mercoledì 14 giugno 2017

SHOCK ADDIZIONALI – Caos calmo


SHOCK ADDIZIONALI
Caos calmo

Tempo sospeso. In ballottaggio. E io ballo da solo…
In attesa di uno shock addizionale, un altro brano da “Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo?” Un po’ scioccante, mai scocciantesì, talvolta caotico, di un caos calmo, ma sempre scoccante e croccante, del tipo “cocciante”: ...corriamo per le strade e mettiamoci a ballare, perché lei vuole la gioia, perché lei odia il rancore. E poi, coi secchi di vernice coloriamo tutti i muri, case, vicoli e palazzi, perché lei ama i colori. Raccogliamo tutti i fiori ... e prendiamole una stella.

Uno shock addizionale. Gurdjieff! Continua la mia rêverie (sono sempre appeso – non quello dei tarocchi, l’arcano dell’iniziazione mistica, passiva. E non è un trucco, non sono nemmeno taroccato: mi sento vivo, originale, unico, attivo – anche un po’ trickster). Succedono cose…
Meditazione guidata (più che altro, un sogno: con il pilota automatico). Vedo tanti graffiti sui muri (e sul Muro, anche se non c’è più). Ci buttiamo tutti (non solo quelli del salon) su tutto e tutti, come tanti sciami esplosi da un gigantesco alveare (il grattacielo a cui sono sospeso alla Cattelan). Basta col vivere in ginocchio! (ma non alziamo il gomito…)
“Quando Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È stato al Fight Club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.” Pungiamo. E poi scappiamo (e gli altri, quelli del mercato e i march ettari? Sbattono sul vetro, come mosche impazzite). Dobbiamo cambiare il mondo… (anche senza moschetto), dobbiamo ‘tradurlo’, dopo aver strappato l’originale (ma era solo una copia – ci avevano traditi…). E dobbiamo farlo subito! È il momento “delle negazioni assolute e delle affermazioni sovrane.” Basta con la “clasa discutadora”, con la “classe che discute” e che, nel suo discutere, non scuote nulla, se non la coda (che finisce per mordere). Torniamo alla “regione dove la vita è dura.”
Speed, ice, crystal, crack, special k, popper… (ma Nietzsche va oltre gli ausili chimici. È droga pura. È vero acido. E noi abbiamo bisogno del suo aiuto. Forse con lui Dio rivivrà…). Mi accendo, ma non voglio tirare troppo la corda. La coda non c’è più.
“La morte di Dio è una opinione interessante, ma non tocca Dio.” Diana, la ‘sacerdotessa’ del ‘tiaso’ vaticina senza freni (il suo Sansone è, in questo momento, Dávila: è aggrappata alla sua chioma). È un vaso di Pandora (ma non c’è il carbone, almeno per ora. Solo torrone). Una nuova Frine? Di certo l’onda lunga di Lou e Frei.
«A chi non appartiene la causa che io debbo difendere? Essa è, innanzi tutto, la causa buona in se stessa, poi la causa di Dio, della verità, della libertà, della giustizia; poi la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria; infine la causa dello spirito, e mille altre ancora. Soltanto, essa non dev’essere mai la mia causa!» Diana, la stirneriana, è unica. Bellezza alla Frine, al di là del bene e del male. Esperienza di fuoco, del fuoco distruttore, scintille di rinascita. Hot like fire. La musica mi rimbomba in testa, mi rianima, mi infiamma. Diana sta per passare la torcia: noi andremo dietro di lei. Dobbiamo raggiungere lo stadio (l’ultimo, quello olimpico – sto sempre a testa in giù, ciò giustifica la rêverie: sogno o son desto?). Mi ritrovo con gli altri, dietro alla fiaccola. Molti non li conosco (anzi, tranne quelli del mio kreis, tedofora compresa, nessuno). Siamo in tanti, ma vogliamo essere pochi, rari, unici. The year of the cat.
“Quanta povertà, quanta avarizia è nelle vostre anime, voi uomini! Fango è nel fondo della loro anima… Certo, costoro sono astinenti: ma la cagna sensualità guarda con invidia da tutto quanto essi fanno. Lussuria mascherata da compassione.” Torno bambino, mi tolgo la maschera. Guardo giù: tutti uguali, ancora… (nulla cambia, tutto passa, qualcosa scorre), tutti mascherati, tutti in uni-forme… Faccio un capitombolo (sono in gran forma). Sfioro il ’69 (in Italia fu quello a dare la mossa), atterro nel ’68: “…l’anno degli anni, l’anno della follia, del fuoco e del sangue, l’anno della morte…”
 Sì, il maggio ’68, un brano d’epoca esaltato (ed esaltante), una speranza – e un brandello – di rivoluzione (la mia, più che certezza, è epoché, ma alla Husserl: attesa, sì, ma non scettica …scattante). Le jolie mai: élan vital, vida loca, un pout porri di immagini e immaginazione – più potere (all’Idea), meno dovere (ma poi venne l’Ikea). Sussurri (pochi – molti nel cuore) e grida, giovanilità dionisiaca e fulgore apollineo. Poi tutto svampò, vampirizzato dalle sinistre zecche sciamate dalle paludi della planitude e dal deserto circostante (Stefano, dietro di me, ha un sussulto, diciamo pure un principio di rutto: il ‘brutto’ non riesce proprio a mandarlo giù…). I leoni finirono di ruggire, tornarono i cammelli (e, di soppiatto, il drago lucente – quanto al ‘caimano’: è in karmacoma…). 
Una risata mi seppellisce (non mi compungono punto le parole di Paul Auster sull’”inutile Sessantotto”). Il ’68 (un rigurgito, un gorgoglio, forse qualche gargoyle sgorgante dal mio ‘profondo’), insomma cosa fu ‘sto Sessantotto? Passione, politeia, fanaticum et tremendum? Solo una puntura, levità, fou rire? Filosofia come vita, elogio del dubbio? Dannunziana e futuristica immaginazione al potere, rivolta contro il mondo moderno? Krisis? Caos? SOS? Karmaloka o karmacoma? Legittima suspicione, sospensione temporale, lampi di eternità? Flash (droga) o flesh (carne)? Vanità delle vanità, di tutto un falò. Fou rire. Frodo lives. Kissenefrega. Sfottetemi pure, ma mi viene proprio da infierire…
Il file continua (e come sottofondo: Tokio Disco dei Reverso 68). Trilogia di New York (Berlino, Parigi, Gotham City – ma tutte le strade portano a Roma, sarà vero?). Mi affaccio dalla rêverie, Diana l’alemanna mi fulmina: torno nel gorgo akashico. Metto i fiori nei cannoni. Jolie mai. Maggio si avvicina (e siamo nel Terzo Millennio). Sarà una nuova rivoluzione, dopo quarantanni di deserto. E sì, avevano fatto tabula rasa, avevano raso il suolo, ma si erano dimenticati di volare! (e il deserto, intanto, continuava a crescere – eclisse dei valori, ellisse di furori: la parabola continua, e non è un’iperbole). “Erano bande di giovani svergognati che massacravano alberi per farne bastoni. Ogni albero è una creatura che vive, come insegnano i popoli primitivi. Il Sessantotto fu barbaro.”  Lévi-Strauss in jeans ed eskimo, io in pelle Lou Reed nera. Mi viene da arrossire.

Nessun commento: