti tra i provvedimenti utilizzati in Europa nel XVII secolo durante l’imperversare della peste – assolutamente rigidi ed autoritari, discriminanti verso gli appestati e i lebbrosi (un revival della più bieca ottica medioevale) – e il panoptismo, fenomeno decisamente nuovo, per la prima volta in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo. E il potere dell’effetto panoptico era talmente efficace da definire queste nuove carceri non più ‘case di sicurezza’ ma ‘case di certezza’.

La società definita ‘moderna’ ha intrinseca l’idea di una forte razionalità. Si comincia a percepire in modo ben più consapevole come l’uomo sia sì l’artefice del proprio destino ma in realtà anche assoggettato a schemi mentali che lo rendono (inconsapevolmente) partecipe di un autocondizionamento. L’età moderna è caratterizzata dal mercato e dall’idea di stato: l’uomo, e solo l’uomo, può giostrare in questi ambiti (pur guidato, talvolta, da fili invisibili: e pensare che crede di essere libero, solo perché ha reciso i fili che lo ‘legavano’ al cielo!). Anche il protagonista del Panopticon è l’uomo, solo con la sua psiche e la sua razionalità. L’abile regia fa sì che i sentimenti siano pressoché comuni a tutti gli ‘attori’ dell’opera panoptica: il timore di essere scoperti, la consapevolezza di essere sempre e in ogni circostanza sotto l’occhio del sorvegliante, la coscienza di far parte di un meccanismo apparentemente più ‘sciolto’ rispetto ai classici sistemi di controllo, ma che in realtà agisce sugli ‘ingranaggi’ più intimi della nostra persona…

Il guardiano può anche non esserci, questo non importa, quel che vale è – effetto Pavlov – che chi fa parte del Panopticon abbia comunque l’intimo timore di essere scoperto.

Proiettiamoci ora nella società definita ‘post-moderna’ o ‘contemporanea’ (quella della fine dei grandi racconti – Lyotard), segnata dall’indebolimento delle pretese della ragione, età di plurivocità e polimorfia, dell’emergere di una pluralità di modelli e paradigmi di razionalità non omogenei (non ultimo il New Age, ora ‘discioltosi’ anch’esso nella ‘società liquida’), vincolati solo dalla specificità dei loro rispettivi campi d’applicazione. Età di un pensiero senza fondamenti, ‘liquido’ (non per questo sempre negativo: galleggiando sull’acqua si possono toccare nuove sponde…), epoca dell’epoché (della sospensione del giudizio), della decostruzione (anche in architettura: paradigmatico il Guggenheim Museum di Frank O. Gerhy, a Bilbao), della critica alla ragione strumentale che revoca il senso della storia e ne riconosce il carattere enigmatico. Soprattutto, forse, l’età in cui scienza e tecnica appaiono rischiose... Quest’ultimo punto sarà d’importanza rilevante per il proseguo di questo trattato.

Arrivati a questo punto, tra modernità (unità, consenso, universalismo, ragione) e postmodernità (differenza e alterità, dissenso e pluralità), appare lecito chiedersi se ancora oggi, alle soglie del terzo millennio, ci possa essere ancora qualche forma di panoptismo nella nostra società. Gli uomini del terzo millennio possono considerarsi totalmente liberi da ogni tipo d’influenza proveniente da chissà quale ‘entità’? Liberi di agire, pensare, di essere gli unici protagonisti della propria vita? Soprattutto in seguito alla diffusione dei mass-media a livello mondiale (il villaggio globale – Mc Luhan ci sembra ormai così lontano…), dalla radio sino alla televisione, ed infine Internet, l’opinione pubblica mondiale si è scissa in due grandi tronconi, com’è anche ovvio che sia di fronte a fenomeni di tal portata. Alcuni studiosi – i cosiddetti ‘massmediologi’ – nonché molti sociologi e addetti ai lavori ritengono che lo sviluppo del fenomeno ‘televisione’ prima, e Internet poi, siano segno di grande progresso da parte dell’umanità, se non proprio un chiaro segnale della libertà prometeica ormai ottenuta dall’uomo del terzo millennio.

