sabato 28 dicembre 2013

NITE-LITE HI-FI PENSIERI DI FINE ANNO




NITE-LITE HI-FI
PENSIERI DI FINE ANNO


Così vicina è la gloria alla nostra polvere
così vicino è Dio all’uomo
che quando il Dovere sussurra: Tu devi!
l’uomo risponde: Io posso…
(Ralph Waldo Emerson). 
Bene, chiudo l’anno con questa citazione illuminante (nel senso delle luci dell’albero di Natale, non delle solite palle pseudo-natalizie). È un augurio, ma anche uno sprone all’attività oltre ogni oltre possibile delusione o disillusione attuale. 
Ed è anche un inno all’entusiasmo (en Theos: il Dio dentro…). Per questo, sempre di Emerson (senza Lake & Palmer), ti cito quest’altra:
Ogni grande e importante momento negli annali del mondo è sempre il trionfo di un entusiasmo. Il pensiero è il fiore, il linguaggio il boccio, l'azione il frutto.
Che non sia che il 2014 succeda questo…
Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite. (William Blake)
Sì, ci saranno sempre i problemi, ma:
Col complicarsi dei problemi, si vanno perfezionando anche i mezzi per risolverli. (Josè Ortega Y Gasset)
Sarà che sono un sognatore, ma io so che il 2014 sarà fatidico (oltre il fato, forse a casa delle fate). D’altronde:
La casa della poesia non avrà mai porte. (Alda Merini)
In ogni caso, nel 2014, almeno per me e chi ha patria in questo blog, sarà un anno sacro. Non potrà essere altrimenti, perché, per dirla con Nicolás Gómez Dávila:

Respiro male in un mondo non attraversato da ombre sacre.  

...E non appena ti sveglierai il Primo dell’Anno stàmpati in mente (e nel cuore, anche nelle gambe e nelle braccia) queste parole e vedrai che qualcosa succederà (già dal due gennaio…):

Puoi essere più grande di qualsiasi cosa ti possa accadere
Rifletti: l’idea di successo è sempre nella tua mente. Trovala…
(Norman Vincent Peale)
Ma ricorda questo, è sempre il buon Peale (che non perde mai il vizio) a dirlo: 
Chiedi a Dio ciò che vuoi, ma sii disposto ad accettare quello che Dio ti dà, perché potrebbe essere meglio di ciò che tu hai chiesto...

mercoledì 25 dicembre 2013

CHRISTMAS SONG



CHRISTMAS

SONG

         euro assenzio e birra     


Non c’è cosa più deprimente dell’appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell’appartenere a una moltitudine nel tempo. (Gómez Dávila)
Scelgo di vivere per scelta, e non per caso.
Scelgo di fare dei cambiamenti, anziché avere delle scuse.
Scelgo di essere motivato, non manipolato.
Scelgo di essere utile, non usato.
Scelgo l'autostima, non l'autocommiserazione.
Scelgo di eccellere, non di competere.
Scelgo di ascoltare la voce interiore, e non l'opinione casuale della gente.
(Eileen Caddy)
 
Oggi, compleanno dello Spirito fattosi Uomo, non potevo saltare l’appuntamento col blog: ormai appartengo a una moltitudine nel tempo. Ultimamente le uscite si sono diradate, ma il 31 gennaio mi sarò liberato di un impegno lavorativo diventato ormai insopportabile e potrò dedicarmi di nuovo alle mie passioni intellettuali: riuscirò di nuovo ad ascoltare la voce interiore, e non l'opinione casuale della gente.            
Per oggi un déja vue (déja écrit), ma ne vale la pena.

