VENI VIDI VICI
TRE SOMARI E TRE
BRIGANTI
Giorno post-elezioni. Il cambiamento è rimandato a data da destinarsi, ma non è detto…
Quindi, no drama non pain (come canterebbe Mary J. Blidge): i giochi
(di potere) sono tutt’altro che fatti. Adda passà ‘a nuttata…
E per passare a temi più generali, se proprio si è rimasti turbati, allora
basta cancellare l’’errore’ con un colpo di spugna (o di gomma) mentale e
ripartire: una sgommata e via. L’importante, come
per ogni progetto, è mantenere il focus
(sia fuori, sia dentro – nel senso di ‘fuoco dentro’, ossia entusiasmo:
Dio dentro di te).
Se parlo di cambiamento, metanoia,
senso della vita, è allora prioritaria la “riconversione delle emozioni” (specie dopo la prima
tornata elettorale). Per questo ti sverso, prima qualche goccia dal mio Che cos'è la PNL. Come vincere ansia, fobie e dipendenze, poi, tanto per
rimanere nell’ambito della “scrittura creativa” (e “consapevole”), una mia
breve esercitazione estemporanea, tratta dall’inedito Nietzsche; sneakers o tacchi a spillo?.
LA RICONVERSIONE DELLE EMOZIONI
Come hai ben compreso, innanzitutto devi ‘utilizzare’ l’immaginazione. Puoi
guidare la tua mente come se fosse una macchina (ovviamente è molto di più),
pilotandola nella direzione da te prescelta e cambiandola quando vuoi. Se vuoi,
inserisci il ‘pilota automatico’, che, una volta impostato, ti condurrà allo
stato emozionale più funzionale al momento. Ciò detto, superiamo il perché (ti
serve per comprendere il meccanismo generatore delle fobie, non per
risolverle): come ricorda Bandler, la comprensione non produce il
cambiamento. Ma produce ben poco anche il cosiddetto ‘condizionamento
operante’, ossia dare un rinforzo positivo per i comportamenti ‘corretti’ e uno
negativo per i comportamenti ‘scorretti’: se può andare bene con gli animali,
non funziona con l’uomo.
Tu puoi conoscere bene il perché delle tue paure e delle tue dipendenze,
puoi darti lo ‘zuccherino’ davanti a un ascensore e una piccola scossa
elettrica ogni volta che prendi una sigaretta in mano, ma difficilmente
otterrai un risultato. A questo punto meglio un’abbuffata: fuma una decina di
sigarette una dietro l’altra...
ESERCIZIO DI RICONVERSIONE DELLE EMOZIONI
(DA NEGATIVE A POSITIVE)
(DA NEGATIVE A POSITIVE)
· Pensa
a una tua credenza limitante o demotivante che t’impedisce di raggiungere
il tuo obiettivo (non so parlare in pubblico…). Fa’ un fermo-immagine
del tuo film mentale e visualizza un’immagine di quella credenza limitante. Estraine
le submodalità visive, auditive e cinestesiche, cercando di sentire dentro
di te tutte queste sensazioni di disagio e sconforto.
· Pensa
ora a una credenza potenziante, che ti motivi davvero e che t’infonde energia
e sicurezza (voglio avere solo applausi!): fa’ anche qui un
fermo-immagine ed estrai le submodalità.
· Sostituisci
ora le submodalità della credenza potenziante a quelle della credenza
limitante, ossia ‘copia’ le sensazioni della prima e ‘incollale’ sulla seconda.
Fa’ girare tutte queste sensazioni dentro di te, fatti ‘invadere’ da esse…
Torna ora a pensare alla credenza limitante: ti apparirà
del tutto indifferente (non sentirai più alcuna sensazione di disturbo dentro
di te).
Visualizzati ora nel modo migliore in cui vorresti essere: vivi nel tuo
film la vita che vuoi…
· Abbandonati
alla fantasia, alle immagini, ai suoni…
Visualizzati mentre, come in un videoclip, cavalchi la tua cabrio nera,
bordeggiando una spiaggia senza fine: tu occhi ardenti, lei capelli al vento…
E poi di', con intensità: questo è il giorno, sì, ora…
Visualizzati poi nella tua condizione attuale…
mettila fuori fuoco, fa’ sì che le immagini siano sempre più sfocate e…
a passi veloci entra nel film a colori della tua vita desiderata. Corri,
corri… finché raggiungi la cabrio nera. E ci entri dentro… E non sei solo! Ora
sei un altro!
Fa’ tutto con emozione, illuminando e colorando il tuo film, ingigantendo i
particolari e soffermandoti sulle situazioni positive. Ossia, lavorando sulle
submodalità dei sistemi rappresentazionali (visivo: luminosità, colore,
grandezza; uditivo: velocità, tono, timbro; cinestesico: peso, forma,
intensità…). Ormai sai bene che, ogniqualvolta sei in presenza di una memoria
intrusiva o di una situazione fobica (un balcone, se soffri di acrofobia,
oppure una piazza vuota – agorafobia – o un ascensore, una gallina… c’è chi ne
ha paura), si riattiva il percorso neurale attivatosi la prima volta che ti sei
trovato in quella situazione per te traumatica. E sai anche bene che per
smorzare le sensazioni fisiche devi lavorare su come ti rappresenti mentalmente
la situazione ‘fobica’.
