COACHING
& Co
Le
cinque menti
Pasqua
is over (d’altronde, in inglese, richiamando il termine originario ebraico pesach, è chiamata passover: passare oltre, tralasciare, sorvolare, allo scopo di liberare).
Il
concetto di liberazione – compreso quello
di libera-azione – è ancor oggi attuale, ma non ce ne rendiamo granché conto:
la liberazione che cerchiamo di ottenere altro non è che il sollievo dopo una
grattatina sulla spalla, un mordi e fuggi, una fugace leccatina, un lecca lecca…
un po’ di lacca su un vaso di creta crepato. Al massimo, un po’ di Crêpes
Suzette.
Suzy
Q, I love you.
E
vai con il “fattore Q”, l’indice di qualità della nostra vita: è, soprattutto
(ma non solo), una questione di mente – ma di una mente che mente più del solito.
Che
la mente menta spesso è pacifico, ma ora alle finzioni e al suo ‘dis-funzionamento’
si aggiunge la – mi si passi il termine – ‘sfinterizzazione’: per dirla con
garbo, aria fritta.
“Il proposito che lo guidava non
era impossibile, anche se certamente sovrannaturale. Voleva sognare un uomo:
voleva sognarlo, con minuziosa completezza e imporlo nella realtà (…) Con
sollievo, con umiliazione, con terrore, comprese che anche lui era un’apparenza,
che un altro lo stava sognando.”
(da
Le rovine circolari in Finzioni, di J. L. Borges)
Per
cercare di recuperare il perduto, e soprattutto per collaborare al risveglio di tante menti che scalpitano
e anelano a ben più alte cose (per aspera
ad astra), inizio un piccolo corso
di risveglio attingendo alla mia opera prima (Prendi la PNL con Spirito!).
Bene,
partiamo (o forse, ripartiamo: tanti di quei segni e segnali li trovi
disseminati nei vari post).
Il discorso sui diversi Io e sulle diverse
subpersonalità (studiate da Assagioli e la ‘sua’ Psicosintesi), ci ricorda la
teoria delle nostre numerosi ‘menti’. E non sto parlando delle “cinque menti per il futuro”, di Howard
Gardner, secondo cui per ‘sopravvivere’ occorre essere rigorosi e creativi allo
stesso tempo.
Infatti,
bisognerebbe avere una mente disciplinata
(che riceve i vari input, indirizzandoli poi in un campo ben specifico, che
sarà quello in cui eccelle), sintetica
(raccoglie ogni genere di informazioni, selezionandole e sintetizzandole in
maniera originale), creativa (coltiva
nuove idee, si pone domande inusuali, giungendo a esiti nuovi, anche del tutto
inaspettati), rispettosa (accetta le
differenze: è tollerante e collaborativa) ed etica (s’interessa dei bisogni e dei desiderata della società: è
‘ecologica’ e va oltre i propri interessi).
Torniamo
alle “cinque menti”. In effetti, noi –
come sostengono Minninger e Dugan – non possediamo un unico sistema mentale,
ma cinque menti principali, che lavorano in équipe, in sintonia, ma più
spesso litigano tra loro fino a boicottarsi…
La mente esecutiva (direttiva)
sorveglia, coordina, giudica, dà ordini, insomma decide. È di supporto,
educativa, talvolta arrogante…
La mente esplorativa esplora, scopre,
impara, crea, deduce, intuisce, gioca… È la mente creativa, curiosa,
spiritosa, irriverente…
La mente organizzativa analizza, selezione,
organizza ed elabora le informazioni. È la mente razionale, un po’
troppo ‘standardizzata’ sulle regole.
La mente reattiva è sensibile alle emozioni:
prova imbarazzo, collera, paura, amore, dolore, piacere… È la mente emotiva,
solare e lunare insieme, anche molto terrestre…
La mente cognitiva percepisce suoni, odori,
gusti, è ‘tattile’ e cinestesica: raccoglie i dati e li trasmette alle altre
menti per la successiva elaborazione. È la mente mediatica.
C’è poi una sesta ‘mente’, che è sostanzialmente la
parte funzionale, benché ‘silenziosa’ del sistema mentale: è per l’appunto la mente
silenziosa. Essa controlla tutte funzioni corporali ed è sensibile alle
sensazioni fisiche (dolore, piacere, tensioni…).
Infine c’è la memoria che è una ‘funzione’
delle cinque ‘menti’. È una sorta d’immenso archivio in cui sono
registrate tutte le informazioni selezionate dalle cinque menti: un archivio
cui si può accedere, ma che, se conserva in buono stato gli ‘originali’ di
informazioni e ricordi, ce ne restituisce invece delle copie non sempre
conformi all’originale, anzi spesso più o meno falsate o ‘monche’.
Da cosa ti accorgi che le tue cinque menti non sono
allineate, in sintonia, sinergizzate? Dall’indecisione e da altri blocchi
comportamentali, emotivi e cognitivi.
Per eliminare il ‘blocco’ devi portare a livello
conscio le ‘conversazioni’ tra le varie menti: devi farle ‘dialogare’… Poi devi
far sì che la parte esecutiva del sistema mentale dia un ordine appropriato per
ristrutturare il ‘blocco’, cioè dargli un nuovo significato positivo. In
pratica devi immedesimarti nel modo di pensare di ciascuna delle cinque menti
(devi metterti “nei panni” – in the shoes – della parte ‘analitica’, di
quella ‘esplorativa’, ‘emotiva’…) in modo da impostare un ‘dialogo’ (anche un
‘dibattito’) tra le stesse, delegando poi alla mente ‘esecutiva’ (quella
‘direttiva’) il compito di tirare le somme e indicare – anche in modo
impositivo – le direttive che portino alla decisione finale.
