mercoledì 4 gennaio 2017

LE POST-VERITÀ – TRUTH & TRUST


LE POST-VERITÀ
TRUTH & TRUST

«Quando Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È stato al fight club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.»
Forse non ce ne rendiamo conto, ma il Progetto Caos è già in fase di attuazione, sia pure camuffato da Progetto Cosmos. Tutto imbellettato, dolcificato, patinato (e platinato): camouflage in doppiopetto, bello siliconato. Valgono solo le cose “scientifiche” (a dire dei presunti sapienti: la verità… ah se fosse vera! direbbe l’ipervedente Borges), tutto il resto – scie chimiche, crollo “guidato” delle torri, vaccini a prova non stagna di meningite ecc. ecc – è noia, anzi post-verità (a dire il vero sono ben più diffuse le pre-verità…)
Sia ben chiaro, non c’è l’assoluta certezza nemmeno nelle “verità” dei “complottisti”, dalle twin towers “suicidate” alle scie chimiche spurgate dagli aerei, dall’Isis frutto di chissà quale diavoleria yankee ai microchip 666, ma perché negare tutto a priori? Non si fomenta così il sospetto, legittimo, che molti dei cosiddetti “antibufalari” siano al soldo di chissà chi?
È vero, sì, che ogni asserzione tende a essere viziata dalla pre-comprensione e dal pregiudizio, ed è quindi facile favellare, o favoleggiare, con i paraocchi e i prosciutti sugli occhi, pensando di fare i realisti (più del re: il Grande Fratello) o gli anticonformisti e complottisti a ogni costo, ma non è meglio vagliare ogni possibilità, senza cadere nella trappola, ormai disseminata, dello scientismo radical-chic e prêt-à-porter?  
D’altronde, chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente. (Bertolt Brecht).

Quanta povertà, quanta avarizia è nelle vostre anime, voi uomini! Fango è nel fondo della loro anima… Certo, costoro sono astinenti: ma la cagna sensualità guarda con invidia da tutto quanto essi fanno. Lussuria mascherata da compassione.
Questi molti degli “svelatori” delle post-verità: sempre patinati e pettinati (spesso a pettinare bambole e smacchiare giaguari).
E chi crede nelle tanto vituperate post-verità e non si piega alle tanto osannate pre-verità?
Si sente, per dirla con un altro pensatore non-conforme, come un naufrago avvinghiato a quell’Io che ancora non sa comprendere senza macchiarlo, ma che tuttavia intuisce essere la sua unica certezza: senza religione né fede né entusiasmo, fra una scienza che in sé stessa si sfascia e una filosofia esasperata in una formale, vuota sufficienza; assetato di libertà eppure irrigidito nel contrasto con una natura, una società e una cultura in cui ormai più non si riconosce.
In  ogni caso, macchia o non macchia, avevo preconizzato il “progetto post-verità” già un mesetto fa: ve lo riposto in parte, il resto lo trovate su TRUMP-RENZI: CHI HA PERSO (PRESO) IL TRUMP? LE POST-VERITÀ.

Oggi, post-Immacolata, vi voglio proporre – post-porre mi verrebbe da dire – un post sulle post-verità. 
Si tratta di un neologismo derivante dall’inglese post-truth, che, peraltro, l’Oxford English Dictionary ha deciso di nominare parola dell’anno del 2016.
Post-verità? Ma che vo’ di’? È una notizia completamente falsa ma spacciata per autentica, capace, grazie al suo indotto di rimandi ed emozioni, di influenzare una parte dellopinione pubblica. Insomma, una balla.
Balla, sì, la post-verità, ma capace di far ballare. Tuttavia, un dubbio fa capolino: si tratta di notizie totalmente false, o le post-verità non sono, piuttosto, delle verità posticipate?
Il dubbio si fa poi (post)certezza: che siano verità, mezze verità o pseudo-verità, le post-verità si dimostrano “verità a posteriori”, capaci di scalzare le presunte verità a priori: quelle spacciate a spiccioli o a caterve e ca(s)cate da intellettualoidi mezze-calzette e da mass-mediologi impreparati, pre(post)pagati o solamente drogati di protervia e hybris (e qui rinvio all’azzeccato termine – in memoria del nostro post-nonno Adamo – utilizzato da Marco Travaglio per definire il “peccato di Matteo”). Questo a prescindere dall’unghiata tigresca post-mortem dell’ultimo Renzi alla Baricco, dopo tanti baloccamenti, profumi e balocchi (e con donna Agnese finalmente “al bacio” – l’ultimo bacio?).
In ogni caso, per illuminarvi sulle post-verità vi ri-posto un illuminante post sgorgato dai fondali del web (www.loccidentale.it/articoli/143864/tenetevi-forte-la-vera-bufala-e-la-post-verita). Un post fuori dal “luogo comune”: “... forse non lo dici però lo sai ... e quindi sei un recidivo! Ti distingui dal luogo comune ... e vuoi rispondere solo a te ... ti distingui dalluomo comune.”
Ve lo ri-posto tutto (d’altronde è breve). Ovviamente, per dirla con Vasco, non è per “uomini comuni” (e “bipedi”), ma per uomini (e donne) differenziati – v. anche la contrapposizione tra “persuasione” e “rettorica” in Michelstaedter.
Infine, onda su onda, vi post-posto l’incipit di un mio romanzo inedito: qui le immaginarie post-verità, alla Fight Club, potrebbero diventare realtà metropolitane; e solo movimenti post-sistema, ma tutto sommato nel sistema, quali i CinqueStelle e la Lega (a sinistra c’è ben poco), riescono a frenare le derive post-sessantottine (nel senso di brigate rosse e nere).

