venerdì 20 novembre 2020

DAL COACHING A UNA DIMENSIONE AL COACHING OLISTICO E TRANSPERSONALE


DAL COACHING A UNA DIMENSIONE AL COACHING OLISTICO E TRANSPERSONALE

«L’uomo è due uomini contemporaneamente: solo che uno è sveglio nelle tenebre e l’altro dorme nella luce.» (Kahlil Gibran). Siamo continuamente bombardati da luci, suoni e parole. Stimoli di ogni genere ti disorientano. Probabilmente hai bisogno di un coach, un mentore o un corso di risveglio.

LAMPI DI ETERNITÀ

«Viviamo in un mondo in cui presunte verità, pseudo-valori, eventi senza senso e false mete ci indirizzano in vicoli ciechi senza via d’uscita. Siamo continuamente bombardati da luci, suoni, parole parole parole… Stimoli di ogni genere ci disorientano, spaventano e bloccano; rimuginazioni continue, idee fisse, pensieri inutili e improduttivi intasano il mio e il tuo cervello. Tutta questa pressione finisce per deprimerci: troppo grande è il divario tra i nostri desideri, le nostre aspettative e la vita reale.» (dal mio PNL transpersonale)

Nondimeno, «Vi sono improvvisi imprevedibili lampi di eternità o dell’infinito che giungono a noi quando meno ce li aspettiamo” (Anthony de Mello). Eppure, spesso la nostra condizione abituale è quella di persone addormentate. «Il principe azzurro di cui hai bisogno è un coach, un mentore o, come in questo caso, un corso di risveglio». (dal mio PNL olistica).

CON I PIEDI PER TERRA

Allora, vai col coaching… diresti tu che ti affacci a questo sito dedicato al miglioramento personale.
Sì, il coaching va benissimo per risvegliare persone addormentate, risolvere problemi e fare goal, ma senti questa (è recentissima, risale al giorno della fiducia al governo Gentiloni): Mario Monti inizia ringraziando Matteo Renzi. «Non ho alcun motivo sul piano personale, ma sul piano politico lo ringrazio perché ha avuto coraggio ed è stato un buon coach, infondendo un senso di orgoglio e di speranza. Grande tecnico della comunicazione e della motivazione, ha finito con la sua inadeguatezza politica per recare danno al paese». Prima adeguato, poi inadeguato…

Qual è la verità, allora? Il coaching fa bene o fa male? È vero che, dopo essere diventati grandi tecnici della comunicazione e della motivazione, rischiamo di ritornare alla nostra inadeguatezza? Nei Vangeli c’è un’espressione molto forte, ma efficace: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango. E poi, c’è sempre il rischio di gettare le perle ai porci…

Naturalmente, non sto parlando (bene o male) di Renzi, né di nessun altro, e nemmeno voglio ergermi a guru o maestro di verità («La verità… ah se fosse vera!» direbbe Jorge Luis Borges), ma voglio solo scuotervi un po’ ed emozionarvi (vedi il mio primo articolo: Chiamale se vuoi emozioni).

DALL’UOMO A UNA DIMENSIONE A QUELLO TRIDIMENSIONALE

Prima scossa: Herbert Marcuse, il famoso maître à penser, sosteneva che l’uomo a una dimensione è tale in quanto, con il suo vivere ammansito dalla società consumistica e drogato dai mass-media, si muove a senso unico, non riuscendo così a manifestare la molteplicità del proprio essere interiore.

Il coaching può però scuoterlo e fargli fare un salto di livello: da allora in poi l’uomo a una dimensione (diventato a due dimensioni) comunicherà in modo migliore e sarà motivato; inoltre, da “Io diviso”(come lo definiva Ronald Laing) passa a “Io unificato”. Ma non è sufficiente… (sarà stato il caso di Renzi?).

L’uomo a due dimensioni rimane, infatti, all’interno di uno schema stimolo-risposta, sia pure estremamente evoluto, senza però riuscire ad aprire completamente il ventaglio di tutte le possibilità: non sa (o lo sa in modo approssimativo e non focalizzato) che di fronte a una difficoltà apparentemente insormontabile, oltre alla buona comunicazione e alla forte motivazione, può far appello a risorse transpersonali (la preghiera efficace, la visualizzazione creativa, la nevillizzazione degli obiettivi, di cui parlerò in un prossimo post, ecc.).

Con il coaching olistico (che contempla tutt’e tre le dimensioni dell’uomo: corpo, anima e spirito) e con quello transpersonale, che agisce ancor più sulla dimensione spirituale, si può arrivare all’uomo a tre dimensioni, completamente realizzato grazie alla (ri)scoperta della molteplicità dell’essere che caratterizza la dimensione umana.

