SAUDADE
Tratto dall’intervista fattami da
Silvia Barbato (su Terza Pagina –
trimestrale di editoria e cultura – maggio 2011).
N.B.
Il mio romanzo “Gocce di pioggia a
Jericoacoara”, di cui si parla nell'intervista, ha poi vinto il 1° premio per la letteratura "Emily
Dickinson" 2013.
Nasce
per istinto romanziere, anche se diverse circostanze lo portano lontano da
questo genere e verso la saggistica. Nicola Perchiazzi svela la sua prima
passione pubblicando con Sovera “Gocce
di pioggia a Jericoacoara”, un romanzo completo e ricco sotto ogni angolazione lo possiamo
analizzare. Ci stupisce nella cifra stilistica multistrato con stili e livelli
in continua evoluzione, nel movimento e nello spostamento, sì geografico ma
soprattutto interiore, diviso tra la crescita e la voglia di restare fanciulli
legati al proprio presente; alle sintesi sensazionali che uniscono il panta,
pur evidenziano le singolarità, a cominciare dai protagonisti. Un
romanzo che ispira voglia di sperimentare, di tentare e di evolversi in tutto e
per tutto, sempre.
Questo è il suo primo romanzo. Cosa
l’ha spinta a cambiare genere?
Non
direi cambiamento, ma riaffermazione del genere ‘romanzo’. In effetti sono nato
come romanziere, ma, pur credendoci molto, ho lasciato Gocce di pioggia a Jericoacoara nel cassetto per alcuni anni, cinque. Nondimeno, una scrittrice e pensatrice
‘borderline’, con cui ebbi un incontro/scontro sul web, avendo letto ampi
stralci del romanzo ne fu così colpita che mi spinse a tenere sempre il
‘cassetto’ aperto…
Il Brasile è il protagonista della
storia. Cosa la lega a questo paese?
Un
legame antico, risalente agli anni ’70, ma legato più all’architettura che alle
tradizioni o al folklore. Infatti, all’epoca, nell’ambito dei miei studi di
ingegneria edile, m’innamorai della ‘scuola’ brasiliana, con il suo ‘stile’,
per così dire ‘flessuoso’, armonico, sensuale, complice dei luoghi, della
saudade e, insieme, alegria dei suoi
abitanti. E poi la musica, sia nella versione ‘soave’ sia in quella jazz. E le
sue spiagge, le sue baie, i suoni di quella lingua così intrigante. Sì, come
contraltare alla mia passione giovanile per l’India e, più ‘cinematografica’,
per Bora Bora e spiagge cantando, quella per il ‘panciuto’ Brasile è da sempre
una mia passione non tanto nascosta.
Quanto è importante per lei
viaggiare?
Per
dirla con Céline, riprendendo l’incipit del ‘settimo giorno’ del percorso di
miglioramento peak performance del mio “Prendi
la PNL con Spirito!”, potrei dire: “Viaggiare, è proprio
utile, fa lavorare l’immaginazione […]. Il viaggio che ci è dato è interamente
immaginario. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere
gli occhi. È dall’altra parte della vita.” Sì, i miei sono, innanzitutto, viaggi interiori, anche
se, alla Salgari, più realistici del re… Non viaggi per scavare nell’inconscio
– non li ritengo (Freud mi perdoni) utili – ma esplorazioni nei ‘mari interni’
e nel ‘deserto’ (qui e là delle oasi, anche qualche foresta). In ogni caso, il viaggio
è per me, sì il tragitto, ma soprattutto l’arrivo. E la sosta, ma sempre in
movimento…
Tante esperienze e viaggi sono serviti a dare sostanza a quello che sono, in definitiva, i miei veri viaggi – ripeto, viaggi interiori che, un po’ per ‘vocazione’, un po’ per intralci vari, hanno, spesso di necessità virtù, frenato i miei viaggi ‘esteriori’. Ma ora mi sento obbligato – obligado – a toccare con mano Rio, Jericoacoara e New York. Noblesse oblige.
Tante esperienze e viaggi sono serviti a dare sostanza a quello che sono, in definitiva, i miei veri viaggi – ripeto, viaggi interiori che, un po’ per ‘vocazione’, un po’ per intralci vari, hanno, spesso di necessità virtù, frenato i miei viaggi ‘esteriori’. Ma ora mi sento obbligato – obligado – a toccare con mano Rio, Jericoacoara e New York. Noblesse oblige.
Le storie che si intrecciano vedono
protagonisti un gruppo di ragazzi. C'è qualcosa di autobiografico, o è pura
fantasia?
