11/11/11
L’ASINO CHE VOLA
(Berluska in the sky with demons)
“Questo venerdì al lavoro mi addormento sulla scrivania. Quando mi sveglio con la faccia e le braccia incrociate sulla scrivania, il telefono sta squillando e non c’è più nessuno. Un telefono squillava nel mio sogno e non è chiaro se la realtà si è infilata nel mio sogno o se il mio sogno è scivolato nella realtà.”
Non posso aspettare until the end of time: sono un fighter… (così ho de-ciso). Sogno o son desto: l’importante è seguire il corso degli avvenimenti, cavalcarlo – prima o poi sarei stato uno degli anelli della collana degli eventi appesa al collo della Storia (girogola: la ‘piccola’ Storia; collier: la ‘grande’ Storia. Ma io preferisco il bracciale: il Mito).
Sta per iniziare una grande storia? Boh, quella del Berluska (da “in the sky with diamonds” a “in the skiff with demons…”) è una storia finita in schifo tra storielle e trotelle. Prima il ‘drago’, un po’ drudo un po’ grullo, poi un odor di Draghi; ora, calate le braghe, dai laghi a Monti, glissando su Tremonti. Terribile et tremendum…
Cominciavo ad averne le tasche piene… Sono almeno due mesi che aspetto: non reggo più… “Nessuna società umana resisterebbe a due mesi di verità.” Figuriamoci io, che sono solo e cerco il ‘vero’ nascosto dietro il ‘velo’! Céline, che gran brutto Natale… si avvicina: fiacco e senza fiocchi: meno male che a riscaldarmi, una pasqua, c’è l’arpeggiante sound-track e gli unforgettable calligrafici fotogrammi de L'amant di Jean-Jacques Annaud (la quindicenne yin che, avvinta d’amour fou, a fior di labbra bacia, per pochi infiniti attimi di tempo immortale, il vetro che nulla può contro la congelata irruenza del fumigante virtuale bacio all’amante – il suo più maturo yang, che, in pieno deliquio e in preda a trattenuto delirio, sospeso nell’animo e diacciamente fremente nel corpo l’aspetta, trepido, al tiepido di una fredda nerolucida berlina d’antan). Ma un giorno qualcosa accadrà. Forse oggi stesso, giorno palindromo: 11/11/11. Dite con me: trentatré….
“Sofia sbirciò nella cassetta delle lettere mentre apriva il cancelletto del giardino. Di solito c’era una gran quantità di volantini pubblicitari e alcune grosse buste per sua madre … Talvolta c’era qualche lettera della banca, indirizzata a suo padre … Quel giorno c’era soltanto una lettera minuscola, ed era per Sofia…” Apro la cassetta del piccì e, senza allontanarmi dal mio mondo di Sofia, tiro fuori il foglio. Anonimo. Lo leggo: c’è la risposta a tutti i miei perché. Domani è un altro giorno. Mettiamoci d’impegno sin d’ora: non vi dico di più, se non che qualcosa sta per accadere nelle vostre vite. L’importante è mettersi ai blocchi di partenza, sentire la chiamata, accettarla, varcare la soglia, trovare gli angeli custodi, affrontare i demòni, tirar fuori il proprio dèmone (i propri talenti – Bossi li chiamerebbe in altro modo) e amplificarli, attendere la trasformazione e tornare a casa con i doni.