L’uomo è, infatti, quell’essere che, come ammoniva Pascal, può e deve andare oltre se stesso e trascendere la propria natura materiale, con tutti rischi connessi alla “traversata del mare della vita” (per dirla con Platone).

IL COACHING OLISTICO E TRANSPERSONALE

Ma cos’è  sto coaching di cui stai straparlando? Certamente, qualcosa la sai, ma a ogni buon conto ecco qui una sintesi. È un incontro one to one, personalizzato, fatto su misura, pratico, concreto, strategico, finalizzato a:

accrescere l’autostima;

migliorare le performance;

superare blocchi e convinzioni limitanti;

implementare la crescita personale o professionale in funzione dei propri obiettivi;

acquisire competenze e comportamenti che incrementano empatia, efficacia ed efficienza.

Si tratta di un processo interattivo short term: un programma dinamico focalizzato, più che sulle cause, sulla soluzione. Infatti, non rimane nel vago, ma punta subito al risultato mediante un programma strategico, concreto e misurabile, costruito insieme al cliente (ma il coach ci mette le sue competenze e la sua esperienza).

Un approccio generativo più che riparativo, in quanto volto al conseguimento del risultato e al raggiungimento dell’obiettivo. Quindi, più che al passato (e ai suoi traumi), il coach è rivolto al futuro, cioè al raggiungimento dell’obiettivo concordato con il cliente: il coach è, infatti, uno specialista dei risultati.

«Non credere a nulla che tu non possa verificare in prima persona», raccomandava Gurdjieff. Il motto è stato fatto proprio dalla Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), eccellente modello educativo di auto-aiuto (self-help), che, nell’ambito del coaching, può essere validamente applicato alla vita quotidiana, con le sue tecniche di miglioramento personale e, soprattutto, grazie all’atmosfera e all’approccio mentale (l’atteggiamento) che crea.

Ma quello che più della PNL interessa sono i suoi risvolti pratici: semplici tecniche di miglioramento personale che puoi applicare alla vita di tutti i giorni e che, se fatte in modo etico e responsabile, e salendo e scendendo i gradini della scala di Dilts, ti aiuteranno a risolvere i tuoi problemi, grandi e piccoli e a realizzare i tuoi obiettivi.

Tuttavia, e ritorniamo al ragionamento iniziale, se sali solo i primi gradini della scala (i livelli logici più bassi) – ambiente, comportamento e capacità – potrai diventare “un grande tecnico della comunicazione e della motivazione” (il complimento che Monti faceva al primo Renzi), ma c’è sempre il rischio di diventare inadeguato “politicamente” (in senso lato – l’accusa di Monti all’ultimo Renzi).

Potrai evitare questo scivolone solo se sali gli ultimi gradini: valori, identità e spiritualità (la tua vision e mission).

Ed ecco il perché del coaching olistico e transpersonale, che è un allenamento dell’anima per migliorare le prestazioni del corpo intero – corpo olisticamente inteso: corpo, anima, spirito. Senza questo tipo di coaching (e di self-coaching) rischi di girare a vuoto.

Oggi tendiamo a dimenticare che l’anima, non solo è dentro di noi, ma anche fuori di noi (…) Se vivessimo in un’altra cultura, diremmo: qualcuno mi sta inviando un messaggio. (James Hillman)

Nondimeno, noi siamo partecipi di un vasto campo energetico invisibile che contiene tutte le possibili realtà e riflette i tuoi pensieri e le tue emozioni. Dai quindi maggior spazio all’emisfero cerebrale destro, al pensiero laterale, alla tua mente intuitiva. «La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo: noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.» (Albert Einstein).

UNO SHOCK ADDIZIONALE

Ognuno di noi ha bisogno, di tanto in tanto, di uno scossone, di uno shock. E non sto parlando dello shock che ti traumatizza o dei tanti piccoli shock quotidiani che, seppure sciocchi, goccia dopo goccia ti procurano distress, lo stress cattivo, che ti logora la vita, ti avvelena l’anima e ti può condurre sull’orlo del baratro.

Sto parlando, invece, dello shock positivo, quello che ti carica di eustress (stress buono), come il flusso di sensazioni dopo il primo bacio o la discesa a rotta di collo su una pista di sci (se sei uno sciatore provetto).