By
the way, ho parlato di ‘dialogo’
tra le ‘menti’. È interessante notare la corrispondenza di queste ultime con le
cinque ‘categorie’ della “comunicazione verbale” di Carl Rogers (il
fondatore della “terapia non-direttiva”, ossia la terapia centrata sul cliente):
del
‘giudizio’; questo è giusto, questo è sbagliato (mente esecutiva)
dell’’interpretazione’:
stai parlando così perché intendi dire… (mente organizzativa)
del
‘sostegno’: mi sento in una situazione di… (mente reattiva)
della
‘prova’: dove è successo? Quando? (mente esplorativa)
della
‘comprensione’: capisco che… (mente cognitiva).
Esercizio (sblocco e reset mentale)
Hai
un “blocco mentale” derivante da un conflitto tra le cinque menti? Quando parli
in pubblico sei terrorizzato… sudi,
balbetti, ti senti mancare…
Visualizza
questa situazione disfunzionale, con tutte le submodalità ‘accese’:
senti le gocce di sudore che
imperlano la fronte, i battiti del cuore accelerati, lo sguardo sfocato, i tremiti,
la confusione mentale… Tutti che ti guardano insofferenti, infastiditi, in
cagnesco…
Visualizza
a una a una le tue menti: la cognitiva,
l’esplorativa, l’organizzativa, l’esecutiva, la reattiva… anche la ‘silenziosa’ (la “sesta mente”, quella
“fuori sacco”). Mettiti nei panni di ciascuna di esse, ragiona e parla come
loro, esponi le ragioni di ogni ‘mente’, dibatti, prendi la parola, tira delle
prime conclusioni…
Immagina
il tuo “occhio mentale” che continua a girare sulle menti come su di una
roulette… poi punta sulla… “mente
silenziosa” (non è la ‘fortuna’ che ti ha indirizzato, ma la tua
‘esperienza’, la tua intuizione, il tuo “sesto senso”: tutte qualità che stai
sviluppando in questo ‘cammino’ di “sette giorni”…).
Sì,
dopo aver osservato dall’alto della “mente
esecutiva” il dibattito, individui nella “mente silenziosa” la ‘colpevole’ del tuo ‘blocco’. Perché? Davanti a una situazione
‘imbarazzante’ – quale in questo il parlare in pubblico – segnalatele dalla “mente reattiva” (il ‘mandante’ del
‘sintomo’), la “mente silenziosa”
(ossia quella, apparentemente ‘invisibile’, che controlla le funzioni corporali ed è sensibile alle sensazioni
fisiche di dolore, piacere, tensione, stress…) ha stimolato una scarica
di adrenalina come reazione alla
situazione: la mente reattiva
(sensibile alle emozioni – psicofisiche,
mentali – derivanti dalle sensazioni –
solo fisiche) ha ‘scelto’ di manifestare questa sensazione sotto forma di paura. Quindi, il ‘blocco’ deriva dalla
‘paura’ e questa fa capo in primis alla
mente silenziosa (sensibile alle sensazioni
fisiche) e, poi, alla mente reattiva
(emozioni psicofisiche).
Riepilogando,
davanti a una situazione di ‘disagio’ (più o meno grave), la mente silenziosa manda il segnale e la mente reattiva reagisce sotto forma di paura (ho scelto una ‘scansione’ tipica di causa-effetto, ma ci
possono essere delle varianti). La situazione è, ovviamente, disfunzionale: devi ristrutturare il processo.
Fa’
rigirare di nuovo il tuo occhio mentale e
la ‘pallina’ si ferma su… mente esecutiva (il ‘dirigente’, il boss, dell’azienda mentale).
La
mente esecutiva ordina alla mente reattiva (suo subordinato) di far
sentire l’emozione (che in sé ingloba la ‘sensazione’ trasmessa dalla mente silenziosa), non più come ‘paura’,
ma come entusiasmo ed energia… La mente reattiva obbedisce: la scarica di adrenalina stimolata dalla
mente silenziosa verrà ‘letta’ come entusiasmo ed energia. Ora sei pronto a
parlare in pubblico: sei il re del public
speaking!
Prova
a far questo per qualsiasi ‘blocco’: sei indeciso sul da farsi, non sai come
scegliere, hai paura di sbagliare?
Mettiti
nella condizione precedente, rifai tutto il percorso sostituendo alla paura di
parlare in pubblico qualsiasi altra paura (anche la paura di parlare a te stesso…), individuando quale parte della
mente (o quale delle cinque, e più, ‘menti’) sia la prima o maggior
responsabile del problema e ‘decidendo’ su quale occorra agire per cambiare la
‘tonalità’ o il ‘colore’ dell’emozione e, quindi, convertire (ristrutturare, resettare, ri-decidere)
la sensazione o l’emozione da ‘negativa’ in ‘positiva’.
Tutto
ciò grazie alle direttive della mente direttiva/esecutiva
che stai sempre più potenziando in questi ‘giorni’ (naturalmente, stai anche
facendo sempre più “uscire allo scoperto” le altre menti, specie quella esplorativa e quella cognitiva).
Una
volta acquisito il metodo – valido per
ogni circostanza disfunzionale da resettare – si tratterà di individuare volta
per volta la mente ‘colpevole’ e quella che dovrà risolvere il problema (in genere la mente esecutiva, eventualmente supportata da un’altra mente, per
esempio quella cognitiva). In ogni
caso rinvio a Fate lavorare la mente di
Minninger e Dugan, da cui ho tratto (da me ‘colorato’) l’esercizio.
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