THE SOUND OF SILENCE
And in the naked light I saw
ten thousand people maybe more
people talking without speaking
people hearing without listening
people writing songs that voices never share
noone dare, disturb the sound of silence
E nella luce pura vidi
migliaia di persone, o
forse più
persone che parlavano
senza emettere suoni
persone che
ascoltavano senza udire
persone che scrivevano
canzoni
che le voci non avrebbero mai cantato
e nessuno osava,
disturbare il suono del silenzio
Riprendo, dopo una
sosta “epoché”, le pubblicazioni. Oggi è giorno di silenzio elettorale e
vorrei tacere. Ma c’è ancora vita sulla terra… e anche morte. Sempre più
sembra valere il “mors tua vita mea” (ma c’è sempre stato, sin dai tempi
di Caino).
Silenzio, vita, morte… E
allora, in attesa della vera “ripresa”, ripesco qualcosa dal mare magnum di Gocce
di Pioggia a Jericoacora, lì dove la “politica” tende a farsi “metapolitica”
(oggi c’è metà politica e metà ritorno al “paleolitico”, comunque lo si
intendi).
“Vita, morte,
la vita nella morte. Morte, vita, la morte nella vita. Noi col filo, col filo
della vita nostra sorte filammo a questa morte.” Lorenzo amava la
vita, ma non ferocemente, né disperatamente. Non ci teneva
proprio a fare, alla Michelstaedter, la crisalide o, come suprema trasgressione, alla Pasolini, il tuffo nella
morte, il grande nulla lucente. Anche se, tra camerati, si diceva: “chi
divide pane e morte non si scioglie sulla terra.”
Non voleva essere, alla Céline, una
scheggia di luce che finisce nella notte. Né come il suo compagno di
appartamento (di Carrara, anarchico di marmo – allora c’era un coacervo di
colori, amicizie, rivalità, con il confine tra odio e amore spesso labile –, ma
pronto a sciogliersi al primo colpo), finito nel vortice della droga senza
neppure tirare la catena (con quanta struggente nostalgia Lorenzo ricordava la
sua voce roca e la sua chitarra stoica modulare, all’unisono, il suo
autobiografico canto d’amore: Non gettarmi in pasto i tuoi sedici anni, te
li divorerei…). Lui voleva essere – questa volta Michelstaedter andava bene
– un ‘persuaso’: colui che non dipende dal mondo e dalle circostanze, ma
solamente da se stesso. Non un essere-per-qualcuno, ma, detto senza retorica, un-essere-che-basta-per-sé, la sintesi suprema di conoscenza e
azione.
Vita, morte,
la vita nella morte. Morte, vita, la morte nella vita. Sì, c’era un
montante interesse per la morte negli anni Sessanta (e il suo compagno
cantautore si era fatto contagiare, acidamente).
“Passa la gioia, passa il dolore, accettate
la vostra sorte, ogni cosa che vive muore e nessuna cosa vince la morte … spegnete
l’infausta brama che vi trae dal retto sentier.”
Cupio
dissolvi… Morte
borghese, morte burina, ma anche
morte ‘ariana’, nella ‘buriana’, come quella del Ce ne freghiamo! cantata da Mario Castellacci nel suo fascistissimo
Men Sing (a proposito, anche Women sing: “E un cuor di donna vi farà la
corte, che vi ha seguito sotto la mitraglia, un cuore che disprezza gli
imboscati!”).
Neo-scapigliatura, post-esistenzialismo,
panna montata, yoghurt sempre più inacidito? Lui era nella ‘terra di mezzo’,
nel Giardino dei Supplizi. Lì dove il
latte s’infratta col miele. Lorenzo, kalós kaí agathós, bello
e d’indole buona, non mieloso, però, né lattiginoso, amava sin troppo il mondo,
ma non voleva divorarlo, né farsi sbranare da esso: voleva solo riempirlo di
senso. “Voleva costringere il proprio
caos a diventare forma.” E ne trasse le debite conclusioni e cambiò (non di
molto) rotta (scampando alla catastrofe della ‘peggio gioventù’
post-sessantottina, quella annegata coi suoi ideali e le sue utopie).
Novello san Paolo corsaro in
viaggio verso Roma, buttò a mare la zavorra carnale (e il ‘tutto è
politica’, dogma allora irrinunciabile – ma poi risalì a galla, alleggerito) e
alzata la vela maestra si lasciò andare al vento dello Spirito. E volò. Volle
andare, alla D’Annunzio, verso la vita. Non solo anticonformismo, radicalità e
rivoluzione, ma impulso e anelito verso la trascendenza.
“Temo
che non ci libereremo di Dio perché crediamo ancora nella grammatica...” Del resto, dal senso profondo di quel
suo fascismo ‘idealitario’ (un po’ idealistico, un po’ elitario e, raschiando
il fondo del barile, anche un po’ social-compassionevole), aveva attinto
l’essenza mistica – l’orizzonte dello
Spirito –, porta d’accesso alla quarta dimensione (metafisica)
dell’esistenza. Ben oltre il Crepuscolo degli idoli, Lorenzo, l’’illuminista
romantico’ hippy-dandy-sessantottino (un ossimoro al cubo), aveva
recuperato – sia pure con affanno – l’afflato religioso alla vita. E surtout, la consapevolezza di un telos, di un destino da compiere. Il Satya Yuga era vicino…
Un fiume in piena, Lorenzo, l’ardito, l’esoterico kalós kaí agathós (repetita
iuvant) amante dell’esotico.
In cerca dell’oro nel Kaly Yuga. E ne
aveva trovato un filone. Da Massimo Scaligero a Julius Evola (Lorenzo: evoliano
sì, ma pure – ossimoricamente evoluto – femminista), passando per Che Guevara
(idolo di una certa destra radicale, non dimentichiamolo…), sino, ultima Thule, a Burne-Jones.
Eretico ed erotico. Nietzsche, il salato, sciroppato con l’amaro
Schopenhauer. E poi, dopo il latte cagliato, il salto della quaglia. Dalla
lotta di classe alla latta di glassa virtualmente gettata dal pittore
preraffaelita in faccia a Oscar Wilde: “Più la scienza diventa materialistica,
più io dipingo gli angeli: le loro ali sono la mia protesta in favore
dell’immortalità dell’anima.”
Sì, gli angeli – perché
quest’intromissione alata ora che Lorenzo nuotava come un pesce? –, proprio loro, i messaggeri invisibili
che danno corpo ai nostri desideri, mandati a servire gli eredi della salvezza, a portarli sul palmo
della mano, perché il loro piede non inciampi in nessuna pietra.
L’angelo necessario di Massimo Cacciari (Lorenzo aveva un
debole per il filosofo delle calli, ci aveva fatto il callo), indispensabile
per la realizzazione dell’uomo e per la piena comprensione di sé. Ma anche gli
angeli ‘calligrafici’ di Wim Wenders, queste ali di Dio che nel film cult
Il cielo sopra Berlino si fan sotto per conoscere le angosce degli
uomini, che essi spiano per strada, inseguono nei negozi, rincorrono fin nelle
biblioteche.
Gli angeli, queste eteree figure che
aiutano l’uomo a ‘disvelare’ l’invisibile e a rendergli possibile l’accesso
alle regioni (e ‘ragioni’) nascoste della Realtà. E che, con un’ala in
cielo e l’altra sulla terra, amano infilarsi nelle crepe del muro divisorio tra
spazio-tempo umano (chronos) e spazio-tempo oltre-umano (aion),
per aiutarci a darci una mossa…
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