Ma ancor di più mi riferisco ai cosiddetti shock addizionali (come li chiamava Gurdjieff, il maestro armeno). Ossia, a quegli scossoni che bisogna dare, o darsi, quando si nota un calo di tono o si sta deviando dalla direzione che porta all’obiettivo, col rischio di tornare a rotolarsi nelle vecchie abitudini o incartarsi. E sono questi – gli shock addizionali – che voglio provocare coi miei post.

Quindi, se mentre surfeggiavi sulle onde del web sei approdato su questo post, e solo per questo hai cominciato a interessarti più nello specifico al miglioramento personale, o semplicemente a qualcosa di culturale, questo è già uno shock addizionale: hai comunque modificato la tua direzione quotidiana; oppure, dopo qualche arresto o sbandata, ti sei rimesso sul sentiero. Vediamo perché.

Secondo Gurdjieff (e la fisica moderna) tutto l’universo è costituito da vibrazioni, anche la stessa materia. Queste vibrazioni seguono fasi ascendenti e discendenti, mai in modo lineare, ma sempre attraverso un movimento a gradini, in modo simile alla scala musicale dei sette toni (DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI), in cui tra il MI ed il FA e il SI ed il DO non esistono semitoni, ma solo dei vuoti, che determinano dei rallentamenti.

Questo vale anche per i comportamenti umani: quando ti proponi un obiettivo (perdere peso, seguire un corso), oppure sei all’inizio di un percorso (un nuovo incarico, t’iscrivi a un’associazione), la tua motivazione è alle stelle: niente e nessuno può fermarti, spazzi via tutti gli ostacoli!

A un certo punto, però, ecco il rallentamento, l’impasse, il blocco, il vuoto.

Proprio durante questi gap molti propositi vengono abbandonati, come molte promesse di inizio anno. È un continuo drop-out. Tuttavia, quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento, possiamo calibrare il nostro impegno in base alla fase di cambiamento in cui ci troviamo: quando gli obiettivi o le nuove abitudini che vuoi assumere richiedono uno sforzo prolungato e hai la consapevolezza di trovarti in una situazione di stallo, devi procurarti uno shock addizionale, ossia una spinta aggiuntiva che ti consenta di ripartire lungo la linea retta che conduce al traguardo.

Purtroppo, di solito non ci si rende conto di questi salti e vuoti; tuttavia, per rientrare in carreggiata, occorre ritornare in sé (come nella parabola del figliol prodigo – Gurdjieff parlava di ricordo di sé). Per questo occorrono: consapevolezza (mindfulness), trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive, visualizzazione plurisensoriale dell’obiettivo come se già raggiunto e, soprattutto, stop alla procrastinazione.

E non dimenticare di tenere un diario personale, in cui registri giornalmente pensieri, propositi, risultati raggiunti e ostacoli incontrati: tutto questo ti aiuta a mantenere il focus sugli obiettivi e ti dà una spinta propulsiva (il cosiddetto ego-drive). E poi, come ricorda poi Rudolf Steiner,

Passa in rassegna le gioie e i dolori, le pene e le esperienze, tutte le azioni come se fossero cose di un altro. Ognuno infatti guarda con chiarezza nella vita degli altri, e trova la giusta medicina per i mali che non gli appartengono.

Concludo con un ultimo shock addizionale, un set-up da farsi non appena svegli: palming – respirazione sole-luna – riequilibrio energetico (EFT) – switch – respirazione di fuoco e, per finire, esercizio Stanlio e Ollio. Ma di questo e altro (il set-up è solo un cliff-hanging) parlerò nei prossimi post.

 

lunedì 16 novembre 2020

ALL-IN-ONE – Dal “coaching a una dimensione” al coaching olistico e transpersonale

ALL-IN-ONE

 Dal “coaching a una dimensione” al coaching olistico e transpersonale

 

Non solo emozioni, come nel post precedente, ma anche “spirito”. Ed ecco che ripesco il secondo dei miei articoli per il portale IRBUK (ora “silente”).

 

Lampi di eternità

«Viviamo in un mondo in cui presunte verità, pseudo-valori, eventi senza senso e false mete ci indirizzano in vicoli ciechi senza via d’uscita. Siamo continuamente bombardati da luci, suoni, parole parole parole… Stimoli di ogni genere ci disorientano, spaventano e bloccano; rimuginazioni continue, idee fisse, pensieri inutili e improduttivi intasano il mio e il tuo cervello.

Tutta questa pressione finisce per deprimerci: troppo grande è il divario tra i nostri desideri, le nostre aspettative e la vita reale.» (dal mio PNL transpersonale)

Nondimeno, «”Vi sono improvvisi imprevedibili lampi di eternità o dell’infinito che giungono a noi quando meno ce li aspettiamo” (Anthony de Mello) … Eppure, spesso la nostra condizione abituale è quella di persone “addormentate.” (…) Il principe azzurro di cui hai bisogno è un coach, un mentore o, come in questo caso, un corso di risveglio.» (dal mio PNL olistica).

Con i piedi per terra

Allora, vai col coaching… diresti tu che ti affacci a questo sito dedicato al miglioramento personale.

Sì, il coaching va benissimo per “risvegliare” persone “addormentate”, “risolvere problemi” e “fare goal”, ma senti questa (è recentissima, risale al giorno della fiducia al governo Gentiloni):

Mario Monti inizia ringraziando Matteo Renzi. «Non ho alcun motivo sul piano personale, ma sul piano politico lo ringrazio perché ha avuto coraggio ed è stato un buon coach, infondendo un senso di orgoglio e di speranza. Grande tecnico della comunicazione e della motivazione, ha finito con la sua inadeguatezza politica per recare danno al paese».

Prima adeguato, poi inadeguato…

«Qual è la verità, allora? Il coaching fa bene o fa male? È vero che, dopo essere diventati grandi tecnici della comunicazione e della motivazione, rischiamo di ritornare alla nostra inadeguatezza? Nei Vangeli c’è un’espressione molto forte, ma efficace: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango. E poi, c’è sempre il rischio di gettare le perle ai porci…

Naturalmente, non sto parlando (bene o male) di Renzi, né di nessun altro, e nemmeno voglio ergermi a guru o maestro di verità («La verità… ah se fosse vera!» direbbe Jorge Luis Borges), ma voglio solo scuotervi un po’ ed emozionarvi (v. il mio primo articolo: Chiamale se vuoi emozioni…).

Dall’uomo a una dimensione a quello tridimensionale

Prima scossa: Herbert Marcuse, il famoso maître à penser, sosteneva che l’”uomo a una dimensione” è tale in quanto, con il suo vivere “ammansito” dalla società consumistica e drogato dai mass-media, si muove a senso unico, non riuscendo così a manifestare la molteplicità del proprio essere interiore.

Il coaching può però scuoterlo e fargli fare un salto di livello: da allora in poi l’uomo a una dimensione (diventato “a due dimensioni”) comunicherà in modo migliore e sarà motivato; inoltre, da “Io diviso” (come lo definiva Ronald Laing) passa a “Io unificato”.

Ma non è sufficiente… (sarà stato il caso di Renzi?).

L’”uomo a due dimensioni” rimane, infatti, all’interno di uno schema stimolo-risposta, sia pure estremamente evoluto, senza però riuscire ad aprire completamente il ventaglio di tutte le possibilità: non sa (o lo sa in modo approssimativo e non focalizzato) che di fronte a una difficoltà apparentemente insormontabile, oltre alla buona comunicazione e alla forte motivazione, può far appello a risorse transpersonali (la preghiera efficace, la visualizzazione creativa, la “nevillizzazione” degli obiettivi, di cui parlerò in un prossimo post, ecc.).

Con il coaching olistico (che contempla tutt’e tre le “dimensioni” dell’uomo: corpo, anima e spirito) e con quello transpersonale, che agisce ancor più sulla dimensione “spirituale”, si può arrivare all’”uomo a tre dimensioni”, completamente realizzato grazie alla (ri)scoperta della molteplicità dell’essere che caratterizza la dimensione umana.

L’uomo è, infatti, quell’essere che, come ammoniva Pascal, può e deve andare oltre se stesso e “trascendere” la propria natura materiale, con tutti rischi connessi alla “traversata del mare della vita” (per dirla con Platone).

Il coaching olistico e transpersonale

Ma cos’è ‘sto coaching, di cui stai straparlando? Certamente, qualcosa la sai, ma a ogni buon conto ecco qui una sintesi.

È un incontro “one to one”, personalizzato, fatto su misura, pratico, concreto, strategico, finalizzato a: accrescere l’autostima, migliorare le performance, superare blocchi e convinzioni limitanti, implementare la crescita personale o professionale in funzione dei propri obiettivi, acquisire competenze e comportamenti che incrementano empatia, efficacia ed efficienza.

Si tratta di un processo interattivo short term: un programma dinamico focalizzato, più che sulle cause, sulla soluzione. Infatti, non rimane nel vago, ma punta subito al risultato mediante un programma strategico, concreto e misurabile, costruito insieme al cliente (ma il coach ci mette le sue competenze e la sua esperienza).

Un approccio “generativo” più che “riparativo”, in quanto volto al conseguimento del risultato e al raggiungimento dell’obiettivo. Quindi, più che al passato (e ai suoi traumi), il coach è rivolto al futuro, cioè al raggiungimento dell’obiettivo concordato con il cliente: il coach è, infatti, uno “specialista dei risultati”.

«Non credere a nulla che tu non possa verificare in prima persona», raccomandava Gurdjieff.

Il motto è stato fatto proprio dalla Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), eccellente modello educativo di auto-aiuto (self-help), che, nell’ambito del coaching, può essere validamente applicato alla vita quotidiana, con le sue tecniche di miglioramento personale e, soprattutto, grazie all’”atmosfera” e all’approccio mentale (l’”atteggiamento”) che crea.

Ma quello che più della PNL interessa sono i suoi risvolti pratici: semplici tecniche di miglioramento personale che puoi applicare alla vita di tutti i giorni e che, se fatte in modo etico e responsabile, e salendo e scendendo i gradini della “scala di Dilts”, ti aiuteranno a risolvere i tuoi problemi, grandi e piccoli, e a realizzare i tuoi obiettivi.

Tuttavia, e ritorniamo al ragionamento iniziale, se sali solo i primi gradini della scala (i “livelli logici” più bassi) – ambiente, comportamento e capacità – potrai diventare “un grande tecnico della comunicazione e della motivazione” (il complimento che Monti faceva al primo Renzi), ma c’è sempre il rischio di diventare inadeguato “politicamente” (in senso lato – l’accusa di Monti all’ultimo Renzi).

Potrai evitare questo scivolone solo se sali gli ultimi gradini: valori, identità e spiritualità (la tua vision e mission).

Ed ecco il perché del coaching olistico e transpersonale, che è un “allenamento dell’anima” per migliorare le prestazioni del corpo “intero” – corpo olisticamente inteso: corpo, anima, spirito.

Senza questo tipo di coaching (e di self-coaching) rischi di girare a vuoto.

«Oggi tendiamo a dimenticare che l’anima, non solo è dentro di noi, ma anche fuori di noi (…) Se vivessimo in un’altra cultura, diremmo: qualcuno mi sta inviando un messaggio.» (James Hillman)

Nondimeno, noi siamo partecipi di un vasto campo energetico invisibile che contiene tutte le possibili realtà e riflette i tuoi pensieri e le tue emozioni. Dai, quindi, maggior spazio all’emisfero cerebrale destro, al pensiero “laterale”, alla tua mente intuitiva

«La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo: noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.» (Albert Einstein)

Uno shock addizionale

Ognuno di noi ha bisogno, di tanto in tanto di uno scossone, di uno shock.

E non sto parlando dello shock che ti traumatizza o dei tanti piccoli shock quotidiani che, seppure “sciocchi”, goccia dopo goccia ti procurano distress (lo stress “cattivo”, che ti logora la vita, ti avvelena l’anima e ti può condurre sull’orlo del baratro).

Sto parlando, invece, dello shock positivo, quello che ti carica di eustress (stress “buono”), come il flusso di sensazioni dopo il primo bacio o la discesa a rotta di collo su una pista di sci (se sei uno sciatore provetto).

Ma ancor di più mi riferisco ai cosiddetti shock addizionali (come li chiamava Gurdjieff, il maestro armeno). Ossia, a quegli scossoni che bisogna dare, o darsi, quando si nota un calo di tono o si sta deviando dalla direzione che porta all’obiettivo, col rischio di tornare a rotolarsi nelle vecchie abitudini o incartarsi. E sono questi – gli shock addizionali – che voglio provocare coi miei post…

Quindi, se mentre surfeggiavi sulle onde del web sei approdato su questo post, e solo per questo hai cominciato a interessarti più nello specifico al miglioramento personale, o semplicemente a qualcosa di culturale, questo è già uno shock addizionale: hai comunque modificato la tua direzione quotidiana; oppure, dopo qualche arresto o sbandata, ti sei rimesso sul sentiero.

Vediamo perché. Secondo Gurdjieff (e la fisica moderna) tutto l’universo è costituito da vibrazioni, anche la stessa materia. Queste vibrazioni seguono fasi ascendenti e discendenti, mai in modo lineare, ma sempre attraverso un movimento a gradini, in modo simile alla scala musicale dei sette toni (DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI), in cui tra il MI ed il FA e il SI ed il DO non esistono semitoni, ma solo dei vuoti, che determinano dei rallentamenti.

Questo vale anche per i comportamenti umani: quando ti proponi un obiettivo (perdere peso, seguire un corso), oppure sei all’inizio di un percorso (un nuovo incarico, t’iscrivi a un’associazione), la tua motivazione è alle stelle: niente e nessuno può fermarti, spazzi via tutti gli ostacoli!

A un certo punto, però, ecco il rallentamento, l’impasse, il blocco, il “vuoto”.

Proprio durante questi “gap” molti propositi vengono abbandonati, come molte promesse di inizio anno. È un continuo drop-out...

Tuttavia, quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento, possiamo calibrare il nostro impegno in base alla fase di cambiamento in cui ci troviamo: quando gli obiettivi o le nuove abitudini che vuoi assumere richiedono uno sforzo prolungato e hai la consapevolezza di trovarti in una situazione di stallo, devi procurarti uno “shock addizionale“, ossia una spinta aggiuntiva che ti consenta di ripartire lungo la linea retta che conduce al traguardo.

Purtroppo, di solito non ci si rende conto di questi salti e “vuoti”; tuttavia, per rientrare in carreggiata, occorre “ritornare in sé” (come nella parabola del “figliol prodigo” – Gurdjieff parlava di “ricordo di sé”). Per questo occorrono: consapevolezza (mindfulness), trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive, visualizzazione plurisensoriale dell’obiettivo “come se” già raggiunto e, soprattutto, stop alla procrastinazione…

E non dimenticare di tenere un diario personale, in cui registri giornalmente pensieri, propositi, risultati raggiunti e ostacoli incontrati: tutto questo ti aiuta a mantenere il focus sugli obiettivi e ti dà una spinta propulsiva (il cosiddetto ego-drive).

E poi, come ricorda poi Rudolf Steiner, «Passa in rassegna le gioie e i dolori, le pene e le esperienze, tutte le azioni come se fossero cose di un altro. Ognuno infatti guarda con chiarezza nella vita degli altri, e trova la giusta medicina per i mali che non gli appartengono  

Concludo con un ultimo shock addizionale, un set-up da farsi non appena svegli:

palming – respirazione sole-luna – riequilibrio energetico (EFT) – switch – respirazione di fuoco e, per finire, esercizio Stanlio e Ollio.

Ma di questo e altro (il set-up è solo un cliff-hanging…) parlerò nei prossimi post.

 

 

 


 

sabato 14 novembre 2020

CHIAMALE SE VUOI EMOZIONI…

CHIAMALE SE VUOI EMOZIONI…

Eccovi, è una cover, il primo dei miei articoli per il portale IRBUK (attualmente silente). L’argomento è quanto mai attuale (tra emozioni e false emozioni, o assenza di emozioni...).

«Nessuno oggi, uomo o donna, può mettersi a pensare, sentire od agire se non partendo dalla propria alienazione […] L’umanità è estraniata dalle sue possibilità autentiche: nasciamo in un mondo dove l’alienazione ci attende.» (Ronald D. Laing).                     

Erano gli anni ’60, quelli del cambiamento sociale, della rivoluzione giovanile e del progresso economico, ma anche gli anni dell’incomunicabilità, dell’alienazione e del disagio esistenziale (la “trilogia dell’incomunicabilità” dei film di Michelangelo Antonioni).

Laing l’”antipsichiatra” e l’Antonioni di “Blow-up”, “L’eclisse” e “Zabriskie Point”: due voci stonate in pieno boom economico. Ma non sono i soli. È di quegli stessi anni la riflessione di Pierre Daco: «Vere e proprie malattie sono diventate ormai modi di vita: l’esaurimento, la depressione, l’agitazione, i complessi d’inferiorità, l’impazienza, l’aggressività, la ribellione contro la società, l’ostilità, la paura, l’angoscia, la ricerca di una superiorità a tutti costi […] È penoso constatare quanti uomini siano ridotti a niente, rispetto a quello che potrebbero essere. Si sono interrotti tutti i contatti umani. La Folla e la Massa sostituiscono l’individuo cosciente. Il passeggiare tranquillamente è considerato una forma di pigrizia. È scomparsa la padronanza di sé. La calma e la serenità sono ormai oggetto di curiosità. Un’azione che impegna le facoltà superiori, e che dovrebbe essere normale, viene considerata straordinaria.»

