(KULTUR vs ZIVILISATION)
«I ragni» dice Tyler, «fanno le uova e le larve si innestano nella pelle. Tanto per dire quanto può essere brutta la vita.» Ragni, tarantole, tarantelle… Arlecchini e pulcinella. Mancano i Pierrot… No, burlesque, ci sono: sia quelli ‘antichi’, maestri di astuzia e doppiezza, sia quelli tristi, melanconici, innamorati della luna. Anche se adesso vanno di moda i primi. Ma c’è chi fa la tripletta: i tempi sono maturi per scartare l’avversario e fare goal. Sì, c’è sempre chi ti fa lo sgambetto, chi insiste con la melina, chi cerca di farti andare in fuorigioco… ma se sai fare i dribbling e sai tessere la tua ‘ragnatela’ anche tu potrai fare le tue uova le uova del drago. Quelle di Buttafuoco (di nuovo 'smarcato)? O di Draghi (marcato a vista)? Boh, purché non siano drogate. Di polvere ce n’è fin troppa. E questa volta potrai partorire, non più larve, ma nuove idee, sia pur embrionali: d’altronde, l’uovo è simbolo di rinascita. Di rinascita cosmica (basta con le comiche e il coma assistito). E per un papi che esce c’è una ruby che entra. Del resto, meglio Ruby (mora) che papi chulo (non è più cool).
«Quando Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È stato al fight club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.» Sì, la possibilità di assumere il ‘controllo’. Innanzitutto, di noi stessi, poi delle situazioni intorno a noi, poi del mondo… Per fare questo, come sostiene il pensiero ‘strategico’ (il cosiddetto “costruttivismo radicale”, la stessa PNL), è necessario che si passi dal ‘cogito-centrismo’, ossia dalla centralità del pensiero rispetto alle azioni (l’insight, la ‘coscientizzazione/razionalizzazione’ dell’agire, lo scavo nelle profondità della psiche, ecc) all’”action now”: prima bisogna cambiare l’agire, poi, successivamente, una volta che si è modificato il pattern percettivo–reattivo (ossia, si sono raggiunti risultati concreti), sarà molto più facile e produttivo modificare il pensare dell’individuo (e i relativi comportamenti: la Weltanschauung – visione del mondo – complessiva). Quindi, prima la forma (il cambiamento della ‘cornice’, il reframing), poi la funzione. Infatti, solo dopo che si è attuato il cambiamento, la cognizione consentirà di ripeterlo e applicarlo consapevolmente a tutte le situazioni, vecchie e nuove. Insomma, agiamo! Cambiamo! Give change a chance! Mutiamo prospettiva e punti di vista: l’importante è iniziare, sia pure con piccoli passi: anche un elefante può essere mangiato… – a piccoli bocconi, e non in solo giorno. In definitiva, prima la prassi (un po’ di scosse al ‘potere’), poi la teoria (il ‘manifesto’ del ‘partito’). È qui il senso della ‘bellezza’ del cambiamento.
“La bellezza è lo scarto che c’è tra lo stato di natura e quel ‘di più’ a cui siamo chiamati per essere davvero uomini. La bellezza è l’ideale che ci ricorda che non siamo fatti per vivere come bruti. È per questo che gli antichi la legavano al Bene e al Vero. Noi l’abbiamo dissociata. Il mondo, scriveva ne ‘L’idiota’ Dostoevskij, sarà salvato dalla bellezza. Una profezia che sembra ormai essersi rovesciata. Perché il culto della bellezza – sfruttata dal mercato, amplificata dai media, ostentata dal potere – produce un mondo che non è mai stato tanto brutto (…) A tal punto da ritenere che solo ciò che è bello abbia valore, sia degno di essere apprezzato, comprato, votato. Siamo tutti vittime di questo abbaglio. Perché si tratta di un'idea di bellezza vuota che si concretizza nel trionfo del brutto. In questo senso, più che salvare il mondo, la bellezza sembra averlo condannato. Come si è imposta una simile ideologia? La bellezza muore quando perde il legame con ciò che è buono e con ciò che è vero. E se non è più capace di fare cenno ai valori etici e morali diventa un guscio vuoto, appunto, qualcosa che inseguiamo solo per affermare noi stessi. Ma cos'è la bellezza, qual è il suo significato più autentico? È la cosa più inutile che esista, ma di cui non possiamo fare a meno. Senza bellezza perdiamo la nostra umanità, siamo ridotti allo stato di natura. E come insegna il mito biblico della caduta, lo stato di natura non è affatto il luogo da cui proveniamo, bensì quello in cui siamo stati cacciati. E dal quale perciò dobbiamo uscire. Ecco, la bellezza è lo scarto che c'è tra lo stato di natura e quel 'di più' a cui siamo chiamati per essere davvero uomini. La bellezza è l'ideale che ci ricorda che non siamo fatti per vivere come bruti. È per questo che gli antichi la legavano al Bene e al Vero. Noi l'abbiamo dissociata.” (Sergio Givone).
