Il viaggio dell’eroe (cover)
Questa è una cover (e non è un remix, è tale e quale). Perché riprenderla dal mare magnum dei blog? Perché, se è vero che “sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi” (Bertolt Brecht), tuttavia ora se ne ha davvero la necessità. Sono cambiati i tempi, c'è troppo fuma fuma... e quindi qualche eroe non guasta (del resto, ci sono tanti eroi nel quotidiano). E poi nel post ci sono tanti insegnamenti...
Bene, passiamo ai fatti (il post “eroico”). È
lungo, ma leggetelo e rileggetelo più volte, vi conviene... (non è una minaccia).
Pietrangelo Buttafuoco…
Perché proprio lui? Che c’azzecca? Non che non lo conosca, non è
proprio un ‘carneade’ (tutt’altro: per motivi ‘letterari’ ho avuto con
lui qualche scambio email – un vero e proprio gentiluomo siculo, tra
l’arabo e il normanno, anche un po’ vichingo), ma sarà l’assonanza
onomastica – l’ossimoro angelo/drago – con ‘eroe’ ed ecco che il nome del ‘fascio-comunardo’ è zompato fuori dalle uova del drago.
Sì, il concetto di ‘eroe’: l’ho ritrovato l’altro ieri leggendo l’ottimo “Il risveglio dell’eroe con la PNL” di
Robert Dilts e Stephen Gilligan, due guru della ‘trans-formazione’. E
sono tornato indietro nel tempo, quando, ancora digiuno di PNL e
‘derivati’, mi crogiolavo tra le “uova del drago” di Joseph Campbell,
Mircea Eliade, Richard Rohr, Vladimir Propp, gli stessi Jung e Hillman,
con le loro scorribande nei territori del mito, della fiaba, del ‘sacro’, della psiche, del ‘simbolo’, dello spirito, alla ricerca del sacro graal del “senso della vita” (quello ‘vero’, non quello tivvu o da News of the World).
Vorrei quindi iniziare su questo blog ‘ballerino’ un “viaggio dell’eroe”,
in cui, tra ‘sponsor’, angeli, dèmoni/demòni, principesse e briganti,
vi possa portare, a partire da “sentieri interrotti”, verso la “radura
luminosa”. Ma è un viaggio già iniziato… direte voi. Sì, è vero, questo
blog è una vera e propria promenade architecturale (più che altro, archetipica, o tipologica), ma questo è un nuovo inizio (senza tralasciare le quisquilie e pinzillacchere).
Bene,
per introdurre la figura dell’’eroe’ (ben diverso dal brechtiano
‘eroe’, quello di cui ogni nazione dovrebbe essere felice se non lo
avesse), ossia dell’uomo ‘risvegliato’, che riconosce la sua ‘vocazione’ ('chiamata' – "talento disotterrato") e le dà ‘fiato’, comincio dapprima da Propp e la sua “morfologia della fiaba” (tratto, per celerità, da Wikipedia).
Personaggi
Propp individuò 7 personaggi caratteristici delle fiabe:
- Eroe: protagonista che, dopo aver compiuto un'impresa, trionferà;
- Antagonista: l'oppositore dell'eroe;
- Falso eroe: si sostituisce all'eroe con l'inganno;
- Mandante: chi spinge l'eroe ad intraprendere la sua missione;
- Donatore: la guida dell'eroe, colui che gli dà un dono magico;
- Aiutante: chi aiuta l'eroe a portare a termine la missione ricevuta;
- Persona ricercata: premio amoroso; finale per l'eroe.
A
volte il donatore può essere anche l'aiutante, come il mandante può
essere anche antagonista a seconda, naturalmente, della fiaba.
Schema
Lo schema generale di una fiaba, secondo Propp, è il seguente:
- Equilibrio iniziale (inizio);
- Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione);
- Peripezie dell'eroe;
- Ristabilimento dell'equilibrio (conclusione).