Ventuno dicembre, solstizio d’inverno. Ventuno grammi: il peso dell’anima. "... se la psiche è l'anima, e l'anima è il mondo della nostra esperienza, come sostiene Aristotele, essa ci fa paura. Non ne vogliamo troppa o troppe varietà. La vogliamo ridotta a percezione e a immaginazione terrene, niente sogni a colori". (R. D. Laing).
Anima disanimata, parole senz’anima. Questo spesso è lo ‘spirito’ del Natale. Ma il Natale può essere altro, e ‘oltre’: Anche ultra (o ultrà). L’importante è che dietro lo specchio delle parole ci sia un’anima. Meglio, anima e sangue.
Sì, bloody Christmas (anche un po’ blue&green). Natale rosso vitale – anche Babbo Natale si è tinto di rosso: che sotto sotto non sia anche lui un ultrà? Carne e sangue: non solo sangue dei vinti (come in molti siamo tuttora – ‘sconfitti’ all’interno della lotta, o teatro, o cosmo, o caos, dell’esistenza), ma sangue dei vincitori.
Natale al sangue (non ‘esangue’). Sang real. Come quello di Aung San Suu Kyi. In attesa dell’instaurazione (o restaurazione), dopo tanta retorica, del modello di uomo e donna ‘persuasi’ – come direbbe Michelstaedter: la ‘persuasione’ dell’individuo (indiviso) autentico vs la ‘retorica’ dell’(in)dividuo (diviso) inautentico. Il Pensiero ‘diversificato vs il Bispensiero ‘unico’. E last but not least, un Natale eclar, cristico e solare, vs il Natale d’accatto e d’achat.
In sintesi (senza psicanalisi), una modalità di vita ‘vera’, pregna di senso e di valore, vs la falsità, la banalità, la massificazione, il vivere pseudomoderno basato sulla platitude di un sapere e di un vivere inautentico, impersonale, non creativo, come quello della tecnica, del consumismo e del mordi e fuggi su SUV con la protesi-cellulare incollata a orecchie sempre più insordite.
OK. Orecchio, occhio, good vibrations. Toti e Tata. Vi titillo, dopo tante quisquiglie, con due pinzellacchere: una mia, l’altra, più ‘corposa’, tratta per copia e incolla da un post di Alessandra Colla, una cui il Natale non si attacca proprio… 

Blue in green. Kind of blue. L’atmosfera si fece rosé. Fuori, buio assoluto (la luna dormiva, le stelle erano in libera uscita). A frotte sciamarono dalla discoteca, danzando, cantando, urlando (eppure sembrava s’udisse solo un sottile suono di silenzio). Si sparsero nelle strade, corsero sui muri, scivolarono sui tetti… A piedi, in bici, in moto (le macchine, appiedate). Cristo e l’arte della manutenzione dell’anima.
Tutti furono toccati. Soprattutto, i cuori. L’aria fu tutta impregnata, saturata, ossigenata. Cominciò a piovere. Diluvio universale (per il momento solo un inizio di piovasco estivo. Ma quante nuvole all’orizzonte!). Nessuna sirena nella notte, solo musica e danze. Preparate il vitello grasso (anche solo un’insalatona).
Il cielo s’illuminò. Solo un lampo. Eclar. I lampioni, più luminosi del solito. La luna si affacciò al verone (ma Firenze continuava a dormire). Le stelle si precipitarono sotto di lei (non tutte: Florence sogna e c’era chi sognava con lei. Anche chi flirtava all’ombra dei portici – del cielo).
Pioggia a catinelle. Diana inciampò in un barbone (e le stelle a guardare. Anche la luna, ritrosa). Poco mancò che cadesse (il marciapiede, per di più, era scivoloso). Non si allontanò. Si avvicinò ancor più. Nessuno la trattenne. Volle dargli un po’ d’amore. Ma si limitò a carezzarlo con affetto, carità. S’inginocchiò, lo guardò negli occhi. Pianse. Lui sorrise. I suoi denti erano più bianchi delle perle.