Gottfried Benn, invece, aveva fatto centro: “Lo stile è superiore alla verità: reca in sé la prova dell’esistenza.” Sì, anche nelle cose quotidiane occorre tornare al ‘Grande Stile’ (anche, e soprattutto, quando è minimal, brut). Per poi stilettarlo. Sfregiarlo, sfrangiarlo, friggerlo. Eros, eresia, eroismo, arte, ieraticità. Stile come humanitas. E areté. Se si vive con stile, si può facilmente passare dal baroque al minimal (anche al burlesque). Ruby ne ha in sé (almeno in fieri) le capacità, Noemi e Berluska temo di no (ma mai dire mai). Chi ha un’origine ‘antica’, ancestrale, di ideali ‘solidi’ (ancorché immobili o deteriorati e ‘ammuffiti’), come nel caso di Karima (il ‘passato’ di Ruby), rimane comunque in perenne tensione – roccheggiante – tra archetipo e futuro adveniente. E può ‘salvarsi’, pur rinnovandosi. L’importante è coniugare kalòs e agathòs: bene e bello, arte e tecnica. “Quando l’arte novecentesca, sovrastata dal sapere scientifico e dalla massificazione antielitaria dei processi di produzione industriale, incomincia a perdere la sua funzione di educazione estetica, di formazione del gusto, di relazione identitaria con i sentimenti, le passioni, la religiosità di un popolo, finisce per diventare un esercizio retorico individuale, ipersoggettivo, nichilista. L’arte non ha più nessuna funzione, e così pure quell’arte che si chiama architettura.” (Stefano Zecchi).
Come in alto, così in basso; a destra come a sinistra, volti verso il futuro ma con la memoria del passato. Amanti del nuovo, ma sensibili al fascino ‘antico’. Moderni e antimoderni, ossimorici anche nell’arte e nell’architettura. Minimalisti ma pur gaudenti (dello ‘stile’, e stiletto, alla Gaudì – santo subito! – e alla Frank O. Gehry. Ed è qui, nello stile, che il Berluska casca – non solo qui, a onor del vero…). La triade vitruviana firmitas, utilitas e venustas (con la concinnitas a far da volano) deve far da pendant alla triade baudelairiana “lusso, calma e voluttà”. L’architettura, come per Cecil Balmond, poliedrico guru dell’ingegneria, è “molto più che costruire edifici. La struttura dà significato alle cose. Persino quando devi sostenere una discussione a parole, se non hai la struttura, non hai nulla.”
Bisogna, alla fin fine, essere ben strutturati (anche nella de-costruzione). Soprattutto in filosofia (di vita). A Mammona bisogna preferire Sophia!
4 commenti:
post geniale... complimenti per la capacità di fondere e sintetizzare così tanti concetti.
Ma come mai questo blog è così poco visitato? Merita molto di più.
Fabrizio Cotza
Grazie per i complimenti. Certamente va avanti col passaparola. Forse è perché non gli dedico molto tempo. Ma grazie al tuo incoraggiamento e a quello di altri vedrò di pubblicizzarlo maggiormente. P. S. Dato che sei del campo, che ne dici dei miei due saggi? (Prendi la PNL con Spirito! - Armando e Che cos'è la PNL - Sovera). Sono molto particolari. Poi a marzo uscirà un romanzo ancor più particolare...
Nicola
Non ho avuto modo di leggerli, quindi non posso darti un giudizio. Ma ti confesso che non sono un grande amante della PNL, almeno per quella partre di PNL che conoisco io. E' troppo legata alla mente e rischia di amplificare una mia parte già iper-sviluppata. Io sono più per il "togliere" che per il mettere. Comunque se lo stile è quello dei tuoi post li cercherò per leggerli.
A presto.
Fabrizio
Io mi limito solo ad 'attraversare' la PNL (anche se la approfondisco a modo mio), tant'è che i miei due saggi sono molto variegati e multi-finestre. Io amo, soprattutto, la scrittura creativa e preferisco essere romanziere: sono nato tale e il mio romanzo inedito (ma uscirà per Pasqua) ha preceduto la PNL: anzi, è stato uno dei suoi personaggi (che ho voluto approfondire e 'calibrare') a mettermi in contatto con la PNL, che, tra l'altro, più che sulla mente punta sulla fantasia e l'immaginazione.
A presto
Nicola
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