lunedì 16 novembre 2020

ALL-IN-ONE – Dal “coaching a una dimensione” al coaching olistico e transpersonale

ALL-IN-ONE

 Dal “coaching a una dimensione” al coaching olistico e transpersonale

 

Non solo emozioni, come nel post precedente, ma anche “spirito”. Ed ecco che ripesco il secondo dei miei articoli per il portale IRBUK (ora “silente”).

 

Lampi di eternità

«Viviamo in un mondo in cui presunte verità, pseudo-valori, eventi senza senso e false mete ci indirizzano in vicoli ciechi senza via d’uscita. Siamo continuamente bombardati da luci, suoni, parole parole parole… Stimoli di ogni genere ci disorientano, spaventano e bloccano; rimuginazioni continue, idee fisse, pensieri inutili e improduttivi intasano il mio e il tuo cervello.

Tutta questa pressione finisce per deprimerci: troppo grande è il divario tra i nostri desideri, le nostre aspettative e la vita reale.» (dal mio PNL transpersonale)

Nondimeno, «”Vi sono improvvisi imprevedibili lampi di eternità o dell’infinito che giungono a noi quando meno ce li aspettiamo” (Anthony de Mello) … Eppure, spesso la nostra condizione abituale è quella di persone “addormentate.” (…) Il principe azzurro di cui hai bisogno è un coach, un mentore o, come in questo caso, un corso di risveglio.» (dal mio PNL olistica).

Con i piedi per terra

Allora, vai col coaching… diresti tu che ti affacci a questo sito dedicato al miglioramento personale.

Sì, il coaching va benissimo per “risvegliare” persone “addormentate”, “risolvere problemi” e “fare goal”, ma senti questa (è recentissima, risale al giorno della fiducia al governo Gentiloni):

Mario Monti inizia ringraziando Matteo Renzi. «Non ho alcun motivo sul piano personale, ma sul piano politico lo ringrazio perché ha avuto coraggio ed è stato un buon coach, infondendo un senso di orgoglio e di speranza. Grande tecnico della comunicazione e della motivazione, ha finito con la sua inadeguatezza politica per recare danno al paese».

Prima adeguato, poi inadeguato…

«Qual è la verità, allora? Il coaching fa bene o fa male? È vero che, dopo essere diventati grandi tecnici della comunicazione e della motivazione, rischiamo di ritornare alla nostra inadeguatezza? Nei Vangeli c’è un’espressione molto forte, ma efficace: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango. E poi, c’è sempre il rischio di gettare le perle ai porci…

Naturalmente, non sto parlando (bene o male) di Renzi, né di nessun altro, e nemmeno voglio ergermi a guru o maestro di verità («La verità… ah se fosse vera!» direbbe Jorge Luis Borges), ma voglio solo scuotervi un po’ ed emozionarvi (v. il mio primo articolo: Chiamale se vuoi emozioni…).

Dall’uomo a una dimensione a quello tridimensionale

Prima scossa: Herbert Marcuse, il famoso maître à penser, sosteneva che l’”uomo a una dimensione” è tale in quanto, con il suo vivere “ammansito” dalla società consumistica e drogato dai mass-media, si muove a senso unico, non riuscendo così a manifestare la molteplicità del proprio essere interiore.

Il coaching può però scuoterlo e fargli fare un salto di livello: da allora in poi l’uomo a una dimensione (diventato “a due dimensioni”) comunicherà in modo migliore e sarà motivato; inoltre, da “Io diviso” (come lo definiva Ronald Laing) passa a “Io unificato”.

Ma non è sufficiente… (sarà stato il caso di Renzi?).

L’”uomo a due dimensioni” rimane, infatti, all’interno di uno schema stimolo-risposta, sia pure estremamente evoluto, senza però riuscire ad aprire completamente il ventaglio di tutte le possibilità: non sa (o lo sa in modo approssimativo e non focalizzato) che di fronte a una difficoltà apparentemente insormontabile, oltre alla buona comunicazione e alla forte motivazione, può far appello a risorse transpersonali (la preghiera efficace, la visualizzazione creativa, la “nevillizzazione” degli obiettivi, di cui parlerò in un prossimo post, ecc.).