Socchiuse la porta della toilette sbirciando da una parte e dall’altra per assicurarsi di non essere vista da nessuno, e scivolò veloce lungo il corridoio per rientrare nel suo ufficio. Dalla più grande delle sale riunioni arrivava il brusìo festoso del rinfresco offerto dalla direzione, ma lei non vedeva l’ora di immergersi nuovamente nel silenzio della sua stanza, lontano da tutta quell’ipocrisia luccicante che le toccava subire ogni benedetto dicembre. Pazienza per il Capodanno: anche se non ricordava di essersi mai veramente divertita in quelle occasioni di allegria forzata che le mettevano addosso la voglia di scappare. Ma il Natale proprio no. Quello sì che era insopportabile, con le sue troppe luci, i troppi sorrisi, la troppa gentilezza — tutta roba destinata a finire in uno scatolone da portare in cantina e tirar fuori l’anno dopo, alla faccia dei buoni sentimenti.
Finalmente al sicuro dietro la scrivania, contemplò il calendario. Era soltanto il 21: mancavano ancora quattro giorni — lunghi, noiosi e minacciosamente traboccanti di telefonate, messaggi e biglietti d’auguri ai quali le sarebbe toccato rispondere. Qualcuno bussò alla porta, e lei si tuffò dietro il pc per dare l’idea di essere una persona molto impegnata. La porta si aprì lasciando spuntare un paio di teste sorridenti: «Ma come, è ancora qui?!? Le abbiamo portato qualcosina, se proprio non ce la fa a liberarsi e a venire di là con noi…» e una delle segretarie le mise sul tavolo un piatto di stuzzichini e un bicchiere di champagne. Poi scapparono via in un turbinìo di volants e paillettes — un cocktail in ufficio, che occasione di sfoggio…
Si tolse dalla faccia il sorriso di circostanza, e si riadagiò sulla poltrona (ergonomica e lussuosa, servirà pure a qualcosa essere in carriera, no?), sospirando. In realtà di lavoro da fare ne aveva sul serio, e parecchio. Ma in quei giorni prefestivi sembrava che la gente non ci stesse più con la testa, e anche le cose più semplici diventavano inspiegabilmente complicate. Avevano tutti quell’espressione indisponente, come bambini che già avessero combinato una marachella o che ne stessero architettando una, ma grossa grossa… E non c’era angolo in città che non fosse afflitto da qualcosa di scintillante o di rosso o di tintinnante, come se l’unico pensiero fosse — dovesse essere! — per forza quello del Natale col suo strascico di stucchevoli rituali.
Guardò l’ora, e andò ad aprire la porta: il brusìo si era smorzato, e gli uffici lentamente si svuotavano. Richiuse e andò alla finestra: giù in strada tutti sciamavano verso casa, impazienti di dare inizio al lungo ponte festivo. A lei, di andare a casa, non importava poi un granché — non l’aspettava nessuno, neanche un cane o un gatto. Nemmeno una pianta, per la verità: quelle che aveva gliele curava il portinaio, che si premurava di fargliele trovare sul pianerottolo il venerdì sera, con le foglie lustre e ben innaffiate, pronte a fare bella figura nel fine settimana. Non in tutti i fine settimana, naturalmente: perché spesso era fuori casa, in viaggio da sola o con qualcuno.
Se le avessero fatto notare che la sua indipendenza si avviava pericolosamente a far rima con solitudine, si sarebbe messa a ridere. Stava bene così, lei. Diceva. Forse lo pensava davvero: anche se le capitava raramente di pensare a se stessa. Si trattenne ancora un po’ a sistemare le ultime cose, poi chiamò un taxi e scese alla svelta. Ebbe la fortuna di trovare un tassista introverso — o semplicemente appassionato di radio, dal momento che la teneva a un volume troppo alto per fare conversazione. Durante il tragitto, più lungo del consueto a causa del traffico, ebbe modo di farsi una cultura sul solstizio in corso — vero, il 21 dicembre è il solstizio d’inverno, e la mente le si affollò anche di leggende ed equinozi e vaghe reminiscenze di geografia astronomica, tanto che si ritrovò sotto casa senza quasi accorgersene. Pagò il tassista, che ebbe la compiacenza di non augurarle un bel niente, e salì in casa.