Gianni Vattimo la pensava così già una decina di anni fa ”Internet è una rete senza centro, ma ci dà un premio: la libertà” (Telèma 8, primavera 1997). Così pure Paolo Guzzanti: “Archivio, piazza, mercato ma anche una miniera di idee. Qualcuno si chiede se la libertà dell’uomo potrà sopravvivere in un mondo dominato dalle macchine. Gli si può rispondere che la vera libertà comincia adesso: è quella offerta dalla possibilità di utilizzare i vari strumenti per comunicare, sperimentare, produrre. Non avevamo mai avuto tante chanches” (Telèma 8, primavera 1997).

E così potrebbe sembrare agli occhi dei più che il fenomeno Internet (ma anche la televisione in seconda battuta) sia un dispensatore di libertà e opportunità sotto tutti i profili immaginabili, dal lavoro all’intrattenimento e alla ricerca. Se è riconosciuto che la televisione, più di ogni altro mass-media, condiziona costumi, e a volte usi, di coloro che sono al di qua del tubo catodico, forse è solo Internet a far temere un vero e proprio timore di plagio e di controllo totale. Internet – capro espiatorio? – vede riversare su di sé le paure (consce e inconsce) che la società contemporanea comincia a manifestare nei confronti della scienza e della tecnologia. E questo, pur vivendo immersi nel cybermondo, pur consapevoli che il futuro sarà esclusivamente tecnologico, pur consci di essere saliti su di un mezzo che non avrà mai un capolinea. ’Fermate il mondo, voglio scendere!’ Prima un vagito, ora un grido: il timore di un inganno subliminale comincia a svegliare le coscienze…

Franco Ferrarotti ammoniva (rimango sempre nel secolo scorso): ”Attenti ai signori dei media, reinventano la realtà e possono colonizzarci l’anima. Siamo di fronte a un mutamento epocale: il passaggio dai vecchi strumenti di comunicazione di massa ai nuovi media digitali e interattivi. Ormai la realtà non viene semplicemente imitata, viene rielaborata, ricreata virtualmente, arricchita di alternative possibili, superata. Il cyberspazio sarà il regno della cooperazione anarchica tra libere coscienze individuali? Forse sì, ma c’è un pericolo: la colonizzazione dell’anima”. (Telèma 7, inverno ‘96/97).

“I buoi sono usciti dalla stalla. La privacy ormai è volata dalla finestra di internet...” – così il prof. Paul Skokowski durante una conferenza in Colorado (su L’Espresso del 6.5.99). Ma un altro saggista amante del paradosso – David Brin – ha controribattutto: “vanno bene le telecamere nascoste (...), certamente gli abusi diminuirebbero” (ibid.). Non ci sarà da stupirsi se un nuovo premio annuale è nato negli USA - a cura di Privacy International – quello del Grande Fratello... (ormai qui sta invecchiando – e neanche l’isola dei famosi si sente tanto bene…)

