sabato 9 marzo 2013

PERLE DI SAGGEZZA



PERLE DI SAGGEZZA


Tra Pearl Harbour e Pearl Jam




“Tiri una leva. Schiacci un bottone. Non ci capisci niente e a un certo punto muori e basta.”



“Io giro intorno a Dio, intorno all’antica torre – e giro per millenni – e ancora non so se sono un falco, una tempesta o un lungo canto.” 

Girare intorno a Dio, girare per millenni, e non curarsi di nient’altro. Giocare con le stelle… Sto cominciando a farlo con assiduità. Prima per aspera ad astra, ora astra ad libitum.

Freie liebe! E Frei? Lui aveva partorito la stella danzante: «...di tutte le conoscenze che ho fatto, una delle più preziose e feconde è quella con Lou. Soltanto dopo averla frequentata sono stato maturo per il mio Zarathustra.»

E anch’io sono maturo per il Progetto. È una sorpresa (almeno per me, ma anche gli altri erano ancora ai preliminari). Diana lo spacchetta, lo srotola, lo dipana, ce lo spalma addosso: “Quando Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È stato al fight club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.”      

Niente è statico. Tutto va a pezzi. Evitiamo di cospargerci il capo di cenere: siamo troppo ebbri. E non voglio nemmeno dormire. “Per anni ho desiderato addormentarmi. Quella parte dell’addormentarsi che è spegnersi, rinuncia, disfacimento. Ora dormire è l’ultima cosa che voglio.”

Sono in pieno  caos. Meglio… vuol dire che il parto (della stella) è ormai vicino. E io che credevo di essere sterile… Posso partire (anche senza bagagli – l’attrezzatura ce l’ho addosso). Passion flower.


“Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione (…) Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita.”

Un giovane andò da un maestro e gli chiese: «Quanto tempo impiegherò per raggiungere l’illuminazione?»

«Dieci anni» rispose il maestro.

Il giovane rimase di stucco: «Così tanto?» fece, incredulo.

«No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni» corresse il tiro il maestro.

Il giovanotto, sempre più stupito: «Ma perché hai raddoppiato la cifra? Già dieci anni sono troppi!»

Il maestro, senza battere ciglio: «Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno almeno trenta…»



«Il cammino verso l’illuminazione è facile o difficile?»

«Né l’uno né l’altro.»

«Cioè?»

«Il cammino verso l’illuminazione non esiste.»

«E perché? Alora, come si viaggia verso l’obiettivo?»

«Non si viaggia. È un viaggio senza distanza. Smetti di viaggiare e sei arrivato.»



«Esiste qualcosa come un minuto di saggezza?»

«Certamente – rispose il maestro – ma un minuto è di certo troppo corto… e cinquantanove secondi troppo lungo»

Ai discepoli sconcertati il maestro disse poi:

«Quanto tempo ci vuole per scorgere la luna? …E allora perché tutti questi anni di sforzi spirituali? Per aprire gli occhi ci può volere tutta la vita. Vedere accade in un lampo»


A Mullah Nasruddin – il leggendario maestro delle parabole sufi, scaltro ma di tanto in tanto fuori fase – era giunta voce che la moglie lo tradisse. E gli avevano anche indicato il luogo (sotto la grande palma appena fuori città) e l’ora degli incontri clandestini (a mezzanotte in punto). Non sapeva però chi fosse il rivale.

Il pensiero del tradimento e la gelosia lo divoravano giorno dopo giorno. Ormai la sua era diventata una fissazione, una mania…

E dal giorno della triste rivelazione aveva cominciato a soffrire di fobie e attacchi di panico; per non parlare degli stati d’ansia, della vergogna (erano ormai molti mesi che non frequentava più nessuno per paura dei commenti) e della depressione che lo buttava sempre più giù. Era ridotto a uno straccio…

Un giorno prese il coraggio a due mani e disse fra sé e sé: «Devo far fuori il mio rivale!»

Si preparò psicologicamente a puntino, si rimise in sesto, disse in anticipo le preghiere riparatorie, si armò di tutto punto e andò di soppiatto sul luogo deputato. Era quasi mezzanotte: luna piena, nessuno intorno, solo una leggera brezza e il sommesso vocio degli animali notturni. Salì sulla palma e, fucile in mano, iniziò ad aspettare. Mezzanotte: niente; mezzanotte e mezza: ancora niente, nulla di nulla. Ma lui imperterrito era sempre più carico di rabbia e di indomito coraggio. L’una, le due, le tre, l’alba… All’improvviso, il flash: «Ma io non ho moglie!»


“Ciò che è consueto intesse intorno a noi una ragnatela sempre più solida, e presto ci accorgiamo che i fili sono diventati funi (…) Per questo lo spirito libero odia tutte le abitudini e le regole, tutto ciò che è duraturo e definitivo…" (Nietzsche).

