lunedì 5 luglio 2010

SPEECHLESS

SPEECHLESS

Il mito è muto

(il re è nudo)


Ancora Kruder & Dorfmeister su YouTube (come velvet sound carpet) mentre batto i tasti (e sbatto il testo). È il mio test di self-control. By the way, ho superato anche quello dell’ascolto acid house by night mentre ero in una vacanza lounge su una proda sabbiosa calabro-jonica a tutto iodio – e io orso yoghi, ma con meno ciccia e pelo pappa e ciccia con la natura, nato di nuovo almeno quanto a ossigeno (lo Spirito, Deo gratias, soffia dove vuole: anche nelle mie, native, lande ‘smoghizzate’ – mi si passi la cacophoné. Si sa, da Kakà ai gogo guys & girls, la grazia viene sì dall’Alto, e non è neppure così tanto ‘democratica’ – sceglie chi vuole –, ma, se non altro, è gratis: d’altronde, gratia, nisi gratis, gratia non est).

Comunque, anche se appena rientrato dalla short vacation (sia l’aggettivo sia il sostantivo hanno un significato ‘multilivello') ho avuto il tempo di inserirmi nel blogorroico penultimo post di Innernet, lì dove, a partire dalla Quarta Via, ci si è cominciato a inoltrare nel ‘bosco’ e, percorrendo i sentieri interrotti, si sta cominciando a intravedere la radura (Heidegger… se non ci fossi bisognerebbe inventarti!).

Basta con le ciance, diamo una chance a chi vuole to change. Prima i miei commenti al post La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza, poi un flos de floribus dal mio saggio pneumo-psicologico (ma anche con carne e sangue). Quindi, dapprima il mio ‘zompo’ in quel sito, poi, rientrato nelle mie ‘lande’, uno stralcio, sempre più ‘spirituale’, del mio Prendi la PNL con Spirito! Il fine: gettare le perle ai pargoli… (fatto è che sono io il ‘pargolo’ e, piacendomi le ostriche, rischio di stritolare coi denti le perle!).


L’abbandono del ’sistema’ mi ricorda i due detti tra loro complementari: “Quando l’allievo è pronto il Maestro appare … ma quando incontri il Maestro uccidilo!”. Il problema è che, spesso, non siamo ancora pronti; e se anche siamo in ‘formazione’ (qualunque sia la ’scuola’), spesso non siamo in ‘rotta’ (nella giusta direzione – come i porci di Gadara: erano una ‘legione’, ma finirono con l’annegare nella ‘palude’). Ben venga quindi l’impalcatura… Poi penseremo a toglierla! E infatti, nel mio “Prendi la PNL con Spirito” (Armando Editore) ho pensato prima alle fondamenta e all’impalcatura (PNL, Psicosintesi, Approccio del Diamante, Quarta Via, Gesù…), in modo da creare innanzitutto quella ’stimmung’ idonea a favorire il cambiamento di Weltanschauung.

Sì, Gurdjieff, Ouspenski, Quarta Via, Approccio del Diamante, Almaas, Assagioli, Bandler… la ’scuola’ ci vuole, ma “con juicio” e, soprattutto, senza che si creino legami (la ‘religione’ stessa è un ‘legame’…: ”meno religione e più spirito” – ripeteva Karl Barth). Mi vengono sempre in mente i due detti che ho citato nel mio primo post: “Quando l’allievo è pronto il Maestro appare … ma quando incontri il Maestro uccidilo!” (che è poi la storia dei discepoli di Emmaus: prima Gesù li raggiunge e spiega loro quello che non avevano ancora capito – cioè, fa venire fuori la loro ‘essenza’ nascosta dalla ‘personalità’ – poi, quando infine lo riconoscono, scompare…).

Quando dicevo “Quando l’allievo è pronto il Maestro appare … ma quando incontri il Maestro uccidilo!”, il ‘messaggio’ non era certo ironico, ma era solo un modo di dire che il ‘vero’ Maestro appare unicamente quando l’allievo è pronto (quindi è poco utile frequentare una ’scuola’ se non si è, psico-spiritualmente, pronti). In ogni caso, è il Maestro che ‘raggiunge’ i suoi ‘allievi’, anche solo ‘potenziali’ (il racconto dei discepoli sulla strada di Emmaus è emblematico). Poi, una volta ‘assimilato’ l’insegnamento, si può, anche, fare a meno del Maestro (perciò si dice: uccidi il maestro… o, come nell’originale, uccidi il Buddha!). In definitiva: solve, coagula et… solve.

…uccidere il maestro dopo averlo incontrato vuole metterci in guardia a non sviluppare una dipendenza. Come direbbe Nietzsche, non voglio essere la vostra stampella.
Psico-spirituale, significa, appunto, dal punto di vista psicologico (mentale, animico) e spirituale (l’essenza, il vero Sé). Se è infatti vero che il Maestro serve per tirare fuori l’essenza (la ‘perla’ nascosta), è anche vero che non bisogna gettare le perle ai porci… (da intendersi, ovviamente, nel significato più profondo).

