sabato 24 ottobre 2015

CAN’T FIT IN - Fuori dal coro e dentro la chorus line dei creativi culturali




CAN’T FIT IN
Fuori dal coro
e dentro la chorus line dei creativi culturali


Dal caos la stella danzante… Dirty dancing, save the last dance: fermate il mondo voglio scendere!
In questo periodo di apparente caos (caos apparente, forse appariscente, di fatto senza sostanza) quel che manca è l’anima: 

«In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto (…) È nel vortice del caos che dimorano gli eterni miracoli. Il tuo mondo inizia a diventare magico. L’essere umano non appartiene solo a un mondo ordinato, ma anche al mondo magico della sua anima (...) Ed è proprio l’inaspettato, il caos inquietante, a rivelare un significato profondo; e quanto più questo significato si fa manifesto, l’Anima perde il suo carattere impetuoso e coattivo.» (Carl Gustav Jung). 
 
Iniziamo qui un percorso di coaching evolutivo, qualcosa che sta maturando in sinergia con altri ‘cercatori’ e che prenderà forma in altri scritti (rinvio sempre ai miei – v. in rete, oltre che su questo blog). 
È giunto il momento di creare una rete (di Indra) di “creativi culturali” (gli interessati possono riferirsi ancora al mio blog o a: nickperck@hotmail.com).
Di seguito l’incipit del prossimo parto (a sei mani: queste sono le mie).

Dal Che al coaching: shock in my town…
Scioccati? Penso proprio di no. Più sciolti? Forse…
Lo scioglilingua, apparentemente senza senso, è un modo per sciogliere il ghiaccio spiazzando (per Gurdjieff si tratterebbe di un primo “shock addizionale”; Bandler parlerebbe di “interruzione di schema”, anche se stiamo solo all’inizio).
E proseguendo con i giochi di prestigio verbali: il mio passaggio dalla passione sessantottina per Che Guevara a quella, da Terzo Millennio, per il coaching è stata un’evoluzione o uno scivolone? Frutto del caso, disimpegno politico, un voler épater le bourgeois – scioccare a buon mercato – o tanto per fare il guru (de’ noantri)?
Frutto della passione: da Che Guevara a Gocce di Pioggia a Jericoacoara (il mio romanzo ‘coach’) – chic e choc.
Stop. Per non infilarmi in vicoli senza uscita o labirintici meandri, taglio la testa al toro e chioso (con Mishima, l’alter ego, a destra, di Che Guevara): «chi è sicuro del valore della propria causa non sente il bisogno della sua vittoria: il valore della causa ne segna già il trionfo.»

Bene, partiamo dai valori e dalla causa, ma senza trionfalismi: non so se l’avete notato, ma in questo “shock in my town” alla Battiato sono disseminati gli elementi essenziali di questo mio contributo al SET Coaching (Spiritual-Existential-Transpersonal) – tra poco sarò più esplicito.
Tuttavia, non possiamo passare ad argomento più ‘tosti’ senza prima chiederci: coaching why? Perché a qualcuno dovrebbe saltare in mente di praticare un’americanata come il coaching? Che importanza può rivestire in un contesto come il nostro, nel quale i problemi superano di gran lunga le soluzioni e non si può più perder tempo dietro a chimere e specchietti per le allodole?
E qui sta il punto! È proprio questo il tempo. Non vorrei ripetermi, ma ritengo essenziale quanto scritto nell’incipit del mio “PRENDI LA PNL CON SPIRITO! Tecniche e strategie della Programmazione Neuro Linguistica” (Armando ed.):
«Vere e proprie malattie sono diventate ormai modi di vita: l’esaurimento, la depressione, l’agitazione, i complessi d’inferiorità, l’impazienza, l’aggressività … la paura, l’angoscia (…) È penoso constatare quanti uomini siano ridotti a niente, rispetto a quello che potrebbero essere (…) La Folla e la Massa sostituiscono l’individuo cosciente.»
Così Pierre Daco. Ancor prima Ronald D. Laing, con il suo sempre attuale: «Nessuno oggi, uomo o donna, può mettersi a pensare, sentire od agire se non partendo dalla propria alienazione (….) L’umanità è estraniata dalle sue possibilità autentiche.»
Non solo: «… se la psiche è l’anima, e l’anima è il mondo dell’esperienza, come sostiene Aristotele, essa ci fa paura. Non ne vogliamo troppa o troppe varietà. La vogliamo ridotta a percezione e a immaginazione terrene, niente sogni a colori…»
Fatto è che, per condirla alla Cioran: «… la turba … è incapace di comprendere il rapporto esistente fra idea di vuoto e sensazione di libertà (…) sempre confonderà apparenza e sostanza.»
Ed è quel che capita spesso a ciascuno di noi: ci sentiamo vuoti, inconcludenti, confondiamo le priorità… E senza andare così nel ‘profondo’, basta masticare anche il semplice “pane quotidiano”: «Non riesco ad incominciare … Non riesco a concentrarmi come dovrei … Divento confuso e nervoso, mi sento oppresso … So che dovrei fare le cose diversamente, ma mi sembra di non essere capace di cambiare…» (J. Minninger – E. Dugan).
Per non parlare poi di mancanza di obiettivi, di carente messa a fuoco degli stessi, di desiderio e, insieme, incapacità di passare dallo stato attuale (KO) allo stato desiderato (OK). Insomma, la necessità di cambiare, il più velocemente possibile…

