lunedì 6 dicembre 2021

RADICAL CHIC/CHOC

RADICAL CHIC/CHOC

Because the night belongs to lovers, because the night belongs to lust, because the night belongs to us… È l’alba, la notte è scappata coi suoi amanti, i dardi aurorali scippati alla febica faretra hanno colpito a morte le mie effervescenti passioni ctonie (ma rivivranno allo scoccare della mezzanotte) e i gendarmi del mattino hanno ammanettato le mie voglie corsare (adieu fuitina stellare con Jessica Alba… ogni notte un trip diverso). It’s too late to apologize. Non ho più scuse. Dalla radiosveglia la voce velvet del sempre cool Timbaland mi riporta sulla battigia. It’s too late… Lascio Garden of nights (il Village da dreamer radical-chic – niente di particolarmente osé: solo Muse e qualche strip) e mi butto giù dal letto.

   Della notte mi è rimasto solo il sorriso: lentamente passo per l’ultima volta il dito sulle sue labbra di sogno, prima che si assottiglino e sublimino, impalpabili come labili fili evanescenti, al balenare delle prime pallide luminescenze diurne. L’eco narcisa degli ultimi sparsi frammenti onirici cerca invano di raggiungermi, ma ammutolisce spaurita davanti all’alba sorgiva, sfiatando pudica nel lete delle memorie fuggitive. No pain, no drama: ho già trascritto le stille essenziali, lascio senza magone le vaghe stelle dell’orsa.

   Il telefono squilla. L’ultima, definitiva, rupture al notturno soffitto di cristallo: di lì, rapito, posso mirare l’epifania degli dèi. Squallida cocotte, vattene per la tua strada… io sono fedele al mio computer (e pensare che fino a qualche annetto fa manco me lo filavo…). Lascio a letto i miei clandestini philosophes prêt-à-porter (nouveaux o anciens, tutti mi fanno il filo, ma io mi fermo ai preliminari), snobbo la cornetta – di giorno sono fedele – e vado a tirare. Slash-flash: qualche strisciata di piccì, per tenermi su. Inizia la mia giornata. Chic et Choc.

O viva morte o dilettoso male. Se non fosse stato per il libro, il computer poteva pure andarsene in cancrena. Kissenefrega. Datemi i libri e vi solleverò il mondo, ma il computer… Polvere e pula al vento (questo il mio primo soft impact, anni fa, e neanche tanti. Sono tardo, e lento, quanto a tecnologia). Eppure, mio malgrado, me lo devo sorbire. Kiss kiss. E si sa, la mano, il braccio… e poi, chiodo scaccia chiodo.

Libri ‘inchiodati’? Jamais! Books, booklets, penguin classics, livres de poche, pocket, tascabili, purché libri… (anche e-books. Ammazza… – amazon – che bibliofilo!). Li compulsava, slinguava, odorava, sniffava e poi vi ci si tuffava. Anche a occhi chiusi.   

   Sono un junkie, un drogato (di fogli stampati, non di cartine), un book-addicted: avevo più d’una scimmia sulla spalla (e mi facevano pure le linguacce). A proposito, pour parler: da bookworm (ma anche movieworm), fluivo in english, galleggiavo in tedesco – avevo fatto, c’era una volta, uno stage nazi-runico –, davo delle belle unghiate french. E poi ogni tanto stillavo, specie quando scrivevo, gocce d’umor pagano dall’Olimpo e dai Sette Colli; un po’ di ‘vento divino’ dal Sinai per la par condicio e, sursum corda, sciacqui nel Gange (qui c’è un mix tra il me reale e l’avatar…).

   Croce e delizia. Le parole schiodate dal mio libro m’inchiodano a Lorenzo (il mio alter-ego di carta, un ribelle sempre meno virtuale). Lui il crociato, io la pietra filosofale; loro, gli ipsissima verba, il martello: il triangolo perfetto per incidere nella realtà (e non solo per ballare sul mondo). Diapason, flauto, arpa, siringa… Ago che inietta vita: senza strumenti musica nuda la parola produce.

