domenica 24 luglio 2011

AMY WINEHOUSE: DAL VIAGGIO DELL’EROE AL VIAGGIO CON L’EROINA

DAL VIAGGIO DELL’EROE AL VIAGGIO CON L’EROINA


Amy Winehouse. Ventisette (anni). 
Prima: Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Brian Jones, Kurt Cobain. Anche loro 27 (numero cult: tre al cubo. Oppure nove volte tre. E sappiamo bene che tre è, non solo simboleggia, la ‘varietà’ – indispensabile – del Divino. E nove, come il numero dei ‘carismi’ di cui parla san Paolo, ‘sfaccetta’ lo Spirito, il ‘diamante’ divino, quello che da ‘duro’ sublima in “vento divino”, che soffia dove vuole…).  
Da Brian a Amy: sei ‘eroi’ in ‘viaggio’ con l’eroina (che sia coca con le bollicine polverizzate, vodka a tutto Volga, ‘acido’ solforico o un mix extra-large alla John Belushi poco cambia). Sei: numero d’uomo, imperfetto. Sì, l’imperfezione in cerca del “riposo divino” (il settimo giorno). L’eros che si rifugia nel thanatos… l’apollineo che vuole trasmutarsi nel dionisiaco, ma che non riesce a integrare il ‘sole’ con l’’ombra’: sta troppo al sole di mezzogiorno e l’ombra svanisce. Ma seppur lo spirito vuole ardere il corpo si scioglie come candela – e non è il “pruno ardente” dell’Esodo, quello che ardeva ma non si consumava: quello dell’”Io sono”.
Sì: io sono (con la minuscola). O meglio, sto diventando. E per farlo, avevo proposto il mio personale viaggio con l’eroe. Da iniziare – meglio, scrivere in ‘grassetto’ sul blog (finora, al massimo, in corsivo). Ma non volevo iniziare subito – anche se l’avevo promesso nell’ultimo post – meglio da settembre: si è più ‘freschi’ (ma pur sempre caldi). Proprio ieri lo stavo pensando – non solo, vedendo un video formativo, mi sono passate dinanzi le immagini di ‘eroi‘ positivi’ (Pistorius, per dirne uno) ed ‘eroi’ negativi (la stessa mitica Whitney Houston). E pochi minuti dopo, breaking news…
La casa del vino è esplosa (poco prima, ma qui i numeri si fanno ‘irrazionali’, se Londra piangeva Oslo non rideva…): "… non si mette il vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri, il vino si versa e gli otri vanno perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano". Eppure, malgré tout, Amy rimarrà per me (e chi di voi apprezzava la sua ‘lira’ divina – che George Michael conservi ancora il suo plettro…), sì, resterà nel tempo (nel Chronos, spero nell’Aion – quanto al Kairòs l’ha già avuto, fuggente. Fermati attimo, sei bello!); insomma, al di là della sua parentesi (graffa) tra rehab (da alcol e droghe), rahab (il suo 'demonio' dentro) e, soprattutto, reboanti performance canore, Amy, ben più di Lady Gaga, resterà la Lady day di questo secolo, la graffiante, e graffiata, junk-griffata Billy Holiday di questi tempi in cerca di eroi à gogo.
Lay, lady, lay, lay across my big brass bed. Lay, lady, lay, lay across my big brass bed… Whatever colors you have in your mind, I'll show them to you and you'll see them shine…
Memento mori... ma pure: per aspera ad astra! E poi (ma forse è solo una 'consolazione'...), cara agli dèi è la vita di chi muore giovane. In ogni caso, a Dio il giudizio finale, a noi la memoria. Shine, shine, shine!
In memoria di lei, dedico un brano tratto dal mio Gocce di pioggia a Jericoacoara, certo che quella che è grondata su di lei non sia l’ultima pioggia.