La sera la trascorse uguale a mille altre sere, nell’appartamento curatissimo in cui soltanto il calendario denunciava l’avvicendarsi delle stagioni. La mezzanotte giunse veloce, e poi passò; non mancava molto alle due quando si decise ad andare a letto, dopo la routine di libri e film che le tenevano compagnia quando non c’era nessuno con lei, e mentre si preparava per dormire fu attratta da un insolito tremolìo nel cielo stellato che riempiva la finestra: l’aria era gelida e cristallina, e lassù all’undicesimo piano la notte sembrava in qualche modo diversa. Si avvolse in uno scialle e uscì sulla terrazza, guardando il cielo incuriosita come se fosse la prima volta: sul nero implacabile della notte d’inverno le stelle baluginavano incerte, e il fenomeno la sorprese. A un tratto, con la coda dell’occhio, colse un movimento strano, come quando si scorge per caso una stella cadente — siamo a dicembre, che sciocchezza! Ma il movimento strano si ripeté dopo qualche istante, e finalmente riuscì a capire: là dove prima aveva visto una stella, ora c’era soltanto il buio. L’idea le parve così assurda che non riuscì a staccarsi da dov’era, e rimase col naso in su, a contemplare incredula quello che sicuramente doveva avere solo immaginato. Ecco, di nuovo: era sparita un’altra stella. E poi, lentamente, una terza, e poi ancora un’altra e un’altra…
Attonita — no, spaventata — pescò nella tasca della tuta il cellulare (e chi avrebbe chiamato? la polizia? i carabinieri? i vigili del fuoco? a chi si telefona quando sparisce una stella? bisogna fare una denuncia?) e si avvide che ormai erano quasi le tre: e intanto piano piano, lentamente, le stelle sparivano lasciando la notte sempre più buia, e l’alba sembrava così lontana e chissà quando sarebbe sorto il sole a squarciare quelle tenebre… Ma se le stelle si stavano spegnendo, che sarebbe successo al sole? È una stella, no? Si sarebbe spento? Cioè, sarebbe sorto ancora? O era già sparito anche lui? Si accorse che stava battendo i denti, e non soltanto per il freddo; sentiva di avere gli occhi spalancati dal terrore, ormai, e non più dal semplice sforzo di vedere nel buio. Rientrò precipitosamente, mentre il cervello pulsava frenetico alla ricerca di un appiglio razionale che le permettesse di contenere il panico. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era “luce”; e d’un tratto le vennero in mente le cose che aveva sentito per radio, e insieme a quelle anche gli echi di vecchi racconti e i ricordi delle serate in famiglia, quando era bambina e le carte da scegliere nel mazzo erano così tante da non poterle contare…
Il cielo s’incupiva sempre più, lentamente ma senza posa, mentre lei rovesciava i cassetti e vuotava le scatole nel ripostiglio, alla ricerca dell’unico rimedio che avrebbe rimesso le cose a posto — forse… Forse?!? Finalmente, dal fondo di un sacchetto di nastri, carte da regalo e cianfrusaglie, emerse una candelina rossa, infiocchettata di verde, con un campanellino d’oro un po’ ammaccato. Reggendola trionfante fra le mani corse in cucina e l’accese sul fornello; poi corse sul terrazzo e la levò alta verso il cielo sempre più nero. Rabbrividiva — e non soltanto per il freddo — mentre ripeteva il gesto antico per scongiurare un terrore altrettanto antico: la fiammella tremolava nella notte, e aveva le mani ghiacciate.
A un tratto, con la coda dell’occhio, percepì qualcosa nelle tenebre che la sovrastavano: volse la testa di scatto ed ecco, là dove c’era il buio, brillava debolmente una stella. Poi, dopo un tempo interminabile, apparve un altro bagliore, e poi pian piano un terzo e un altro ancora, e il cielo non fu più un drappo denso ma un velo scintillante. Ora non sentiva più il freddo, e le labbra gelate le si stirarono in un sorriso spontaneo mentre restava lì, in piedi sul terrazzo, ad aspettare l’aurora. Sarebbe arrivata, lo sapeva; e dopo di lei l’alba e finalmente il sole — un sole tutto nuovo, trionfante nella luce che avrebbe spazzato via quelle ore cupe, rese ancora più buie dalla paura di una notte senza fine. All’orizzonte, il cielo si tinse lentamente di un lilla tenue che sfumava nel lavanda e poi in un rassicurante rosa pesca. L’alba era prossima, e con essa il nuovo sole.
Sbadigliò: era ora di andare a riposare, perché il giorno dopo sarebbe stato pieno di impegni — scrivere auguri e comprare regali e addobbare la casa. Natale è già qui.
P. S. Buon Natale e Buon Anno Nuovo.

