Il simbolo getta un ponte tra l'inesprimibile e il contingibile: unisce l'Oriente con l'Occidente (evitando che il secondo tramonti... - anche se Nietzsche non sarebbe d'accordo: occorre che l'ultimo uomo tramonti!). Fatto è che, tralasciando altri approfondimenti, lì dove si giunge alla 'radice' delle cose (delle parole, per esempio), o dove si ci s'inerpica fino al 'simbolo' che 'sottende' realtà altrimenti indicibili, oppure quando si perviene al 'terzo cielo' dell'esperienza mistica o estatica, lì, finalmente, si raggiunge un accordo tra gli uomini (e le donne - diciamo pure tutta la realtà, visibile e ultrafanica). Per comprendere come opera il 'simbolo' e come anche, e soprattutto, i numeri abbiano una valenza simbolica, 'posto' una mia breve considerazione sul significato simbolico del numero correlato a un club associativo (Club 41), numero sul cui significato 'anagogico' si era, forse, glissato - presumendo che indicasse solo l'età minima dei suoi associati (ma forse quel numero è solo lì per 'caso': ma come si sa, il caso è la scorciatoia che Dio usa quando non vuole farsi vedere...).
Significato simbolico del numero 41.
Il numero quarantuno non ha, di primo acchito, quella manifesta implicazione simbolica ‘statutaria’ (per così dire) che viene riconosciuta a numeri di più ampia connotazione anagogica, quali, per esempio, l’uno, il tre, l’otto… Nondimeno, è evidente che, per ‘risonanza’, è possibile individuare un’accezione simbolica, peraltro piuttosto ‘accentuata’, nel numero 41.
Innanzitutto, il 41 succede, ovviamente, al numero 40 e ne indica, anche ‘simbolicamente’, il ‘superamento’. Ciò è ‘rafforzato’ dalla considerazione che 41 è un numero dispari e, come si sa (Virgilio docet), Dio si rallegra del numero dispari (d’altronde, anche Platone, fra i tanti, sosteneva che i numeri pari fossero di cattivo auspicio).
Per dare ‘corpo’ alle argomentazioni – occasione la conferenza "I MISTERI DEL CRISTIANESIMO ‘L’Olismo originario e le Verità Rivelate’, relatore l'autore dell'omonimo libro, Teodoro Brescia – consideriamo la questione da un’ottica biblica (basti pensare che Filone Alessandrino fondava la sua interpretazione delle Scritture su basi numerologiche e Sant’Agostino stesso affermava che «la mancata comprensione dei numeri impedisce di capire molti dei passaggi figurati e mistici delle Scritture»). L’isopsefia e la ghematria – l’interpretazione numerologica delle parole, la prima in ambito cristiano, la seconda da parte della Qabbalah –, d’altronde, sono strumenti che, al di là delle implicazioni bibliche, cercano di individuare la chiave giusta adatta a svelare il mistero della Natura e l’Harmonia Mundi celata in ogni cosa, ovvero la complessa interrelazione (Tutto è Uno) tra macro-cosmo e micro-cosmo, tra essere e divenire.
Torniamo al nostro numero, ma per individuarne la ‘chiave’ simbolica soffermiamoci dapprima sul suo ‘predecessore’, il Quaranta.
40: numero d’attesa e preparazione, di ‘filtraggio’ – purificazione – ma come attraverso il fuoco. O meglio, attraverso l’acqua: infatti, come è trasmesso da Genesi (cap. 7), il diluvio è durato quaranta giorni e quaranta notti (7,12). Quindi, è un periodo d’intensa tribolazione, in cui si salva solo un ‘resto’ di ‘eletti’. Questo trova conferma nell’altrettanto tragico (sia pur in misura decisamente più ridotta) evento della distruzione di Sodoma e Gomorra: Abramo implora Dio di salvare Sodoma se vi avesse trovato almeno 40 giusti (ma dovette scendere a più miti consigli: fino a dieci – che, peraltro, non furono trovati... cf Genesi 19,28-32). È, dunque, un numero di ‘morte’ (in Egitto, Giuseppe impiegò 40 giorni per imbalsamare il corpo del padre – Genesi 50,3). Ma è, soprattutto, un numero di ‘passaggio’, in attesa della Terra Promessa (tuttavia, è un periodo scarsamente produttivo: è un girare a vuoto, un procedere tra alti e bassi, tra pericoli e carenze d’ogni specie).