“Pensare di sapere, oltre ad essere una forma di mentire a se stessi, non e’ forse anche una forma di arroganza?” Se il ‘non-sapere’ è la forma estrema di akedia, il ‘pensare-di-sapere’ è pura hybris. E visto che siamo su questa ‘via’ (ce ne sono altre), Ouspensky, a chi diceva: “Ieri hai detto…”, poneva subito un alt con: “Non puoi affermare una cosa del genere. Devi dire: ho capito che ieri hai detto…”. E se qualcuno diceva: “Nella Bibbia si dice che…”, lui lo interrompeva con: “No! Di’ solo che, per quanto hai capito, nella Bibbia si dice…” E a proposito di ’spiritualità’ (cui peraltro credo – per quanto ne ho capito…), Ouspensky, a chi diceva: “Ho visto una luce alla sommità del capo… mi si sono aperti i chakra…”, poneva anche qui uno ’stop’: “… Immaginazione”. E a chi gli chiedeva cosa fosse questa ‘immaginazione’ rispondeva: “La malattia della fantasia”. Quindi, attenti a non scambiare il cammello per il cammeo. E se si trova la ‘perla’, non gettarla ai porci…


Abbiamo visto come gli esercizi di attenzione sono strategie di indebolimento dei processi automatici del pensiero. L’attenzione, sia essa ‘concentrativa’ o ‘contemplativa’, alimenta infatti i processi di pensiero e di atteggiamento connessi con l’essenza, cioè il tuo vero Io, e indebolisce, dissolve, disinstalla, ogni automatismo alimentato dagli stati di distrazione della mente, ridando fiato alla consapevolezza e liberandoti dal tuo falso-Io.

La preghiera è collegata con l’attenzione, la contemplazione e la meditazione. Non parlo della preghiera sdolcinata, automatizzata, ripetitiva, ritualistica o pappagallesca (quella dell’uomo n. 1, direbbe Gurdjieff), cui spesso hai ‘attinto’ (se sei un ‘credente’, sia pure ‘flebile’…), ma della preghiera ‘vera’, quella connessa con la tua ‘precarietà’ (‘pregare’ e ‘precario’ hanno la stessa origine), ossia della “preghiera di desiderio”, quella che ‘ricorda’ (riporta al cuore: cor in latino) la tua essenza, mette in moto la tua intenzione e indirizza l’attenzione verso lo “stato desiderato”. Come qualcuno ha detto: quando preghi capitano ‘avvenimenti’…

La preghiera, infatti, può incidere (mi limito a dire può) sul presente, sul futuro e, strano a dirsi, sul passato… Questo in quanto la preghiera è indipendente dallo spazio e dal tempo. Ed è anche indipendente dalla ‘sonorità’ della parola (la cui efficacia, se “parola divina” – o con risonanza divina, tipo il Sia la luce! di Genesi o le “parole guaritrici” di Gesù –, è riconosciuta da ogni cultura). Questo perché la preghiera può essere efficace sia se ‘detta’ (anche ‘urlata’) sia se ‘muta’ (come, d’altronde, il mito: storia archetipica ‘muta’, ossia non raccontata da cronache storiche – ma spesso il mito è ben più efficace e ‘vero’ di tante storie attestate e certificate).

Nondimeno, più che di preghiera in sé – che, in ogni caso va ben oltre il chiedere a Dio, in quanto è piuttosto uno ‘scendere’ nelle profondità della nostra anima per aprire la porta dello spirito – preferisco parlare di stato di preghiera, ossia di un’atmosfera spirituale che avvolge l’uomo come un’aura che attira e diffonde energia positiva (e di successo).

In ogni caso, sia essa un’atmosfera (una stimmung) sia essa una ‘petizione’ (rivolta prima alla tua vera essenza, cioè al tuo spirito, poi allo Spirito), la preghiera è un’attenzione contemplativa, una “preghiera di centratura”, un focalizzare l’attenzione e acquietare la mente, un assorbimento estatico dello spirito nel mare magnum del mondo invisibile. Fatto è che la vera realtà – quella che tu vedi con gli occhi dell’essenza – fuoriesce da dietro al tuo “schermo mentale” solo quando abbandoni la (falsa) consapevolezza abituale dello stato di veglia e ‘sali’ allo stato di coscienza superiore, ossia di ‘supercoscienza’ o di “coscienza transpersonale” (a tal proposito Aurobindo, filosofo ‘mistico’ indiano, ha introdotto il termine Supermind – sopramente o metamente, ossia coscienza ‘altra’).