sabato 9 novembre 2013

FERMATE IL MONDO… VOGLIO SALIRE!



FERMATE IL MONDO… VOGLIO SALIRE!



“… talvolta, negli uomini e nelle donne, c’è qualcosa che salta subito agli occhi, che appaga il nostro senso estetico e spirituale. Qualcosa che, al di là della bellezza esteriore, è come una luce che viene da dentro e illumina tutto. È quella serenità, quell’equilibrio, quel senso di appagamento che riesce a coniugare impegni ed aspirazioni, pubblico e privato, in cui ognuno sente di poter regalare qualcosa di se stesso perché ha imparato finalmente a volersi bene.” (Roger Peyrefitte)

Volersi bene... Sì, volersi bene: non il "volemose bene" da una botta e via, ma qualcosa di più sostanzioso. Non il volemose bene di certa politica "mordi e fuggi" e di certo nostro tran tran quotidiano, tra una pacca sulla spalla e una pugnalata alla stessa (meglio allora la pacca sul sedere). un volersi bene di petto, pancia, cuore, midolla...
Sì, prima di voler bene al prossimo dobbiamo voler bene a qualcuno ancora più prossimo (noi): dobbiamo imparare a volerci bene. 

Benem proseguiamo il viaggio all’interno di questo blog in continuo divenire, un blog rock’n’roll:
“Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione (…) Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita.”
Sì, il nostro è un viaggio al termine della notte (prendo spunto da Céline, lo scrittore maledetto – ma neanche Peyrefitte scherzava…). Se non altro, stai avendo una benedizione dietro l’altra: hai visto la luce… 
Dai, scherzo, celio… (ma con Céline c’è poco da scherzare!) Dicevo, il viaggio è utile, fa lavorare l’immaginazione… (ma anche la luce che viene da dentro e illumina tutto fa parte del viaggio: un itinerario interiore alla scoperta di sé, utile per portare allo scoperto la tua vera essenza…).

Sì, quel che importa è, non solo il traguardo – il Peak State – ora non più un miraggio, ma anche lo stesso viaggio. Perché? Ci sarebbero diverse risposte, ma quella più pertinente è, appunto: fa lavorare l’immaginazione. Da quando mi segui, infatti, stai pensando, non solo con il cervello razionale (l’emisfero sinistro), ma con il cervello immaginifico (quello destro).
E non solo fumus… ma fatti: l’elaborazione dei dati, le tue scelte, le tue decisioni sono diventate di giorno in giorno: rapide, sintetiche, percettive, intuitive, focalizzate verso il traguardo.
Inoltre, avendo riattivato l’emisfero cerebrale destro (era attivo quand’eri un bimbetto tuttifrutti, poi si è pressoché spento, se non altro opacizzato), sei diventato senz’altro più creativo. 

Quindi, sei già a un ottimo punto – in piena performance – dal momento che, non solo hai appreso diverse nozioni e tecniche per te, non dico sconosciute, quanto meno latitanti, ma sei entrato in un’atmosfera molto più ‘ossigenata’.