A dare il colpo di grazia ci ha pensato poi, negli anni ’90, James Hillman, con la sua stoccata “ecosofica”: «Gli edifici sono malati, le istituzioni sono malate […] Il mondo è diventato tossico […] E nel suo modo folle, la terapia, enfatizzando l’anima interiore e ignorando l’anima che è fuori […] continua ciecamente a credere di curare il mondo esterno rendendo migliore la gente.»

Questo ieri. E oggi? Per dirla con la Bibbia, in Qoèlet, «ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole». D’altro canto, però, c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico… (L’aquilone, Giovanni Pascoli). E infatti, a scombinare le carte ecco spuntare il fenomeno (in tutti i sensi…) Trump, tromba scornacchiata nel concerto imperante, tra lo sconcerto generale del neo-conformismo globale (quello del “politically correct” e del “volemose bene” a tutti i costi).

Bypassando i giudizi di merito (o demerito), una prima riflessione: a essere maggiormente coinvolta, oggi più che mai, è la “pancia” degli individui (quella decantata da Checco Zalone), e non più la mente razionale, con tutte le sue ragioni e i suoi presupposti “educati” e fini. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce, ricordava Pascal, e anche la pancia ha le sue ragioni e il suo cervello… Le persone, per troppo tempo rinchiuse nelle torri d’avorio (o nei falansteri) della retorica maggioritaria o dei “pensieri pettinati” (e patinati), vanno ora soprattutto alla ricerca prioritaria di emozioni; non solo, sentono anche rinascere il desiderio di tornare alle antiche sorgenti dello spirito, magari in forme nuove, più immediate, più “mordi e fuggi”, o della serie tutto e subito.

Tutte istanze, individuali e sociali, che la Psicoanalisi e molte delle discipline psicologiche successive – e qui arriviamo al focus di questo articolo – non hanno saputo comprendere fino in fondo. Si è spesso dimenticato (salvo che tra il “popolo” e qualche intellettuale fuori dagli schemi) che l’uomo è un essere tripartito – corpo, anima e spirito – e che tutti e tre questi “distretti” devono essere presi in considerazione e, per quanto possibile, accuditi e accontentati.

Non voglio qui fare il teologo, o lo spirituale, ma solo esprimere alcune considerazioni, che approfondirò in un prossimo articolo. Innanzitutto, lo starting point: «il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.» (Marcel Proust). Ma per avere nuovi occhi occorre acquisire la prima dote, quella che ci spinge a uscire dalla nostra comfort zone, o meglio “zona di familiarità”, ossia la flessibilità: quell’apertura mentale ed emotiva ad ampio spettro che ci rende duttili, versatili, ci permette lo spostamento del focus, la libera espressione della creatività, apre al massimo il ventaglio di tutte le alternative possibili (tra cui poi scegliere quella più funzionale all’obiettivo) e ti consente di passare a un pensiero superiore – senza per questo crederci necessariamente, ma agendo “come se” fosse vero.

Fatto questo, compila una lista di desideri e immaginali come se fossero già realizzati (visualizzandoli con tutti i sensi “accesi”, come in un film 3D, 4D, 5D…).

Motto di accompagnamento: «Cedi e sarai intero. Piegati e vincerai. Vuotati e sarai colmo. Il duro e l’inflessibile vengono infranti dal mutamento; il flessibile e il cedevole si piegano e prevalgono.» (Ray Grigg, Il Tao delle relazioni tra uomo e donna – citato in Terapia breve strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone.).

Tornando al discorso sulla complessità umana, il presupposto di partenza, funzionale all’obiettivo della propria auto-formazione e tras-formazione, è, quindi, il seguente: l’essere umano è un’unità bio-psico-esistenziale (in “filosofese” si direbbe: ilio-psico-pneumatica).  

Bio = vita dal punto di vista, essenzialmente, dei bisogni primari (vita vegetativa)

Psico = vita dal punto di vista emotivo-comunicativo (vita relazionale)

Esistenziale = vita dal punto di vista performativo (vita ‘realizzata’).

Ci troviamo, però, già davanti a un primo ostacolo: «… se la psiche è l’anima, e l’anima è il mondo della nostra esperienza … essa ci fa paura. Non ne vogliamo troppa (di anima) o troppe varietà: la vogliamo ridotta a percezione e immaginazione terrene, niente sogni a colori.» (Ronald D. Laing).

Ma tu sbloccati …e sogna a colori! All’inizio partirai magari solo da una sensazione, ma si tratta pur sempre di un primo, decisivo, “salto di livello” nella tua visione delle cose. Anche la tua mappa mentale comincerà allora a cambiare: d’ora in poi non vedrai più la realtà in “bianco e nero”, ma “a colori”. E acquisirai le mappe di tutto il territorio, dopo di che potrai cominciare a ri-costruire il tuo mondo (quello interno e quello esterno).