Quindi, il coaching, non solo è possibile, ma è, addirittura, augurabile. Ancor più auspicabile se questo programma strategico di crescita, cambiamento e autorealizzazione, specificatamente dedicato alla persona come “essere speciale” (di cui il coach avrà cura), assume anche tonalità transpersonali e spirituali: in questo caso, il ruolo da protagonista l’avrà, non l’Io del coachee (il cliente), ma il suo Sé, la sua essenza, il nucleo vitale a cui la persona ha abdicato da troppo tempo.
Occorre tornare bambini, fare sogni a colori, coltivare lo stato di curiosità, il senso di libertà e la voglia di crescita: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli!



sabato 3 ottobre 2015

START-UP: Teddy e Mrs Thompson







STARTUP
Teddy & Mrs Thompson
 
Si chiamava Mrs Thompson. In piedi davanti alla sua classe del quinto anno il primo giorno di scuola, disse una bugia ai bambini. Come la maggior parte degli insegnanti, guardò gli studenti e disse loro di amarli tutti alla stessa maniera. Ad ogni modo, quanto aveva appena affermato non era possibile, perché in prima fila, tutto scomposto nel banco, era seduto un ragazzetto di nome Teddy Stoddard. Mrs Thompson aveva osservato Teddy l’anno precedente e aveva notato che non andava d’accordo con gli altri bambini, che i suoi vestiti erano disordinati, sporchi, e che aveva costantemente bisogno di un bagno. Inoltre, Teddy era svogliato e indisciplinato. Il suo comportamento era così esasperante che a volte Mrs Thompson era tentata di punire il bambino con dei pessimi voti.
In quella scuola era previsto che gli insegnanti rivedessero per ogni alunno le schede relative agli anni precedenti. Mrs Thompson rimandava di giorno in giorno la lettura di quella di Teddy. Quando finalmente aprì il file, ne fu sorpresa. L’insegnante di Teddy del primo anno aveva scritto: “Teddy è un bambino brillante con la risata pronta. Lavora in maniera precisa e ha buone maniere… è un piacere stare con lui.” L’insegnante del secondo anno: “Teddy è uno studente eccellente, amato dai suoi compagni, ma è tormentato perché sua madre ha una malattia terminale e la vita a casa sua deve essere un inferno.”
L’insegnante del terzo anno: “La morte di sua madre è stato un duro colpo per lui. Cerca di fare del suo meglio, ma suo padre non dimostra molto interesse e la sua vita familiare inciderà negativamente su di lui se non si prendono provvedimenti.” L’insegnante del quarto anno: “Teddy è scostante e non mostra grande interesse per la scuola. Non ha molti amici e qualche volta dorme in classe.”
Da quel momento, Mrs Thompson si rese conto del problema e si vergognò. Si sentì anche peggio quando gli studenti le portarono i regali di Natale, tutti avvolti in bellissimi nastri e carte lucide, eccetto quello di Teddy. Il suo regalo era maldestramente avvolto in una pesante carta marrone che aveva ricavato da una busta della drogheria.