Funzioni
Queste sono le 31 funzioni individuate da Propp:
1. Allontanamento: uno dei membri della famiglia si allontana da casa - es. il principe va in guerra;
2. Divieto (o ordine): all'eroe viene imposto un divieto (es. a Cappuccetto rosso viene proibito di passare per il bosco);
3. Infrazione: il divieto è infranto (es. Cappuccetto rosso passa per il bosco);
4. Investigazione: l'antagonista fa delle ricerche sull'eroe;
5. Delazione: l'antagonista riceve le informazioni;
6. Tranello: l'antagonista tenta di ingannare l'eroe;
7. Connivenza: l'eroe cade nel tranello;
8. Danneggiamento (o mancanza):
l'antagonista reca danno all'eroe (o viene a mancare qualcosa) – es. la
bella addormentata è punta a causa della maledizione di una vecchia
fata;
9. Mediazione: il danneggiamento o la mancanza vengono resi noti;
10. Consenso: l'eroe reagisce;
11. Partenza: l'eroe parte;
12. Funzione del donatore: il donatore mette alla prova l'eroe;
13. Reazione: l'eroe supera la prova;
14. Fornitura: il donatore dà l'oggetto magico all'eroe;
15. Trasferimento: l'eroe si trasferisce, o viene condotto sul luogo in cui si trova l'oggetto delle sue ricerche;
16. Lotta: l'eroe e l'antagonista ingaggiano direttamente la lotta;
17. Marchiatura: all'eroe è impresso un marchio;
18. Vittoria: l'antagonista è vinto;
19. Rimozione: l'eroe viene liberato dal danno o dalla mancanza iniziale;
20. Ritorno: l'eroe ritorna;
21. Persecuzione: l'eroe è sottoposto a persecuzione;
22. Salvataggio: l'eroe si salva;
23. Arrivo in incognito: l'eroe arriva in incognito a casa o in un altro paese;
24. Pretese infondate: il falso eroe avanza pretese senza fondamento;
25. Prova: all'eroe è imposto un compito difficile, una prova da superare;
26. Adempimento: il compito difficile è eseguito;
27. Identificazione: l'eroe viene riconosciuto
28. Smascheramento: il falso eroe o l'antagonista viene smascherato;
29. Trasfigurazione: l'eroe assume nuove sembianze;
30. Punizione: l'antagonista viene punito;
31. Lieto fine: l'eroe ottiene il premio finale; spesso si sposa o ottiene un regno.
Passo ora a un mio stralcio ‘teologico’ tratto da “Prendi la PNL con Spirito” (che è già un “viaggio dell’eroe” in sette giorni:
dallo stato ‘loffio’ allo stato ‘loft’… Ma il vero percorso dell’eroe,
in puro stille campbelliano-propp-hillmaniano è quello di Gocce di pioggia a Jericoacoara, lì dove ‘eroi’, angeli, demoni, sponsor, ostacolatori, draghi e… lupi mannari si sprecano):
Si può riunire solo ciò che è separato… Stabiliamo una morfologia del racconto – i discepoli di Emmaus – de-strutturando
le componenti, puntando essenzialmente su tempi, luoghi e funzioni dei
‘personaggi’. La ‘struttura’ del testo segue, significativamente (v.
Richard Rohr, ma pure il Propp della “Morfologia della fiaba”), il tema del ‘rituale’ d’iniziazione
(ma qui il processo è exoterico, più che esoterico), ovvero l’’ingresso
ufficiale’ del ‘ragazzo’ nella comunità degli ‘adulti’, dopo il voluto ‘abbandono’ nella boscaglia da parte dei ‘genitori’. Qui ritroviamo tutti questi temi:
– Separazione e partenza
(v. 13): l’’abbandono’, il ‘distacco’ dalla ‘madre’ (fagocitante),
ovvero da quella parte di ‘femminilità’ negativa che spinge al non
sapere, non pensare, non analizzare, non spiegare… (in questo caso, i
due discepoli disillusi che si allontanano, sia pur momentaneamente,
dalla comunità). Parlavano tra loro: la ‘discesa nel profondo’, l’’elaborazione del lutto’. Lo stesso giorno: il processo di ‘riflessione’ e l’eventuale ‘decisione’ spesso non ammettono dilazioni. Due di loro – sessanta stadi: al
di là della ‘lettera’, la portata simbolica (il ‘due’ come corpo e
anima, …manca lo spirito, oppure come ‘dubbio’ e ‘negatività in
generale; il ‘sei’ come ‘umanità’ in cerca del ‘sette’: il ‘riposo’, lo shalom, il Cristo) arricchisce il contenuto semantico e interpretativo.