Il computer è il mio specchio (ma solo da quando scrivo: cento colpi di penna…). Riflette le mie parole (quelle bianche), assorbe quelle nere. E le conserva sotto vetro. Custodisce i miei segreti, anche l’assenzio delle parole assenti e dei silenzi presenti (che decodifica, reinterpreta, glossa – qualche volta glissa. Ma attenti al veleno…). Miele e glassa, il piccì sfama il mio ingordo spirito appetitivo, gonfia il mio fiume diluviale, sollecita solletica la mia gradiente cerca di fama. Alimenta la fiamma, enfia il rio in piena, dà fiato alle amazzoni, ne scapezzola il ridondante turgore. E pensare che il computer non m’infiamma…
M’infuoca, però, la parola. La parola creatrice, non quella creata, il fiat non il flatus vocis. Sono un avec-papier (specie ora che il mio avatar mi ha preso in capite et membris). A rischio di espulsione (ed esplosione). Estradato dalla massa, immesso nella scia delle future miriadi – ma da monade (al massimo, una diade, un’ambra driade.– la triade teniamola in stand-by; quanto al monaco, un po’ monco, ultimamente, lo ero. Ma preferisco la quarta via). Non sono più solo… Qualcuno si è affacciato! Estraggo dal computer la busta, la disuggello, trovo il sigillo…
Spacchetto e sbuca la perla. Unica. La metto in bocca, la umetto, non la mastico. Rimastico nella mente: ogni libro è un fatto – drammatico, conflittuale, polemico. Ogni sua parola insensibile è un flocculo sedimentato di quotidiana rutinaria sopravvivenza. E le sue parole sensibili? Morule, embrioni di future miriadi, angeli sparsi in cerca di paradisi possibili. Nel loro mesto affanno, nella loro cronica temporalità, le parole insensibili sono una giustificazione del dato modesto, l’unico risultato della propria esistenza; lì dove le parole sensibili, le perle, nella loro acronica intemporalità, luccicano, brillano, mirano (al)l’ignoto, (al)l’inconoscibile, al segreto da svelare e al tesoro della vita eroica da conquistare o a cui tendere (fosse pure solo un miraggio).
“Chi non mira le stelle si perde nella storia.” È vicino il meriggio. Sì, il viaggio con e nel libro (Gocce di Pioggia a Jericoacoara) ha ridato fiato e speranza alla mia vita: man mano che lo scrivevo mi trasformavo, quando lo rileggevo mi rigeneravo (e la mia mentore nietzscheana-daviliana a farmi da angelo vigilante – e poi è lei che mi guida fin dietro l’angolo…). Ero in viaggio con l’angelo (e il diavolo? Roso dalla gelosia. Anche un po’ rosso).
“Audacia mai veduta, scempio mai veduto. Sangue giovane e sangue nobile, rosee guance e bei corpi. Vigore mai veduto, sincerità mai veduta. Disinganni mai detti in passato.” Il magical mystery tour mi rendeva sempre più audace, mi ringiovaniva, body and soul. E lo spirito? Imponderabile (alato, alla Pound). Bed and breakfast.
“Per farcela a mettere le zampe su questo e su altri libri di uguale interesse che il padre custodiva in uno scaffale del suo studio – continuò – lui doveva appunto aspettare la notte, in genere, quando in casa tutti dormivano, avendo cura, dopo, di rimettere ogni cosa a posto. (…) In ogni caso – soggiunse, alzando una mano a prevenire eventuali proteste da parte mia –, in ogni caso Afrodite del Louys i libri sopraelencati li batteva tutti quanti.” Avevo letto qualcosa pure di Bassani – sono trasversale ma punto verso l’alto (io minimalista? Sì, talvolta, ma non ridotto ai minimi termini. Mi allargo, contengo moltitudini. Quanto alle ‘legioni’, le affogo…).
Bene, per oggi ho finito. Questo è solo un ‘solo’ (un assolo, per qualcuno una ‘sola’), un mio ‘sfogo’ dopo aver quasi rischiato di ‘affogare’ (ecco il perché di un mese di empasse – diciamo epoché, per fare i fichi). Ma sto per affiancare a questo blog ‘tournant’ (un po’ sufi un po’ sisifo) un sito di PNL creativa (molto molto creativa…). Là ci saranno, non solo zuccherini’ (se questa per voi è brown sugar: per me è il viaggio dell’eroe). Aspettate solo un poco ed entrerete in un resort pieno di risorse e sorseggerete tutto quello che vi serve per raggiungere le vette. E poi, come Zarathustra, scenderete dal monte (ben più di Monti e Tremonti) con doni a ‘tremalaterra’…
Tremate, le star (quelle danzanti) sono tornate!
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