E allora? Cos’è Internet? È un ‘medium’ che ci dà la piena libertà d’azione o, al contrario, è il famigerato Panopticon del terzo millennio? Internet, ovvero the net (la rete), rete internazionale, fitta maglia di strade da percorrere in assoluta libertà, è una spirale che ci avvolge e c’intrappola? Per Piero Ostellino nella rete planetaria c’è un problema: la libertà. Già da qualche anno ogni individuo è il terminale di un inesauribile flusso di dati e messaggi. Ne trae maggiori opportunità di scelta o se ne farà manipolare? La società dell’informazione globale accrescerà gli spazi della democrazia, ma comporta il rischio che questa forma di governo inevitabilmente porta con sé: l’omologazione politica e culturale. George Orwell, autore di libri quali “La fattoria degli animali” o “1984”, ha affrontato, in tempi ancora non (troppo) ‘sospetti’, la possibilità di una umanità che sottostà, in pieno stile panoptico, a un guardiano, che c’è, oppure si pensa che ci sia, ma che non si vede. Proprio in “1984” Orwell parla di una società del futuro (per lui il 1984 era un po’ come per noi il 2044), che soggiace a un regime totalitario capace di giostrare con gli uomini come un burattinaio fa con le proprie marionette. E quel che è più colpisce, riesce a farlo quasi per induzione, pur non manifestandosi in maniera vistosa, pur non avendo un vero corpo di polizia che porti o tuteli l’ordine e la sicurezza tra i cittadini: questi si comportano in maniera totalmente autodisciplinata, perché hanno il timore di essere scoperti, sempre, in ogni circostanza, in ogni luogo, dall’occhio del Grande Fratello, il capo del partito, che nessuno ha mai visto, ma del quale nessuno può metterne in discussione l’esistenza. Il “Grande Fratello” altri non è che il guardiano della torre del Panopticon: influenza gli appartenenti al partito (i carcerati), senza bisogno di costrizioni o di manifestarsi pubblicamente (non sempre è così: c’è chi è fin troppo presenzialista e chi fa sentire la sua voce tramite interlocutori o presunte sue disposizioni, senza per questo farsi vedere se non attraverso filmati più o meno recenti o più o meno taroccati).

Edward S. Herman e il ‘mitico’ Noam Chomsky, docenti all’Università della Pennsylvania, in un’intervista di qualche anno fa al CORRIERE DELLA SERA, hanno testualmente affermato che Internet è il nuovo Grande Fratello di orwelliana memoria, che tutto osserva e tutto controlla, definendo la rete telematica come una vera e propria trappola (il flauto magico di Hamlin?). E per rimanere tra i semiologi, Umberto Eco non definisce forse il Computer (padre putativo di Internet) la Bestia, con non troppo celati riferimenti all’Apocalisse giovannea? E la tv via cavo non può forse produrre effetti panottici? E l’ipotesi, ventilata – e forse attuata – negli USA e in Gran Bretagna, di sorvegliare le baby-sitter con l’occhio tv a circuito chiuso per evitare maltrattamenti ai bambini, seppur motivata da drammatici fatti di cronaca, non è forse un ‘germe’ panottico, da sommarsi ad altri ‘marchi’ e ‘segni’ atti schedare i nostri comportamenti. Oppure, come spesso accade con i mass-media, a condizionare i nostri comportamenti fino a irreggimentarci (foss’anche con l’illusione di una libertà personale incondizionata). Dapprima a fin di bene, poi per indurci a fare la fine dei ‘porci di Gadara’ (che, invasati, pur essendo ‘in formazione’ ma non nella giusta ‘rotta’, affogarono in branco nello stagno: concetto ripreso da Ronald D. Laing, psicanalista radicale, dai Vangeli)?

Lo spazio a noi circostante condiziona i nostri comportamenti e le nostre azioni: il Panopticon di Bentham funzionava proprio per questo – perché lo spazio era strutturato e utilizzato in maniera tale da conseguire i risultati che ormai ben conosciamo. Nella società ‘contemporanea’ si parla molto della differenza tra spazio e luogo, luogo di transito e non luogo... Questo dello spazio, e del luogo in genere, è argomento che ci tocca molto da vicino: nelle metropoli dell’era post-moderna coglie il germe delle metamorfosi che quotidianamente accompagnano l’evoluzione dei centri urbani. Ma anche della noosfera (il 'mondo' del pensiero) in generale: superati i tradizionali modelli lineari di marca newtoniana e darwiniana, nella nuova sintesi solistica originata da questa insensibile rivoluzione in cui tutto è in relazione (la rete della vita di cui parla Fritjof Capra, intellettuale e scienziato ‘di frontiera’) potremmo realmente essere schiavi di un meccanismo panoptico, che non ha alcuna fisicità spaziale, che ‘vive’ in un non meglio definito ‘non luogo’, al massimo tra fibre ottiche e cavi telefonici. Non più il mitico Argo dai mille occhi, ma un solo grande occhio su mille teste... Foucault aveva visto giusto (sempre in “Sorvegliare e punire”): “Bentham sogna di fare una rete di dispositivi che sarebbero ovunque e sempre all’erta, percorrendo la società senza lacuna né interruzione”. Sì, abbiamo capito proprio bene: il sogno di Bentham era, secondo Foucault, quello di costruire una rete, una trama di dispositivi, ovunque e sempre, qui e ora; sì proprio una inter-rete (internet?), che è in ogni luogo e in ogni istante (un dio minore?).