– Il viaggio (vv. 14-27): la ‘discesa’, la ‘spirale’. Continua il ‘viaggio’ introspettivo dei due discepoli (dall’Io verso l’inconscio). Discorrevano: la parola umana che cerca un senso nella parola divina e un radicamento nella ‘Grande Storia’. Tristi:
la ‘ferita’, il crollo delle certezze, l’’umiliazione rituale’: il
ricordo dell’insuccesso, il riconoscimento della ‘ferita’, la
‘delusione’, e la loro reintegrazione in un orizzonte di senso, aiutano a ‘crescere’, a forgiare, fortificare. Si avvicinò: l’incontro. “L’essere
umano è smarrito, ma Dio viene a incontrarlo nel bel mezzo del suo
errare. Viene come sempre a cercarlo all’interno delle sue stesse
torsioni…” (‘Torna alla vita’, Simone Pacot). Gesù viene
(ma nell’AT è appellativo di Dio!). Il Cristo rimane ‘velato’ per chi
lo segue ma non è “nato di nuovo”, sia esso un suo seguace noto (Cleopa)
o anonimo (l’altro ‘discepolo’). Noi speravamo: l’’oppositore’, la disillusione che si oppone all’evidenza (delle Scritture) e alla testimonianza oculare (della donna). “O insensati”:
l’’uomo con la spada’ (la spada dello Spirito che taglia il ‘velo’, il
‘due’ che si fa ‘tre’: corpo, anima e spirito), la “lancia
insanguinata” (“Non doveva il Cristo soffrire…”).
– L‘arrivo (v. 28 - 32): il ‘centro’. “… egli fece come se volesse procedere”. La tentazione, il gioco delle parti. “Essi lo trattennero”.
La svolta, la ‘luce’ che fa fuggire l’’ombra’ (pur necessaria, specie
per una ‘svolta’: è pericoloso trovarsi a un ‘trivio’ – sacro a Pan – a
mezzogiorno, quando l’ombra diventa invisibile. Può scatenarsi un
attacco di panico…), la necessità di ‘suturare’ la ferita con il ‘filo’
di Cristo e l’’olio’ dello Spirito. L’affetto vince sulla ragione, il
“lato femminile” reintegra quello ‘maschile’, lo spirito si ‘separa’
dall’anima e, solve et coagula, rinnova la comunione ‘paolina’ corpo-anima-spirito. “Allora i loro occhi furono aperti”: il Cristo ‘svelato’. Il Kairòs, il momento dell’’intrusione’, l’esperienza ‘cosmica’, ‘oceanica’, delle ‘vette’. Fine del solo Chronos, ingresso nella ‘soglia’ del nuovo Aion, epifania del Divino, del ganz andere. Unica nella sua eccezionalità (“ma egli scomparve”), ma densa di prospettive…
– L’irradiazione (vv 33-35): “… tornarono a Gerusalemme.
Dal ‘solo Io’ al ‘Noi siamo’ (attraverso l’’Io sono’). La
trasformazione individuale porta dalla “Piccola Storia” alla “Grande
Storia”. La “voglia di vagabondaggio”, il “viaggio ai confini della
notte”, fa travalicare il ‘recinto’ e, pur tra ‘sentieri’
(heideggeriani), porta alla ‘radura’ (per alcuni, al “porto delle
nebbie”).
Dal caos interiore è nata la stella (anzi, la costellazione) danzante…
Passiamo ora al ‘mitico’ Joseph Campbell (non che Naomi non sia una favola…), con un bell’articolo incolla-copiato dal blog GrandiPassioni di Petar Rokic http://www.grandipassioni.com/2009/04/joseph-campbell-il-mito-nellesistenza-dellindividuo/, cui rimando, un
sito fresco di giornata (per me ...spero che il blogger, o ‘sitaro’,
non me ne voglia: d’altronde gli sto facendo pubblicità – non che ne
abbia bisogno, forse. E poi, a proposito di ‘sitaro’, e sitar, vedo che è
nelle mie corde: anche lui un coach-filo, e di quelli sopra le righe).