Per Mrs Thompson fu penoso aprirlo in mezzo agli altri regali. Alcuni bambini cominciarono a ridere quando l’insegnante trovò un braccialetto di cristallo di rocca con alcune pietre mancanti, e una bottiglia piena di profumo solo per un quarto. I bambini smisero di ridere quando lei esclamò quanto fosse bello il braccialetto, lo indossò e si picchiettò un po’ di profumo sul polso. Teddy Stoddard, quel giorno, rimase un po’ di tempo in più dopo l’orario di lezione solo per dire “Mrs. Thompson, oggi avete il profumo che portava mia mamma.”
Quando i bambini furono andati via, Mrs Thompson rimase sola a piangere per almeno un’ora. Da quel preciso giorno smise di insegnare come leggere, come scrivere e come far di conto. Cominciò, invece, ad insegnare ai bambini. Mrs Thompson faceva molta attenzione a Teddy. Quando lavorava con lui, la mente del bambino sembrava ravvivarsi. Più lo incoraggiava, più era pronto nelle risposte. Alla fine dell’anno, Teddy era diventato uno dei bambini più brillanti della classe e, sebbene Mrs Thompson avesse detto all’inizio dell’anno di amare tutti i suoi alunni allo stesso modo, Teddy era diventato uno dei suoi “preferiti”.
Un anno dopo, Mrs Thompson trovò un messaggio sotto la porta da parte di Teddy, che diceva che lei era ancora la migliore insegnante che il ragazzo avesse mai avuto in tutta la vita.
Trascorsero sei anni prima che ricevesse un altro messaggio da Teddy. Diceva che aveva finito la scuola superiore, che era il terzo della classe e che ancora la considerava la sua migliore insegnante.
Quattro anni dopo, Mrs Thompson ricevette dal ragazzo un’altra lettera, in cui le raccontava che, sebbene le cose a volte fossero state dure, aveva continuato a studiare, vi si era dedicato anima e corpo e presto si sarebbe laureato al college con la lode. Inoltre, assicurava a Mrs Thompson che era ancora lei l’insegnante migliore di tutta la sua vita... Passarono altri quattro anni e arrivò un’altra lettera. Stavolta Teddy spiegava che, dopo essersi laureato, aveva deciso di proseguire ancora gli studi. Nella lettera ribadiva che considerava ancora Mrs Thompson la sua migliore insegnante. Adesso il suo nome era un po’ più lungo, la lettera era firmata Theodore F. Stoddard, medico.
La storia non finisce qui. Ci fu ancora un’altra lettera quella primavera. Teddy raccontava di aver incontrato una ragazza e di avere intenzione di sposarsi. Spiegava che suo padre era morto un paio d’anni prima e si chiedeva se Mrs Thompson avrebbe acconsentito a sedere, al suo matrimonio, al posto solitamente riservato alla madre dello sposo.
Naturalmente, Mrs Thompson accettò. In più, indovinate cosa fece?
Indossò il braccialetto, quello con le pietre mancanti. Inoltre, si premurò di indossare il profumo che la madre di Teddy aveva indossato l’ultimo Natale che avevano trascorso insieme, come ricordava Teddy.
Si abbracciarono e il Dr. Stoddard sussurrò all’orecchio di Mrs Thompson:Grazie, Mrs Thompson, per aver creduto in me. Grazie mille per avermi fatto sentire importante e per avermi mostrato che potevo fare la differenza.Mrs Thompson, con le lacrime agli occhi, gli sussurrò: “Teddy, ti sbagli. Sei tu che hai insegnato a me che potevo fare la differenza. Non sapevo insegnare fino a quando non ti ho incontrato.