Ti sto infatti dicendo che ci sono diversi livelli di coscienza. Lo stadio di coscienza ‘preparatoria’ è quella posto a livello fisico-emozionale (sensazione corporee, percezioni sensoriali, emozioni, fino alle cognizioni elementari sotto forma di immagini, archetipi e simboli, sia pur senza averne consapevolezza chiara). Questo stadio corrisponde alla coscienza del tuo Io. Se trascendi questo stato, ti poni a livello della coscienza transpersonale, che include, non solo una chiara visione della realtà, in tutte le sue sfaccettature e sfumature, ma soprattutto ‘illuminazioni’, intuizioni, visioni, profezie e… miracoli.

C’è poi l’esperienza mistica: esperienza del vuoto, della ‘Divinità’ in sé (nuda e semplice, senza ‘predicati’). Qui fai esperienza del “puro essere”, dello Spirito, dell’Origine. È lo stadio del “fiat lux”, in cui tutto si può creare…



2 commenti:

atodarello86 ha detto...

personalmente spero che in molti leggano questo post. Io avendo vissuto da poco un momento di spiritualità intenso condivido il tuo scritto anche se il mio è il solo il giudizio di uno spirito vagante.

Nike/Lothar (Nicola Perchiazzi) ha detto...

Grazie Atodarello86! Anche se l'emozione più grande è 'dare' un messaggio (in questo caso, il post), anche riceverlo è gratificante. Come in questo caso. Passando alle tue considerazioni, non voglio farmi pubblicità, ma nel mio 'Prendi la PNL con Spirito!' c'è proprio il tentativo di 'instillare' gocce di spiritualità (in un 'corpus' psico-motivazionale) al fine di creare intorno (e dentro) al lettore quella 'stimmung', quell'aura particolare, che favorisce - fa 'esplodere' - momenti di spiritualità, anche di 'ebbrezza spirituale' (altrimenti 'sonnacchiosi' o 'implosi').
A tal proposito ti ripropongo uno stralcio dal libro:
Altra possibilità di ‘toccare’ il transpersonale si ha – anche se sembra paradossale – durante uno stato di calma, di pace, di quiete, in cui all’improvviso (durante una lettura coinvolgente, oppure rapiti da una melodia, o ancora… ‘dissolti’ nella bellezza della natura), si passa, all’improvviso, da un quasi passivo godimento a un improvviso stato di esultanza e di gioia ineffabile, e insieme di pura consapevolezza, accompagnato da un’illuminazione intellettuale e spirituale – uno stato brahmico, per così dire, un’esperienza delle vette o sentimento oceanico – per cui ti sembra di toccare, nel vero senso del termine, il cielo con un dito. Il tutto collegato con un indescrivibile allargamento del senso del proprio Io (meglio, del Sé) e della coscienza, tale da far apparire, per confronto, la coscienza ordinaria come una manifestazione molto ristretta, limitata e ‘grigia’ della più ampia potenzialità della propria essenza o, il che è praticamente lo stesso, del proprio spirito.
Non mi dilungo, ma passo a tre brani che da soli esprimono più di tante spiegazioni:
“Percorsi i primi chilometri di corsa, trotterellando, essendo la strada in discesa: poi cominciò la pianura, ed io nel ritmo del cammino e nell’incanto della solitudine della Gallura, entrai in uno stato di particolare armonia dello spirito con il corpo. Grazie al ritmo del camminare e all’àmbito di primordialità pura delle forze in cui movevo, grazie al silenzio e alla pace, possenti sino alla solennità, ebbi d’un tratto, nella forma possibile alla struttura interiore propria alla mia età, la prima esperienza del pensiero vivente.
Procedendo a passo veloce ma uguale e lieve, andavo facendo una sintesi della mia vita e del suo significato, quando sentii al centro di essa, resasi quasi visibile, la forza del pensiero come una luce che tendeva a penetrare nell’anima e che mi avrebbe rivelato nel tempo il senso di tutto ciò che per ora semplicemente mi appariva: percepii la connessione di questa luce con l’essenza delle cose, dell’uomo e dell’Universo.
Guardandomi intorno, vedevo la realtà segreta della natura, magica nella sua purezza, che mi veniva incontro: mi appariva tutto connesso da un’unica animazione, come una sinfonia, essendo le forze molteplici e diverse. Ricordo nettamente che le impressioni interiori destantisi in me non erano soltanto immagini, ma simultaneamente percezioni di forze. Non ne ero però sorpreso: sapevo benissimo che quella era la realtà. Vi fu un momento in cui, guardandomi intorno, mi parve di essere circondato da entità e da archetipi: sentii la gioia di ravvisare in me il fluire della Luce, come una forza operante in tutto l’essere, e di un tratto constatai che il mio corpo perdeva peso. Non osai forzare l’esperienza, una prudenza mi tratteneva, ma sapevo bene che, se avessi insistito nella percezione della forza-luce, avrei potuto sollevarmi da terra.”
Questa è un'esperienza di Massimo Scaligero, filosofo esoterista di metà Novecento, ma troverai anche esperienze mistiche del Trecento (oltre a quelle 'attuali').