Naturalmente, questa ‘figura’ del Panopticon prima, del ‘Grande Fratello’ poi (prima c’era il Leviatano, lo Stato-monstre, ma almeno era visibile...) ha suscitato intorno a sé grande interesse (e mille interessi), col suo grande fascino (charme: canto incantatore), il suo alone di mistero. Mille le domande. Come risposta, in molti si sono occupati della faccenda panoptica: aderenti a movimenti religiosi (i fondamentalisti della ‘grande cospirazione’), intellettuali dell’’ermeneutica del sospetto’, registi... C’è chi ha pensato bene di tradurre in pellicola vicende che parecchio hanno a che fare con il ‘Grande Fratello’: “Orwell 1984” e “The Truman Show” sono solo gli esempi più ‘diretti’ (ma la realtà supera, come al solito, la fantasia del grande schermo: l’aspirante attrice che, qualche anno fa, a Santiago del Cile, offriva ogni sua intimità quotidiana dalla casa trasparente appollaiata su un palo dà il senso dello zeit-geist, dello ‘spirito del tempo’ – ma ovviamente è anche questo solo la punta dell’iceberg). E poi, per rimanere a tecnologie già alla portata di tutti: i video-cellulari, la videosorveglianza dilagante, Echelon (il ‘grande orecchio’ della NSA – National Security Agency: “non è fantascienza, ci ho lavorato... La maxirete di spionaggio elettronico può intercettare telefonate, fax, e-mail...” Mike Frost alla CBS, fine febbraio 2000).

Come si è notato i riferimenti non sono dei più recenti: quel che accade oggi è sotto gli occhi di tutti. Eppure, internet serve ed è un servizio dalle occasioni uniche: gettando la rete (meglio che dire: “immergendosi nell’oceano-web” – al limite: “cavalcando le onde-web”. Le parole ‘forgiano’ la realtà…) si potranno portare a riva perle e altri tesori, anche nascosti. Se gli infidi occhi del mitico Argo si sono tramutati nei più innocui (e piacevoli) ‘occhi’ della coda del pavone, anche nella realtà di oggi il miracolo può avvenire: sono convinto che è ancora tutto (o quasi) nelle nostre mani (tralascio per il momento la 'rete di Indra' ovvero il 'tutto è collegato', con Dio 'sommo regista' delle convinzioni religiose e/o spirituali) e che siamo noi a decidere oggi se il nostro domani sarà un ‘domani panoptico’ e se con questo ‘occhio indiscreto’ potremo meglio scrutare l’orizzonte.


martedì 18 novembre 2008

È nata una stella

In principio era il Caos, poi fu il Cosmos: ma durò solo il tempo di un battito d'ala... Poi di nuovo il Caos - prima tonante poi Caos Calmo... Il mondo entrò in un cul de sac e ne uscì "andando oltre su una cometa di polvere bianca". Ci saranno pure le Mille luci di New York, le acque di Roma saranno pure rosso Trevi, ma "... in una città di due milioni e mezzo di scheletri, la presenza di qualche migliaio di viventi passa inosservata."*
Caos, Cosmos, Krisis... Ma cos'è questa crisi? Niente di particolare, se arriviamo alla 'radice' del termine (Krisis: scelta - discernimento), e se 'fermiamo' l'attimo fuggente (ma quello 'propizio', di qualità, il Kairòs). Diamo dunque fuoco alle polveri (quelle di Jay McInerney sono troppo 'bianche'), sperando (ma noi abbiamo fede...) che gli scheletri si rimpolpino e si ri-animino.
Partiamo dunque con il Blog: in attesa di altre risorse da far scaturire dal sottosuolo (alcune gratis, altre démi-free), un primo articoletto (si parlerà in seguito, prevalentemente, di 'crescita personale', psicologia, filosofia, teologia, architettura e 'territori' vari) e, dalla prossima volta, alcuni stralci di scrittura 'creativa' (o alla 'creatina', spero non 'cretina') tratti dal mio romanzo-saggio (inedito, per il momento): Gocce di pioggia a Jericoacoara (per chi è interessato, non solo alle 'gocce' ma all''intera pioggia', me lo faccia sapere: si può trattare...)

* (Aldous Huxley, La scimmia e l'essenza)


Nel Caos fiorisce una stella danzante

“Il Mc Donald’s all’angolo tra via XX Settembre e via Fiume è sbarrato da pannelli di legno come a Sarajevo (...) arrivano gocciolando sudore i ragazzi di mezza Europa (...) Tute Bianche, centri sociali e cani sciolti di varie razze”. Così un noto settimanale dipingeva alcuni momenti (i meno ‘bellicosi’) della ben nota Battaglia di Genova: la contrapposizione tra i G8 – a favore della mondializzazione – e gli anti-G8 – contro la globalizzazione e le temute conseguenze sui Paesi poveri: una contrapposizione totale di vedute su ambiente, salute, commercio mondiale. debito, finanza e tecnologia. Volendo sintetizzare i proclami dei giovani contestatori anti-G8 – il cosiddetto popolo di Seattle – il loro slogan è: Vogliamo cambiare gli equilibri del mondo.
Quest’evento, la cui onda lunga ha di nuovo fatto risacca sulla battigia delle nostre esistenze poco assolate (eppure, qualcuno abbronzato c’è), portando relitti d’ogni sorta, e-voca un’altra figura di contestatore non-global: Gesù. Sì, proprio Lui, Colui che ha rivoluzionato il mondo duemila anni fa, e la cui rivoluzione silenziosa ha fatto più rumore di tante battaglie... (circa i suoi epigoni, è un’altra storia… Ma anche – veltronescamente e oltre – leggenda, mito, realtà).
Se Cristo avesse cambiato le strutture (come, in gran parte giustamente, chiedono gli anti-G8) senza cambiare l’uomo, il caos avrebbe partorito solo ‘stelle fisse’. Ma Egli non si è limitato a un’opera esteriore (sia pur fondamentale), ha voluto cambiare l’uomo, rendendolo veramente una nuova creatura, una stella danzante (non solo 'polvere di stelle'): altruista, universalista se si vuole ma anche ‘radicale’ (collegato alle ‘radici’), solidale (e ‘sodale’, nel senso migliore del termine), amante della giustizia e… ribelle (non con la forza della violenza, ma dello Spirito e dei fatti –
fossero pure idee senza parole) contro ogni struttura di oppressione ed emarginazione...
Tornando al G8, è quindi vero che la rete di reciproca dipendenza tra tutte le attività umane (innanzitutto, quelle economiche, ma anche, non dimentichiamolo, quelle relative al pensiero) si è fatta stretta come la tela di un ragno, o la trama di un tessuto, per cui la libertà individuale è strettamente legata alla giustizia sociale (Tutto è Politica), ma la vera libertà, se pure è ‘antagonist
a’, scaturisce da una lotta (spesso angosciosa) combattuta essenzialmente nell’agone interiore per quanto poi microcosmo e macrocosmo siano strettamente inter-facciati (lo psicologo ‘socio-cognitivo’ Albert Bandura parla di una relazione ‘triadica’ tra comportamento, fattori personali interni in forma di eventi cognitivi, affettivi e biologici e ambiente esterno).
Il Cristo è sceso dal Cielo (per chi crede nel Vangelo, in questo ‘bel messaggio’ – euanghelion), Zarathustra è sceso dal monte. Scenderemo noi dalle nostre pianure per provare l’esperienza delle vette?


Alla prossima ('L'occhio indiscreto' - su internet - e poi, in seguito, stralci dal mio libro e tralci di Pensiero Positivo). Siamo ospitali: visitateci e portateci regali (commenti, proposte, iniziative).