Due scuole zen avevano ciascuna un bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi due bambini, mentre si recava al mercato per acquistare della verdura, incontrava l’altro lungo la strada. Un giorno uno dei due si fermò e domandò all’altro: «Dove vai?»

«Vado dove mi portano i miei piedi» fu la risposta.

Il primo bambino, interdetto, non sapendo cosa pensare, andò a chiedere consiglio al suo maestro.

«Quando domattina incontrerai quel bambino – gli suggerì l’insegnante – fa’ la stessa domanda di ieri. Se lui ti darà la stessa risposta, allora tu domandagli: fa’ conto di non avere i piedi… in questo caso, dove andrai? Questo lo spiazzerà e così non ti prenderà più in giro».

La mattina dopo i bambini s’incontrarono di nuovo per strada. «Dove stai andando?» domandò di nuovo il primo bambino. «Vado dove soffia il vento» rispose l’altro. 
Di nuovo il piccolo rimase senza parole e. sempre più sconcertato, ritornò dal maestro raccontandogli come, ancora una volta, avesse perso al partita. 
«E allora chiedigli dove va se non c'è vento...» gli suggerì il maestro.
L'indomani i due bambini si incontrarono ancora una volta.
«Dove vai?» fece il primo
«Vado al mercato a comprare la verdura» fece l'altro.

Ci incontriamo agli angoli delle strade. Poi saliamo nelle stanze e chiudiamo le finestre. Spegniamo le luci e accendiamo le nostre passioni. Col forcipe dello spirito recidiamo le sbarre dell’anima e liberiamo i nostri corpi. Stiamo in silenzio. Nessuno sforzo. Notti di marzo…

Ci incontriamo negli autogrill. Poi ripartiamo e torniamo nelle nostre alcove. Scendiamo solo per accendere l’aurora. Circonfusi dei suoi raggi, ci incontriamo al buio di case ignote alla città – centrali, periferiche, ma sempre lontane dal cicaleccio urbano. Gridiamo. Con strazio. Albe di marzo…

I luoghi che attraversiamo, che ingoiamo, sono sempre più reali, nella loro cupa irrealtà quotidiana. Luoghi dell’anima in città senz’anima. Spazi muti tra suoni vuoti, angoli dello spirito in cucine del ventre. Lì pasteggiamo a pane e champagne. Bisbigliamo. Nessuno sfarzo. Mezzogiorni di marzo…

Apriamo le finestre alla luna, le chiudiamo al sole, ma cerchiamo la luce. A volte piangiamo, a volte ridiamo, a volte danziamo, ma la sapienza è sempre la nostra compagna. E da camerata spavalda ci dà gran pacche sulle spalle e buffetti sulle guance. 
Combattiamo. Senza ambasce. Sciamiamo. Senza angoscia. Filiamo la tela. Facciamo follie. Andiamo a folle. Giorno e Notte.


“… talvolta, negli uomini e nelle donne, c’è qualcosa che salta subito agli occhi, che appaga il nostro senso estetico e spirituale. Qualcosa che, al di là della bellezza esteriore, è come una luce che viene da dentro e illumina tutto. È quella serenità, quell’equilibrio, quel senso di appagamento che riesce a coniugare impegni ed aspirazioni, pubblico e privato, in cui ognuno sente di poter regalare qualcosa di se stesso perché ha imparato finalmente a volersi bene.” (Roger Peyrefitte)


A proposito di volemose bene. Grillo ha sparigliato le carte. Ha mandato tutto a carte quarantotto. Morto che parla. Dead man walking.

Chi? I vecchi leader? O chi, della vecchia guardia, ha fatto carte quarantotto per sedersi sullo scranno?

Questo mondo ha bisogno di leader…

Che usino la loro influenza al momento giusto per le ragioni giuste;
che guidino se stessi con successo prima di tentare di guidare gli altri;
che continuino a cercare la risposta migliore, non quella consueta;
che aggiungano valore alle persone e all’organizzazione che guidano;
che gestiscano se stessi con la testa e gli altri con il cuore;
che conoscano la via, la percorrano e la mostrino;
che ispirino, motivino invece di intimorire e manipolare;
che si imbattano in ostacoli e li trasformino in rimonte.

(John C. Maxwell)



Dove vai? Chi ti porta? Sei un leader o un follower? Dove vanno i tuoi piedi, la tua mente, il tuo cuore, il tuo fegato…


N. B. Le altre citazioni: da Nietzsche, Céline, Rilke, Fight Club e dai miei “Gocce di pioggia a Jericoacoara”, “Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo?” (ined.), “Prendi la PNL con Spirito!” e “La PNL per tutti i giorni”.




 

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