A tal proposito, una dritta: come per acquietarti fai l’occhiello
pollice-indice con la mano destra, per lavorare sulle submodalità (avvicinare
le immagini, aumentare la luminosità o i suoni) usa il ‘telecomando’. Fa’ così:
passa,
strisciando, il pollice sinistro sotto il pollice, l’indice, il medio, l’anulare
e il mignolo destro quando vuoi ‘aumentare’; al contrario (l’indice sinistro
che tocca il mignolo destro, poi, strisciando, di seguito, anulare, medio,
indice) quando vuoi ‘diminuire’.
Fa’ questa ‘strisciata’ mentre visualizzi una situazione con un crescendo
di emotività. Poi, per ‘fissarla’ in modo ‘energico’, fa’ il click sinistro
(pollice stretto tra indice e medio). Dopo un po’ di prove vedrai che il ‘telecomando’
comincerà a funzionare… Variando d’intensità le modalità percettive, ossia
‘sfumando’ o intensificando i suoni, i colori, le sensazioni… cioè agendo sulle
‘submodalità’ come se usassi il telecomando della televisione, potrai
modificare i tuoi stati d’animo, quindi gestire le emozioni.
INCONTRO AL BUIO
È tardi, la macchina è in panne, ma la casa di Gaia è vicina, in pieno
centro.
Me la faccio a piedi. Me la sbatto di SUV e gipponi – ma indulgo con le
cabrio, rigorosamente nere. Del resto, per dirla con la Verasani di Quo
vadis, baby? “… dove ci sono le Range Rover non può esserci una gran sete di
conoscenza.”
Il vento fischia sulla pelle. Gocce di pioggia m’imperlano il viso: il
nevischio liquefatto dal fuoco interno mi avvampa. Allungo il passo. È
la mia prima volta e non posso tardare. L’atmosfera è da romanzo giallo. Tinta
di noir. V’intingo la penna dei miei pensieri – quelli dopo l’ultima
chat – e riscrivo mentalmente le ultime parole di Gaia: “Ti aspetto a
mezzanotte, l’ora giusta per passare dalle parole ai fatti.”
Uno schizzo da una pozzanghera, un clacson, due voci che battibeccano.
Crudo il ritorno alla realtà. Il portico mi inghiotte pietoso, la luna si
piega, s’incurva maliziosamente – alla Totò –, cerca d’infilarsi nel passaggio
coperto. Vi sbatte la testa (è luna piena), tenta d’illuminarmi, ma non ce n’è
bisogno: sono tutto un fuoco.
“Stanotte allenerò le mie labbra a sorridere e dovrò quindi pensare a
lavarmi fino alla morte i denti.” Un pensiero (a) folle alla Piero Ciampi
mi assale. Sbando, complice un’altra pozzanghera, ingaggio una breve lotta con
le mie fumisterie cerebrali, inciampo ma tiro dritto. Rimetto la mia mente a
cuccia e proseguo. Niente facce, niente piedi, solo ombre. Notte d’ambra: una
cocotte mi sussurra qualcosa, un transex traballa su tacchi follemente
siliconati, ma io glisso su entrambi.
Scivolo a folle sull’impalpabile velo del pavé, spio tutt’intorno: sono di
nuovo solo, tutto il resto è noia. Pioviggina, sono disarmato: un altro portico
mi accoglie prodigo nel suo seno, ma io lo titillo solamente. Sarà per la
prossima volta.
Un quarto a mezzanotte. La città è tutta colorata di buio e di fari arancio
– ne sento la fragranza. Nient’altro, solo l’aria della notte e l’odore del
fumo. E le stelle. Spremo il parapioggia, sotto i portici non serve,
tiro su il bavero – l’immancabile giubbotto para… di pelle nera alla Lou Reed –
e sfilo via accanto a visi senza faccia.
Asfalto bagnato. Fischia il vento – e mi gorgoglia il ventre: sono a
digiuno. La città mi scivola accanto, sopra, sotto… Ma sento qualcosa
d’incombente: c’è qualcosa nell’aria. Lascio il Fight Club dei sogni,
allungo ancora il passo, scavalcando il tempo, dondolo ondeggio sbando scivolo.
Suoni sincopati e barriti alla Miles Davis mi inseguono, sbucati da chissà
dove: mi sento come un ‘miles gloriosus’ nella giungla urbana. Ma sono solo un
tassello nel suo patchwork di stoffe e colori, nella jam-session di suoni,
parole, fiati, sussurri, bisbigli.
Tutto il mondo dorme. Respiro a plesso solare aperto, mi ricarico guardando
la luna piena e mi disintossico inspirando la polvere delle stelle. “Mugola
in lontananza un aspirapolvere.”
Tre minuti a mezzanotte. Sono in orario. Sbatto contro un tipo. Il ganzo –
virante al gonzo – mi guarda, caracolla, scocca la saetta: stecca, il dardo
cade afflosciato. Lo guardo, senza riguardo, lo fulmino. Getta la spugna. Si
allontana frettolosamente, quasi inciampa su se stesso, sfuma nelle tenebre.
Mezzanotte. Spremo il citofono (notte da arancia meccanica?). Non ce
n’è bisogno, lei è dietro al portone. Me lo apre, con circospetta levità, quasi
fosse uno scrigno segreto. Tattoo senza tabù. Le nostre labbra
s’incrociano, s’incollano, rimarginano ogni vuoto. Atmosfera da Cantico dei
Cantici: Le tue labbra somigliano a un filo scarlatto, la tua bocca è
graziosa; le tue gote, dietro il tuo velo, sono come un pezzo di melagrana.
Entro. Non c’è bisogno di parola d’ordine. In ogni caso, la conosco: Doppio
specchio – ma è tanto per giocare. Ma non è sempre un gioco…
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