Hai
detto ragazzi. Giusto, i due protagonisti, per quanto a cavallo dei cinquanta,
sono ancora dei middlescents, dei bambulti, dei ‘bambini adulti’: pieni di
sogni, di ideali, di idee… Dei forever young. Sì, questo mi ‘appartiene’. Come
pure, anche se con un po’ di ‘glosse’ e ‘cancellazioni’, il periodo
sessantottino e post. Le vicende sentimentali, rouge & noir (ma anche il ‘colore’ ideologico), sono in parte vere, in parte
romanzate. C’è il solito intreccio tra realtà e reality (sai, la ‘civiltà dello
spettacolo’). Comunque, nel sostrato e nell’afflato ideologico, spirituale e
filosofico, mi rispecchio in gran parte.
Qual è il messaggio che vuole che
arrivi al suo pubblico attraverso il romanzo?
Il
messaggio, come ben si intuisce, è ‘multilivello’. Per dirla con quella ‘web
friend’ (una che di scrittura ne capisce, anche se è, ideologicamente,
‘scorrettissima’), il mio romanzo è: romanzo-rapsodia, fervido di vita e voci, di ritmi e canti e risa, dal
profumo di ingenue aurore … vorticoso nel suo ritmo da derviscio tournant,
vibrante di tensione e trepidazione, ossimorico nei suoi dolci contrasti, dalla
scrittura vivace, geniale, estetizzante, ma tutt'altro che décadent, capace di
affratellare Policleto e i Beatles. Un ‘panta rei’ entusiastico ed
entusiasmante, un fluire di sapienze ed eresie, dall'oscillare inarrestabile,
ebbro … una scrittura da giocoliere della parola e da funambolo della nuance.”
Quindi, tema di fondo, invogliare, specie i giovani, alla scrittura ‘creativa’, ossimorica, dai cambi continui di ‘registro, giochi linguistici e assonanze (sviluppano il ‘cervello destro’). E poi un ritorno ai grandi temi, al Pensiero Forte (anche quello Debole ha avuto le sue ragioni, di cuore): la ‘grande’ politica, la spiritualità, il mistero… Un nuovo Sessantotto in chiave rinascimentale e un po’ medievale, insomma. Ma aperto al Nuovo (che avanza – non gli avanzi di quello pseudo-nuovo che sembra ancora troneggiare sulle nostre tavole, mediatiche e familiari). In definitiva, un tentativo di ‘nuove sintesi’. E una ‘visione’. E per questo l’ossimoro e l’eclettismo – ma in senso creativo e critico – la fanno da padroni nel romanzo. Che le ‘gocce di pioggia’ diventino un acquazzone…
Quindi, tema di fondo, invogliare, specie i giovani, alla scrittura ‘creativa’, ossimorica, dai cambi continui di ‘registro, giochi linguistici e assonanze (sviluppano il ‘cervello destro’). E poi un ritorno ai grandi temi, al Pensiero Forte (anche quello Debole ha avuto le sue ragioni, di cuore): la ‘grande’ politica, la spiritualità, il mistero… Un nuovo Sessantotto in chiave rinascimentale e un po’ medievale, insomma. Ma aperto al Nuovo (che avanza – non gli avanzi di quello pseudo-nuovo che sembra ancora troneggiare sulle nostre tavole, mediatiche e familiari). In definitiva, un tentativo di ‘nuove sintesi’. E una ‘visione’. E per questo l’ossimoro e l’eclettismo – ma in senso creativo e critico – la fanno da padroni nel romanzo. Che le ‘gocce di pioggia’ diventino un acquazzone…
Ha già in vista nuovi progetti
editoriali?
È
chiaro che l’appetito vien mangiando. Se prima pensavo di insistere nel filone
‘saggi’, ora è chiaro che la mia passione fou preme underskin perché scriva un
altro romanzo. Ma questo senz’altro più slim del primo, molto in ciccia (ma
balla bene…). E poi, un po’ di carne già coceva. Si tratta di aggiungere un po’
di contorni, frutta e molte, molte spezie. Ci sarà molto vissuto e molta
fantasy, ideologia e humour, ma vorrei farlo ancor più magical
mystery tour, sia pure
più ‘porta a porta’. Mi sa che sarà, non dico un thriller, ma sempre un po’
noir. Penso a un ‘giallo’ filosofico-politico, un po’ alla Fight Club, diciamo. Un romanzo sneakers e tacchi a spillo…
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