GOCCE DI PIOGGIA A JERICOACOARA
Lì dove
batte il sole
La
baia danzante di una Pugnochiuso non ancora stile Bollywood, le spiagge
infinite di Copacabana e Jericoacoara, la Manhattan ancora fumante da
"Diavolo veste Prada": tutte legate da un filo rosso che tiene uniti
passione, avventura e mistero. Un nastro sottile che, a ogni istante, rischia
di essere tranciato dal filo tagliente degli eventi, ma che poi, magicamente,
continua a riavvolgersi nello 'spin' del tempo: il '68 dell'immaginazione al
potere e del "fou rire", gli anni '80 dell'Italia da bere, Nietzsche
e Marx che parlano insieme al bar, Beyoncé, Rihanna, il Papa seduto al piano...
Fino all'imprevedibile esito finale.
Nulla
si fanno mancare Lorenzo, Gaia, Arianna, Tomàs, Julim, l'inquietante Galatea...
Notte fonda a Jericoacoara, bagliori di luce nella Grande Mela: una galassia
di "particelle elementari" filanti senza direzione e senso,
staccatesi da quel magma incandescente che è la vita. Ma che poi, tra
Taranto, Roma e Firenze, "terza stella a destra", cominciano a
puntare dritte verso il traguardo.
(dalla
quarta di copertina del mio Gocce di pioggia a Jericoacoara).
L’occasione di questa rivisitazione del mio romanzo tourbillon? La mia fresca chiamata a far parte del nucleo produttivo (nell’ambito prevalentemente della ‘scrittura’) di un nascente portale olistico (iRbuk – la libreria dei Rimanenti – i Rimanenti per il tuo diritto alla libertà). E nel richiamare i miei trascorsi (a futura memoria), ecco saltare un’intervista fattami all’epoca dell’uscita del mio romanzo (primo premio Emily Dickinson 2013) – parlo di epoca perché penso che concetti (il sottotesto) e “confetti” (la scrittura, lo stile) del romanzo possano andare al di là della mera quotidianità. Ma bando alle ciance e vai con quest’ulteriore chance – in un’epoca che sembra amare il cambiamento, purché non cambi veramente (l’essenza delle cose).
Tratto dall’intervista di Silvia Barbato (su Terza pagina – trimestrale di editoria e cultura – maggio 2011).
Nasce per istinto romanziere, anche se diverse circostanze lo portano lontano da questo genere e verso la saggistica. Nicola Perchiazzi svela la sua prima passione pubblicando con Sovera Gocce di pioggia a Jericoacoara, un romanzo completo e ricco sotto ogni angolazione lo possiamo analizzare. Ci stupisce nella cifra stilistica multistrato con stili e livelli in continua evoluzione, nel movimento e nello spostamento, sì geografico ma soprattutto interiore, diviso tra la crescita e la voglia di restare fanciulli legati al proprio presente; alle sintesi sensazionali che uniscono il panta, pur evidenziano le singolarità, a cominciare dai protagonisti. Un romanzo che ispira voglia di sperimentare, di tentare e di evolversi in tutto e per tutto, sempre.
Questo è il suo primo romanzo. Cosa l'ha spinta a cambiare
genere?
Non
direi cambiamento, ma riaffermazione del
genere ‘romanzo’. In effetti sono nato come
romanziere, ma, pur credendoci molto, ho lasciato Gocce di pioggia a
Jericoacoara nel cassetto per
alcuni anni, cinque. Nondimeno, una scrittrice e pensatrice ‘borderline’, con
cui ebbi un incontro/scontro sul web, avendo letto ampi stralci del romanzo ne
fu così colpita che mi spinse a tenere sempre il ‘cassetto’ aperto…
Il Brasile è il
protagonista della storia. Cosa la lega a questo paese?
Un
legame antico, risalente agli anni ’70, ma legato più all’architettura che alle
tradizioni o al folklore. Infatti, all’epoca, nell’ambito dei miei studi di
ingegneria edile, m’innamorai della ‘scuola’ brasiliana, con il suo ‘stile’,
per così dire ‘flessuoso’, armonico, sensuale, complice dei luoghi, della saudade e, insieme, alegria dei suoi abitanti. E poi la musica, sia nella versione
‘soave’ sia in quella jazz. E le sue spiagge, le sue baie, i suoni di quella
lingua così intrigante.
Sì,
come contraltare alla mia passione giovanile per l’India e, più
‘cinematografica’, per Bora Bora e spiagge cantando, quella per il ‘panciuto’
Brasile è da sempre una mia passione non tanto nascosta.
Quanto è importante
per lei viaggiare?