Joseph Campbell (1904 – 1987), grande studioso americano di Mitologia comparata, ebbe l’intuizione, geniale all’epoca, di individuare non le differenze, ma le somiglianze dei racconti mitologici, e religiosi, apparsi sul pianeta nelle varie epoche, descritti nella sua opera “L’Eroe dai mille volti”.
Campbell
studiò con cura le opere e la vita di Jung, il grande psicologo
svizzero. Questi, lavorando con un gran numero di psicotici, ne acquisì
informazioni sull’immaginario inconscio; poi, confrontandole con la
mitologia comparata, trovò sorprendenti somiglianze con l’immaginario
dei suoi stessi pazienti, addirittura un vero e proprio parallelismo…
allargando poi la ricerca a persone sane, si rese conto della
sostanziale presenza di schemi analoghi.
Campbell, approfondì il lavoro di Jung sul significato della Mitologia e dei simboli che essa rappresenta.
Alcuni passaggi significativi:
“Ritengo
che non ci sia più una sola Mitologia viva in ogni singola nazione, per
ogni singolo individuo, anche solo fermandomi all’Occidente. L’ordine
sociale moderno è essenzialmente secolare. Riconosciamo che le nostre
leggi non sono di origine divina. Non le spieghiamo in termini
mitologici. In passato, le leggi erano date da Dio a Mosé, ed espresse
nella Bibbia. Non abbiamo più niente di tutto questo. Persino le leggi
dell’Universo fisico non sono definitive, continuiamo ad avere nuove
scoperte, non abbiamo un’immagine definitiva dell’Universo.
Riguardo
alla psicologia del singolo individuo, abbiamo talmente tante fonti e
talmente tante opportunità nelle nostre vite, che non esiste una singola
mitologia valida per tutti.
Credo
che all’interno della società secolare, che è una specie di cornice
neutrale che permette all’individuo di sviluppare la propria vita,
purché non disturbi
ognuno
di noi ha un mito individuale che lo guida, di cui può essere o no
consapevole. Ecco il senso dello studio di Jung: quale è il Mito che sto
vivendo?”
Le immagini mitologiche mettono in contatto la propria coscienza con l’inconscio. Ecco ciò che sono. Quando una persona non ha immagini mitologiche, o quando la coscienza le rifiuta, quale che sia la ragione, rinuncia ad essere in contatto con la parte più profonda di sé. In questo, ritengo, sta lo scopo del Mito nel quale ognuno vive. Si tratta di trovare il Mito nel quale viviamo, conoscerlo, in modo da dirigere la nostra esistenza con competenza.
Quale è la chiamata della tua vita – lo sai?”
“Ho
una grande ammirazione per lo psicologo Abraham Maslow; tuttavia, in
uno dei suoi libri, ho trovato una specie di scheda di valori per i
quali le persone vivono, in base ad una serie di esperimenti
psicologici.
Mi
sentivo così strano, a leggerla, senza capirne la ragione… finché non
ho realizzato che questi sono esattamente i valori che la Mitologia
trascende.
La
sopravvivenza, le relazioni personali, il prestigio, lo sviluppo
personale, nella mia esperienza, sono esattamente i valori per cui una
persona ispirata dal proprio Mito non vive. Essi hanno a
che fare con gli aspetti biologici compresi dalla coscienza. La
Mitologia inizia là dove parte la follia. Una persona davvero dedicata
ad una chiamata, ad una missione, ad un credo, sacrificherà la propria
sicurezza, persino la vita, le relazioni personali, il prestigio, non
penserà neanche al proprio sviluppo personale; si abbandonerà
completamente al proprio Mito.
I cinque valori di Maslow sono i valori per cui vive chi non ha nulla per cui vivere.”
LA CHIAMATA
All’inizio,
il futuro Eroe conduce una vita ordinaria, comune… improvvisamente,
riceve la chiamata per entrare in uno strano mondo, che non conosce né
comprende, ma che in qualche modo lo attira.