Con il coaching olistico (che contempla tutt’e tre le “dimensioni” dell’uomo: corpo, anima e spirito) e con quello transpersonale, che agisce ancor più sulla dimensione “spirituale”, si può arrivare all’”uomo a tre dimensioni”, completamente realizzato grazie alla (ri)scoperta della molteplicità dell’essere che caratterizza la dimensione umana.

L’uomo è, infatti, quell’essere che, come ammoniva Pascal, può e deve andare oltre se stesso e “trascendere” la propria natura materiale, con tutti rischi connessi alla “traversata del mare della vita” (per dirla con Platone).

Il coaching olistico e transpersonale

Ma cos’è ‘sto coaching, di cui stai straparlando? Certamente, qualcosa la sai, ma a ogni buon conto ecco qui una sintesi.

È un incontro “one to one”, personalizzato, fatto su misura, pratico, concreto, strategico, finalizzato a: accrescere l’autostima, migliorare le performance, superare blocchi e convinzioni limitanti, implementare la crescita personale o professionale in funzione dei propri obiettivi, acquisire competenze e comportamenti che incrementano empatia, efficacia ed efficienza.

Si tratta di un processo interattivo short term: un programma dinamico focalizzato, più che sulle cause, sulla soluzione. Infatti, non rimane nel vago, ma punta subito al risultato mediante un programma strategico, concreto e misurabile, costruito insieme al cliente (ma il coach ci mette le sue competenze e la sua esperienza).

Un approccio “generativo” più che “riparativo”, in quanto volto al conseguimento del risultato e al raggiungimento dell’obiettivo. Quindi, più che al passato (e ai suoi traumi), il coach è rivolto al futuro, cioè al raggiungimento dell’obiettivo concordato con il cliente: il coach è, infatti, uno “specialista dei risultati”.

«Non credere a nulla che tu non possa verificare in prima persona», raccomandava Gurdjieff.

Il motto è stato fatto proprio dalla Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), eccellente modello educativo di auto-aiuto (self-help), che, nell’ambito del coaching, può essere validamente applicato alla vita quotidiana, con le sue tecniche di miglioramento personale e, soprattutto, grazie all’”atmosfera” e all’approccio mentale (l’”atteggiamento”) che crea.

Ma quello che più della PNL interessa sono i suoi risvolti pratici: semplici tecniche di miglioramento personale che puoi applicare alla vita di tutti i giorni e che, se fatte in modo etico e responsabile, e salendo e scendendo i gradini della “scala di Dilts”, ti aiuteranno a risolvere i tuoi problemi, grandi e piccoli, e a realizzare i tuoi obiettivi.

Tuttavia, e ritorniamo al ragionamento iniziale, se sali solo i primi gradini della scala (i “livelli logici” più bassi) – ambiente, comportamento e capacità – potrai diventare “un grande tecnico della comunicazione e della motivazione” (il complimento che Monti faceva al primo Renzi), ma c’è sempre il rischio di diventare inadeguato “politicamente” (in senso lato – l’accusa di Monti all’ultimo Renzi).

Potrai evitare questo scivolone solo se sali gli ultimi gradini: valori, identità e spiritualità (la tua vision e mission).

Ed ecco il perché del coaching olistico e transpersonale, che è un “allenamento dell’anima” per migliorare le prestazioni del corpo “intero” – corpo olisticamente inteso: corpo, anima, spirito.

Senza questo tipo di coaching (e di self-coaching) rischi di girare a vuoto.

«Oggi tendiamo a dimenticare che l’anima, non solo è dentro di noi, ma anche fuori di noi (…) Se vivessimo in un’altra cultura, diremmo: qualcuno mi sta inviando un messaggio.» (James Hillman)

Nondimeno, noi siamo partecipi di un vasto campo energetico invisibile che contiene tutte le possibili realtà e riflette i tuoi pensieri e le tue emozioni. Dai, quindi, maggior spazio all’emisfero cerebrale destro, al pensiero “laterale”, alla tua mente intuitiva

«La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo: noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.» (Albert Einstein)

Uno shock addizionale

Ognuno di noi ha bisogno, di tanto in tanto di uno scossone, di uno shock.

E non sto parlando dello shock che ti traumatizza o dei tanti piccoli shock quotidiani che, seppure “sciocchi”, goccia dopo goccia ti procurano distress (lo stress “cattivo”, che ti logora la vita, ti avvelena l’anima e ti può condurre sull’orlo del baratro).

Sto parlando, invece, dello shock positivo, quello che ti carica di eustress (stress “buono”), come il flusso di sensazioni dopo il primo bacio o la discesa a rotta di collo su una pista di sci (se sei uno sciatore provetto).

Ma ancor di più mi riferisco ai cosiddetti shock addizionali (come li chiamava Gurdjieff, il maestro armeno). Ossia, a quegli scossoni che bisogna dare, o darsi, quando si nota un calo di tono o si sta deviando dalla direzione che porta all’obiettivo, col rischio di tornare a rotolarsi nelle vecchie abitudini o incartarsi. E sono questi – gli shock addizionali – che voglio provocare coi miei post…

Quindi, se mentre surfeggiavi sulle onde del web sei approdato su questo post, e solo per questo hai cominciato a interessarti più nello specifico al miglioramento personale, o semplicemente a qualcosa di culturale, questo è già uno shock addizionale: hai comunque modificato la tua direzione quotidiana; oppure, dopo qualche arresto o sbandata, ti sei rimesso sul sentiero.

Vediamo perché. Secondo Gurdjieff (e la fisica moderna) tutto l’universo è costituito da vibrazioni, anche la stessa materia. Queste vibrazioni seguono fasi ascendenti e discendenti, mai in modo lineare, ma sempre attraverso un movimento a gradini, in modo simile alla scala musicale dei sette toni (DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI), in cui tra il MI ed il FA e il SI ed il DO non esistono semitoni, ma solo dei vuoti, che determinano dei rallentamenti.

Questo vale anche per i comportamenti umani: quando ti proponi un obiettivo (perdere peso, seguire un corso), oppure sei all’inizio di un percorso (un nuovo incarico, t’iscrivi a un’associazione), la tua motivazione è alle stelle: niente e nessuno può fermarti, spazzi via tutti gli ostacoli!

A un certo punto, però, ecco il rallentamento, l’impasse, il blocco, il “vuoto”.

Proprio durante questi “gap” molti propositi vengono abbandonati, come molte promesse di inizio anno. È un continuo drop-out...

Tuttavia, quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento, possiamo calibrare il nostro impegno in base alla fase di cambiamento in cui ci troviamo: quando gli obiettivi o le nuove abitudini che vuoi assumere richiedono uno sforzo prolungato e hai la consapevolezza di trovarti in una situazione di stallo, devi procurarti uno “shock addizionale“, ossia una spinta aggiuntiva che ti consenta di ripartire lungo la linea retta che conduce al traguardo.

Purtroppo, di solito non ci si rende conto di questi salti e “vuoti”; tuttavia, per rientrare in carreggiata, occorre “ritornare in sé” (come nella parabola del “figliol prodigo” – Gurdjieff parlava di “ricordo di sé”). Per questo occorrono: consapevolezza (mindfulness), trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive, visualizzazione plurisensoriale dell’obiettivo “come se” già raggiunto e, soprattutto, stop alla procrastinazione…

E non dimenticare di tenere un diario personale, in cui registri giornalmente pensieri, propositi, risultati raggiunti e ostacoli incontrati: tutto questo ti aiuta a mantenere il focus sugli obiettivi e ti dà una spinta propulsiva (il cosiddetto ego-drive).

E poi, come ricorda poi Rudolf Steiner, «Passa in rassegna le gioie e i dolori, le pene e le esperienze, tutte le azioni come se fossero cose di un altro. Ognuno infatti guarda con chiarezza nella vita degli altri, e trova la giusta medicina per i mali che non gli appartengono  

Concludo con un ultimo shock addizionale, un set-up da farsi non appena svegli:

palming – respirazione sole-luna – riequilibrio energetico (EFT) – switch – respirazione di fuoco e, per finire, esercizio Stanlio e Ollio.

Ma di questo e altro (il set-up è solo un cliff-hanging…) parlerò nei prossimi post.

 

 

 


 

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