Fatti e misfatti. Verba volant (et volunt). Sì, il linguaggio che si fa parola, la parola che si fa atto: “nessuna cosa è dove la parola manca” – questo uno dei miei motti preferiti (soffiato a Heidegger, ma da lui stillato, con ‘cura’, da ‘Das Wort’, poesia di Stefan George – lingua vergine, ‘virgo mater’ del sacro cerchio). La parola che nomina le cose, le contrassegna, le crea. “Basta la parola…”

   Parola coessenziale all’azione. Parola in movimento, in divenire, in estasi. Versi intessuti, carmi circolari, parola in cammino. Parola ‘attiva’. Più che ‘parola’, ‘verbo’, azione che si attende una re-azione. Action now. Parola dinamica, scoppiettante. Parola che grida quando più tace. Parola che canta, sussurra, piange. Nella parola balugina la spiritualità dell’anima. E questa si fa corpo. Per accoppiarsi e poi scoppiare. È la parola che dà sostanza, essere, alla ‘res’. Logos lex: la parola è legge. Logos Rex: la parola è re, anzi regina, e di questo logos ero diventato padrone.

       Suona la parola la malvestita realtà… Parolibere ancheggianti, ossimori frenati o rutilanti, specchi autoriflettentesi, un po’ narcisi un po’ Eco. Un romanzo-carillon il mio – i fatti come lame rotanti, i pensieri come trottole vorticose, e in cima a ciascuna di esse le parole come dervisci tournants sulla capocchia di uno spillo.

    “Romanzo-rapsodia, fervido di vita e voci, di ritmi e canti e risa, dal profumo di ingenue aurore … vorticoso nel suo ritmo da derviscio tournant, vibrante di tensione e trepidazione, ossimorico nei suoi dolci contrasti, dalla scrittura vivace, geniale, estetizzante, ma tutt'altro che décadent, capace di affratellare Policleto e i Beatles. Un ‘panta rei’ entusiastico ed entusiasmante, un fluire di sapienze ed eresie, dall'oscillare inarrestabile, ebbro … una scrittura da giocoliere della parola e da funambolo della nuance.” (a parere, e sentimento, della scrittrice e filologa “ariana”, quella con la K: mia prima fan – malgrado mi sia dissociato da molte delle sue opinioni …ma scrive in maniera sublime).

    Io, servo della parola. E lei mia schiava. Romanzo à la carte: antipasto, primo e secondo della mia vita (ero alla frutta). Io audioslave. Mi piace la musica gospel, battere i chiodi col martello e parlare in lingue. Non è la prima volta che sconfino in lande straniere…    E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare… E dopo aver scampato tremendi pericoli, dopo qualche beccheggio ero finito nella rete. Senza rendermene conto. Passato, quanto ai libri (quando bucavo la rete e tornavo sulla ‘carta-ferma’), dall’insostenibile leggerezza dell’essere all’alito pesante del drago che butta fuoco (quello del contropelo).

    L’ultima del diavolo? No, tutta colpa di Lorenzo, il mio biblio-avatar (lo junkie, il book-addicted, bookworm e movieworm…). Uno che, anche se solo ‘di carta’ o ‘sulla carta’, conoscevo bene, biblicamente (un tocco di gayezza? Forse l’onda lunga di Stefan George e gay-bardi dis-correndo – quanto alla literacy non mi faccio mai mancare nulla).

    “Si tratta di arrivare all’ignoto mediante la sregolatezza di tutti i sensi.” Amo gli eccessi (a parole, quando mi spingo giù sino ai poeti maledetti) ed eccedo negli amori (anche qui, verbis non factis). “Voglio essere poeta, e lavoro a rendermi Veggente.” Ho sposato la prosa, ma la tradisco con la poesia (sono single). E ci sono altre Muse che spingono per entrare: fuori piove…

 N.B. C’è del reale nel personaggio “fiction” (Lorenzo, una delle “primedonne” del mio romanzo di tras-formazione), e c’è della fiction nel personaggio reale (Nicola)…


 

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