La chiamata può
essere una minaccia alla propria Comunità, oppure un puro caso
fortuito. Altre volte, è un presagio, magari rappresentato da una figura
misteriosa, l’araldo…
Ad esempio:
Nel
Mito del Minotauro, Teseo viene a conoscenza della sua esistenza e
dell’orrendo sacrificio di vite umane che questi richiede.
Il
Buddha è semplicemente sfinito della sua vita di abbondanza, annoiato, e
decide di intraprendere il cammino nel mondo esterno.
Nell’Odisseo, Ulisse è “vittima” degli eventi, cioè del vento che l’arrabbiato Poseidone gli soffia contro.
In Matrix, Neo ha un’annoiata doppia vita, nella quale cerca il misterioso terrorista Morpheus.
In Guerre Stellari, a Luke Skywalker appare il messaggio d’aiuto della principessa Leila, trasmesso dal robottino C1-P8.
Talvolta,
l’Eroe rifiuta la Chiamata… questo, trasforma l’Avventura nel suo
opposto… intrappolato dalla noia, dal “lavoro quotidiano”, dalla
“cultura dominante”, il protagonista perde il potere di compiere
alcunché di significativo, e diventa lui stesso vittima da salvare.
Esempio
biblico è la moglie di Lot, tramutata in sale per essersi girata a
guardare la città da cui fugge, rimpiangendo la vita che abbandona,
disobbedendo ad un ordine Divino.
Tuttavia,
dopo un iniziale rifiuto, l’Eroe può accettare successivamente… come
Giona che, dopo aver rifiutato il richiamo del Signore, viene
inghiottito dalla balena… dopo esserne uscito, Dio gli parla dopo tre
giorni, e stavolta Giona lo ascolta.
IL SUPERAMENTO DELLA SOGLIA
L’Eroe
sta per superare la soglia tra il mondo che gli è familiare, per
entrare in uno nuovo, ignoto. La prima figura che incontra è
il Guardiano della soglia, che lo dissuade con forza dall’Avventura, lo
invita a restare, gli paventa i pericoli cui va incontro, l’insensatezza
della sua scelta, lo vuole proteggere.
È
una figura importantissima, perché permette all’Eroe di misurare il
livello di convinzione e di importanza che l’Avventura ha per lui.
Esempi:
In Guerre Stellari, lo Zio di Luke, che lo dissuade in ogni modo possibile, richiamandoli ai doveri verso la famiglia.
In Matrix, i poliziotti che nell’interrogatorio offrono una via d’uscita.
Nella
vita di ognuno, il genitore che ci invita a restare a casa, a non
rischiare, che ci protegge contro ogni genere di presunti pericoli…
Talvolta
l’Eroe entra in una nuova “Zona” attraverso una vera e propria
rinascita. Sembra che sia morto e rinato, oppure che la sua carne sia
stata lacerata… ne esce trasformato e pronto per l’Avventura.
In Matrix, Neo, dopo aver ingoiato la pillola rossa, subisce una vera ma orribile rinascita, anche fisica…
In ogni caso… superata la soglia… non vi è ritorno…
IL MENTORE
L’Eroe
ha dunque superato la soglia… dopo il brusco risveglio, si rende conto
di non poter tornare indietro, anche se magari lo desidera…
all’improvviso, appaiono coloro che lo accompagneranno per almeno una
parte del viaggio.
Innanzitutto,
il Mentore, il Maestro, colui che ha già percorso la via e conosce il
mondo misterioso ove l’Eroe muove i primi incerti passi.
Il
Mentore è una figura solenne, maestosa, in tutte le tradizioni: nella
mitologia classica è Hermes-Mercurio, nella cristianità è lo Spirito
Santo, per Dante nella Divina Commedia si alternano Virgilio e Beatrice.
Il
Mentore dà i primi preziosi insegnamenti, svela le prime arti, insegna a
muovere con più sicurezza in quello strano nuovo mondo, a rendere
presenti all’Eroe le risorse che egli già possiede, senza saperlo.