Per
dirla con Céline, riprendendo l’incipit del ‘settimo giorno’ del percorso di
miglioramento peak performance del
mio Prendi la PNL con Spirito!, potrei
dire: “Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione
(…) Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. E poi in ogni caso
tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte
della vita.” Sì, i miei sono,
innanzitutto, viaggi interiori, anche se, alla Salgari, più realistici del re…
Non viaggi per scavare nell’inconscio – non li ritengo (Freud mi perdoni) utili
– ma esplorazioni nei ‘mari interni’ e nel ‘deserto’ (qui e là delle oasi,
anche qualche foresta). In ogni caso, il viaggio è per me, sì il tragitto, ma
soprattutto l’arrivo. E la sosta, ma
sempre in movimento…
Tante
esperienze e viaggi sono serviti a dare sostanza a quello che sono, in
definitiva, i miei veri viaggi – ripeto, viaggi interiori che, un po’ per
‘vocazione’, un po’ per intralci vari, hanno, spesso di necessità virtù,
frenato i miei viaggi ‘esteriori’. Ma ora mi sento obbligato – obligado – a
toccare con mano Rio, Jericoacoara e New York. Noblesse oblige.
Le storie che si
intrecciano vedono protagonisti un gruppo di ragazzi. C'è qualcosa di
autobiografico, o è pura fantasia?
Hai
detto ragazzi. Giusto, i due protagonisti, per quanto a cavallo dei cinquanta,
sono ancora dei middlescents, dei bambulti, dei ‘bambini adulti’: pieni di
sogni, di ideali, di idee… Dei forever
young. Sì, questo mi ‘appartiene’. Come pure, anche se con un po’ di
‘glosse’ e ‘cancellazioni’, il periodo sessantottino e post.
Le
vicende sentimentali, rouge & noir (ma
anche il ‘colore’ ideologico), sono in parte vere, in parte romanzate. C’è il
solito intreccio tra realtà e reality (sai,
la ‘civiltà dello spettacolo’...). Comunque, nel sostrato e nell’afflato
ideologico, spirituale e filosofico, mi rispecchio in gran parte.
Qual è il messaggio
che vuole che arrivi al suo pubblico attraverso il romanzo?
Il
messaggio, come ben si intuisce, è ‘multilivello’. Per dirla con quella ‘web friend’ (una che di
scrittura ne capisce, anche se ideologicamente ‘scorrettissima’), il mio
romanzo è: romanzo-rapsodia, fervido di vita e voci, di ritmi e canti
e risa, dal profumo di ingenue aurore … vorticoso nel suo ritmo da derviscio
tournant, vibrante di tensione e trepidazione, ossimorico nei suoi dolci
contrasti, dalla scrittura vivace, geniale, estetizzante, ma tutt'altro che
décadent, capace di affratellare Policleto e i Beatles. Un ‘panta rei’
entusiastico ed entusiasmante, un fluire di sapienze ed eresie, dall'oscillare
inarrestabile, ebbro … una scrittura da giocoliere della parola e da funambolo
della nuance.”
Quindi,
tema di fondo, invogliare, specie i giovani, alla scrittura ‘creativa’,
ossimorica, dai cambi continui di ‘registro, giochi linguistici e assonanze
(sviluppano il ‘cervello destro’). E poi un ritorno ai grandi temi, al Pensiero Forte (anche quello Debole ha avuto le sue ragioni, di
cuore): la ‘grande’ politica, la spiritualità, il mistero… Un nuovo Sessantotto
in chiave rinascimentale e un po’ medievale, insomma. Ma aperto al Nuovo (che
avanza – non gli avanzi di quello pseudo-nuovo che sembra ancora troneggiare
sulle nostre tavole, mediatiche e familiari).
In
definitiva, un tentativo di ‘nuove sintesi’. E una ‘visione’. E per questo
l’ossimoro e l’eclettismo – ma in senso creativo e critico – la fanno da
padroni nel romanzo. Che le ‘gocce di pioggia’ diventino un acquazzone…
Ha già in vista nuovi
progetti editoriali?
È
chiaro che l’appetito vien mangiando. Se prima pensavo di insistere nel filone
‘saggi’, ora è chiaro che la mia passione fou
preme underskin perché scriva un
altro romanzo. Ma questo senz’altro più slim
del primo, molto in ciccia (ma balla bene…). E poi, un po’ di carne già
coceva. Si tratta di aggiungere un po’ di contorni, frutta e molte, molte spezie. Ci sarà molto vissuto e molta fantasy,
ideologia e humour, ma vorrei farlo ancor più magical mystery tour, sia pure più ‘porta a porta’. Mi sa che sarà,
non dico un thriller, ma sempre un po’ noir. Penso a un ‘giallo’
filosofico-politico, un po’ alla Fight
Club, diciamo. Un romanzo sneakers e tacchi a spillo...
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