IL RIBELLE
Cosa bolle in pentola
Partiamo da Clint Eastwood. Lasciamo solo Clint (e la sua colt). Passiamo poi,
sull’altra sponda, a Rupert Everett. Ma anche a Rupert Murdoch, per alcuni
versi sulla stessa onda politica di Clint. E anche qui lasciamo solo il nome: Rupert.
Facciamo una crasi (o craxi?) tra Clint e Rupert, modificandola un po’, anche
geneticamente, ed ecco, da un lato la Clinton dall’altra Trump: una conservatrice
ribelle e un ribelle conservatore (o viceversa; oppure, un po’ dell’uno un po’
dell’altro, con un bel po’ di additivi).
Un inizio un popo’ sgangherato per introdurre alcuni concetti e definizioni: quelle di ribelle, identico, identarismo, false identità…
Tutto nasce da un articolo – sul blog Barbadillo
– di Alain de Benoist, filosofo e scrittore francese, tra gli animatori, a
partire da fine anni’60, del movimento Nouvelle Droite (Nuova
Destra). Ecco un estratto (valido per tutti, al di là delle appartenenze o simpatie
ideologiche Destra – Sinistra, anche Centro). Il grassetto e i corsivi sono
miei.
Dovendo
intervenire in una discussione dedicata all’idea di ribellione, la prima delle
cose da fare è senz’altro quella di interrogarsi sulla definizione del ribelle, e il miglior modo di farlo è
forse quello di paragonare la figura del ribelle a due altre figure, il cui
nome comincia tra l’altro con la stessa lettera: il rivoltoso e il rivoluzionario.
Queste tre figure hanno indubbiamente degli aspetti in comune. Il ribelle,
il rivoltoso e il rivoluzionario, per esempio, incarnano tutti e tre una
legittimità che si oppone alla legalità dell’ordine costituito. Ma tra
di loro vi sono anche delle differenze.
Il
rivoltoso appartiene senza alcun
dubbio a tutte le epoche, e il nostro passato ne è testimone. La storia della
Francia e dell’Europa può infatti leggersi come un susseguirsi quasi
ininterrotto di rivolte popolari, movimenti di protesta e insurrezioni. (…)
Naturalmente
le rivolte non sono una prerogativa dell’Ancien Régime, ma sono continuate
anche nel periodo repubblicano, e ciò è un segnale di come l’avvento
dell’ideologia dei diritti umani non abbia per nulla cambiato le cose.
Quest’ultima, universalizzando alcuni valori particolari, ha messo fine a certe
oppressioni, ma in compenso ne ha da subito suscitate delle nuove; preoccupandosi
degli individui, si è disinteressata delle comunità e dei popoli (…).
Il
rivoluzionario appare invece in
circostanze storiche molto particolari. Rispetto al rivoltoso, presenta
soprattutto due grandi tratti caratteristici: da una parte è dotato di una
coscienza ideologica molto più forte, dall’altra manifesta un’esigenza di
trasformazione molto più radicale. Ecco perché si oppone a ciò che
considera come puramente istintivo, se non ingenuo, nella semplice rivolta. Ed
ecco perché, allo stesso modo, rifiuta ogni riformismo, contrapponendo
all’ideologia dominante una visione del mondo diversa. In questo senso, il
rivoluzionario è una figura della modernità (…).
Tuttavia,
accanto ai rivoltosi ed ai rivoluzionari, ci sono anche i dissidenti, i liberi
pensatori e i non credenti, i fondatori di samizdats ante litteram, le vittime
dei cacciatori di streghe e dei tribunali della Santa Inquisizione, tutti
coloro che nel corso della storia sono stati perseguitati, censurati,
imprigionati per anticonformismo rispetto alle ortodossie del momento (…). Tutti
questi sono già dei ribelli, e
continuano ad esistere al giorno d’oggi. Sono coloro che disturbano, coloro di cui i
guardiani del pensiero unico hanno deciso di non parlare; se non sono
imprigionati, sono messi al bando. Le loro pubblicazioni sono a
malapena tollerate, in ogni caso emarginate, condannandoli in questo modo alla
morte mediatica e sociale.
Alla
pari del rivoltoso, il ribelle rifiuta l’ordine dominante del mondo in seno al
quale è stato gettato. Come il rivoluzionario, lo rifiuta in nome di un altro
sistema di valori, di una concezione del mondo che trova in se stesso e di cui
si fa portatore. Tuttavia, al contrario del rivoltoso o del resistente, il ribelle trae
innanzitutto da se stesso ciò che anima il suo atteggiamento. La
rivolta è legata ad una situazione, ad una congiuntura che ne è la causa, e si
spegne nel momento in cui tale causa sparisce e la situazione cambia. La
ribellione invece non è legata solamente alle circostanze, ma è di ordine
esistenziale. Il ribelle sente fisicamente ed istintivamente l’impostura. Rivoltosi
si diventa, ma ribelli si nasce.
Il
ribelle è ribelle perché ogni altro modo di esistere gli è impossibile. Il
resistente cessa di resistere quando non ha più i mezzi per farlo. Il ribelle,
anche in prigione, continua ad essere un ribelle. Ecco perché se può dirsi
perdente, non può mai dirsi vinto. Non sempre i ribelli possono cambiare il
mondo. Ma mai il mondo potrà cambiare i ribelli. (…)
Il
ribelle è fatto per la lotta, sia essa anche senza speranza. Il
ribelle si sente straniero al mondo che abita, ma senza mai smettere di volerlo
abitare: sa che non si può nuotare contro corrente se non a condizione
di non abbandonare mai il letto del fiume. La distanza interiore che lo
caratterizza non lo conduce a rifiutare il contatto, poiché sa che il contatto
è necessario alla lotta. E se fa «appello alle foreste» per riprendere
un’espressione conosciuta, non è per rifugiarvisi – anche se spesso è in esilio
–, ma per riprendere forza.
D’altra
parte, scrive ancora Ernst Jünger, «la foresta è dappertutto. Ci sono foreste
nel deserto così come nelle città, foreste in cui il Ribelle vive nascosto
dietro la maschera di qualche professione. Ci sono foreste nella sua patria,
così come in ogni altro suolo in cui si può concretare la sua resistenza. Ma ci
sono soprattutto delle foreste nelle retrovie del nemico». Se ciò che distingue
il rivoluzionario è la volontà di raggiungere uno scopo, il ribelle incarna innanzitutto
uno stato d’animo ed uno stile. Ciò non toglie che sappia anche fissarsi
degli obiettivi (…).
Contro che cosa ci si deve ribellare al
giorno d’oggi? Di fronte all’ascesa del pensiero
unico, di fronte al gonfiarsi di un’onda straordinaria di ciò che non esitiamo
a chiamare il conformismo planetario, di fronte alle diverse patologie che
affliggono le nostre società, di fronte alle varie minacce che su di esse
gravano e che oscurano il loro avvenire, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
E
tu, di fronte alla mondializzazione, alla globalizzazione, all’indifferenziato,
alla melassa dei luoghi comuni, da che parte stai? Sì sì o no no?
Sei un uomo comune, un luogo comune, o un differenziato? Turbi, o disturbi? Sei turbo, biturbo o un tubo?
Sei un uomo comune, un luogo comune, o un differenziato? Turbi, o disturbi? Sei turbo, biturbo o un tubo?
Identità,
false identità, costituzione, de-costruzione, elogio delle differenze e, tuttavia, pari opportunità per tutti. Ma essere differenti, diversi, non deve
diventare lo standard…
By
the way, lo sapevi che anche Gesù era un ribelle?
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