Spesso, insegna in modo misterioso, per nulla chiaro all’eroe-allievo…
ma a tempo debito ogni cosa si chiarirà…
GLI AIUTANTI MAGICI
Fin
dall’inizio del cammino, e talvolta prima ancora della soglia, l’Eroe
incontra figure benevole che lo aiutano… spesso lo accompagnano solo per
qualche passo, talvolta lo affiancano a lungo. In ogni caso, gli sono
di conforto e d’aiuto… un consiglio prezioso, un oggetto importante, una
conoscenza di valore… spesso addirittura sovrannaturali…
Sembrano
apparire dal nulla, e per questo vengono chiamati “aiutanti magici”,
eppure sono una presenza immancabile per ogni Eroe che si trova sulla
strada del proprio destino…
Nelle
leggende dei santi cristiani, questo è il ruolo della Vergine, che può
intercedere presso il Padre per averne la benvolenza; Arianna che dona
il filo a Teseo, permettendogli di uscire sano e salvo dal labirinto del
Minotauro.
IL SENTIERO DELLE AVVERSITÀ
Con
il sapere estratto dal Mentore, ed i consigli degli Aiutanti magici,
finalmente inizia il vero e proprio cammino, ove il mondo appare sempre
più ambiguo ed incomprensibile… l’Eroe viene sfidato a sopravvivere, a
superare orribili ostacoli, e, nel fare questo, la sua coscienza
aumenta; infatti, le prove sono simboli dell’iniziazione ai misteri
della vita, ed il loro superamento simboleggia l’auto-realizzazione
dell’Eroe, che diventa sempre più consapevole di sé e del suo potere.
Spesso,
durante il periodo delle Avversità o appena prima di esso, l’Eroe
incontra una figura misteriosa, l’Oracolo. Esso ha delle conoscenze
cruciali per il successo dell’Eroe, chetrascendono ciò che la mente, da
sola, può conoscere. Il linguaggio dell’Oracolo è misterioso…
simboleggia quanto nel profondo l’Eroe sa del suo essere più autentico…
per comprenderlo, deve accedere alla sua più autentica profondità, ad
un nuovo livello di coscienza… ove l’interpretazione delle parole
dell’Oracolo diventerà persino evidente
Nell’antichità,
gli oracoli, il più famoso dei quali era quello di Delfi, erano sempre
interpellati prima delle battaglie o delle decisioni cruciali.
SULLA STRADA DELLE AVVERSITÀ
Sulla
strada delle Avversità, l’Eroe viene messo alla prova… cosa è che
scopre davvero, decidendo di affrontare a viso aperto il pericolo, il
rischio, la sfida? La propria insospettata Forza; l’Avversità è un rito
di iniziazione, ma anche di “illuminazione”, svelando ciò che è presente
nell’Eroe, senza che lui stesso ne fosse consapevole.
La “Terra Promessa”, il punto d’arrivo, qua e là si svela, per brevissimi attimi…
A questo proposito, Matrix offre splendide metafore…
In
molti racconti e religioni, l’Eroe è letteralmente fatto a pezzi,
muore, almeno simbolicamente. Raggiunto il fondo, l’avventura sembra
conclusa nel fallimento.
La vicenda di Gesù Cristo è un esempio potentissimo.
La
morte dell’Eroe ha un enorme valore simbolico: colui che apparirà “al
di là della morte” non sarà, semplicemente, un Eroe con più poteri, più
conoscenze, ma un autentico Uomo Nuovo, del tutto trasformato,
pienamente consapevole della completa trasformazione che ha
avuto. Completamente se stesso.
Con la Rinascita, spesso ci sono due interessanti temi: “L’Incontro con la Dea” e la “Redenzione con il Padre”.
L’INCONTRO CON LA DEA
L’Eroe,
rinato, pienamente consapevole di sé, incontra la perfetta amata. In
molti racconti classici, ciò è simboleggiato dal Matrimonio Sacro, che
nelle Favole classiche è un tema simbolico ricorrente, il culmine.
Anche
nella vicenda della Madonna, nella cristianità, il concepimento senza
peccato può essere pensato come unione perfetta del femminile e del
maschile Divino: come dice Campbell “rappresenta la donna che riceve
l’ispirazione di creare nuova vita, attraverso una presenza divina”.