Da quando l'Oxford Dictionary ha inserito il termine post-truth, insieme a Brexit, brexiteer, tra le parole dell'anno, la “post-verità” è diventata un mezzo per screditare Brexit e l’elezione di Donald Trump. La post-verità in realtà esisteva anche prima del web: Ronald Syme in The Roman Revolution ha descritto come, mettendo in giro bugie di ogni tipo, Ottaviano ottenne dal Senato il mandato per fare la guerra in Egitto contro Antonio e Cleopatra, per liberarsi così dell’ultimo rivale e prendersi Roma. 
La post-verità è una notizia falsa o una notizia non esatta che, veicolata dal web avrebbe, secondo alcuni pasionari anti-brexit e anti-Trump, convinto masse di rozzi e incolti abitanti delle zone rurali del Regno Unito a votare Brexit, come degli Stati Uniti a votare Trump. Questa strategia del popolo bue, viene usata anche in Italia contro la vittoria del NO al referendum: i radical chic considerano Brexit, Trump, il NO del 4 dicembre il risultato del voto dei buzziconi. Invece Niall Ferguson, storico dell’impero britannico, del capitalismo e della globalizzazione, una star di Oxford e Harvard, il 6 dicembre ha dichiarato di avere sbagliato a non sostenere Brexit e a non avere passato più tempo ad ascoltare la gente nei pub.
Parlando al Milken Institute a Londra sul futuro dell’Europa – come riportano il Daily Mail e Breitbart del 7 dicembre – Ferguson  ha dichiarato di avere sbagliato a non sostenere subito Brexit, perché l’Unione Europa è stato il disastro che aveva previsto fin dal 1999. 
È stata un disastro soprattutto per l’Europa Meridionale,  visto che l’euro ha funzionato solo per la Germania e l’Europa del Nord. Catastrofica è stata anche la politica di sicurezza europea per l’Africa e il Medio Oriente, come quella sull’immigrazione, e la Ue non ha capito niente dell’Islam radicale, perciò è del tutto giustificata la rivolta della Brexit.
L’Europa in grave crisi demografica – con un invecchiamento impressionante della popolazione per il quale si prevedono costi sempre più alti per il welfare, con un’immigrazione incontrollata, e comunque non in grado, anche se integrata, di essere classe dirigente – è sull'orlo dell'abisso. Già nel 2015 Ferguson aveva scritto come l’Europa, afflitta da una lenta crescita, dalla crisi demografica, era destinata al fallimento. Sul Wall Street Journal del 19 novembre 2011, lo storico aveva tracciato un quadro a tinte fosche dell’Unione Europea, con gli inglesi felici in Britannia e italiani e greci a fare da camerieri e giardinieri ai tedeschi in un nuovo Sacro Romano Impero. 
I media − ha detto Ferguson − hanno preso Trump alla lettera, ma non seriamente. I suoi elettori lo hanno preso sul serio, ma non alla lettera”. Trump, il nuovo Roosevelt secondo Ferguson, ha infatti stracciato subito il TTP, ha telefonato al presidente di Taiwan per fare capire ai cinesi che intende ridimensionare i rapporti sino-americani, ha pure invitato Apple a tornare a produrre negli States: per chi dà lavoro agli americani ci saranno sgravi fiscali, mentre le imprese americane all’estero avranno dazi del 35% per le merci in America. Ferguson sostiene quindi la politica di Trump per riportare il lavoro in America, e la sua politica estera di alleanza con Putin in Siria e Ucraina.
È cominciata un’età nuova, forse avremmo bisogno anche noi di un Niall Ferguson, ma non se ne vede neppure l'ombra.

Bomba o non bomba (a Firenze dormimmo da un intellettuale, la faccia giusta e tutto quanto il resto. Ci disse: no, compagni, amici, io disapprovo il passo; manca lanalisi e poi non cho lelmetto: Ma bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado te Venditti cantat), è giunto il tempo di risvegliarsi e uscire dalle trappole mediatiche (Grillo non è poi tanto grullo), utilizzando tutti e cinque i sensi (e oltre).
Ci vuole un salto di qualità: «La soprannaturalizzazione dei cinque sensi è la grande avventura del corpo a contatto con il divino. Un corpo vivente può diventare qualcosa di molto simile a un corpo glorioso.» (Cristina Campo).





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