Polvere di stelle. Smoke gets in your eyes. La ragazza dagli occhi di cielo stava per imbarcarsi su “una cometa di polvere bianca” (quella ‘tirata’ dalle pagine di Jay McInerney, il pocket pronto in borsetta tra un defilè e l’altro): lei l’unico membro dell’equipaggio – hostess e pilota –, in riga oltre che in linea. Diana, l’ultima delle matrioske in ballo, rollava in pista e, in attesa di prendere il ‘volo’ (e imbucarsi), scaldava il motore (ma qui non era roba da accendini): tutto era pronto – in tiro – per l’aspirante modella (una tipa top alla Brigitte Bulgari) scivolata “in bagno a sniffare una bella riga di Tiramisù Boliviano.” Dalla padella alla brace. Bruciava di voglia. Voglia matta.
Mille luci a New York, in brodo di giuggiole in Florence. Arno d’argento, pendente d’oro bianco (il lettuccio di ‘biancaneve’ al collo di Diana, la ‘magica’ biondo-platino e bianco-vestita), occhi di brace (le pupille, infuocate). Voglia di vivere, ansia da morire. Ma doce doce.
“I fatti sono semplici, i fatti sono fatti / I fatti sono pigri, i fatti sono matti / I fatti dipendono dal punto di vista / Se non fai attenzione ti portano fuori pista.”
I fatti: Diana e Arianna, ciascuna col suo viaggio, depistatesi dal dance-floor si erano imbucate in bagno. Per ‘farsi’ e rifarsi. Una toccatina qui e là, qualche fuga in avanti. E che bagno! Pieno d’atmosfera: pareti satin, luci techno a muro, maxi-specchi sotto faro per i giusti ritocchi alla bocca, agli occhi, alla chioma. E Arianna era lì per questo (oltre che per la pipì d’ordinanza – del gentil sesso). Every little thing she does is magic.
Le pareti setose proteggevano, pudiche, l’improvvisa intimità à deux (in attesa della folie à deux, à trois, à quatre, à famille. à plusieurs…), mentre lo specchio della regina (non l’Imperatrice, Galatea, ormai infranta, e affranta. In attesa di essere, anche lei affrancata) contemplava sfacciato il volto, sottotono, della ‘papessa’ – così l’aveva definita un giornale, e pure ‘serio’ – alle prese con una tonica rinfrescata. E per non farsi mancare niente, rifletteva di buon grado, e con qualche perplessità, Diana, la bionda ‘trentotto’ (uno e settantotto più tacco dieci – meno scivoloso del ‘dodici’ d’ordinanza – momentaneamente fuori piede) assisa alla bell’e meglio sulla Starck da discoteca cool.
Si stava dando da ‘fare’ la biondo-cosacca, ma non era sfatta, anzi... Ben calibrata, rollava a tambur battente, pronta per lo scacco matto (dopo gli shake, soft e hard drink, le slappate e sceccheraggi vari). Regina tra gli alfieri, regina di cuori, turrita ma pronta a cadere (in fallo). Dark lady. Sciacalla (qualche volta con lo scialle, la pashmina). Anche un po’ di sweetest tattoo (e nessun tabù) e, d’ordinanza, il piercing (l’omphalos).
Una pedina in un gioco sporco. Dancing in the dark. Nondimeno, in forma, forse rifatta (le labbra in polpa, il seno a poppa benché a prua). Le tue mammelle sono due gemelli di gazzella che pascolano tra i gigli. E lei voleva brucare. Non solo l’erba. Bruciava di voglia, di ogni tipo. Fa’ ciò che vuoi è la legge. Lei, la tipa tosta, era ‘fuori’. In & out. Il ballo l’aveva mandata high: urgeva lo sballo – se la danza gira la coca tira (e viceversa: la ‘scimmia’ che si morde la coda).
Insomma, due bionde (una a pezzi, l’altra rincollata) sbalzate dall’onda montante nella discoteca oceanica (almeno un centinaio di beautiful people nella sola ‘vip location’ ). E che creature. Da Cantico dei Cantici.
“Ti versi una bella riga sul dorso della mano. Ti porti la mano al naso e la boccetta ti sfugge e va a cadere con nauseabonda precisione nella tazza. Rimbalza una volta contro la porcellana, poi affonda con un tonfo insolente che sembra il rumore prodotto da una grossissima trota per sputare una minuscola esca finta accuratamente preparata.”  
Qualche attimo prima del tiro malriuscito un’altra bionda (italica, padana per la precisione) – la terza, in definitiva (a chiudere il cerchio) – s’era fatta sotto: prima, sottotono, il felpato ingresso nel rifugio (delle donne), poi l’avvicinarsi lento allo specchio, il cingere, doce doce, da tergo, l’Arianna alle prese con l’ultimo ritocco, lo stringerle proditoriamente il torso (dolce morso), il comprimerle i seni ancora in tiro, e infine… il (con)fondersi con (e in) lei! Gaia, l’angelo di Pugnochiuso, quella volata via dalle mani (e forse, dopo un po’ di tempo, dalla mente) di Lorenzo, era scomparsa, inghiottita nell’oceano di Arianna (in fin dei conti il corpo non è forse acqua? Acqua minerale con tracce di solidi e polvere di stelle).
Diana era in pieno sballo – dazed and confused, lisergica (già prima di ‘cocarsi’ era ‘fatta’ dalle luci stroboscopiche) –, ma le sue pupille dilatate si contrassero egualmente. No, non era visione da sballo. Era reality (e nemmeno da tivvù). Uno show, questo sì. Da estasi della comunicazione.
Astonished, sospese per un attimo l’’operazione’, che pure l’aveva ‘presa’ (farsi le strisce è pur sempre un rito, e interromperlo può scatenare forze imprevedibili, talora ingestibili – e, infatti, così accadde): le due coinquiline – Arianna e Gaia – si erano fatte uno (qui nel senso canonico: ‘farsi’ come ‘divenire’. Che il farsi sia poi una lingua, il persiano, questo è un altro discorso, farisaico: ormai Diana vaneggiava, prima high ora down…).
Golden dawn. Dopo la ‘fusione’ (nucleare: era proprio una ‘bomba’), la bionda allo specchio apparve di colpo ringiovanita di una dozzina d’anni (Arianna già prima dell’impatto ne dimostrava a malapena quaranta… portati da teenager). L’altra ‘metà’ (vent’anni o poco più) era scomparsa, come inghiottita da Arianna. Che in Pistis Sophia, ostico vangelo gnostico (ma con qualche ostrica con perla), Gesù e lo Spirito Santo, dopo essersi guardati negli occhi, si fondessero e divenissero Uno aveva un senso. Ma qui? Cosa c’era dietro l’angolo, dopo il doppio salto mortale (senza rete)? L’angelo…

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