LA REDENZIONE CON IL PADRE
Tema
importante e frequentissimo, vero e proprio rito maschile di passaggio.
L’Eroe, separato dal proprio Padre, ha vissuto un’esistenza
inadeguata alla propria eredità, quindi alla propria eternità, al
simbolo stesso della sua vita.
Ad
esempio, Achille visse a lungo come una fanciulla, Parsifal come un
contadino; Mosé si trova tra “la gente sbagliata”, in Egitto, e deve
conquistarsi la strada per rincontrare il Padre.
La figura femminile può essere la guida, oppure è l’ostacolo che blocca.
Nella
cristianità, con la Crocifissione, il Figlio va direttamente al Padre, e
la Madre, ai piedi della croce, ne simboleggia la guida.
Nella saga di Guerre Stellari, Luke Skywalker, il figlio, rischia la vita per redimere il padre…
Scrive Campbell ne “L’Eroe dai Mille Volti”:
Ogni
incapacità a fronteggiare una situazione nella vita va considerata, in
fondo, una limitazione di conoscenza.Guerre e Rabbia sono prodotti
dell’ignoranza; i Rimpianti sono rivelazioni giunte tardi.
Il
vero significato del mito dell’eroe universale è la regola generale che
dà a uomini e donne, su qualunque gradino della scala essi si trovino.
[...]
L’individuo
deve semplicemente scoprire la propria posizione rispetto a questa
regola umana generale e lasciare che essa lo aiuti a scavalcare le mura
che lo circondano.
Chi e dove sono gli orchi? Sono le proiezioni degli insoluti enigmi della propria umanità.
Cosa sono i suoi ideali? Sono i sintomi della sua comprensione della vita.
[...]
La
difficoltà maggiore sta nel fatto che il nostro concetto di ciò che
dovrebbe essere la vita raramente corrisponde a ciò che la vita è
realmente.
[...]
Preferiamo
profumare, imbiancare, e reinterpretare, illudendoci che la mosca nella
pomata, il capello nella minestra, siano colpe di qualcun altro.
L’APOTEOSI
L’Eroe
ha superato le Avversità. Dilaniato, è morto e rinato. Ha reincontrato
il padre, si è con esso riconciliato; ha incontrato la Dea, il proprio
ideale, e riconcilia così il proprio lato maschile con quello femminile.
Infine – l’Apoteosi! La trasformazione è completa, egli è pienamente se stesso e consapevole.
Lo
dimostra l’ultima prova che deve affrontare, superata con assoluta
facilità; laddove il “classico” Eroe sente una vera e propria prova,
colui che ha raggiunto l’Apoteosi non incontra alcun ostacolo, non
commette errori.
La prova finale del Buddha, quando raggiunge l’Illuminazione, è una metafora straordinariamente potente.
Kama,
Il Signore della Lussuria, lo sfida con tre tentazioni, mandando tre
stupende fanciulle: Desiderio, Realizzazione e Rimpianto.
Il Buddha, però, non si identifica più con il proprio ego, ma con il Sé Universale, la Coscienza. Rimane immobile.
Kama, folle di rabbia, si trasforma nel Signore della Paura, lanciandogli contro l’arsenale di una spaventosa armata.
Il
Buddha, però, non è più una “persona”, non si spaventa. Si identifica
con tutto ciò che succede, fenomeni insignificanti come lance e spade
non possono distoglierlo.
Kama,
in apparenza battuto, presenta con astuzia la terza tentazione: il
Dovere. “Giovane Uomo, stai seduto sotto questo albero, ma tu sei un
Principe! Perché non governi il tuo popolo? Perché non sei sul trono al
quale appartieni?”
Neppure
questo mosse il Buddha. Abbassando il suo dito, tocca la Terra. Invoca
la Terra, la Natura stessa, a rendere testimonianza che lui È – con la
sua SEMPLICE PRESENZA è al centro stesso del Mondo. Con ciò, ha
adempiuto ai propri doveri.