Dai, insisti... biondo (sai… l’acqua ossigenata – scherzo, i giochi di parole mi prendono e io non so dire di no!). 
Sì, insisti: light your fire! (qualora, per qualche motivo, dopo uno start brillante non ti senti più smart…): più ti applicherai (leggendo, rileggendo e di lì diramandoti su altri libri o navigando sul web – ci sono molti utili approdi), più i tuoi progressi saranno rapidi e successful…  
Sempre che tu ci metta impegno, determinazione e applichi con costanza le strategie che ti ho insegnato, valide come primo approccio al cammino verso lo “stato desiderato” e per il conseguimento dei tuoi obiettivi.

Devi metterci focus (attenzione, concentrazione, intenzione) e momentum (l’impulso per il passaggio dalla fase di ideazione a quella di attuazione, un impulso da tenere sempre costante, sempre in fase on, mai off, semmai, in qualche momento, in fase stand-by, o se vuoi di epoché).  
Soprattutto, devi metterci passione e desiderio.  
Devi essere hot like fire! (vai su YouTube e approda al pezzo di Aaliyah: ti darà la carica…) 

Cosa sta accadendo? 
Stai acquisendo il metodo grazie a cui, tra l’altro, per citare di nuovo Peyrefitte, stai trovando quella serenità, quell’equilibrio, quel senso di appagamento che riesce a coniugare impegni ed aspirazioni, pubblico e privato, in cui ognuno sente di poter regalare qualcosa di se stesso perché ha imparato finalmente a volersi bene.

Bene, alla fine di questo breve viaggio hai ormai aperto (per il momento virtualmente: d’ora in poi… dalle parole ai fatti) tutto il ventaglio delle possibilità: come hai visto non c’è solo destra e sinistra (parlo del ‘cervello’), c’è anche ‘sopra’ e ‘sotto’ (spirito e materia – mente conscia e mente inconscia, per non parlare del superconscio e della Supermind…). 
Finora avevi utilizzato a tuo favore quasi esclusivamente la mente conscia: ossia ben poco, se consideri che essa è responsabile di forse neppure il 5% dei tuoi comportamenti. 
Non ci credi? Lo so, sembra assurdo, ma in noi, esseri ‘razionali’, oltre il 95% del comportamento è condizionato dalla mente inconscia (sarà un caso, ma mediamente anche il 95% delle tue promesse non sono state mantenute – non ti preoccupare… Ora ti sta capitando il contrario: magia della PNL con spirito!). Perciò, puoi continuare a desiderare, consciamente, di cambiare… ne senti l’impulso, lo “slancio vitale”, ma la mente inconscia ti tiene al palo, alla catena: non quello che vogliofaccio, ma quello che odio, quello faccio… (san Paolo)


Sì, stai provando sempre più il desiderio di emergere, di liberarti di ogni incrostazione e correre nudo verso la meta… ma a livello inconscio rimarrai sempre ‘vestito’ (di pezze) e legato alla tua meta terra terra se non cambi il tuo programma inconscio (forse non te ne sei accorto, ma la sottile “ipnosi eriksoniana” ‘emanata’ da queste pagine ti sta pervadendo…) riuscirai ad agire in modo differente.
Ripeto, devi commutare il tuo programma inconscio (come ho letto da qualche parte, ben oltre l’80% dei vincitori di lotterie sperpera tutto il denaro: è condizionato a livello inconscio ad essere squattrinato...). La tua metànoia (trasformazione e rigenerazione) ti porterà alla meta – e da uomo a metà che eri, diventerai uomo intero…
In ogni caso, se la spinta a fare qualcosa nasce nel tuo inconscio (man mano che metabolizzi i concetti, tutto quel che desideri pianta il suo seme nel tuo inconscio), per realizzare il tuo obiettivo l’impulso (l’iniziativa) dev’essere conscio.
“Ciò che è consueto intesse intorno a noi una ragnatela sempre più solida, e presto ci accorgiamo che i fili sono diventati funi (…) Per questo lo spirito libero odia tutte le abitudini e le regole, tutto ciò che è duraturo e definitivo… (Nietzsche).
Slegati la testa… corri nudo verso la meta!