Dapprima quaranta giorni per mandare un’avanguardia a esplorare la Terra promessa (Numeri 13,25 – senza concludere alcunché), poi, per ‘estensione’, 40 anni nel deserto (come punizione e prova – Numeri 14,34-35). Nel deserto (in Esodo e Numeri), landa inospitale alla vita, luogo del male, del ‘silenzio’ ma anche del ‘chiasso’ e della rivolta spocchiosa, emergono i bisogni fondamentali dell’uomo e la ‘necessità vitale’ del suo rapporto con Dio – il Dio ‘personale’, non ‘astratto’ (anche il profeta Elia vagò quaranta giorni e quaranta notti prima di giungere sino al monte Oreb, cioè il Sinai – 1 Re 19,8). Ma è anche il tempo della ‘maturazione’ preliminare a ogni rapporto più stretto con Dio: è un periodo d’intensa attesa (Mosè rimase 40 giorni e 40 notti sul Sinai prima di ricevere le tavole della Legge).
È un periodo di sfida (Golia per quaranta giorni sfidò i Giudei – cf 1 Samuele 17,16 – e poi si presentò Davide…) e ravvedimento (Giona per 40 giorni predicò la ‘penitenza’ agli abitanti di Ninive – Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta! cf Giona 3,4 – e alla fine fu ascoltato). Prova dura, tentazione, digiuno, preghiera, scontri ad alto livello… (come non pensare ai quaranta giorni di ‘tentazione’ di Gesù nel deserto? Matteo 4,1-11).
A questo punto, dato che il passaggio dal 40 al 41 è correlato al passaggio dallo 0 (la stasi ‘dinamica’, il ‘vuoto’, il ‘punto’) all’1 (l’inizio – un nuovo inizio – l’essenza delle cose, ma anche la ‘circolarità’ del divenire), oppure dal 4 (‘sintesi’ di 40) al 5 (‘sintesi’ di 41) – ossia dalla ‘stabilità’ (lo stare ‘fermi’, ‘rigidi’ – ma il rigido si spezza…) alla ‘dinamicità’ (la ‘quinta direzione’ punta verso l’Alto) –, è chiaro che, se il 40 è ‘attesa’ (e poi il numero quaranta, come d’altronde il numero tredici, rappresenta la morte simbolica, la prova iniziatica, iniziata ma ancora in fieri), il 41 è ‘compimento', ‘adempimento', ‘nuova nascita’, nascita ‘spirituale’…
Una generazione si chiude (il 40 indica anche la durata di una ‘generazione’), un’altra si apre….
Se poi consideriamo che il 42 simboleggia la dualità reintegrata del principio Spirito-Natura e che, secondo lo Zohar (libro cabalistico), esplicita il Nome divino di nove lettere (la corona del nome sacro), e che 42 è tre volte 14 (numero ghematrico di Davide), e quindi individua il Messia (l’Unto, il Re), anche come Servo di Iahvé e Figlio dell’Uomo (una sorta di Übermensch divino), e che le quarantadue generazioni da Abramo a Gesù (cf Matteo 1,17) sono in effetti 41 (nella Bibbia niente è per caso), tutto ciò indica lo stretto rapporto intercorrente tra 41 e 42.
In definitiva,
40: fine di una generazione che ha girovagato spesso a vuoto, affrontando gravi prove e traversie, e di cui pochi sono i sopravvissuti;
41: un nuovo inizio proteso al traguardo definitivo: il 42...
Nessun commento:
Posta un commento