Avendo
così l’Eroe raggiunto l’Apoteosi, e la conoscenza che ne deriva, come
si metterà in relazione al mondo da cui è partito? La risposta è ne IL
RITORNO.
Spesso
si pensa all’Apoteosi come al culmine del Viaggio dell’Eroe… cosa mai
resta dopo il raggiungimento di una particolare saggezza, o potere, o
rivelazione, che l’Eroe infine domina e vive?
Il Ritorno: una sfida, se possibile, anche più grande…!
L’Eroe
vive subito una tremenda domanda: come tornare indietro al mondo da cui
è partito, ed insegnare ciò che ha compreso? Come fare a tradurre in
parole l’esperienza, la comprensione grandiosa che ha avuto?
E’ un compito immane: è come descrivere una realtà tridimensionale in una fotografia…
Come
fare a parlare del valore assoluto della sua comprensione alle persone,
che insistono sull’evidenza esclusiva dei propri sensi?
L’Eroe
si chiede: Perché mai tornare in un mondo simile? Perché tentare di
rendere plausibile o interessante l’esperienza che ha avuto a persone
che non se ne interessano?
L’Eroe può persino sentirsi fondamentalmente uno sciocco davanti agli altri uomini indifferenti.
La
scelta più facile è di mandare all’inferno l’intera comunità umana e
ritirarsi nella caverna, nel luogo che rappresenta il suo sapere, e
richiudere in fretta la porta.
Quindi,
ora sa che, se dovesse decidere di tornare là da dove è partito, dovrà
nuovamente superare una difficile soglia, non inferiore a quella da cui è
partito.
L’idea
del Ritorno è che l’Eroe riporti nel mondo il suo potenziale, prima
inespresso che ha saputo far emergere. Questo tesoro va preso, ed
integrato nuovamente in una vita “normale”, “razionale”.
Immaginate
che un giovane, desideroso di diventare un famoso artista, lasci il suo
paesino in provincia, si rechi in una grande metropoli, magari
all’estero, ove incontra un grande artista che lo accetta come
discepolo… e che il nostro giovane, dopo anni di duro lavoro,
apprendimento, delusioni, riesca finalmente ad emergere con un suo,
proprio stile.
Finalmente,
eccitato, apre la sua prima personale mostra d’arte, non vedendo l’ora
di mostrare al mondo ciò che ha da offrirgli. E qual è la reazione del
mondo?… Il più assoluto disinteresse verso il tesoro che il nostro
giovane amico ha fatto emergere…
Qui,
sono possibili tre reazioni. La prima, è di mandare tutti all’inferno,
abbandonare la propria strada e tornarsene al paesello, con la coda fra
le gambe. Questo, è il “rifiuto del ritorno”.
La
seconda, è chiedersi “che cosa vogliono gli altri?” ed iniziare a
vendere agli altri ciò che essi vogliono… bene, il nostro amico ha
sviluppato l’abilità commerciale, sa vendersi, e continua a dirsi “va
bene, quando farò abbastanza soldi, farò ciò che davvero mi interessa”, e
questo naturalmente non succede mai, perché nel frattempo ha creato un
ostacolo alla propria creatività che viene pian piano persa. Se non
altro, ha una vita prestigiosa e riconosciuta. Questo è il “ritorno come
inteso dalla società e dal senso comune”.
La
terza reazione consiste nel cercare un modo, un’espressività, un
vocabolario, per trovare il modo di fare breccia negli altri, perché
essi accettino il dono nella misura in cui sono in grado di riceverlo.
Questo, richiede un elevato grado di comprensione degli altri, ed
infinita pazienza e creatività.
Joseph
Campbell: “se riuscite a fare anche un solo piccolo passo nella
società, con il messaggio che avete, riuscirete anche a comunicarlo per
intero. Io, questo lo so!”
Bene, dal prossimo post inizierà il tuo personale Viaggio con l'eroe. Comincia a spolverare la spada... (cercando di farti qualche taglietto: sai, l'iniziazione...).
Bene, dal prossimo post inizierà il tuo personale Viaggio con l'eroe. Comincia a spolverare la spada... (cercando di farti qualche taglietto: sai, l'iniziazione...).
Nessun commento:
Posta un commento