Impara a visualizzare: renderai ogni tuo desiderio ‘presente’, legato all’oggi. In questo modo, avvicinerai il futuro e ripescherai dal passato.
Creati un’immagine chiara di ciò che desideri e ‘colorala’ di emozioni. Comunque, non rinviare, poni tutto nel presente.
Rilassati, comincia a ‘galleggiare’, lasciati andare… Pensa intensamente a ciò che desideri…
Creati un’immagine mentale di ciò che desideri, visualizzala intensamente: colorata, suggestiva, carica di emozioni…
Pensala, sentila, al tempo presente, oggi, così come tu la desideri (il ‘volere’ indica ‘carenza’, il ‘desiderio’ attira…).
Immaginala come se (già esistesse, fosse tua…), sentiti nella precisa situazione in cui desideri essere.
Focalizza l’obiettivo, lanciagli energia positiva, fa’ affermazioni positive (sì, è mio… ho raggiunto il traguardo!), abbi fede!
Come ormai ben sai, l’inconscio possiede un potere (quasi) illimitato. Sfruttalo con l’aiuto della visualizzazione… Per fare cosa? Per esempio, per modificare mentalmente il contenuto dei ricordi negativi, che tu ricostruirai in modo da farli diventare positivi. Come? 
1. Sostituisci la tua sensazione di fastidio (ansia, panico, vergogna) o le immagini negative con una sensazione positiva attinta al pozzo (di san Patrizio? O il vaso di Pandora?) dei tuoi ricordi (va bene anche una situazione piacevole o energizzante solo immaginata, che visualizzerai con tutte le submodalità accese – oppure, se la persona ti faceva sentire a disagio, perché troppo importante, supponente o, semplicemente, fastidiosa, immaginala con i riccioloni biondi, le guance paffute e rubizze…).  
2. Modifica (azzerandole, addolcendole, rivoltandole come un guanto) le parole che nel ricordo ti possono aver ferito o ossessionato (sei un buono a nulla… come maschio sei uno zero assoluto… sei una grande… Trasformale rispettivamente in: sei buono, pronto a tutto… sei un maschio ‘alfa’… sei grande grande grande…).
Quindi, grande è la forza della suggestione. Questa agisce sull’inconscio, che, a differenza della parte conscia (consapevole), non è in grado di discernere, ossia di fare differenze, in quanto, per l’appunto, ‘inconsapevole.
Ma non sempre questo è uno svantaggio: chi sa ‘manipolare’ l’inconscio mediante la suggestione (un’ipnosi ‘sottile’) riesce a ottenere ciò che desidera... 

Un esempio di suggestione negativa: cominci a parlare di lavoro e ti viene il mal di testa. Perché? Perché associ il lavoro alla stanchezza e al mal di testa (e lo ‘affermi’ spesso e  il lavoro mi sta rovinando la salute!). Hai gettato questo seme nel terreno (fertile) del tuo subconscio e questo ha germogliato. Non subito però. È rimasto al buio fin quando la luce della parola ‘lavoro’ ha illuminato il subconscio e ha fatto 'germogliare’ la tua emicrania…
Magia? Sì, magia della parola… Però, più che volere quella cosa, devi agire sull’immaginazione e sulla forza del desiderio. La volontà nulla può sull’inconscio, ma il desiderio è incantatore… (charmant: dal latino carmen – canto ipnotico, affascinante, la Carmen di Bizet…). 
Non agire con la ‘forza’ ma con l’’inganno’ (trick), oppure con la suggestione…
Che fastidio, che voglia di grattarti… Più pensi al prurito più aumenta: invece, guardalo, avvicinati con lo sguardo al ‘prurito’ (rendilo quasi ‘materiale’…), osservalo, prendilo in mano, guardalo di nuovo, poi con colpo di medio sul pollice fallo volare via. Il prurito non c’è più…

Continua… (tratto dal mio Prendi la PNL con Spirito! Tecniche e strategie della Programmazione NeuroLinguistica – Armando Editore)