Ripeto, questo non è un approccio religioso o teologico, ma solo l’apertura verso una maggiore consapevolezza di te stesso e del mondo intorno a te. È un voler dare una chance alla possibilità dell’imprevedibile, del “miracolo”, di ciò che senza apparente causa può cambiare la tua vita o risolvere – come il Deus ex machina delle tragedie antiche – situazioni irrisolvibili. È, insomma, un arrivare all’Origine, alla struttura più profonda della realtà, alla “forza animatrice delle cose”.

Mi fermo qui, perché, salvo approfondimenti in altra sede, il tuo deve essere un approccio eminentemente pratico. Mi basta dirti che, per mondo dello Spirito, da non contrapporre al mondo materiale, intendo il mondo delle possibilità estreme, dove tutto è possibile. Questo può essere un mondo reale per chi è credente, oppure solo uno stratagemma: il famoso come se (fosse vero) della PNL. È una strategia razionale per andare oltre la mente logica, la quale, oltre alle ben note qualità, ha un grave difetto: non prende in considerazione, o considera frutto della casualità, ogni evento non esplicabile, correndo così il rischio di limitare il campo d’azione delle possibilità umane.

Invece, un approccio non lineare, che consideri le istanze dell’inconscio e del superconscio, ossia di altre “dimensioni”, ti consente di ampliare e amplificare al massimo, mettendo in conto il “miracolo”, le possibilità di riuscita quando il traguardo sembra irraggiungibile o troppo lontano nel tempo (guarigioni, promozioni in campo lavorativo, exploit professionali, “rinascita” dopo un “lutto”, ossia un fallimento, una crisi amorosa o finanziaria ecc.). Riuscendo a viaggiare tra il mondo fisico e il mondo spirituale le possibilità di riuscita di strategie vincenti – come una buona PNL (c’è anche quella cattiva), la Psicosintesi, le Terapie Brevi Strategiche o, comunque, un buon counseling, un po’ di coaching, la stessa psicoterapia – si implementeranno a dismisura (provare per credere).

 

Si tratta di emozionare la volontà, educando le emozioni, dando spazio all’intuizione e all’immaginazione (in me il mago agisce – “mago” nel senso originario di mag: potente). Così facendo, si metterà in moto lo “spirito”, sia inteso come apertura al soprannaturale sia come “esprit de finesse”. Di qui un “agenda” in cui trovano posto: l’ironia, lo stratagemma, la terapia provocativa, l’utilizzo di mezzi apparentemente illogici per risolvere un problema… Insomma, far salire il nemico in soffitta e poi togliere la scala, oppure solcare il mare all’insaputa del cielo – motti fantasiosi (tipo i koan dello zen o i motti paradossali sufi) ripresi dallo psicoterapeuta Giorgio Nardone per descrivere il modus operandi di molte terapie strategiche brevi (tra cui la stessa PNL).

Ma io non credo a queste cose, la sola ragione è il corpo… direbbero in molti, parafrasando alla bell’e meglio Nietzsche (e senza la sua profondità).

Ok, no problem! Rimani della tua opinione, non è mio interesse confutarla o condividerla: quel che m’interessa è che tu costruisca una “logica strategica” per raggiungere il tuo obiettivo, fosse pure apparentemente illogica… (una “logica illogica”: ogni ossimoro – l’unione dei contrari – come pure simboli, metafore, parabole… può essere una spinta per un “salto di livello”). Del resto, nella PNL si parla di “valori” e di “credenze”: i valori sono tutto ciò che riteniamo essere importante per noi; le credenze sono, invece, le cose che reputiamo essere vere.

Nel nostro caso, la rappresentazione bipartita della realtà (naturale e soprannaturale) e tripartita dell’uomo consideriamola, se non nell’ambito delle credenze, almeno tra i nostri valori (ossia, importanti per la nostra crescita personale, ma non necessariamente veri). Non perché tu debba necessariamente credere in essi, ma perché dai loro valore.

Supera, dunque, la mente logica e apriti all’apparentemente illogico, all’apparentemente irrazionale, all’invisibile e all’impossibile…

E qui mi fermo, per non stancarti troppo. E tu, dopo una breve sosta, fai il rewind del nastro del discorso che ti ho fatto, fa’ ogni tanto uno stop, medita, rifletti sui concetti (e sui termini), riavvolgi il nastro, fatti “legare” dai concetti, scollegati dai preconcetti e… slegati la testa.